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mercoledì 19 dicembre 2018

Scrittura Nuragica. L'Unione Sarda: Ecco i segni di scrittura lasciati dagli antichi abitanti dei nuraghi. Scoperto un saggio di fine '800, inedito, dello studioso Pietro Lutzu

di Gigi Sanna

ecco l'articolo sulla pagina della cultura dell'Unione Sarda a firma Michele Masala. La questione del manoscritto e del dattiloscritto di Pietro Lutzu la si conosce già  e anche per maggiori (e importantissimi) dettagli. Si legga comunque il bell'articolo del giornalista oristanese. Ma si legga,  soprattutto,  la 'replica' di Alessandro Usai.
   Incredibile! Non sa, non studia, non legge. Eppure  parla e nega offendendo l'intelligenza altrui. Guardate questa perla di supponenza: ' Non esiste alcuna prova chiara. Ogni tanto qualcuno ci. prova a dire il contrario ma mai (sic!) con i mano un documento scientifico. Solo fumo, almeno per ora. Ecco perchè continuiamo (sic!) a dire senza problemi (sic!) che i nuragici non sapevano assolutamente (sic!) scrivere. Si parla sempre di segni che si congiungono (sic!). Ma mai di struttura (sic!)' Esumaria! Ora abbiamo tutti terrore reverenziale e siamo pronti a fare la proscinesi al maestro della 'congiunzione e della struttura'.
La bella è che osa parlare di 'fumo' il caro sovrintendente.
Guardate anche quest'altra di perla, riferendosi ai miei studi:' Lui (Gigi Sanna) nei suoi tanti elaborati mette in risalto una serie di oggetti quanto mai sospetti, ma scientificamente parlando (sic!) il tema della scrittura al popolo nuragico era sconosciuto'.
E come no! Lapalissiano!
'Fumo?' 'Serie di oggetti quanto mai sospetti'? Ma come ti permetti, caro Usai, tali miserabili esternazioni e insinuazioni? Intendi denigrare e diffamare in qualche modo (tanto un po' di sporco rimane sempre sulla persona)  e vuoi finire in tribunale con le tue parole in libertà?
Caro Francesco Cesare Casula, storico, paleografo ed epigrafista, purtroppo ti devo mettere in campo (come dovrei mettere in campo tanti altri stuidiosi ancora): conti o non conti nel mondo scientifico come paleografo? Conti nell'approvare o nel negare? O conta invece solo Usai che non lo è paleografo? Che osa parlare per tutti? Conta solo il 'prefetto' Usai? Non ti sembra, a dir poco, arroganza, che un archeologo non epigrafista (e ancor meno paleografo) replichi su cose che non sa e che mastica da dilettante, con estrema fatica? Uno che si riempie la bocca di 'scienza' quando non è neppure consapevole che cura una disciplina che non è scientifica ma solo umanistica?



5 commenti:

  1. Mi confonde la confusione che fa l'archeologo Usai tra segni, incisioni e sospetti (tanti).

    Suppongo sia chiaro a tutti che una qualsiasi lettera di un qualsiasi alfabeto sia un segno e che tale segno possa essere stato inciso su un supporto, pietra, terracotta, legno o metallo che sia.
    I segni scrittori più antichi sono arrivati a noi proprio perché furono incisi su supporti che li hanno conservati nel tempo.
    E alla Sardegna non può essere negata questa chance: pensi ai segni incisi sulla brocca di S'arcu de is forros, che magari saranno pure segni "filistei", ma diventano " quanto meno sospetti" solo quando ne parla Gigi Sanna?

    Succede di trovarsi di fronte a "segni che si congiungono, ma non scrittura”, dice bene l'archeologo. Infatti è alla portata di tutti comprendere e accettare che la scrittura è un insieme di segni che restano disgiunti. Giusto?
    E comunque, in ogni caso e in ultima analisi, a giudizio dell’archeologo “manca la struttura”. L'archeologo aspetta unu muttettu o una canzoni a curba?

    Comunque sia, "nessuno ha mai parlato di scrittura" continua a imperversare l'archeologo.
    E forse intendeva pure dire che nessuno ne ha mai scritto.
    Minchia, direbbe Crozza, ma quanto legge costui?

    E però, se non riesco a venir fuori dal fumogeno che l'archeologo ha lanciato sul popolo inerme a nome di tutti gli archeologi della sua classe, visto che usa il "noi" - a meno che non si creda il Papa - mi sembra impossibile liberarmi del sofisma.
    Confesso infine che, se pure incredulo e confuso, non ce l'ho con l'archeologo.
    Anzi, visto che siamo sotto Natale, gli faccio pure gli auguri: che la Luce mostri a lui - e di riflesso a noi - i contorni di verità, almeno di quella terra terra che si trova negli umili cocci e anche di quella sottostante che lui è abituato a scavare.
    Già che ci sono, gli faccio anche gli auguri di Buona Pasqua, ricordandogli che Pasqua significa passaggio, cioè superamento del mare, o quanto meno del fiume, metta anche di un piccolo fosso, che lo avvicina alla meta, una sorta di terra promessa, con segni incisi, insospettabili perché oggetti e non soggetti di scrittura, presi in considerazione da chi li vede, seppure invisibili tanto sospetti ai suoi occhi spalancati..

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  2. Ciò che è davvero biasimevole è il fatto che all'articolo del giornalista Michele Masala, esemplare per equilibrio e oggettività, ci sia stata una 'replica' che niente ha a che fare con le repliche, cioè con le risposte intonate all'argomento di cui si tratta. L'argomento ruota intorno al dattiloscritto di Pietro Lutzu, alla eccellente testimonianza documentaria della sua antica ma importantissima ricerca. Cosa c'entra la replica scomposta (quanto bugiarda) sulla inesistenza (scientifica a suo dire) della scrittura nuragica? Il fatto è che il caro sovrintendente, proprio da sovrintendente pagato dai contribuenti per far bene il suo mestiere, nonostante le 'cose' sullo studioso di San Vero Milis si sapessero da anni, ha preferito glissare e non parlare del dattiloscritto e sui documenti che in esso si trovano trascritti. Davanti alla prova 'regina' (i segni trascritti allora dal Lutzu sono gli stessi segni che trascriviamo dai documenti che si trovano oggi) circa la scrittura arcaica dei Sardi ha preferito fare silenzio, silenzio continuo. Anni e anni di ostinato silenzio. E' un modo molto comodo per celare, distogliere, nascondere o, come si dice metaforicamente, per 'imboscare'.

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  3. Non so se sia uno sfizio dell'Unione Sarda che usa battere un colpo al cerchio e uno alla botte, coerentemente nel tempo, quasi si metta paura di essere accusata di prendere posizione per una o l'altra ipotesi. Espone le opinioni a confronto, spesso nello stesso numero e nella stessa pagina, previdente che un qualche lettore saltasse un numero e rimanesse all'asciutto del secondo corno del problema. Fa pensare a un retaggio comportamentale assorbito dalle regole della vecchia tribuna politica della tivù in bianco e nero.
    Mi è venuto in mente la pagina in cui anni fa veniva riportata un'intervista a Francesco Masala da parte di una giornalista francese, venuta apposta da Parigi. A fianco, in un'unica colonna, si poteva leggere il controcanto di un giornalista del quotidiano che accusava lo scrittore di ribadire gli stessi concetti da trent'anni. In pratica accusava Masala di coerenza, dubitando delle proposte e delle provocazioni dello scrittore, riducendole a "fantasmi di Arasolè".
    Specialmente ora che si avvicinano le sante elezioni, meglio essere cauti. No si scit mai!

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  4. Si discute ad armi impari. Da una parte un Professore in pensione di latino e greco, laureatosi con una tesi in filologia (il termine non ha attinenza con la realizzazione di matasse di lana, cotone o altro, come “qualcuno” potrebbe pensare); dall'altra parte del campo troviamo un funzionario, competente senza alcun dubbio di archeologia, ma che di epigrafia e paleografia “ne lascia ad altri” come “suolsidirsi” (si tutto attaccato! E' un neologismo, suona bene!); che dall'alto della sua posizione istituzionale mena il vigile dito quando vien chiamato a parlare. Esponendo il blasone che gli compete, parla d'argomenti di cui non ha competenza; ma si arroga il diritto di dir la sua di una materia che altri di gran blasone, con coraggio e gran cognizione di causa, hanno attribuito alle genti nuragiche e che lui, lì per lì, svilisce senza riguardo alcuno.
    Di certo se vogliamo buttarla sull'irreale possiamo dire che i segni a “forcella” assieme ai segni a zig-zag, secondo il pensiero di quella “cerchia”, sono il massimo che potessero concepire quelle antiche genti nuragiche per quanto riguarda motivi ornamentali di complessità superiore. In genere si limitavano a punti ed aste, al massimo i cerchielli; come i bimbi di una volta che poco avvezzi a tener in mano il “gladio” scrittorio, dovevano esercitarsi nel pungere prima, arare dopo, il campo scrittorio di cellulosa formato. Di forcelle parlano, rimandando all'idea impressa nella memoria di tanti maschietti avvezzi già in tenera età a guerreggiare, e che rimanda ad un'arma vera e propria. Forse quello, il segno a forcella, fu disegno preparatorio di un “Laonardo” ante litteram che, similmente a quello del volo umano, cercò di regalar a quelle genti nuragiche una innovata arma da guerra, che però si fermò li in attesa che qualcuno tornasse dall'America con pomodori, cacao e caucciù. Solo dopo il 1735 si poté realizzare l'arma, ma ormai gli archibugi la facevano da padroni e la piccola rivoluzione d'arme fu relegata a giochi di bimbi che usarono per generazioni guerreggiar col famoso “tirollastico”. Stessa sorte fu riservata al segno a zig-zag, ma questa è un'altra storia.
    Ecco! Se vogliamo prenderci in giro, possiamo continuare su questo tono chissà per quanto tempo ancora, ma se vogliamo parlare e ragionare seriamente, dobbiamo dare atto che quei segni e tutti gli altri, sono codici espressivi con significato ben preciso. Non lo dice il Prof. Sanna e non lo disse a suo tempo il Maestro Lutzu, ma con evidenti prove, lo dichiara la “filologia”.

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  5. Ricordo agli appassionati e agli studiosi che il giorno 23 ci sarà il regalino ( il solito fumo! Il solito documento quanto meno sospetto!) di Natale: ancora un bel documento di perizia scrittoria nuragico. Da incorniciare.

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