La rubrica di Maymoni

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mercoledì 27 aprile 2016

Olmedo. Altre due belle giornate. Tra commozione e dati scientifici.

 
 Il prof. Sanna e l'assessore Isoni del Comune di Olmedo 

di B.P.   

    Il prof. Sanna mi scuserà ma non ne sono certa. Ho postato scioccamente il grafico sull’origine e sulla durata della scrittura nuragica servendomi di un dato in internet ormai obsoleto. E ho di sicuro  ingannato molti sulla data 215 a.C. Quando invece è del 200 d.C.! Quattro secoli di errore, come ho capito dalla seconda delle giornate, stante la datazione del documento a rebus e ad  ‘obliquità’ dell’Antiquarium Arborense. Se ricordo bene mai citato nelle lezioni.
   Detto ciò non pensavo che il mio precedente post potesse suscitare polemiche dal momento che ho riferito solo quanto mi è stato detto sul perché il Dipartimento di Medicina ha accettato la proposta del Comune di Assolo nel celebrare nel suo 'auditorium' quanto, nella sostanza, non è stato accettato in un’aula magna di Università. Io non entro (né intendo entrare) in una questione di natura scientifica come quella che riguarda la neurologia. Non ci capisco nulla anche se ci tento. E mi pare che entrino in gioco gli archetipi e i cosiddetti ‘universali’. Ma devo decidermi a leggere con pazienza il bel libro della prof. Piras sugli ‘archetipi e la memoria’, edito da S’Alvure.
   Invece posso entrare da vecchia  ‘principiante’ (ho sempre partecipato attivamente ai corsi sulla scrittura nuragica tenuti in Oristano, come può testimoniare Sandro Angei) su ciò che sostiene il prof. Sanna e cioè l’esistenza di una scrittura nell’età del bronzo e del ferro (e oltre). Con la carrellata sulla scrittura mediterranea e in particolare su quella ‘protocananaica’ (qualcuno però mi ha detto che potrebbe essere paleobraica) ho apprezzato due aspetti: quello riguardante la lucidità nel disegnare con sintesi rapidissima un certo percorso della scrittura in sé e quello di saper tener desta l’attenzione dell’uditorio proponendo documenti esterni che in qualche modo però potessero coinvolgere da subito quelli interni. Il modo mi ha ricordato un caro mio professore del ginnasio che, consapevole che ci avrebbe annoiato a morte con la tiritera sui fiumi Po' e ’Adige,  dopo un po’ passava al nostro Tirso (dove si pescavano con le reti muggini colossali) o al Flumineddu (dove la gente invece pescava le trote con sa ‘lua’).  Non so se ho capito bene, ma tutta la trattazione sul documento, rinvenuto l’anno scorso, dove il Sass e il Garfinkel (spero di aver sentito e scritto giusto nei miei appunti) non sanno che pesci prendere sul segno, mi ha convinto  circa un dato che giudicavo, durante le lezioni dei corsi, un po’ difficile da ‘mandare giù’. E cioè che il segno a trattino orizzontale potesse essere un segno di scrittura con valore fonetico e addirittura il segno della divinità. E’ curioso rilevare come le nostre non convinzioni vengano annullate o quasi quando i dati empirici vengano dal di fuori. Chissà perché Ugarit  suona bene per la scienza e magari s’Urbale di Teti no. Stona. Come anche il mix della brocca di Lachish, tra lettere arcaiche e lettere recenti, è cosa ‘normale’ e invece l’ugaritico e il protocananico assieme nelle tavolette di Tzricotu suonano come autentici falsi. Non stupisce il Sass e il Garfinkel  quello che (credo il Pittau), non so quanto in buona fede, è stato  chiamato con disprezzo  ‘guazzabuglio’. Quello strano  guazzabuglio che però si trova (questo lo ricordo bene perché ho visto con i mei occhi il dattiloscritto quando fu fatto notare al prof. Sanna durante il penultimo corso) nel lavoretto del maestro Lutzu dei primi del Novecento.
   Ma il bello delle informazioni durante lo strano seminario in trasferta obbligata è venuta dalla documentazione sul Sinis di Cabras, di Riola e di San Vero. Come si fa a negare e respingere  tutto quel ben di dio epigrafico, rafforzato per giunta dai dati archeologici e archeo- astronomici? Io, salvo dettagli,  sapevo della lezione del professore e del certosino lavoro di Sandro Angei,  pubblicato di recente nel Blog. Ma gli altri in sala nulla sapevano e sulla notizia dell’esistenza di una porta santa del ‘ciclo del grano’ ancora meno.
   Non si sentiva volare la classica mosca e forse qualcuno non credeva agli occhi e all’udito assieme. Notavo che qualcuno – non solo gli allievi della professoressa Piras -  prendeva appunti (giornalisti? Studiosi? Semplici appassionati?) su appunti per non dimenticare e magari per riferire. Senza retorica posso dire che è stato quasi un crescendo sublime che ha toccato visibilmente tutti. E, si badi,  si era ad una lezione di epigrafia,  mica ad un concerto musicale!  Non è un caso che, terminate le relazioni e terminato il Seminario, l’assessore Isoni non riuscisse a parlare per la commozione, tanto che c’è voluto un applauso perché proseguisse. Dove mai, ditemi,  capita tutto ciò?
   Forse qualcuno comprenderà  ora una certa mia indignazione per il mio primo post e la mia ‘distensione’ sul secondo. E capirà anche quanto io giudichi fastidioso ma in fondo del tutto irrilevante che qualcuno, non contento di aver collaborato a mandare in trasferta docenti e alunni dell’Università, abbia cercato di ‘sporcare’ indirettamente su questo Blog un Seminario condotto da gente dabbene. Gente che sa, per umiltà, che i momenti alti della scienza e della conoscenza possono nascere, senza frastuono e fanfare, anche in un piccolo  paese della Sardegna.   

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