BERBERI
di Giancarlo Casula
biridiolu, iscabecciu e
truiscu
murta, alinu, ilige e
verdola
tenturas e ordimignos
Nei miei viaggi in Magreb ho, per anni,
cercato lontane parentele culturali che potessero collegare una comunità
isolata posta al centro della Sardegna con alcune tribù che oramai abitano ai
margini dei deserti. Le mie ricerche, che potranno essere, da altri, sviluppate
molto più profondamente, hanno, tuttavia, messo in evidenza strane affinità
semantiche fra i colori, i ricami, i materiali e le assonanze de su “saucciu”
di Desulo e alcuni antichi mergoum realizzati da tribù Berbere in Tunisia.
I Berberi sono gli abitanti originari del
Nord Africa, di una zona che spazia fra la costa occidentale del Marocco fino
all’oasi egiziana di Siwa, nel nord della Tunisia nel bel mezzo del Sahara. La
conquista araba ne ha limitato la presenza ma, una piccola percentuale, esiste
soprattutto in Marocco ed in Algeria, meno in Libia, Egitto e Tunisia. In
quest’ultima nazione sono concentrati a sud verso il Sahara. La presenza
archeologica di queste popolazioni e’ datata già dal 4000-5000 a.c.
I berberi sono popolazioni dedite alla
campagna, soprattutto pastori nomadi, che già dal 700 a.c. gli insediamenti dei
fenici e, successivamente le colonizzazioni cartaginesi e romane, spinsero
verso le zone interne.
La parola “Berberi” proviene da
“Barbari“, ed è stata coniata, anche questa volta, dai popoli invasori, così
come da noi sono stati chiamati i Barbaricini. La loro storia e’, per certi
versi, analoga. E’ la storia di lotte e di resistenza, nel corso dei secoli, al
colonialismo dei popoli invasori. Ed e’ per questo motivo che entrambi
custodiscono, proteggendo gelosamente ed orgogliosamente, tradizioni
millenarie. La conquista dei romani poco influenzò, ed in modo superficiale le
loro abitudini.
L’invasione degli Arabi fu invece la
ragione che sottrasse i contatti fra la maggior parte delle popolazioni Berbere
e l’occidente. Ma anche gli Arabi dovettero lottare contro le loro molteplici
rivolte che portarono, infine, alla formazione di un piccolo ma agguerrito
regno Berbero, nell’attuale Tunisia. Con la fine del decimo secolo finì nella
regione il primo dominio Arabo. Nel secolo seguente i berberi formarono un
forte stato che, oltre all’Africa settentrionale dominava anche nella Spagna.
Nel secolo XIII il regno si divise in tre stati: Marocco, Algeria e Tunisia che
poi lottarono fra loro per la supremazia e questo fece sì che Spagna e
Portogallo cercassero di liberare le loro coste dal pericolo di incursioni
berbere. I turchi ed infine il protettorato francese sono stati gli ultimi
dominatori fino all’indipendenza di questi paesi.
La Sardegna per millenni ha sempre subito
l’assalto, via mare, dei pirati saraceni provenienti dal Magreb. E’ stato un autentico
incubo che ha inciso negativamente per lo sviluppo dell’isola e per i contatti
con il mondo esterno. Per difendersi dagli attacchi pirateschi i sardi hanno
abbandonato le aree costiere per ritirarsi in zone più protette verso
l’interno. Tra i monti di Desulo c’e’ un sito chiamato s’arcu de i’Saraginos
che ricorda la fine tragica di un’incursione di Saraceni tra i monti del
Gennargentu.
Ma anche i berberi, con la conquista
araba, hanno lasciato le zone costiere per ritirarsi nelle aree predesertiche.
Pastori transumanti i barbaricini in Sardegna, pastori transumanti i berberi
nel nord Africa. Tuttavia i contatti fra questi due popoli devono essere stati
importanti in epoche lontane. Già nell’età del bronzo, tra gli Shardana e i
libi/berberi e poi il periodo Fenicio. Dopo la caduta dell’impero romano
arrivarono in Sardegna i Mauri, popolazioni berbere, che cercavano di sfuggire
ai Vandali. Nel medioevo in Tunisia esisteva una città chiamata Sardanya, che
in arabo significa Sardegna, abitata da cristiani e protetta proprio dai
berberi. Per non parlare di una città tunisina esistente già dal periodo
fenicio dal nome familiare: Tonara.
Si trovano strane parentele anche nel
bestiame. Sono diffuse nel Magreb pecore la cui razza e’ originaria della Sardegna,
che, si dice, di probabile, discendenza dal muflone. Sia in Tunisia ma anche in
Marocco nella regione di settat kouribga e sraghn questa razza viene chiamata
sardi’. E' una razza rustica e molto produttiva che bene si adatta ad un
allevamento di tipo transumante.
Queste popolazioni, come succede da noi
in Barbagia, mantengono tradizioni millenarie. Lo studio di questi popoli mi ha
portato a trovare similitudini fra su saùcciu desulese ed alcuni mergoum
berberi.
Il mergoum e’ una forma di tessitura di
lana di pecora, di varie dimensioni che troviamo, specificamente, nel Sahara
orientale in una zona che si estende dal sud della Tunisia verso il Ciad.
Originariamente serviva a coprire la "Jahfa" una specie di palanchino
montato su un cammello, in cui la sposa si muoveva verso la casa del marito.
Il mergoum
rasa è un tappeto di lana spessa su uno sfondo rosso con motivi berberi
(Regma). Uno dei luoghi più importanti della sua produzione è la città di Oudhref
vicino Gabès.
La produzione dei mergoum e’ ricca e
variegata con modelli weight Turkey Kilim, Ouedhref ma quello che ho trovato
costituisce, tuttavia, una rarità. Ricordiamo che le più antiche tracce di
questi tappeti in Tunisia risalgono al V secolo a C. Con i famosi arazzi
cartaginesi tinti nel Murex.
Il nome murex vernaculaire e’ la parola
latina che, nell’antichità’ indicava il mollusques gasterope da cui veniva
estratta la porpora di cui abbiamo parlato ampiamente.
La prima affinità che riscontriamo tra
saucciu e questo antico mergoun e’ che per entrambi si tratta di un tessuto
lavorato partendo da una tela di lana di pecora colorata di porpora. Questi due
elementi sono quasi normali trovandoci a dover confrontare due tribù che vivono
di un’economia pastorale anche se una nei monti del Gennargentu e l’altra nel
deserto del Sahara.
Il rosso scarlato e’ viceversa, dato gli
antichi legami storici, un fatto che io non posso trascurare. Ma sono in questo
caso tante le affinità per poter escludere un legame culturale.
Intanto e’ presente “sa fetta” caso unico
per tappeti e arazzi anche in tutto il mondo magrebino. Un codice fondamentale
nel costume di Desulo e di questo mergum è che Il giallo della seta, finemente
ricamato, si frappone fra il rosso porpora e l’azzurro evitando che questi due
colori si affianchino direttamente. Tutto questo costituisce la caratteristica
assonanza dei colori. A mio parere non
può essere una casualità il suo disegno complessivo, le distanze fra i
componenti, l’abbinamento dei colori, i rapporti tra tessuto e fetta, tra fetta
e ricamo. Caratteristica del costume di Desulo e’ inoltre il fatto che i
disegni, i ricami siano solo di tipo geometrico. Questo elemento e’ la componente
fondamentale di questo vecchio mergoum berbero. Infine, la similitudine,
impressionante, del materiale utilizzato nel comporre entrambi i pezzi: su
saucciu ed il mergoum. Insomma anche queste tracce portano ad affinità
culturali con antiche genti che alcuni studiosi chiamano popoli del ramo rosso
“camitico” (libico, egizio, cretese e cananeo, pre-semitico).
Signor Casula,resto incantantata dalla sua spiegazione di come i berberi ed i sardi,nella notte dei tempi, sono entrati in contatto.I colori, i disegni geometrici e la colorazione della lana sono così uguali che confermano in maniera assoluta l'incontro tra queste due civiltà.Quanto prima continui ad arricchirci delle sue conoscenze.
RispondiEliminaBellissimo articolo pieno di informazioni preziose. Mi affascina moltissimo l'idea di influenze berbere nella cultura sarda. In particolare riguardo a Sassari (città alla quale, sebbene ligure, sono molto legata) per le sue fave a ribisari, evocanti nel nome e nella ricetta la bissara maghrebina, o le lumachine della Ciogghitta d'oro, consumate con una tecnica identica a quella utilizzata tradizionalmente nel villaggio di Takrouna, non lontano dal sito dove sorgeva la Sardanya da lei citata. Poi ci sono altri elementi molto suggestivi che sarebbe troppo lungo esporre qui. Ne cito solo uno: il nome di una delle porte medievali della città, la Porta Utzeri. In lingua berbera esiste una parola, uzzer, che indica "ciò che è vagliato", detto di grano e cereali in genere, e Porta Utzeri si trova a pochi passi da quel piccolo complesso di viuzze e relativa corte detti del Vaglio. Grazie ancora, un saluto.
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