di Gigi Sanna
(da Lilliu)
Giovanni Lilliu nel suo ‘corpus’ (1) sui bronzetti nuragici ritiene il manufatto una ‘lampada’ con fattezze di barca, così come una lampada in forma di ‘chiatta’, ovvero di barca con fondo largo e basse fiancate, ritiene essere il bronzetto rinvenuto in Abbasanta che, pur non essendo identica, per forma generale gli somiglia molto.
Giovanni Lilliu nel suo ‘corpus’ (1) sui bronzetti nuragici ritiene il manufatto una ‘lampada’ con fattezze di barca, così come una lampada in forma di ‘chiatta’, ovvero di barca con fondo largo e basse fiancate, ritiene essere il bronzetto rinvenuto in Abbasanta che, pur non essendo identica, per forma generale gli somiglia molto.
Il commento puntuale dello
studioso non fa una grinza. Tutto è descritto e puntigliosamente registrato.
Naturalmente il pregiudizio della ‘strumentalità’ e della ‘decorazione’ non gli
concedono di andare oltre l’approccio descrittivo sui significanti apparenti.
Però la sua attenzione non può che soffermarsi e indugiare su un dato
macroscopico del significante collocato al centro dello scafo e nel cavo del
recipiente: una figurina di scimmia o un antropoide che procede a quattro zampe
e che porta sul dorso un anello, indizio questo che la figurina ‘funge da
appiccagnolo oltre che da decorazione’ (Lilliu, ibid. p. 394). Lasciamo al lettore il dotto pronunciamento dello
studioso sull’identità del particolare soggetto (per lui un antropoide, per noi, come si vedrà, semplicemente
una scimmia) e puntiamo diritto a ciò che a noi interessa in particolar modo:
la crittografia, la scrittura nascosta e a rebus insistente nel bronzetto.
Questo si presenta, nella lettura dall’alto
verso il basso, con il topos decorativo - simbolico dell’anello. Esso però, un ‘unicum’ in tutta l’iconografia
nuragica riguardante le barchette, non è collocato sulla parte alta dell’albero
maestro, ma sul dorso di un animale che (scimmia o antropoide che sia), ‘cammina
a quattro zampe’. L’anello o il cerchio in nuragico (ma così sarà anche nel
codice crittografico etrusco) è ideogramma che nota sempre la luce (2).
Si ha quindi un primo ideogramma che deve essere raccordato con l’altro
ideogramma, ovvero la scimmia. Ma come? Che relazione ci può essere? Che senso
può avere ‘luce - anello’ + ‘scimmia’?
Il lusus dello scriba artigiano nuragico è
quello di renderlo assai nascosto con il
creare un ideogramma come quello che si ricava dalla scimmia ma non è la
scimmia: esso scaturisce dal fatto che quella rappresentata è una scimmia, cioè
un animale che come caratteristica fisica
fondamentale ha quella ( ben disegnata e sottolineata nel bronzetto) di
camminare a ‘quattro’ zampe. E’ il quattro quindi che si deve prendere dal significante
a rebus ‘scimmia’ e collegare l’ideogramma ‘luce’ con il quattro, numero che, come si è detto tante volte circa la
numerologia nuragica e quella etrusca,
significa ‘forza’(3). Il risultato è quindi ‘forza della
luce’. Ma il significato del significante ‘scimmia’ non si esaurisce qui
perché, come sottolinea lo stesso Lilliu, la scimmia (per lui antropoide) è elemento decorativo della barchetta. Non
si esaurisce perché lo scriba nuragico (ma anche quello etrusco) ha un’altra
opzione, oltre a quella numerologica e ideografica, nell’uso del metagrafico:
adoperare anche l’espediente della acrofonia per ottenere senso ulteriore dal
testo. Acrofonia per altro abbastanza facile da rendersi nella composizione dei
bronzetti (4),
a qualsiasi tipologia essi appartengano, perché ‘decorazione, splendore’ in
semitico si dice הדרה La
consonante aspirata hē ה in nuragico (5) rende il pronome indicativo (lui/lei). Quindi anello + 4 zampe + decorazione (ideografia, numerologia,
acrofonia) danno il senso dell’incipit del bronzetto: Lui forza della luce.
Procedendo nella lettura abbiamo
sulla sinistra del manufatto il significante ‘manico’ a cui deve aggiungersi
quello della ‘decorazione’ (la protome bovina). Quest’ultimo lo conosciamo già
e significa ‘lui’, l’altro rende una facile ‘idea’ che è quella del ‘sostegno’.
Quindi abbiamo una seconda stringa di senso che è ‘Lui sostegno’.
Resta da interpretare lo scafo
che ‘ha pure, nella parte posteriore
dell’orlo, un minuscolo rilievo a sella che forse stilizza un uccello o qualche
altro animaletto’ (Lilliu p. 394 ): insomma ha una decorazione. Lo scafo assai singolare del manufatto, quello
dell’essere piatto e largo suggerisce l’ovvia idea della ‘stabilità’ o della
‘certezza’. Quindi la terza ed ultima stringa di senso è: ‘Lui sicurezza, stabilità,
certezza’
Si ottiene così, attraverso le
convenzioni scrittorie del metagrafico, l’espressione formulare che, più o meno
variata, è presente nei bronzetti, formula che, secondo noi, ha un’antichissima
origine neolitica se, come sembra, la domus
de jana di Corongiu di Pimentel (6)
riporta i significanti schematici del codice funerario criptato alludenti alla ‘forza, al ‘sostegno’, alla ‘stabilità’ della divinità luminosa, soli - lunare’. Si
ottiene cioè l’espressione ‘Lui
forza della luce, Lui sostegno, Lui certezza .
Il manufatto di Baunei quindi non ha solo
valore strumentale e decorativo (bella lucerna da appendere) ma ha anche e
soprattutto quello di ‘petitio’ scritta nascosta, di talismano ‘divino’, che ha
la forza assoluta proprio in virtù di quella scrittura (non decifrabile, pena
l’inefficacia del talismano), di proteggere e mantenere in ogni momento della
vita (7)
la buona sorte (felicitas) e di
parare anche gli atti dei malvagi (8) che possono attentare ad essa.
(da Lilliu)
Lo stesso significato con la stessa formula apotropaica doveva avere anche la lucerna - barchetta di Abbasanta. Solo che di questa si possono ottenere in lettura, non essendo integra, i due ultimi segmenti dell’espressione, quelli dati da ‘manico’ + ‘decorazione’ e da ‘ fondo piatto’ + ‘decorazione’ (9); vale a dire ‘sostegno Lui’ e ‘ sicurezza Lui’. Va da sé però che all’interno dello scafo piatto, così come nel bronzetto di Baunei doveva insistere un significante fantasioso quanto misterioso che, attraverso le norme del metagrafico (ideografia, numerologia e acrofonia), potesse rendere variata (10) la stessa identica formula apotropaica con i lessemi ‘forza’, ‘luce’ e ‘Lui’. Quindi possiamo riportarla con tranquillità, con l’integrazione dell’incipit, così:
[Lui forza della luce], Lui sostegno, Lui Sicurezza.
Lo stesso significato con la stessa formula apotropaica doveva avere anche la lucerna - barchetta di Abbasanta. Solo che di questa si possono ottenere in lettura, non essendo integra, i due ultimi segmenti dell’espressione, quelli dati da ‘manico’ + ‘decorazione’ e da ‘ fondo piatto’ + ‘decorazione’ (9); vale a dire ‘sostegno Lui’ e ‘ sicurezza Lui’. Va da sé però che all’interno dello scafo piatto, così come nel bronzetto di Baunei doveva insistere un significante fantasioso quanto misterioso che, attraverso le norme del metagrafico (ideografia, numerologia e acrofonia), potesse rendere variata (10) la stessa identica formula apotropaica con i lessemi ‘forza’, ‘luce’ e ‘Lui’. Quindi possiamo riportarla con tranquillità, con l’integrazione dell’incipit, così:
[Lui forza della luce], Lui sostegno, Lui Sicurezza.
Note e riferimenti
bibliografici
1
Lilliu G., 2008 (riedizione dell’opera del 1966), Sculture della Sardegna nuragica (intr. di Alberto Moravetti),
Ilisso ed. , Nuoro, p. 394 - 395, n. 191.
2 Il nuragico prende in prestito il geroglifico del disco o cerchio luminoso di RA. Per qualche esempio si veda la pietra (prima fig.) di Santa Caterina di Pittinuri, con il toro e il cerchio agglutinati e con scritta nr - ’ak - hē , e il cosiddetto’ brassard di Is Locci Santus di San Giovanni Suergiu con il pittogramma della ‘luce’ + l’ideogramma sette’ (luce santa)
2 Il nuragico prende in prestito il geroglifico del disco o cerchio luminoso di RA. Per qualche esempio si veda la pietra (prima fig.) di Santa Caterina di Pittinuri, con il toro e il cerchio agglutinati e con scritta nr - ’ak - hē , e il cosiddetto’ brassard di Is Locci Santus di San Giovanni Suergiu con il pittogramma della ‘luce’ + l’ideogramma sette’ (luce santa)
3 Coloro che ci seguono da tempo sanno che la ‘forza’, resa sia in ideogramma (ad es. un quadrato o quattro linee verticali) sia in scrittura lineare si dice ‘OZ עז. Insieme a nur/nul נל (luce, lampada luminosa), hē ה(lui/lei), ’ag/’ak אג(toro) è la voce più frequente presente nella documentazione nuragica (Sanna G., 2016, I Geroglifici dei Giganti. Introduzione allo studio della scrittura nuragica, PTM, Mogoro, passim).
4 Ma non solo di questi. Documenti lapidei mostrano la detta lettera acrofonica senza alcuna ombra di dubbio. Si veda ad es. la monumentale lettera resh (testa) della scritta, altrettanto monumentale, di Murru Mannu di San Giovanni (Tharros) con lo strano ornamento הדרה del cappello sulla testa del ‘toro muggente’ ( V. http://maimoniblog.blogspot.com/2016/03/scrittura-nuragica-tharros-murru-mannu.html ).
5 Di norma in semitico (ebraico) rende l’articolo determinativo. Per un accostamento linguistico circa il valore pronominale si veda ad es. l’espressione sarda, ancora attuale, ‘su santu doxi’ pronunciata da uno che è spazientito, innervosito (per dio! Per il santo dodici!). L’articolo sardo ‘su’ viene da latino (?) ‘ipse’, com’è noto, cioè dal pronome ‘esso, lui’. Quindi ‘Lui santo dodici’ e non ‘Il santo dodici’. Anche il greco possiede l’articolo con valore di pronome: ὁ Ảχιλλεΰς (lui Achille e non il Achille).
6 http://maimoniblog.blogspot.com/2018/10/la-scritta-della-domus-de-jana-di.html
7 L’oggetto può essere usato in senso apotropaico (allontanare, scacciare il negativo) sia per fini funerari (quindi deposto in una tomba) sia per quelli della vita di ogni giorno delle persone (ad es. in una casa d’abitazione).
8 I ‘malvagi’ sono i ‘mali’ del celebre carme (V) di Catullo che potrebbero ‘invidēre’, porre il malocchio, conoscendone l’entità, al numero dei baci dei due amanti.
9 Lilliu p. 476 del bronzetto n. 270: ‘ Sull’orlo, ai due margini, circa a metà del corpo, si osservano due rilievi contrapposti simmetricamente. Uno sul bordo sinistro per chi impugna l’oggetto, sembra che indichi un topo o un ranocchio, distinto nelle parti del corpo affusolato e della testa; l’altro, a segmento di luna con la concavità in alto, potrebbe essere la stilizzazione d’un uccello’.
10 Difficilmente gli scribi (artigiani) facevano bronzetti uguali. Simili sì, ma non uguali. Si tenga presente che la ‘variatio’ compositiva, la nessuna propensione allo standard, è uno degli aspetti che più colpiscono la scrittura sia lineare sia metagrafica del system nuragico (v. Sanna G., 2016, I geroglifici dei Giganti. Introduzione ecc. cit. cap. 6 pp. 133 – 143).
Colgo l'occasione di questo commento per augurare a tutti voi un sereno 2019 - speriamo ricco di tante belle novità -e per porre una domanda al prof. Sanna nello specifico di questa nuova lettura metagrafica. Sul bronzo 191 lilliu aggiungeva, nel definirlo antropoide che “A pensarci bene, in una concezione artistica tendente, come abbiamo detto, a volgere in animalesco, per particolari fini ideologici, il volto umano, il passaggio a mutare in schema zoomorfo anche l'intera immagine dell'uomo, era facile e, direi, da aspettarsi […] Per me l'ipotesi di un tramutamento totale, per ragioni magico-apotropaiche, della forma umana in forma bestiale è sempre la più accettabile". Io ho condiviso questa lettura che a suo tempo avevo poi esteso anche al bellissimo bronzetto di santa lulla di orune
RispondiElimina(http://maimoniblog.blogspot.com/2016/12/il-bronzetto-di-santa-lulla-di-orune.html?m=1)
Proprio a commento di questo post lei scriveva questo:
"La trasfigurazione, il mutamento (naturalmente rispetto alla regolarità di un volto), l'ambiguità (è un concetto che ti consiglio di seguire: di ciò ho parlato non poche volte) uomo -bestia si dice in semitico HPHK (il mutarsi). Questo consente allo scriba artigiano di iniziare con la lettura acrofonica di 'H' (Lui)", riprendendo questo aspetto, considerato che lei ritiene semplicemente una scimmia la figura centrale, volevo chiederle se aveva preso in considerazione questa caratteristica e se si, come mai l'ha scartata.
Vedo che non ti sfugge niente, caro Angelo. L'ho presa in considerazione da subito non appena letto (con maggiore attenzione, per la stesura definitiva del post) quello che ho chiamato 'dotto' commento di Lilliu. Non cambia nulla dal punto di vista acrofonico, ma l'ornamento scimmia l'ho accolto per maggiore semplicità e anche perché così le voci 'ornamento' sarebbero 'tre' e non due nell'intera lettura della barchetta. Tre 'he' che addirittura potrebbero dare 'Lui (è) la luce' dal momento che, come sembra dimostrarsi sempre di più dall'etrusco, il 'tre' significa 'luce' (ideogramma di sollevarsi, distendersi e curvare dei due astri ovvero della luce). Una lettura in più dunque? Oppure la 'he' di hphk? Nel primo caso mi sembrerebbe esserci una ripetizione della voce 'luce'.Non so. Quante volte mi chiedo quando è il momento di fermarsi nella soluzione del rebus! In ogni caso: scimmia 'antropoide' o scimmia 'ornamento' tendono a dare la stessa acrofonia. E mi fermo qui, perché (credo di averlo detto qualche altra volta) l'acrofonia è l'aspetto più complicato da individuare e da tradurre del rebus. Tra non molto (spero) cercherò di offrire un contributo ulteriore sul metagrafico dei bronzetti nuragici apotropaici in forma di torellini. Anche lì la bestiolina nera, quella che suscita perplessità è data dall'acrofonia. Spero di essere stato chiaro e di aver risposto alla tua domanda. 'Chiaro' lo dico sorridendo dal momento che trattiamo di rebus difficilissimi e per nulla chiari di scribi vissuti quasi tremila anni fa!
RispondiEliminagigi