La rubrica di Maymoni

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mercoledì 6 febbraio 2019

Cabras. Perché dopo 12 anni dalla disponibilità del Soprintendente Giovanni Azzena e a venti dalla consegna del sigillo A1 di Tzricotu non è stata mai fatta la perizia metallografica sul manufatto bronzeo? A chi toccava e a chi tocca oggi promuoverla e farla fare?



 L’architetto Franco Tabacco ha pubblicato una vignetta che ha inteso, in qualche modo,  smuovere le coscienze circa un fatto che sa dell’incredibile: la perizia non ancora effettuata, a 20 anni dalla consegna da parte dell’agricoltore Andrea Porcu, della ‘tavoletta sigillo’ (detta 'placchetta') rinvenuta nei pressi del Nuraghe Tzricotu di Cabras.
   Nel blog di Gianfranco pintore prima, in Monte Prama dopo ed infine in quello diretto tutt’ora da Sandro Angei, più volte si è detto (talora gridato) che era urgente far periziare il reperto, data la rovente polemica, pressochè immediata, sorta (e sfociata addirittura in denunce e arresti di denigratori) tra chi sosteneva in essa la presenza della scrittura nuragica (XII - XI secolo a.C.) e chi invece sosteneva l’assoluta anepigraficità, ritenendosi la ‘placchetta’ (sic!), da parte di uno studioso non epigrafista, un prodotto bizantino a scopo di creazione di ‘linguelle’ di cinturoni per parata.
    I tre appelli però non hanno sortito alcun risultato. E di perizia, da quanto sembra, neanche a parlarne. ‘Inutile’, si sussurra, ma mai apertamente si dice.  Eppure esiste un documento negli uffici della Sovrintendenza di Cagliari con data 18 Dicembre 2007 inviato dal Sovrintendente ad ‘interim’ di allora Giovanni Azzena dove si parla  (pur ritenendo, sulla base dell’interpretazione fatta dal medioevalista Paolo Benito Serra, l’oggetto di Tzricottu  un prodotto medioevale), della necessità di fare comunque una perizia chimico –fisica circa la sua autenticità. Mica si parla di inutilità. Si parla di ‘opportunità’!
   Curiosa l’affermazione del Sovrintendente perché manifestamente contrasta  con il resto dello scritto dove si dice con tono sicuro, rispondendo al sindaco (v. documento allegato) di Cabras di allora ( dott. Trincas Efisio), della disponibilità di restituire un oggetto per il Museo di Cabras dei cui ‘valori’ e ‘significati’ avrebbe dovuto parlare l’esperto (sicuramente il Serra succitato) per poi essere collocato nel museo con didascalia conseguente ai detti valori e significati scientifici. E che? Se qualche dubbio c’era sul documento presunto bizantino perché non affidarsi immediatamente alla perizia scientifica metallografica e attendere prima il responso e dopo, solo dopo, per un minimo di prudenza, riconsegnare l’oggetto, con e in una ‘manifestazione pubblica’ organizzata per la presentazione di esso? Perché quello che si doveva comunicare prima, come indispensabile e come obbligatoria premessa,  è stato scritto dopo, alla fine del comunicato? Perché balza evidente che, se la perizia la si consigliava al Sindaco ( Soprintendenza e Comune devono in questi casi  agire di concerto) qualche dubbio per quel documento, non proprio perspicuo, esisteva nella mente del Sovrintendente o nella mente di altri della Soprintendenza.
   Di recente prima di parlare di manifestazioni o di altro al comune di Teti il Sovrintendente Minoja si è sentito in dovere, stanti i sospetti,  di far periziare prima la barchetta fittile con i segni di scrittura. Dopo e solo dopo c’è stata la manifestazione pubblica con l’annuncio della autenticità (con sorpresa e delusione somma per taluni ‘decostruzionisti’) del manufatto e della scritta impressa 'ante coctionem '(con il conseguente annuncio di studi epigrafici in corso sul singolarissimo reperto). Perché con ostinazione  sul documento di Tzricotu si procede così diversamente? Perché S’Urbale di Teti sì e Tzricotu no? Se davvero si riteneva con notevole sicurezza che il reperto non c’entrava nulla con il nuragico perché non puntare su di una manifestazione che dopo il responso peritale annunciasse definitivamente al mondo la recenziorità medioevale del documento a scopo ornamentale  e non la sua antichità nuragica a scopo epigrafico? Perché non stroncare definitivamente ogni nostro pronunciamento su quello che addirittura si è definito come uno dei sigilli cerimoniali  dei Giganti?    
    Ma approfittiamo del caso (la preoccupazione del Sovrintendente espressa nel documento) per chiederci ancora una sola cosa: perché mai una richiesta di perizia per sospetto di falso su di una (presunta) matrice di linguelle di cinturoni bizantini? Si sono registrati nel passato e si registrano forse oggi dei casi di falsi in Italia e in Europa eseguiti per ricavare profitti per modani da linguelle medioevali o per strumenti di qualsiasi genere per produzione di artigianato medioevale? Esistono mai in qualche parte del mondo falsari così ingenui da riprodurre paccottiglia o quasi, senza valore alcuno  se non quello nullo documentario circa la storia dell’artigianato bizantino? Quale folle mai sarebbe  disposto a sfidare il codice penale (con anni di galera)  per burla o per collocare nel mercato clandestino un prodotto senza nessun valore commerciale?  
   Comunque, lasciando perdere il resto,  il Soprintendente ha detto che c’era bisogno di una perizia. Lo ha detto nel 2007. Abbiamo la prova. E da allora? Perché i funzionari della Sopritendenza che hanno ricoperto successivamente (e con maggiore autorità di carica) il ruolo dell’Azzena non hanno fatto il loro dovere (quello del succitato Minoja), stante la polemica ancora più aspra sorta sull’autenticità e sul valore dell’oggetto? Perchè non sono più  ‘ritornati’ alla carica circa l’opportunità  e agito di concerto circa la perizia con gli altri sindaci del Comune di Cabras, quelli che hanno preso successivamente il posto politico di Trincas? Si sa bene che questi ha detto pubblicamente picche alle richieste di garanzia dell’Azzena sulla ‘manifestazione’ da tenersi a Cabras, date le perentorie quanto autoritarie modalità richieste. Con un conseguente stallo di iniziative, pubbliche o no,  più che  naturale che ci fosse. Ma dopo, quando le remore non sussistevano più,  gli altri Sindaci sono stati interpellati? Il dovere di chi è incaricato alla tutela dei beni culturali (di qualsiasi bene culturale) ha spinto  forse ad interpellarli? E’ stata ri -promossa qualche manifestazione per presentare il reperto di Tzricotu e collocarlo così una buona volta nel Museo Marongiu? Hanno ri -consigliato quella perizia che avrebbe potuto risolvere una volta per tutte il dato della scrittura o non scrittura delle cosiddette ‘tavolette’ di Tzricotu?
Ora, a gridare sulla perizia, ad invocarla, stranamente, non sono i sostenitori sicuri del prodotto ‘bizantino’, coloro che se vogliono possono tanto, ma purtroppo solo coloro che anche se vogliono non possono nulla. Qualcuno di questi ultimi esasperato per il silenzio e la paralisi ventennale ha minacciato il ricorso ad una seconda interpellanza parlamentare (quella che ha smosso le acque sulla barchetta di Teti scritta, sul coccio mogorese scritto in caratteri cuneiformi, visti dal prof. Pettinato, e su altro ancora). Sarà il caso di appoggiarla e di promuoverla subito o aspettare che vadano in porto le attuali promesse per una svolta di politica nuova per la valorizzazione dei beni culturali da togliere alla politica ‘centralistica’ delle  Sovrintendenze?   

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