La rubrica di Maymoni

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mercoledì 20 maggio 2020

LA RESISTENZA GENIT(ori)ALE


di Francu Pilloni 

Non c’è dubbio che la pandemia abbia per primi disorientato i bambini, privati da un giorno all’altro della compagnia degli amichetti e delle maestre, dei giochi all’aperto e di tutto quello che comporta la frequenza della scuola dell’infanzia.
Costretti in casa, a volte poco capiente, spesso senza l’alternativa della visita ai nonni e agli altri parenti, hanno sofferto il malumore dei “grandi”, genitori e fratelli/sorelle maggiori, anch’essi ristretti e privi di sfogo, se non virtuale.

I più piccoli pertanto sono stati investiti da una ventata di “stai fermo”, “stai zitto”, “no, quello non si tocca”, e svariate altre formule con cui si cerca di tenere a bada la vivacità dei bambini.
Oltre tutto, questi umani ancora cuccioli hanno avuto grande difficoltà a comprendere il motivo di tanto repentino cambiamento delle abitudini perché, se il virus è rimasto abbastanza “estraneo” alla cultura degli adulti – non ostante la profusione di esegesi di virologi, epidemiologi, statistici e quant’altri sono passati sulle scene dei talk-show e degli approfondimenti, dalle sei del mattino a mezzanotte e oltre, poi riprogrammati in notturna per gli insonni – il virus dicevo, figuriamoci quanto è rimasto lontano dall’esperienza di un bambino che, se tutto è andato bene, lo ha identificato come lo sputo dell’Uomo Nero, sempre che abbia capito il termine inglese che sta per gocciolina di saliva.
A seguire, metterei i ragazzi e i giovani, adusi a ben altra socializzazione e ampiezza di spazi, dalla scuola, al divertimento, allo sport. Ne hanno parlato tanto sia gli educatori che i sociologi, i divi del cinema e i campioni dello sport, oltre ai molti che ne sapevano tanto quanto noi comuni citttadini, ma hanno per forza di cose voluto e potuto aggiungere la propria opinione.
Per questo restiamo a quanto già detto, che è abbastanza.
Vorrei invece parlare dell’atteggiamento degli adulti che a me piace ricordare come “resistenza genit(ori)ale”, perché ho riflettuto sulle mie reazioni di fronte alle novità pervenuteci nella coda di quest’inverno che ci era parso, sino ad allora, sin troppo mite.
Alla notizia che in Cina - precisamente a Wuhan, neanche a Pechino o a Hong Kong -, era comparso un focolaio di un virus di tipo Sars, ci pensai sopra un attimo e sbuffai piano perché, se “l’Africa è lontana vista dalla Luna” (come cantava Endrigo), Wuhan è ancora più lontana vista da Selargius e, oltre tutto, perfettamente invisibile per via della curvatura terrestre, non mi basta neppure salire sul campanile.
Quando invece i sospetti si sono addensati sui malati lombardi o i cinesi di Roma, le antenne si sono drizzate per captare ogni notizia utile a scongiurare un eventuale contagio. E gli scienziati ci sono andati subito tosti nei confronti dei nonni, anche di quelli giovani e senza nipoti come me che supero solo di poco i tre quarti di secolo.
"Stare chiusi in casa, mascherina e lavaggio continuo delle mani, con sapone o con amuchina", che poi è sparita in pochi giorni dagli scaffali di negozi e farmacie.
"È poco più di un’influenza stagionale" ragionano altri "e le mascherine sono inutili": ragionano a voce alta (e quanto alta!) a Milano, a Washington e anche a New York.
Chi più di loro?, è stato portato a pensare una persona comune, anche se da sardo sardo, una quota di riserva mi resta sempre in fondo alla coscienza nei confronti dei Lombardi, ancora maggiore per gli Americani e molto di più verso quelli delle agenzie dell’ONU.
Non passa molto tempo che, sempre dagli stessi lidi, si è proclamato il contrario e da Milano si vedono le interviste con le mascherine (almeno comprendiamo come sono fatte e come indossarle!).
Sono arrivate a scosci ricorrenti le disposizioni del Governo, della Regione, del Sindaco, spesso discordanti, sempre sfuggenti, legittimate da una scienza che annaspa, scarsamente dal buon senso comune: riconosco che ho dovuto fare forza su me stesso per prenderle sul serio e allineare i miei comportamenti.
Confesso che ciò mi è costato molto, perché spesso assumo comportamenti fuori dall’usuale, seppure nei limiti della legalità.
Ho avuto netta l’impressione che i politici abbiano voluto rifarsi su di noi cittadini quando, per uscire di casa, ci hanno costretti a compilare una dichiarazione scritta sulle legittime motivazioni, da presentare al gendarme di turno (non agente, magari campestre, ma gendarme a volte dai modi e dai toni rudi da “bravo” manzoniano).
Forse che non bastava riferire al controllo “sto andando in farmacia, questa è la ricetta”?
Oppure “vado a comprare il pane” o qualsiasi altra incombenza tra quelle supposte, ma mai esemplificate come urgenti e necessarie?
Al cittadino dunque non è stato concesso di aver credito sulla parola, manco quanto si concede alla parola del politico in campagna elettorale.
Carta canta, dice l’adagio.
Ma quante volte canta la carta autocerificativa?
Tante quante sono le motivazioni che ciascuno poteva avere o inventarsi, perché le autocertificazioni si potevano duplicare, e volendo decuplicare, così da presentarne una nuova e diversa a ogni eventuale gendarme.
Parrebbe dunque che in questo Paese pure le bugie, quando sono messe nero su bianco, abbiano avuto corso legale e, in qualche modo, assunto uno certo spessore di credibilità, propedeutico a un riconoscimento di dignità.
Per tornare infine alla resistenza genit(ori)ale, possiamo ben dire che è stata saggiata anche sotto stress e la sua risposta, la nostra risposta di adulti di fronte ai sì, ai no, ai nì e ai tanti forse che si sono rincorsi e accavallati, è stata una reazione controllata, si può dire “a cestello rotante”, perché quanto a girargli gli gira sempre, ma una volta con moto destrorso, la volta seguente con moto contrario, pari al movimento di una comune lavabiancheria.
Per adesso è mancato il rumore parossistico del centrifugazione, seppure qualche mugugno si sia avvertito.
Ora che è il tempo della riapertura, è arrivata l’ora dell’elasticità delle norme, da regione a regione, da comune a comune, da condominio a condominio.
C’è qualcosa di specifico anche per le case sparse.
Ecco allora che la resistenza genit(ori)ale per causa di forza maggiore deve diventare elastica e dunque si allunga anch’essa a dismisura perché siamo cittadini consapevoli.
Speriamo che un successivo futuro rilascio non ci arrivi inaspettato e violento, perché pure la resistenza genit(ori)ale ha un limite e, in quelle parti, siamo rimasti piuttosto sensibili.

3 commenti:

  1. Signor Francu come si vede che lei è stato un maestro ed il suo pensiero è andato a questi poveri bambini.Pensi sotto casa mia c'è un giardino comunale ,era stato sempre ,gioisamente,pieno di bambini,poi la chiusura,ora LA RIAPERTURA MA NESSUN BAMBINO VIENE A GIOCARE.pENSO,COME LEI,AI BAMBINI CHE ABITANO IN UNO SPAZIO RISTRETTO,POVERI BAMBINI E POVERI RAGAZZI.oRA CHE SI PUò USCIRE CON LE MASCHERINE,CONTINUO A NON VEDERE IN GIRO BAMBINI,CHE TRISTEZZA.Riguardo all'autocertificazione ,la penso come lei,infatti,ne ho fatta una e l'ho tenuta uguale in borsa,un po' di ribellione con buon senso l'ho avuta anch'io.Molti dicevano"questa esperienza ci cambierà" è vero ma non certo in meglio è aumentata la delazione,cosa oscena.Continuo a pensare ai bambini.Grazie per questo articolo.

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  2. Ci sono due fattori che incidono sulla situazione vissuta dai bambini.
    Il primo è che, per (s)fortuna ci sono pochi bambini piccoli in Italia, e specialmente in Sardegna. Ciò determina un minor affollamento nelle abitazioni, ma anche una maggiore solitudine dei bambini. Si pensi ai figli unici dei quali, quando arrivavano a scuola a sei anni, individuavo subito dal loro comportamento quella che chiamavo "sindrome da figlio unico".
    Il secondo fattore è fisiologico, nel senso che difficilmente i bambini sotto i tre/quattro anni riusciranno ad avere memoria dell'evento, salvo formarsene una a posteriori, ascoltando negli anni i racconti degli adulti. E in questo saranno aiutati dal fatto che tutti noi riusciamo, anche da adulti, a ricordare più gli eventi positivi che quelli negativi.
    A me, che quando terminò la guerra avevo circa tre anni e mezzo, è capitato così, perché il ricordo diretto, il primo ricordo in assoluto, fu il ritorno di mio zio dalla prigionia in Germania, nell'agosto del '45.
    Neppure di un evento traumatico come la scottatura estesa a un braccio e a una gamba, a causa della pentola di brodo bollente che s'inclinò sul treppiede mentre cuoceva una gallina per festeggiare il mio terzo compleanno, ho un ricordo diretto, ma so tutto per averlo sentito raccontare tante volte da mia madre, per dare ragione della cicatrice che mi sono portato appresso.
    Alla fine, subiranno più danni gli adulti dei bambini, in questo rimpallo di notizie contrastanti che ci vengono bombardate a ogni ora del giorno e della notte. Adesso, per fare un esempio, prenda le notizie del passaporto sanitario per venire in Sardegna: lei crede che ne verrà fuori qualcosa di concreto? Intanto (pare) nessuno si prenota per venire da noi.

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  3. Signor Franco,sarà che la mia memoria è principalmente emotiva ma i miei ricordi sugli eventi quando ero in Sardegna sono molto vivi sia quelli gioiosi che quelli tristi;ad ogni modo credo che generalmente lei ha ragione,Per quanto riguarda i danni di noi adulti per le notizie farlocche date anche da certi virologi,ben contenti di andare in TV,credo che siamo talmente abituati alle giravolte dei politici c(vedi Renzi)che ,ormai, ci siamo abituati anche a quelle degli"esperti" Provo un po' di gioia vedendo che i più bravi e seri sono italiani ma emigrati in America,noi italiani preferiamo gli appoggi politica che la meritocrazia.Per quanto riguarda Solinas,è meglio che mi astenga,altrimenti farei apprezzamenti poco positivi.Poveri noi sardi,come siamo messi,menomale ci supera Fontana,ha dimostrato di essere insuperabile per la sua baracconagine.

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