La rubrica di Maymoni

Informazioni e invio articoli

domenica 21 febbraio 2016

Sincretismo religioso tra Nuragico e Romano


La porta del toro luminoso
L’architettura della luce
Fig. 1

   Il sole sta calando verso il mare alla fine di una bella giornata di settembre.
   Ho di fronte il monumento che in silenzio mi scruta, io pure lo osservo.
   Quella bocca perfettamente delineata in mezzo ad un guazzabuglio di informi pietre di nero basalto, sembra voglia urlare qualcosa; affianco, il bove superbo pare consigliare il silenzio.
   Murru mannu lo chiamano a Cabras, quasi un gioco di parole che porta il forestiero a pensare che quelli “is Cabrarissus” raddoppino le consonanti senza sapere bene il perché; senza sapere il forestiero, che dicono bene is Cabrarissus: «Murru mannu» perché, non al muro alludevano i loro antenati ma a quel superbo bove che al mezzogiorno, dal prominente muso, emana abbagliante muggito.

***
         Come ben si sa, la collina di Murru mannu è il sito tharrense dove furono scoperti i resti del villaggio nuragico risalente al periodo tra la fine del BM e il BF, il tophet di epoca punica e varie altre strutture, compreso un complesso sistema di fortificazioni che vede quale ultimo baluardo difensivo: “Su muru mannu” o “Su murru mannu”; questo si affaccia su uno slargo di circa sette metri, confinato da un secondo muro che delimita un fossato che presumibilmente faceva parte del sistema difensivo di Tharros. Almeno, così ci viene spiegato.


Fig. 2 Su murru mannu visto dalla staccionata che delimita l’area.

   Il muro residuo occidentale della cosiddetta fortificazione presenta all’apparenza un angusto ingresso largo un metro ed alto 1,56 m sufficiente al passaggio pedonale, tant’è che viene definita “postierla”, ossia un camminamento che attraversava la cinta muraria per tutto il suo spessore.
   A dire il vero le “postierle” erano due, una in direzione est-ovest appunto, l’altra in direzione sud-nord[1]; di quest’ultima ormai distrutta si vedono solo i blocchi di impostazione (Fig.3).


Fig. 3 Immagine da Google Earth
 
   La “postierla” occidentale (così è definita), è costruita interamente con grossi conci ben squadrati di arenaria. Gli stipiti hanno uno spessore di 1,24 m basati su una soglia elevata mediamente dal piano di campagna attuale di 33 cm e reggenti un possente architrave alto 0.74 m. Già in epoca Romana l’accesso era impedito da blocchi di arenaria che ancora oggi ostruiscono il vano per 2/3 della sua altezza.[2]
   Subito dietro gli stipiti, un corridoio largo mediamente 1.45 m, si allunga e penetra in quella che è lo spessore della cinta muraria, per una lunghezza di 3.82 m. La volta del corridoio è realizzata con spesse lastre sempre di arenaria poste a capriata. L’originalità della struttura sta nel fatto che il colmo di questa non è orizzontale come ci si potrebbe aspettare, ma inclinato quasi di 13°.[3] Questo espediente potrebbe esser stato adottato per superare all’interno del corridoio un dislivello naturale, ma questa motivazione non mi convince e in seguito vedremo il perché.
Fig. 4  retro della postierla[4]

   Il muro è chiamato “Murru mannu”.
   Alcuni ritengono che il suo nome sia “Muru mannu” in riferimento alla stessa natura del manufatto; altri pensano che “Murru mannu” indichi la collina quale prominenza altimetrica[5]; altri ancora pensano che il nome derivi da una pietra appena sbozzata, posizionata sulla destra della porta. L’immagine non è molto evidente in piena luce, ma risalta nei chiari scuri dovuti alla luce incidente sulla superficie scabra.
   La figura che appare è quella di un toro che muggisce, e vista la posizione della testa col muso rivolto a settentrione, essa suggerisce che quello non è un toro qualsiasi ma un toro speciale, quello che si manifesta tutti i giorni emanando luce e calore al mezzogiorno (Fig.5).

Fig. 5
La datazione ufficiale
   La datazione del muro e della postierla è alquanto incerta. Per alcuni risale all’epoca punica e subì una ristrutturazione nel 2° secolo a.C.[6]; per altri queste risalgono proprio al 2° secolo a.C.[7]
   Secondo Acquaro, inizialmente (VIII sec. a.C.) venne riutilizzato come cortina difensiva l’antemurale nuragico esistente sulla collina, con successive ristrutturazioni e la realizzazione delle due postierle, del pozzo mai usato e delle altre due linee fortificate verso il porto; infine (II sec. a.C.) la cortina viene ristrutturata con massi ciclopici di basalto e realizzato il fossato tra la seconda e la terza linea. In esso lo scavo di un edificio funerario romano ha permesso di evidenziare come essa poggiasse su strati più antichi, con materiali databili tra fine VII-VI e metà del I sec. a.C.(in nota 84 si cita C. Tronchetti: non è chiaro se questi materiali provengano da strati affidabili o di riempimento; la colmatura del fossato sembra avvenuta in un’unica fase nell’ambito del I sec. a.C.)[8].

   C. Del Vais in Darwin quaderni “Archeologia in Sardegna” scrive: Le fortificazioni, sorte verosimilmente non molto tempo dopo la conquista cartaginese, dovevano essere costituite, nel loro primo impianto, da una cinta muraria realizzata con grandi conci squadrati in arenaria. Tracce di tali mura, che dovevano chiudere interamente la città, sono state rintracciate sulla collina di San Giovanni e a Murru Mannu. In quest’ultima area, in particolare, il rifascio realizzato in conci irregolari in basalto, due postierle e il fossato delimitato a nord da un muro di controscarpa costruito con lo stesso materiale sono riportati dalla critica alla successiva fase repubblicana (II sec. a.C.).[9]
   Anche la Del Vais si mantiene cauta nell’ascrivere muro e postierla al 2° sec. a.C. rimandando tale dato alla “critica”. In sostanza tutti basano quest’ultima data sul dato fornito da C. Tronchetti, che però come abbiamo visto scrive: “non è chiaro se questi materiali provengano da strati affidabili o di riempimento; la colmatura del fossato sembra avvenuta in un’unica fase nell’ambito del I sec. a.C.”.

   Ma vediamo cosa dichiara C.Tronchetti, che scavò la postierla ed il fossato nel 1981.
   In “Rivista di studi Fenici, volume XXV, supplemento” l’archeologo è molto cauto sull’attribuzione delle date e scrive “Per quanto attiene la cronologia del riempimento (della postierla ndr), si deve anzitutto precisare che non è stato possibile eseguire un’analisi dei materiali rinvenuti, che potesse fornire dati sicuri […] Segue scrivendo: “Come terminus post quem non, per il riempimento (della postierla ndr) possiamo indicare prudenzialmente la prima metà del I secolo a.C. […]. Continua scrivendo “La maggior parte del materiale afferisce a livelli cronologici più antichi […]”. In sostanza nel prosieguo indica il II e il III sec. a.C. per un collo di anfora greco-italica, IV sec. a.C. per frammenti di ceramica attica, V sec. a.C. per un frammento di lekythos. In maggioranza è stata ritrovata però ceramica punica. Segue scrivendo “La cronologia proposta, sia pure in maniera ipotetica, per il riempimento della postierla, trova un significativo riscontro nei dati ricavati dallo scavo del riempimento del fossato […][10] (per un preciso riscontro si veda la nota [10])
   In ragione di ciò ritengo che nessun indizio ci sia (almeno per ora), che possa dare una datazione precisa ed univoca.
***
L’antefatto
   Ero indaffarato nel mio ufficio a fare un po’ di “pulizia” di carteggi obsoleti, quando mi passa per le mani una cartellina, la apro, all’interno un foglio a quadretti con alcuni disegni a matita fatti a mano libera e corredati di misure; non riconosco la mia calligrafia; appresso c’è un foglio di carta lucida con alcuni disegni: pianta, sezione e prospetti, quelli si sono miei. La mente torna indietro nel ricordo di un episodio lontano nel tempo: un ragazzo, non ricordo più né viso né nome, mi chiese di realizzare un disegno tecnico ricavando le misure da quegli schizzi. Non ricordo più neanche il motivo di quella richiesta, ma sicuramente non aveva una gran propensione per il disegno.
   Quando misi in pianta quegli schizzi a mano libera non sapevo cosa rappresentassero, sugli appunti c’era scritto “postierla” ma allora non sapevo neanche cosa significasse quel termine. Oggi rivedendo quelle figure mi sono reso conto che qualcosa di strano c’è nell’architettura della “postierla”.
   Il pensiero è andato al Prof. Gigi Sanna e alla presentazione, in occasione del 5° corso di epigrafia nuragica, di un suo studio sul muro di “Su murru mannu”; la descrizione che ne fece, che spero un giorno sia pubblicata, mi incuriosì ma non pensavo potesse sfociare in questo studio in modo così inaspettato.[11]
    In questa sede naturalmente non parlerò dello studio del Prof. Sanna, dirò soltanto che il rebus della “postierla” si intuisce solo alla luce di quel suo studio; per tanto quello che qui verrà esposto è solo una parte del tutto, una delle due facce della stessa medaglia, che immaginando l’inintuibile ci fa capire che quella porta ha tutte le caratteristiche di un varco sacro.






[1] Nei testi consultati, la seconda postierla, che di fatto esiste solo in alcuni disegni e qualche fotografia, essendo ormai impossibile vederla come tale, viene descritta come postierla orientale, per tanto il visitatore penserebbe che essa guardi verso Oristano e il suo golfo, mentre invece essa è orientata con un azimut di circa 346°, per tanto l’asse del corridoio è ruotato rispetto al nord geografico di circa 14° in senso antiorario. Si veda “E. Acquaro e C. Finzi  in “SARDEGNA ARCHEOLOGICA – Guide e Itinerari – THARROS “ C. Delfino Editore pag.  40 e 41 Fig. 23.
[2] Ritengo che in mancanza di altri indizi la postierla fu occlusa quando fu realizzata la cappella funeraria di età romana che ad essa era addossata.
[3] E. Acquaro e C. Finzi  in “SARDEGNA ARCHEOLOGICA – Guide e Itinerari – THARROS “ C. Delfino Editore,  lo definiscono “tetto del corridoio leggermente strombato”.
[4] Da: Civiltà fenicio punica in Sardegna di F. Barrecca, Delfino editore.
[5] Il termine “murru” oltre che a Murru mannu, lo incontriamo anche in altri toponimi in agro di Cabras. Nella cartografia catastale del comune troviamo al F°59 una località chiamata “Murru zoppu” nelle vicinanze dello stagno di Mistras al bivio di San Salvatore, sulla sinistra andando a Cabras. Nella stessa zona, nella Tav. B5A - Beni Architettonici-Archeologici e Aree di Rischio Archeologico del Puc DI Cabras è censito col numero 174 un pozzo denominato “Funtana Murru zoppu” e un insediamento contrasengato del numero 176 denominato “Murru zoppu1”.
 Attualmente non ci sono rilievi di spicco in quella zona che possano avvalorare l’ipotesi del termine quale sinonimo di collina. Altro toponimo, questa volta denominato “Sevu Murru zoppu” lo troviamo sempre in agro di Cabras al F° 70 dove ci sono i resti di un nuraghe nominato “Muru zoppu”. Sempre nella Tav. B5A del PUC di Cabras troviamo in quella zona una emergenza archeologica contrassegnata quale insediamento dal numero 177 “Sa roia Murru zoppu”. Anche qui nessun rilievo di spicco che possa giustificare il termine quale rilievo collinare.
[6] Da: Tharros in età romana, tesina di Anna Ardu da:
https://www.academia.edu/4552869/Tharros_in_et%C3%A0_romana
[7] da: Tharros: indagini nell’area dell’anfiteatro romano, di P. Bernardini, P.G. Spanu, R. Zucca,  pag. 4 che riporta in nota “Madau 1991pag. 165-174. http://www.fastionline.org/docs/FOLDER-it-2014-313.pdf
[8] da: La città punica in Sardegna di A. Stiglitz pag. 68
https://www.academia.edu/984598/026_La_citt%C3%A0_punica_in_Sardegna_una_rilettura
[9] da:  A R C H E O L O G I A  I N   S A R D E G N A - La terza vita di Tharros la città depredata di C. Del Vais pag. 83 http://www.sardegnacultura.it/documenti/7_93_20070720115442.pdf
[10] Da: RIVISTA DI STUDI FENICI VOLUNE XXV, SUPPLEMENTO  Tharros – lo scavo della postierla e dell’edificio funerario del fossato – anno 1981. pagg. 39-42.
   Nel mese di marzo 1981, in vista delle operazioni per il consolidamento statico delle mura del fossato di Tharros, si è proceduto allo scavo della postierla presente nella parte occidentale della fortificazione.
   Lo scavo è avvenuto all’interno della postierla medesima, al momento ritrovata pressocché totalmente interrata, emergendo soltanto la parte terminale della copertura. Il piano di campagna si trovava alla quota di mt 27.97 s.l.m. (leggi: mt 29.97).
   Effettuata la ripulitura della sabbia di accumulo superficiale, è apparso un primo strato di terreno compatto a mt 27.79 (leggi: mt 29.79).
   Questo era composto di terra morbida, sabbiosa, scura, ricca di materiali ceramici, sassi, ossa animali e umane assolutamente sconnesse e frammentate; si riscontravano anche piccole lenti sabbiose. Scendendo in basso il terreno, constante come matrice, diveniva più umido e fangoso, accentuandosi questo carattere nella parte occidentale, in evidente derivazione dal deflusso delle acque sul piano di fondo della postierla.
   Tale piano inclinato, da Est in discesa verso Ovest, era composto da due filari di blocchi squadrati, allettati tra le pareti, ben connessi, spessi circa cm 10; nella parte più alta il piano si trovava a mt 27.24, in quella più bassa a mt 26.54 s.l.m.
   Le dimensioni della postierla si definiscono quindi come segue: larghezza all’imposta del pavimento cm 140; larghezza all’imposta della copertura cm 150; altezza dal pavimento alla parte interna della copertura con lastre alla cappuccina +/- cm 220. (Mia la sottolineatura)
   La porta della postierla che dà adito al fossato è larga cm 98 ed alta cm 160; essa è stata occlusa in antico con un grande blocco squadrato, inzeppato con pietre più piccole, sopra cui si trova una grossa pietra informe, anch’essa inzeppata; questo apparato lascia uno spazio aperto non superiore ai cm 20 tra il suo culmine e l’architrave.
   Il riempimento della postierla si presenta come omogeneo, senza stratificazioni, dovendosi le differenze riscontrate solo all’accumulo dell’acqua sul fondo di lastre ben connesse.
   Per quanto attiene la cronologia del riempimento, si deve anzitutto precisare che non è stato possibile eseguir un’analisi accurata dei materiali rinvenuti, che ci potesse fornire dati sicuri, perché, per motivi imprevedibili ed indipendenti dalla volontà di chi scrive, i contenitori dei reperti andarono distrutti ed i reperti medesimi mescolati ad altri, e quindi non più identificabili. Fortunatamente una prima selezione e relativo esame erano stati fatti al momento del lavaggio, con identificazione sommaria dlle classi e delle tipologie attestate, con le considerazioni che ne erano derivate.
   Come terminus post quem non per il riempimento possiamo indicare prudenzialmente la prima metà del I sec. a.C. Questo ci derica dalla constatazione che i pezzi più tardi sono riferibili alla ceramica a vernice nera Campana B (di cui un frammento attinente una patera , F 1443, databile entro il II sec. a.C. ) e manca assolutamente qualsiasi attestazione dell sigillata italica, che, come noto, comincia ad essere prodotta verso il 50 a.C.
   La maggior parte del materiale afferisce a livelli cronologici più antichi: produzioni locali a pasta grigia verdastra e vernice nera opaca tendente al marroncino data per immersione, le cui caratteristiche tendono a porre tra il III ed il II sec. a.C., un collo di anfora greco italica, frammenti di ceramica attica con decorazione di palmetta a figure rosse assegnabile allo scorcio del V sec. a.C. In maggioranza abbiamo ceramica punica: orli di bacile con impressioni a palmette; un frammento di bacile con protome di Bes. Numerosi sono i frammenti di parete decorati a fasce, di cui uno appartenente ad una coppa di tipo già noto nel sito. (?)
   La cronologia proposta, sia pure in maniera ipotetica, per il riempimento della postierla, trova un significativo riscontro nei dati ricavati dallo scavo del riempimento del fossato, operato nello stesso periodo, in occasione dello smontaggio, funzionale al consolidamento del muro di controscarpa del fossato stesso, di un modesto monumentino funerario romano che era poggiato dinanzi alla luce occlusa della postierla.
   La struttura era costituita da un piccolo edificio funerario di forma subquadrata  (lati di mt3.82; 4.12; 3.88; 45.28, partendo da Est in senso antiorario), costruito con muri a paramenti interno ed esterno in blocchetti di arenaria legati da calce molto povera. L’altezza residua delle pareti variava da cm 100 a 127 dal piano di spiccato del pavimento interno, composto da ciottoli legati con calce.  Sul lato meridionale si apriva una porta con stipiti in arenaria e soglia sopraelevata di circa cm 55 dal piano del pavimento, cui corrispondeva, internamente, un blocco da utilizzare come gradino per accesso alla camera.
[omissis]
   Un primo scavo fu effettuato sul lato meridionale esterno dell’edificio, evidenziando un primo stato di terra sabbiosa, sciolta, marrone, con materiali misti che vanno dalla fine del VI – inizi dle V sec. a.C. (frammento di coppa attica a figure nere) sino almeno ala fine del I sec. d.C. (frammento di patera Hayes 3° in sigillata africana). Questo Strato di terra si appoggiava alla tomba, situandosi poco al di sopra della fondazione dell’elevato.
   Al di sotto si è rinvenuta ancora terra sciolta, marrone, con lenti di sabbia, tagliata dalle fondazioni della tomba, che presentano un filare di blocchi, fra cui, di evidente reimpiego, uno con scolpito a rilievo il simbolo dell’ascia. I blocchi poggiavano sopra un potente livello di pietre brute che riempivano la fossa di fondazione.
    A cm 135 dal piano della soglia la terra diveniva rossa e compatta, con tracce di bruciato e proseguiva identica sino a cm 175, dove si trovava la roccia. Il muro del fossato risultava impostato in una fossetta della roccia, e tutto lo strato di terreno scavato vi si appoggiava.
   I materiali contenuti negli stati di terra tagliati dalla messa in opera della tomba coprono una forbice cronologica assai ampia. Essi corrono dalla fine del VII-VI sec. a.C. (frammenti di bucchero, di ceramica etrusco-corinzia e di anfore fenicie) in poi (frammenti di ceramica attica a figure nere, a vernice nera attica, ceramica punica, vernice nera locale, vernice nera Campana A), sino a non dopo la metà del I sec. a.C., in quanto, in tutta l’area dello scavo , non è stato rinvenuto un solo frammento di sigillata italica. I materiali più tardi (non prima dello scorcio del I sec. d.C.) si trovano solo nello strato che si appoggia alla tomba. L asituazione appare, quindi, simile a quella individuata nello scavo del riempimento della postierla.
[omissis]

[11] Curioso di verificare quanto scoperto e intuito mi sono recato a Tharros per visitare il sito, pensando di studiare da vicino la costruzione, memore di una visita tantissimi anni fa, guidata se non ricordo male dalla Dott. Del Vais, durante la quale avevo visto quella postierla ma con altri occhi.
   Volevo rivederla la postierla e rendermi conto da vicino dei particolari costruttivi, ma inaspettatamente la delusione è stata grande quando ho constatato che quella non è visitabile per motivi di sicurezza. Avrei voluto verificare da vicino alcune di quelle misure con un semplice metro avvolgibile (noi geometri non ci fidiamo mai, nemmeno delle misure dei colleghi); avrei voluto scattare con la mia macchina fotografica digitale fotogrammi con data e ora precisa di luci ed ombre del monumento, avendo scartato a priori l’idea di poter entrare nel sito con la mia stazione totale (penso che non avrei mai avuto il permesso di fare un rilievo all’interno del sito archeologico), per rilevare il monumento e orientarlo al nord geografico.
   Il programma che mi ero preffisso è saltato, ma 36 anni di esperienza topografica non sono trascorsi invano, per tanto un veloce sopralluogo all’esterno della recinzione mi ha dato modo di verificare che non tutto è perduto, visto che dispongo di strumentazione professionale che può supplire a quelle verifiche che avrei voluto fare con un semplice metro avvolgibile; e benché non abbia potuto misurare materialmente alcunché, ho sufficienti misure per ricostruire il monumento e la possibilità di verificare in modo strumentale se quei dati siano attendibili.
   Per mia fortuna ho individuato due punti esterni al sito archeologico, dai quali è possibile vedere dalla recinzione ovest la postierla ed il fossato, dalla recinzione nord, la parte del tetto rimasto in situ, compreso l’intradosso della copertura (sarebbe bastato un ostacolo più alto solo 10 cm tra la mia visuale e quel particolare della postierla e probabilmente questo lavoro non avrebbe mai visto la luce); naturalmente tutto ciò è stato possibile perché dispongo di strumentazione di alta precisione, con la quale posso, entro certi limiti di distanza, effettuare delle misurazioni con raggio laser senza bisogno di una superficie riflettente (prisma ottico o catarifrangente).
   Di fatto della postierla ho rilevato essenzialmente tre punti caratteristici e tre punti di controllo, uno dei quali era punto di controllo anche altimetrico di chiusura della poligonale impostata.  Mai come in quel momento, ho messo tutta la cura e la pignoleria necessaria per eseguire il rilievo “perfetto”, tanto da considerare l’errore dato da temperatura e umidità dell’aria durante tutte le fasi di rilevamento. Mai come in quel momento, elaborando i dati, mi batteva il cuore e mai come in quel momento ho avuto la soddisfazione di verificare che la poligonale impostata mi dava un errore di chiusura trascurabile.

18 commenti:

  1. Cosa sono quei circoli a destra della foto in fig.3? Tracce di capanne? O altro?

    RispondiElimina
  2. Intrigante il titolo. Sono davvero curioso di sapere. Il motivo, come forse avrai capito, è la incredibile scritta nuragico romana della cosiddetta 'Sala da ballo' di San Giovanni. Ti dirò che ho pensato poco da un sincretismo religioso dove c'era posto anche per il romano. Avrei detto più per l'egiziano. Comunque, argomenta e poi vedrò di rendere noto quello che solo ho manifestato al corso di epigrafia l'anno scorso.

    RispondiElimina
  3. E vedi di non farci aspettare troppo!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Est ca seu nervosu po contu miu.
      Allaba chi no inci passisti tui!

      Elimina
  4. N’d’apa tenni crupa deu! (Francu, è giusto come l'ho scritto?)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Bastat a treguai un'apostrofu o duus: Nd' (h)ap' a tenni crupa deu!

      Elimina
  5. Cosa si sa di quei 'resti'? E' stato mai fatto uno scavo? C'è un qualche pronunciamento?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ho trovato degli accenni in: https://www.academia.edu/10181183/Paolo_Bernardini_Pier_Giorgio_Spanu_Raimondo_Zucca_2014_Tharros_indagini_nell_area_dell_anfiteatro_romano_
      l'obiettivo è sempre focalizzato sul "punico"

      Elimina
  6. E ti pareva! Punico, romano, romano-punico all'infinito! Forza Roma e forza Cartagine! Quanto distano quelle capanne dalla cosiddetta 'postierla' del muro?

    Mi raccomando, non replicare/te a quello che avete fatto fesso!Tanto, se insiste, Aba lo denuncerà. Di me può dire (momentaneamente) tutto quello che vuole. Anzi è bene che dica. Ora è addirittura un linguista provetto! Naturalmente sempre in 'itagliano'.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. La postierla occidentale dista dalla più vicina capanna del villaggio 49 m misurazione effettuata tramite Google Earth) e dalla postierla settentrionale 56 m; quest’ultima è a ridosso delle capanne, tanto che l’asse del corridoio (di quel che rimane), dista dalla più vicina capanna pochissimi metri. Questo dato, benché non abbia affrontato il problema nel mio articolo, può suggerire la funzione di quest’ultima postierla, ma è necessaria molta prudenza e molta riflessione su quello che si può arguire dall’altimetria locale e dalla funzione della postierla occidentale.

      Elimina
  7. Ponevo la domanda per motivi di possibile datazione del muro e della 'postierla' attraverso i reperti delle capanne nuragiche.

    RispondiElimina
  8. Il villaggio nuragico di Su Murru mannu fu studiato dal Santoni nel 1985 e pubblicato in "Rivista di studi fenici” pag. 33-140 anno 1985.

    RispondiElimina
  9. Signor Angei,un muro uguale a"Su Murru mannu"l'ho visto in Maremma vicino ad Ansedonia ed il sito si chiama"Cosa" una cittadella etrusca costruita in un cucuzzolo dal quale si vede il mare circostante.Da anni continuano gli scavi intorno a queste mura di cinta.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Le tecniche di costruzione delle fortificazioni posso essere simili qua e al di là del mare; ma a volte si descrivono certe strutture come resti di manufatti ad uso bellico per via dei nostri paradigmi che associano un manufatto ad un altro, una immagine ad un’altra, una parola o una lettera ad un’altra, lì dove non riusciamo a spiegare in altro modo quell’oggetto.

      Elimina
  10. Attorno al villaggio nuragico sono state effettuate, pur mai in passato, quantunque lontano, altimetrie sulle pietre residuali delle capanne, in modo tale da stabilire se ulteriori scavi riescano a far emergere le strutture circolari o se ci si debba fermare a quanto emerso perché già ridotto all'essenza ? La terra intorno ad esse, preciso meglio, abbiate pazienza con me, umile appassionata, risulta di riempimento o litica già a primo acchitto ?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Benché in ritardo, per via del convegno di Oristano, rispondo che queste domande dovresti rivolgerle a chi scavò il tophet punico. Però posso consigliarti di andare a Tharros e vedere dov’è ubicata la postierla settentrionale, o meglio quel che resta di quella porta, per renderti conto che il presunto piano di campagna originario di quella postierla è almeno 2 metri (se non di più), sotto il piano delle capanne nuragiche; la qual cosa forse non darà risposte alle tue domande, me ne porrà delle altre.

      Elimina