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La rubrica di Maymoni
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giovedì 31 gennaio 2019
domenica 27 gennaio 2019
SARDARA. Se per precisi calcoli scientifici non sono ‘unità’ ponderali cosa sono mai le 26 e le 31 ‘tacche’ dei due lingotti in piombo della capanna di Santa Anastasia di Sardara? Non saranno ‘segni’ del system di scrittura dei nuragici? Non sarà la solita ‘scrittura’ criptata? Quindi non ‘scrittura numerale’ ma scrittura ‘tout court’?
di Gigi Sanna
Panella 1 : 26 segni
Panella 2: 31 segni
Nella sua tesi di dottorato (1), circa le ‘tacche’ dei due lingotti
rinvenuti presso la capanna n.5 del Santuario di Santa Anastasia di Sardara (2),
Nicola Ialongo scrive:
"Il
problema principale sta nel fatto che i risultati ottenuti non corrispondono a nessuna concentrazione di valori, né a valori noti in pesi da bilancia. Il fenomeno può avere almeno
due spiegazioni: l’ipotetica unità cui farebbero riferimento le tacche potrebbe
semplicemente non essere ancora sufficientemente
documentata dai dati disponibili. In alternativa, i simboli potrebbero non
avere nulla a che fare con la massa del singolo oggetto e identificare un altro tipo di conteggio, come, ad esempio, la
quantità di lingotti presenti in una “partita” o la massa complessiva della
partita stessa. Quest’ultima possibilità, in particolare, se supportata da
ulteriori dati, potrebbe suggerire che nella Sardegna nuragica dell’età del
ferro esistessero forme embrionali di sistemi di notazione legati a pratiche
commerciali o amministrative. La ricorrenza di segni ponderali all’interno di
concentrazioni di valori conferma la validità dell’analisi statistica, e
testimonia in modo inequivocabile l’utilizzo di un sistema convenzionale,
seppure rudimentale, di notazione scritta. Per sua stessa natura una scala
ponderale è di fatto una struttura normativa, un costrutto artificiale che
impiega strumenti specializzati e simboli specifici nell’ambito di un sistema
convenzionale. Si può inoltre affermare, in modo sufficientemente realistico,
che una scala ponderale che fa uso di simboli è un sistema convenzionale
strutturalmente molto simile alla
scrittura, nella misura in cui il simbolo viene univocamente ricondotto al
significato nell’ambito di una serie di norme condivise.
mercoledì 23 gennaio 2019
Tharros - Un “logo” ante litteram da Murru mannu
di Sandro Angei
Si è detto molto su Murru mannu, della sua postierla (sic!), del muro e della scritta, ma ogni tanto salta fuori qualche dettaglio da
approfondire.
La scritta di Murru mannu così come la trascrisse il Prof. Garbini
Sommario
Il presente articolo è la naturale prosecuzione dello studio sulla cosiddetta Postierla di Murru mannu in Tharros; col quale esponemmo la scoperta di una interessante manifestazione luminosa (ierofania) legata ad una particolare data (22 di aprile); data attestata prima nel pozzo sacro di Sant'Anastasia di Sardara e dopo nel pozzo sacro di Santa Cristina.
Con questo articolo si vuole dimostrare una stringente correlazione tra la scritta grafita di Murru mannu e il sito di Murru mannu stesso, alla luce della scoperta della ierofania prima menzionata e sulla base del significato della stessa scritta.
***
lunedì 21 gennaio 2019
Il dio BES nascosto. Un piccolo capolavoro lapideo e l'arte dei nuragici di criptare gli oggetti apotropaici. Che fine ha fatto la 'statuina'? Perchè di essa non si parla?
di Gigi Sanna
Questo è uno dei capolavori dell'arte scultorea dei nuragici, il capolavoro dell' 'OZ (parola semitica) ovvero della 'potenza' ed energia divina che ha sempre la meglio sul male. Si tratta del dio Bes che difende e protegge gli uomini stritolando simbolicamente il drago (nell'immagine scolpito con la sola testa).
Fu sequestrato, insieme ad altri reperti, litici e non, ad un collezionista di San Gavino dai carabinieri e consegnato da essi alla Sovrintendenza di Cagliari Ma fu pubblicato in 'Sardoa Grammata' (p. 283), prima del sequestro, dal sottoscritto nel 2004 con una foto tratta dalla copertina di un libro di archeologia dello stesso collezionista (signor M.Sanna). Questi non si era minimamente reso conto del contenuto della pietra e l'aveva orientata erroneamente (foto n.1) .
Come ognuno può vedere dalla nostra trascrizione e dal giusto orientamento, la 'protezione' del Dio è resa nascosta dal disegno schematico, molto ermetico, che non consente di individuare subito il tema o soggetto che vi è inciso. Tipico modo questo di procedere dei nuragici, molto attenti nel creare, nello scrivere e nel disegnare dei veri e propri rompicapo con gli oggetti apotropaici.
Nel 2015 ( più di dieci anni dopo) ho cercato di interessare di nuovo gli studiosi e la Sovrintendenza riproponendo il Bes nella mia pagina di facebook. Ancora niente! Da allora, del 'capolavoro' (per me lo è!), nessuna parola. Con ostinazione e scoperto menefreghismo. Quasi fosse nulla.
Pare che si trovi ancora negli scantinati del Comune di San Gavino. 'Imboscato' in eterno. Che tristezza la 'storia dell'arte' arcaica della Sardegna! A partire dalla sublime statuaria dei Giganti 'tori' divini!
Fu sequestrato, insieme ad altri reperti, litici e non, ad un collezionista di San Gavino dai carabinieri e consegnato da essi alla Sovrintendenza di Cagliari Ma fu pubblicato in 'Sardoa Grammata' (p. 283), prima del sequestro, dal sottoscritto nel 2004 con una foto tratta dalla copertina di un libro di archeologia dello stesso collezionista (signor M.Sanna). Questi non si era minimamente reso conto del contenuto della pietra e l'aveva orientata erroneamente (foto n.1) .
Come ognuno può vedere dalla nostra trascrizione e dal giusto orientamento, la 'protezione' del Dio è resa nascosta dal disegno schematico, molto ermetico, che non consente di individuare subito il tema o soggetto che vi è inciso. Tipico modo questo di procedere dei nuragici, molto attenti nel creare, nello scrivere e nel disegnare dei veri e propri rompicapo con gli oggetti apotropaici.
Nel 2015 ( più di dieci anni dopo) ho cercato di interessare di nuovo gli studiosi e la Sovrintendenza riproponendo il Bes nella mia pagina di facebook. Ancora niente! Da allora, del 'capolavoro' (per me lo è!), nessuna parola. Con ostinazione e scoperto menefreghismo. Quasi fosse nulla.
Pare che si trovi ancora negli scantinati del Comune di San Gavino. 'Imboscato' in eterno. Che tristezza la 'storia dell'arte' arcaica della Sardegna! A partire dalla sublime statuaria dei Giganti 'tori' divini!
martedì 15 gennaio 2019
Unu milione
Così gioì Gian Franco Pintore dal suo blog.
Con grande commozione riproponiamo la sua esultanza che è la nostra.
Grazie a tutti coloro che fino ad oggi ci hanno seguito con passione.
Grazie a chi ci ha supportato.
Grazie a coloro che, cercando di metterci i bastoni tra le ruote e sparato da dietro i muretti a secco bordate di solo rumore, ci hanno dato carica di nuove energie per studiare sempre di più, in modo sereno e oggettivo.
la redazione
sabato 12 gennaio 2019
SEMESTENE. IN SAN NICOLA DI TRULLAS UNA SCRITTA ALLA LUCE DEL SOLE. UN PO' DI SCRITTURA E DI LINGUA, DI RELIGIONE E DI SOCIETA’ DELLA SARDEGNA AL ‘TEMPO DEI NURAGHI’. GRAZIE AD ESSA, TRA L’ALTRO, SAPPIAMO CHE NON E’ NICOLA MA YAZIZ FIGLIO DI ZZY, IL ‘VERO’ SANTO DELL’ANTICHISSIMO SANTUARIO.*
di Gigi Sanna
Fig.
1 (Foto di Stefano Sanna)
Fig. 2 (foto di Stefano Sanna) Fig. 3 (foto di Stefano Sanna)
Sì,
è così. Proprio ‘alla luce del sole’. Visibile a tutti tutti. Oggettiva, bella
canterina pur nella sua notevole ermeticità. E non ci credo proprio che non sia
stata notata, perché non credo a certi ‘sbadati’ del mondo accademico. Non ci
credo manco se lo giurano! Perché non è possibile che il nome proprio semitico YZIZ
(yazyz יזיז) del V.T. non sia stato mai notato, per lo meno, dagli specialisti di storia dell’arte, di
epigrafia e di archeologia medioevale; anche
perché le lettere, che potrebbero essere sulle prime confuse con segni di
alfabeti più recenti, non sono state minimamente compromesse dall’ingiuria del
tempo. Almeno in quelle specifiche parti. Infatti, la sequenza IZIZ (almeno
quella avrebbe dovuto incuriosire!) la si legge da lontano sulla parte destra
dell’archetto, perché più grande, mentre sulla sinistra chi ha occhi buoni può
leggere la medesima sequenza alfabetica, anche se realizzata con andamento
diverso (dall’alto verso il basso e da sinistra verso destra) e segni non del
tutto uguali (figg. 2, 3, 4 e 5).
fig. 4
fig.5
Siamo andati non in due o tre ma in trenta (praticamente
tutti i partecipanti del corso di epigrafia nuragica di due anni fa) per renderci conto se la scritta intrigante dell’archetto
esistesse davvero (le immagini mancano totalmente nel web, nei libri e nelle
riviste specializzate) oppure se le foto pervenuteci ci ingannassero per uno
strano gioco di luci ed ombre che ci faceva apparire segni fonetici quelli che segni
non erano. La nostra curiosità era
accresciuta anche dal fatto che non pochi studiosi (1) avessero paradossalmente dedicato non poco tempo
ed energie epigrafico - paleografiche per un’altra scritta realizzata sempre all’esterno
dell’edificio ma nella parte bassa in corrispondenza dell’abside (fig. 6). Una
scritta certamente assai meno importante perché moderna, realizzata - pare - alla
fine dell’Ottocento o agli inizi del secolo successivo (2)
mercoledì 2 gennaio 2019
Scrittura nuragica. Bronzetto di Baunei: lampada/barchetta apotropaica con scimmia. La solita ‘petitio’ nascosta dal rebus del metagrafico nuragico. Il bronzetto ‘gemello’ di Abbasanta.
di Gigi Sanna
(da Lilliu)
Giovanni Lilliu nel suo ‘corpus’ (1) sui bronzetti nuragici ritiene il manufatto una ‘lampada’ con fattezze di barca, così come una lampada in forma di ‘chiatta’, ovvero di barca con fondo largo e basse fiancate, ritiene essere il bronzetto rinvenuto in Abbasanta che, pur non essendo identica, per forma generale gli somiglia molto.
Giovanni Lilliu nel suo ‘corpus’ (1) sui bronzetti nuragici ritiene il manufatto una ‘lampada’ con fattezze di barca, così come una lampada in forma di ‘chiatta’, ovvero di barca con fondo largo e basse fiancate, ritiene essere il bronzetto rinvenuto in Abbasanta che, pur non essendo identica, per forma generale gli somiglia molto.
Il commento puntuale dello
studioso non fa una grinza. Tutto è descritto e puntigliosamente registrato.
Naturalmente il pregiudizio della ‘strumentalità’ e della ‘decorazione’ non gli
concedono di andare oltre l’approccio descrittivo sui significanti apparenti.
Però la sua attenzione non può che soffermarsi e indugiare su un dato
macroscopico del significante collocato al centro dello scafo e nel cavo del
recipiente: una figurina di scimmia o un antropoide che procede a quattro zampe
e che porta sul dorso un anello, indizio questo che la figurina ‘funge da
appiccagnolo oltre che da decorazione’ (Lilliu, ibid. p. 394). Lasciamo al lettore il dotto pronunciamento dello
studioso sull’identità del particolare soggetto (per lui un antropoide, per noi, come si vedrà, semplicemente
una scimmia) e puntiamo diritto a ciò che a noi interessa in particolar modo:
la crittografia, la scrittura nascosta e a rebus insistente nel bronzetto.