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mercoledì 17 luglio 2019

Gigi Sanna discute con Raimondo Zucca di scrittura nuragica

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3 commenti:

  1. Beh, finalmente!
    Da una parte credo che il Prof. Zucca si limiterà, sostanzialmente, a rilanciare gli approfondimenti sui reperti in discussione già annunciati tra gli obiettivi, dal prossimo anno, del CIRCE di Oristano (il Centro Internazionale di Ricerca sulle Civiltà Egee, direttore scientifico il Prof. Massimo Perna). E intravvedo il rischio di una discussione che si limiti a registrare la distanza tra le convinzioni maturate dal Prof. Sanna e lo scetticismo fin qui mantenuto, nel merito, dal Prof. Zucca: tutto questo lo sappiamo già; e nello spazio di un confronto in cui ognuno resterà sulle sue posizioni nessuno riuscirà a dire per il pubblico più e meglio di quanto abbia già detto e scritto.
    Sarebbe invece proficuo almeno non tralasciare un confronto su quali reperti debbano essere oggetto di approfondimento e su quali esami detti approfondimenti sarebbe opportuno debbano prevedere; questo ancora non lo sappiamo e ci risulterebbe, a mio avviso, assai interessante, se il Prof. Zucca avesse modo di esporsi fin d'ora su questi punti.
    È perciò quello che raccomando ai due Professori e al bravo moderatore, il già encomiabile Giorgio Galleano (alla cui trasparente perseveranza credo debba ascriversi per buona parte questo evento, in qualche misura “storico” nelle premesse, speriamo anche negli esiti).

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    1. Il Prof Sanna deve fare solo una cosa: mostrare l'alfabeto nuragico, così c'è poco da girarci intorno!

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  2. Per capire e ben interpretare la scrittura nuragica, è necessario sbarazzarsi del paradigma: scrittura = laicità e con ciò, tutto quello che ne consegue: commercio, registrazione e inventario e via dicendo in ambito palaziale; e adottare la formula scrittura = religione in un rapporto unidirezionale con la divinità. Nè più né meno della scrittura geroglifica egiziana. Si badi che non dobbiamo guardare alla forma; l'estetica della scrittura geroglifica egiziana è mirabile e impareggiabile; ma alla sostanza, cruda, essenziale e nascostissima nel rapporto col divino. Quel rapporto sfuggevole col divino del quale nella ierofanica, nel momento in cui non si avverte il punto di mira (particolare architettonico che scandisce il momento clou), non si apprezza l'essenza della manifestazione. Ne abbiamo prova nelle manifestazioni ierofaniche del nuraghe Santa Barbara, del pozzo sacro di Santa Cristina, della “postierla” di Murru mannu, del pozzo sacro di Sant'Anastasia..., e ne abbiamo prova nelle figure geometriche nascoste agli occhi degli umanisti che, bontà loro, ovale, ovoide ed ellisse, tutte fa brodo, se non ferramenta da infisso (recinto del pozzo sacro di Santa Cristina a forma di serratura). Bastano questi esempi per connotare la natura nascosta, se pur sotto gli occhi di tutti (la luce solare), della divinità.
    Se si accoglie questo paradigma “essenziale” si accoglierà la scrittura nuragica. Scrittura che in senso lato geografico-temporale, non nasce in ambito palaziale ma già nel neolitico o ancor prima (Gimbutas e altri) in ambito religioso nel rapporto con la/le divinità.

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