La rubrica di Maymoni

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mercoledì 22 febbraio 2023

Conferenza - Epigrafia nuragica e altro


Venerdì 24 febbraio ore 18.00 A Santa Giusta
presso
Centro Open Space
Via Giovanni XXIII

Il Prof Gigi Sanna e Sandro Angei vi parleranno di scrittura nuragica, archeoastronomia e scenografia nuragica.

 

venerdì 3 febbraio 2023

Ultim'ora sugli alimenti

 di F. Pilloni


Se avete letto i giornali o ascoltato la radio o la tivù, sapete già che la Unione Europea ha permesso che si mettano in vendita, per essere mangiate, le farine di vermi e di insetti.
Poteva mancare il piagnisteo delle sarde autoritas?

Non so come sia riuscita a fare i conti così in fretta, ma per questo commercio di farina d'insetti, un'Associazione dei Commercianti ha già pronosticato migliaia di posti di lavoro persi in Sardegna, suppongo nel settore della ristorazione o simile.

Questa profezia presuppone che si verifichino almeno due cose:
1- che le farine d'insetto siano già pronte alle frontiere (quali?) per essere distribuite capillarmente in ogni supermercato o botteguccia di paese;
2- che i Sardi siano disposti, in massa, a mangiare polpette fatte con farine d'insetti e a lasciar perdere su casu marzu e sa cordula cun pisurci.

Queste considerazioni mi consigliano di aspettare a zoppicare e a mettermi il cerotto fino a che non mi sia fatta la sbucciatura sul ginocchio.
Ma io se fossi del ramo commerciale, avrei innanzitutto pensato "SE e COME" si potrebbe trarre vantaggio dalla novità.
Si sa che c'è una zona della Sardegna, quella centrale, che da qualche anno "produce" una quantità sterminata di insetti, del genere pibizziri.
Mi sarei chiesto: ma le cavallette rientrano nel novero degli insetti commestibili?
Se sì, proverei a chiedere una Denominazione di Origine Controllata per le cavallette di Ottana e comincerei a pubblicizzare piatti tipici dei paesi, quali pibizziris a succhittu, oppure impanati e fritti, o cottus a carraxu con foglie di mirto.

Ma io non sono del mestiere e non so fare conti, né previsioni.
Insomma, non so vedere il futuro neppure per me, figuriamoci per la Sardegna, un futuro migliore intendo dire.
Preferisco recriminare, lamentarmi e versare sospiri sul destino cinico e baro che vide la nostra Isola regalata da un Papa, becero quanto Magno, a un signorotto foresu, come dicono a Selargius. 
Poco importa che siano passati tanti secoli, perché comunque riesco a piangere ancora per la morte di Josto e di Ampsicora e per la conquista da parte dei Romani, millenni fa.

In fin dei conti osservo che noi Sardi,
 specialmente quelli come me, abbiamo la vista lunga. Peccato però che ci ritroviamo con gli occhi migrati nella nuca e ci riesce agevole, direi proprio naturale, il guardare indietro.