La rubrica di Maymoni

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sabato 5 novembre 2022

Il kyathos della luce

Fig. 1

Fig. 2
Lo stesso reperto di figura 1 visto da un'altra angolazione con in vista il secondo animale.
Si noti che non si vede né la svastica grafita né gli altri ideogrammi. Questo è dovuto alla forma dell'oggetto che reca i trafori sulla parete obliqua della concavità, mentre la svastica grafita è troppo in basso per poter essere vista. 

di Sandro Angei

Riassunto

Il presente saggio è poco più di un esercizio comparativo finalizzato alla interpretazione di certi segni di oscuro significato; quelli che la maggior parte degli archeologi descrivono dal punto di vista formale, ma non azzardano per questi una interpretazione di carattere antropologico, rimanendo nel vago ambito del "motivo geometrico". Partiremo da un simbolo di sicuro significato - la svastica - e da quella, assieme ad altre caratteristiche di alcuni reperti provenienti da tombe Falische, Etrusche e Villanoviane, cercheremo di delineare un possibile significato logografico degli altri "motivi geometrici", inquadrabili, come vedremo, in ambito lucifero e quindi astronomico.

1. Indagine problematica di un reperto
Il reperto, il solo di cui abbiamo le immagini, di tre che indagheremo, ha la forma del kyathos greco, ossia una sorta di tazza di terracotta con manico elevato sopra il bordo del contenitore, con o senza piede di supporto, proveniente da una tomba Falisca; ossia quella antica regione italica confinante con l'Etruria. E precisamente dal sepolcreto della Petrina; ma con qualche dubbio sulla tomba di rinvenimento, in quanto nel volumeIV di Monumenti Antichi pubblicati a cura della Reale Accademia dei Lincei - Hoepli Editore 1894, alla colonna 411, descrivendo il corredo della tomba 15, si scrive del reperto 15: "Tazza simile alla precedente ma senza piede, e con fondo traforato a figure di croci gammate, di oche e di branche di swastika. Attorno a tali trafori sono impressi cerchietti concentrici ottenuti con l'istrumento medesimo che si adoperò per produrre gli altri nei fittili superiormente citati. È alta fino al sommo dell'ansa mm. 90".

Più avanti, della tomba 16, si descrive il reperto 21 "Tazza ed alta ansa verticale cornigera (fig. 90), nel cui interno sono rappresentate rozzamente quattro oche, alcune in parte traforate, e circondate da cerchietti concentrici. Intorno al corpo e sull'alto del manico sono applicati i bottoncini di metallo. E' alta, fino alla sommità del manico, mm. 112".

 E segue col reperto 22 della medesima tomba "Id. con la solita decorazione dei trafori, cioè con due oche alternate con due branche di swastika. In giro al corpo e sull'ansa la solita decorazione di bottoncini".

Per tanto nelle due tombe sono state trovate un totale di tre tazze con figure traforate. Ma nessuna delle tre corrisponde in modo perfetto alla nostra.

Nel testo si scrive che la prima è senza piede; la qual cosa giustifica la presenza di croci gammate, oche e branche di svastica tutte traforate: non è quella qui proposta.

La seconda reca il piede e quattro oche alcune in parte traforate: neanche questa è quella qui proposta.

La terza reca il piede, due oche e due branche di svastica traforate: parrebbe la nostra ma non viene menzionata la svastica grafita.

Per tanto potremmo pensare che la tazza qui rappresentata non sia nessuna delle tre appena descritte, ma che sia un ulteriore reperto; ammenoché l'etruscologo A. Pasqui abbia omesso, nel terzo reperto, di descrivere la svastica grafita.

Ad ogni modo è importante ai fini del nostro studio prendere in considerazione tutte e tre (o quattro) i reperti, perché dalle loro particolari caratteristiche possiamo tentare di dedurre i significati profondi in esse incisi e/o traforati.

Ma veniamo all'oggetto di cui possediamo le immagini.

L'oggetto è conservato presso il Museo Archeologico dell'Agro Falisco di Civita Castellana ed è attribuito alla cultura falisca.

Una delle peculiarità dell'oggetto è il particolare manico con "apofisi cornuta" ossia, due protuberanze che si dipartono da un corpo centrale. Una ricerca sul web mostra che ceramiche con questo tipo di manico  sono state trovare nei siti archeologici di Bocca Lorenza Comune di Santorso, di Piovene Rocchetta, di Caltrano; tutti Comuni in Provincia di Vicenza e distanti 360 Km da Civita Castellana. Reperti databili tra l’inizio del XVI e la metà del XV secolo a.C..

Ma lo stesso tipo di manico è attestato nella necropoli etrusca di Poggio Buco, e le tazze che ne sono provviste vengono descritte come "Tazze carenate con collo cilindrico distinto, leggermente rientrante, corpo carenato, fondo piatto, ansa a nastro, sormontante, con ponticello di collegamento e apofisi cornuta alla sommità, impostata dall’orlo alla carena." Per tanto vi è la possibilità che la manifattura di questa tazza possa essere etrusca, benché qualche dubbio persista.

I reperti furono pubblicati anche in "MonumentiAntichi Vol.VII - Hoepli Ed. - 1897 colonna 92".  Essi sono descritti in modo stringato e più che altro si punta l'attenzione sulla caratteristica estetica relativa alle borchie di bronzo infisse nella ceramica (il capitolo è intitolato appunto "Gli esemplari di terracotta-Ricerche sull'ornamentazione a borchie di bronzo de' vasi fittili."). La qual cosa è di certo di grande interesse, vista la rarità di questo tipo di ornati che pongono, tra l'altro, interrogativi circa la loro produzione, essendo i chiodi di bronzo, a quanto pare, infissi nella tazza prima della cottura.

Si legge nella descrizione: "Due tazzine ad alto manico cornigero a doppia apertura. Hanno una decorazione a traforo: l'una di quattro rozze figure d'oca in parte traforate, l'altra di due simili figure alternate con due branche di swastika. Le borchiette rade, in buona parte conservate, formano una fila intorno al ventre e lungo il manico." Anche qui non si menziona la svastica grafita. La qual cosa ci fa pensare che in effetti le tazze possano essere quattro e non tre... chissà! Ma ho il presentimento che la descrizione appena citata non sia altro che un "copia incolla" ante litteram.

I particolari descritti nel volume - manico cornigero e borchiette di metallo - che grande spazio hannno preso nella descrizione dei reperti, per noi li intendiamo marginali [1] rispetto al particolare delle immagini traforate. Queste, per la loro presenza inusuale, sono il focus che attira l'attenzione dal punto di vista simbolico. Quell'attenzione che mancò al Pasqui; almeno a quanto pare.

Quale significato attribuire a quei trafori? In ragione di questa domanda dobbiamo esaminare il contesto.

 2. Esame dei dati sicuri in nostro possesso

Quai dati certi possiamo individuare circa la natura del nostro reperto?

Il reperto è di carattere funerario e non può che essere un oggetto rituale. Fu creato per uno specifico scopo, ossia quello di seguire il defunto nel suo viaggio dopo la morte con un auspicio bene augurante. Non può essere un oggetto di vita quotidiana perché la presenza dei segni traforati esclude un suo uso pratico.

Inoltre vi è certezza nel significato del simbolo grafito o traforato a forma di svastica, che esprime il senso di eternità e continuità nella vita, così come dopo la morte: non vi è dubbio alcuno.

I “simboli” traforati, di certo vogliono puntare l'attenzione sul concetto di luminosità. Non vi è dubbio neanche su questo aspetto; perché l'arte del traforo di per se induce la luce a “disegnare” o “scrivere”, mediante la realizzazione di appositi varchi, di forma ben precisa, in una parete opaca che normalmente preclude il passaggio della luce.

A sostegno di questa lettura portiamo ad esempio un calefattoio custodito al Museo Gregoria Etrusco dei Musei Vatican[2] che reca, traforati, molti di quei segni che ritroviamo nelle urne cinerarie di età Villanoviana (Fig. 3). Segni che nel calefattoio, essendo traforati, fanno passare la luce attraverso quei varchi per "scrivere" ideograficamente una frase beneaugurante.

Come possiamo osservare troviamo nel calefattoio alcuni dei segni della tazza qui studiata. E se tentiamo una comparazione, oltre alla cosiddetta "branca di svastica" menzionata da A. Pasqui, possiamo intravvedere, nella parte alta del collo di questo oggetto, quei segni che nella pubblicazione dei Musei Vaticani così sono descritti: "fascia orizzontale scanalata da cui pendono motivi ad angolo retto (motivi a 'L')" (mio il sottolineato ndr). Motivo a "L" che potremmo accostare alle zampe delle oche descritte dal Pasqui del reperto qui studiato. Per tanto motivo a "L" uguale "zampa" e quindi "movimento"; e vedremo tra non molto il perché di questo accostamento.*


Fig. 3


Abbiamo, quindi, individuato due dati certi recanti il concetto di eternità (svastica) e il concetto di luminosità (traforo).

Ma andiamo oltre per dire che, a ragion di logica, se la svastica restituisce il significato di "eternità" quale motivo vi sarebbe per non accettare un significato logografico anche negli altri motivi ritenuti "ornamentali" o "geometrici" da alcuni studiosi?

Questo aspetto deve farci riflettere e, benché sia difficilissimo individuare la maggior parte dei significati nei significanti, ciò non toglie che quelli, benché oscuri, sono presenti in quei segni.

3. Descrizione puntuale dei simboli

Primo simbolo

La svastica ha il significato ormai accertato, come già detto, di continuità perenne, eternità. Concetto legato al moto degli astri e in particolare a quello del sole.

Ma questo significato non ci soddisfa appieno; per tanto indagheremo la forma della svastica in modo più incisivo operando accostamenti formali.

Partiamo dall'interpretazione data nel 2° capitolo al segno a "L" e alla zampa dell'oca, che renderebbero il significato di movimento. In ragione di ciò accostiamo il segno a L e la zampa dell'oca (che è ancora un segno a L) ai bracci gammati della svastica, che a ben vedere potrebbero essere anche quelle delle L e quindi delle zampe; dato che le zampe dell'oca, come in tutti gli animali terrestri, sono articolazioni deputate al "movimento".

 Vista sotto questo aspetto la svastica potrebbe comprendere, quindi, oltre al significato di continuitàeternità, anche il significato di movimento. Per tanto movimento continuo o movimento eterno.

*Questo accostamento non è una comparazione estemporanea, ma è dettato dal riconoscimento (almeno di una parte degli studiosi), del significato della trinacria o triskeles (col significato di tre gambe dal greco antico τρισκελής) perfettamente identico a quello della svastica o tetraskeles ossia quattro gambe (Si veda al proposito la tesi di laurea della Dott. Anna Sapienza) [6]. Entrambe le figure avrebbero un significato lucifero legato al moto solare.  Scrive la Dott. A. Sapienza nella tesi: "La valenza solare, veicolata dalla triskeles, è stata individuata e sostenuta da numerosi studiosi, basti citare F.C. Movers 4 , L. Müller 5 , A. Baldwin 6 , N. Vismara 7  e R.J.A Wilson 8 . Indubbiamente la triskeles - per la sua particolare composizione figurativa - esprime l’idea di un movimento perenne e ciclico, correlabile al moto veloce dell’astro solare."

  Triskeles che, benché in origine fosse composta da tre spirali originate da un punto centrale comune (datata la più antica al medio Minoico - 1750 a.C.), in seguito le spirali furono sostituite da tre gambe umane già a partire dal VII-VI sec. a.C. (vedi ancora tesi di cui alla nota 6).

In ragione di ciò potrebbe essere plausibile accostare le zampe dell'oca ai motivi a L appesi alla fascia circolare che cinge il collo del calefattoio e ai bracci della svastica/tretraskeles e, chiudendo il cerchio, accostare le gambe della triskeles/trinacria alle zampe dell'oca (Fig. 4), secondo un ragionamento che conduce al vero senso di queste immagini, che altro significato non hanno se non quello ideografico di movimento.




Fig. 4
a - c - g: tazza qui studiata
b: calefattoio di figura 3 - vedi ipertesto pagg 277-278 - datato prima metà IX sec. a.C.
d: vedi tesi di laurea di nota 6 pag. 68 - datato fine VII /metà VI sec. a.C
e: vedi tesi di laurea di nota 6  pag. 70 - datato al IX sec. a. C.
f:vedi tesi di laurea di nota 6  pag.  41 - datato fine VIII - VII sec. a.C.

 A ben vedere però il segno potrebbe avere un significato ancor più pregnante rispetto al generico senso di "movimento" e di "eternità"; e questo lo suggerisce la quantità di bracci a uncino (zampe) che sono in numero di quattro; numero, il quattro, che ha il significato numerologico di forza [3]. E se è vera la connotazione astronomica della svastica, come normalmente viene accettata, quella forza misteriosa che muove in eterno a cosa può alludere se non al movimento di un qualche oggetto o entità. Per tanto la svastica col significato preciso di forza del movimento eterno darebbe l'abbrivio per addurre l'idea del movimento e quindi del percorso insito nel "movimento" di una qualche entità divina o materiale che sia.

Secondo simbolo

Il secondo simbolo, benché si possa accostarlo ad una “branca di svastica” (così la descrive sempre  A. Pasqui), potrebbe non essere tale, perché in primo luogo il logogramma è già stato utilizzato nel monogramma "svastica"; in secondo luogo l'ideogramma in questione (che l'archeologo S. Occhilupo definisce motivo a meandro a scaletta - vedi pubblicazione di cui alla nota 4) potrebbe non essere una "branca di svastica" per quanto possiamo osservare nella figura 5, qui sotto riportata.

Fig. 5

Infatti, se isoliamo una delle branche della svastica, questa non rappresenta esattamente la figura da noi trattata; figura che abbiamo evidenziato col colore rosso.

 In ragione di ciò possiamo pensare che l'ideogramma in questione, interpretabile più precisamente quale motivo serpentiforme o se si vuole "meandro a scaletta", sia comunque associabile, allusivamente, ancora all'aspetto astronomico dettato dalla svastica, ma descriverebbe in modo compiuto il movimento serpentiforme del sole e della luna nel ciclo giornaliero di alba, culmine al "mezzogiorno", tramonto e successiva rinascita. Ossia il segno serpentiforme restituirebbe l'idea del percorso addotta dalla svastica, come prima detto.

Per tanto, che lo si chiami "motivo serpentiforme" o "motivo a meandro"*, l'immagine dettata dai due motivi è sempre un percorso, che sia quello lasciato dalle tracce del serpente in movimento, o le anse tracciate da un fiume che si apre la strada verso il mare.

* "Meandro": ognuna delle serpentine, o curve a forma di S, soggette a spostamenti (e perciò dette anche m. divaganti), che certi fiumi formano scorrendo nel loro corso inferiore in piane alluvionali a leggera pendenza (cit. vocabolario Treccani).

Ma è solo una ipotesi.

Terzo simbolo

Il terzo simbolo parrebbe rappresentare un'oca (così la descrive l'etruscologo A. Pasqui nel testo citato), ossia un volatile, che per sua natura viaggia (si muove) per il cielo (l'oca in particolare è uccello migratore).

Il medesimo disegno lo troviamo  in un vaso biconico ritrovato nella tomba 28/87 della necropoli di Santa Maria Capua Vetere (Fig. 6), datata tra la fine dell'età del Bronzo e gli inizi della prima età del Ferro. Reperto che l'archeologo Sergio Occhilupo così descrive: "... Sul collo appena sotto l'orlo, è presente una fascia orizzontale con motivi ad L realizzata con un pettine a tre o quattro punte, mentre al centro si svolge una teoria di uccelli realizzati ad incisione...[4].

Fig. 6
Immagine tratta dal sito di cui alla nota 4.

 S. Occhilupo parla, genericamente, di uccelli, non di oche; ciò non toglie che le immagini del reperto di Santa Maria Capua Vetere siano perfettamente riconoscibili in quelle della tazza della tomba falisca.

Infine, annoveriamo tra queste letture, quella del Prof. G. Sanna, che in recente articolo comparso sulla piattaforma Facebook (8 settembre 2022), propone proprio la tazza qui studiata e interpreta la medesima figura, assimilandola quella di un volatile. Ecco che vi è interpretazione unanime di questo simbolo.

 In ragione di ciò l'ideogramma alluderebbe al viaggiatore volante; per tanto a chi possiamo attribuire questa prerogativa, se non al sole e alla luna che sono viaggiatori volanti per eccellenza?!

Si tenga presente che il rimarcare le zampe dell'oca adduce il significato fondamentale di "movimento", come abbiamo già detto. In ragione di ciò potremmo intravvedere l'idea del movimento anche in quelle "zampe appese" alla fascia scanalata del calefattoio di Fig. 3 o le 'L' che pendono dalla fascia orizzontale (cerchio inciso nel collo) del vaso biconico da Santa Maria Capua Vetere (vedi nota 4). Fascia scanalata, sia l'una che l'altra, che a ben vedere altro non sono se non un cerchio con le zampe. Per tanto, anche in quelle il messaggio parrebbe alludere al camminatore (viaggiatore) circolare; ossia il sole [5].

 Notiamo in definitiva che i  segni, benché di diversa natura, riconducano sempre al solito soggetto, nel momento in cui un'oca, benché non abbia le ali distese nel volo, è mostrata nell'atto di camminare (movimento) sulle sue caratteristiche zampe a forma di "L" (Fig.7).

Fig. 7
La composizione mostra, ancora una volta, comparandole, le zampe delle oche con le L "appese alla fascia che cinge il collo dell'anfora e del calefattoio, e con i bracci gammati della svastica.

Ma è solo una ipotesi.

4. La natura dei simboli e possibile lettura delle tazze "falische"

A questo punto, se la connotazione da attribuire ai tre macro segni è di natura lucifera e quindi astronomica, possiamo addurre le seguenti considerazioni sulla natura stessa dei simboli.

Notiamo che nel loro complesso tutti e tre i macro simboli possono essere portatori di luce, benché non in tutte e tre le tazze "falische" essi siano traforati. Ciò significa che tutta la simbologia ruota attorno al concetto di luce

Descriviamo le tazze e tentiamo una interpretazione alla luce dei sicuri significati: continuo, eterno e luminoso, accostando a questi i presunti significati che abbiamo ipotizzato.

Prima tazza

Nella prima tazza (senza piede) abbiamo i seguenti macro segni traforati:

svastica luminosa col possibile significato di: forza del movimento continuo ed eterno luminoso

volatile (oca) luminoso col significato di: viaggiatore volante luminoso

motivo serpentiforme luminoso col significato di: percorso luminoso

Per tanto dobbiamo domandarci di chi sia la “forza del movimento continuo ed eterno luminoso”.

E' certamente del viaggiatore volante luminoso nel suo percorso luminoso.

La seconda domanda è: chi è questo viaggiatore volante luminoso?

E' certamente il sole nel suo continuo e immortale percorso sinuoso di luce.

Seconda tazza

Nella seconda tazza con piede abbiamo i seguenti macro simboli traforati:

quattro oche luminose col significato di forza del viaggiatore volante luminoso

Anche qui si capisce che il viaggiatore luminoso non può essere altri che il sole e il numero delle oche ha il valore puramente logografico di forza. Ossia non allude a quattro astri, ma alla forza dell'astro.


Terza tazza

Nella terza tazza con piede abbiamo i seguenti macro simboli traforati:

due oche luminose col significato di doppio viaggiatore volante luminoso

due segni serpentiformi luminosi col significato di doppio percorso luminoso

Al centro della tazza però vi è una svastica grafita con cerchietti alle estremità dei bracci gammati, che nel complesso rende il significato di doppia forza del movimento continuo ed eterno.

E quindi: doppia forza del movimento continuo ed eterno del doppio viaggiatore volante luminoso nel suo doppio percorso luminoso. 

A differenza delle altre due tazze, la terza si presume si riferisca al sole e alla luna, dato che la formula insiste sul concetto di “doppio”.

Conclusioni

Alla fine di questo percorso possiamo ben pensare che, a prescindere dall'attribuzione ad una cultura (Falisca) o un'altra (Etrusca e/o Villanoviana), la tazza qui studiata rechi un chiaro messaggio ideografico che possiamo ben definire quale scrittura ideografica a rebus. E la parte più difficile del rebus è data proprio dal metodo utilizzato (traforo) per scrivere (esprimere un concetto) attraverso la luce. Ma abbiamo visto, portando altri esempi, che proprio con la tecnica del traforo siamo riusciti forse ad intravvedere il significato di questi segni. L'esempio del calefattoio Villanoviano è piuttosto stringente, dato che il calefattoio è di per se strumento atto a contenere, nella sua parte inferiore traforata, tizzoni accesi emananti luce e calore.

Di conseguenza possiamo pensare che fosse intenzione dell'artista, far intendere che quel messaggio era scritto dalla divinità stessa.

Infine potremmo pensare, ma solo a livello di ipotesi, che oltre al significato di generico di eternità e continuità dato dalla svastica e dal significato lucifero del messaggio ideografico insito nel traforo, possiamo pensare che vi sia il significato di forza, di doppio, di movimento e di percorso.

Naturalmente quella qui presentata è una interpretazione parziale dei reperti studiati, perché in quei reperti nulla vi è di decorativo nel senso moderno del termine, ma tutto è logografico.

Un'ultima considerazione: qui non si vuole dare lezioni a nessuno, anzi, quello qui affrontato, come già annunciato nel riassunto iniziale, è un semplice esercizio comparativo di forme significanti. E giusta o sbagliata che sia la mia interpretazione si vuole, invece, spronare chi di dovere a intraprendere la via della interpretazione di questi simboli. Perché finora abbiamo letto lunghe quanto estenuanti descrizioni "materiali" di questi oggetti.


Note e riferimenti bibliografici

1 benché non siano affatto marginali dal punto di vista interpretativo, nel momento in cui il manico “cornigero” richiami la forma taurina e i cerchielli concentrici richiamino una iconografia diffusa ad ampio raggio in tutto il bacino del Mediterraneo ed oltre già dal neolitico.

2 da: Musei Vaticani - Museo Gregoriano Etrusco - Materiale Protostorico Etruria et Latium Vetus, di Alessandro Mandolesi,  reperto 173 pagg. 276 e 277.

3 Il simbolo nasce in tempi antichissimi come rappresentazione del sole e del suo movimento. Viene interpretata quale “forza vitale” quella forza che dal punto di vista numerologico possiamo pensare sia dettata dai quattro bracci del simbolo.

4 Da: https://www.academia.edu/3242666/La_necropoli_capuana_per_una_definizione_della_prima_fase_tra_l_et%C3%A0_del_Bronzo_finale_e_la_prima_et%C3%A0_del_Ferro_Capua_preromana_X_Pisa_Roma_Fabrizio_Serra_2011 pag. 37 e tavola XXI a pag. 133. Nella tavola si può osservare la perfetta somiglianza dei volatili lì rappresentati con le "oche" interpretate dal Pasqui nella tazza da noi studiata.

5 Si potrebbe obiettare che nel vaso biconico di Santa Maria Capua Vetere l'idea del sole che viaggia è già rappresentato nella teoria di uccelli. Ma l'obiezione cade nel momento in cui si nota che in quel vaso i volatili rappresentati non sono uno o due ma sono in numero tale (forse nove) da dare l'idea di continuità nella reiterazione del segno.

6 Si veda: Tesi di laurea della Dott.ssa Anna Sapienza -  Simboli astratti o immagini parlanti? - Il significato della triskeles e della tetraskeles nei documenti monetali. : https://iris.unime.it/retrieve/de3e52b0-b6a8-762d-e053-3705fe0a30e0/tesi%20ANNA%20SAPIENZA.pdf

4 commenti:

  1. Un bel saggio, Sandro, non c'è che dire. Bello perchè la tua ricerca è metodologicamente irreprensibile. Un buon ricercatore, sia che operi per insegnamento universitario sia che proceda per istinto, deve agire seguendo, in particolare, due percorsi simultanei: la ricerca, la più ampia possibile, delle fonti documentarie e la ricerca della 'letteratura' recente e meno recente sull'argomento. Il metodo insomma è stato rispettato. Da qui le ipotesi e le conclusioni, scaturite da letture complete e da comparazioni di non pochi documenti -oggetti, non certo peregrine. Tutte da rispettare. Cosa posso dire di esse? Quali osservazioni posso fare per dare il mio contributo? Accettato il dato del significato centrale del recipiente traforato come oggetto di valenza funeraria riguardante la luce (mi riferisco solo a quello dei i 'tre' presunti 'macrosegni' ) solare o 'anche lunare', mi sembra che un aspetto del vaso vada più rimarcato e cioè quello del manico. Ho già detto altre volte, sia parlando di documentazione nuragica sia di documentazione etrusca, che la scrittura a rebus contempla spesso (o sempre?) la lettura anche del supporto, di tutto o di una parte di esso. Non trovo quindi 'marginale' il senso del manico taurino e della serie notevole dei cerchielli apparentemente apposti al manufatto per ornamento. Infatti, se ideograficamente diamo al manico il significato di 'sostegno' penso che ne trarrà beneficio l'intero senso di quella che chiaramente è una scritta. Tutto l'oggetto di valenza mortuaria vuole essere un aiuto per il viaggio negli inferi e mi sembra che dica così: ' Vigoroso (toro) sostegno (manico) continuo (cerchielli in notevole numero) della doppia forza continua ( svastica + 4 cerchielli) della doppia luce ( le due 'parti' traforate) del Sei ( il 'tre' del triangolo del volatile e il 'tre' (il 'meandro') dei segmenti del serpente) volante (l'uccello oca che va e viene) continuo (il serpente, simbolo certo di continuità)'. Il significato, con la presenza del 'sostegno continuo' e del 'Sei continuo' ( ideogrammi, come ormai sappiamo con certezza, dei due astri luminosi), risulta identico a quello formulare etrusco che si trova in tanti oggetti e nelle raffigurazioni parietali tombali. Se così è, il Kyathos, ritenuto falisco forse falisco non è ma etrusco. Oppure potrebbe essere falisco ma con fortissimi influssi sia formali che di senso della religio dei morti etrusca. Anche questa il sottoscritto dice subito che è un'ipotesi ma, per aspetti filologici, non di pura fantasia o campata per aria. Ipotesi per altro che non si discosta più di tanto per senso da quella da te avanzata.

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  2. Caro Professore, ho voluto indagare solo l'aspetto macroscopico del reperto; quello che di primo acchito attira l'attenzione, e proprio su quelli ho voluto attirare la curiosità dei nostri lettori. Mi fa piacere che sia stato lei a completare la lettura e che, in fin dei conti, vi sia unanimità di fondo nella interpretazione dei segni.

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  3. Nella pagina Facebook nella quale ho condiviso questo studio, rispondendo ad un amico che lì ha commentato, ho scritto: “... è un reperto che reca un messaggio piuttosto misterioso. Quei segni bisogna andare a scavarli nella notte dei tempi per capirne il significato. Un significato oscuro, visto fuori contesto, ma molto espressivo se inquadrato nell'ambito in cui si trova. Che ragione può esserci, fuori dal contesto funerario, o comunque estraneo alla sfera del sacro, per un oggetto che non può avere alcun uso pratico. Al contrario, se avessi preso in esame il calefattoio col quale ho raffrontato il nostro reperto, non avrei ottenuto alcun risultato, dato l'uso pratico che comunque il calefattoio poteva avere. Ecco, che per “cercare”, è necessario partire dal verso giusto."

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  4. Sandro, non so se il mio sia un 'completamento della lettura'. Ho detto che c'è una certa variazione (dato il senso del supporto: manico = sostegno) che ci induce a ipotizzare la presenza più dell'etrusco che del falisco. Ad altri, se lo vorranno (ma poco ci spero), spetta ora giudicare sulla bontà della congettura.

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