di Gigi Sanna
Fig.1
Fig. 1
(particolare)
Scrittura ‘monumentale’ dicevamo, perché
quella struttura imponente che si è stabilito scientificamente essere organica alla porta solare che si carica di senso nei mesi di Aprile e di Agosto
(ciclo del grano), reca in iconografia e sequenza fonetica una delle
espressioni più grandiose e fantasiose degli scribi architetti della Sardegna di tutto il periodo cosiddetto
nuragico. In quel muraglione con intenti aspettuali, non a caso, bicromatici (4), i nuragici hanno scritto, sempre
con le stesse inamovibili regole del codice ma pur sempre innovando, delle parole che
costituiscono l’inno millenario continuo alla divinità della luce taurina
immortale; quella luce di yh venerata
da quando delle popolazioni di religione cananaica, alla fine della prima metà
del secondo Millennio a.C., vennero per la prima volta in Sardegna portando
scrittura e ‘religio’ assieme.
Prima però di parlare di essa sarà bene
ricordare quanto di monumentale scritto già possediamo lungo tutta la costa del
Sinis di Cabras che, in questi ultimi anni, anche a motivo di imponenti mareggiate
(5), ci ha restituito una
documentazione di scrittura davvero incredibile e talmente interconnessa da non
lasciare adito a dubbi che i nuragici sino alla fine della loro presenza
storica usarono con maestria il loro antico codice di scrittura basato sulla
loxoths (λοξότης) e sul mix e su quei
requisiti (6) che così numerose
volte abbiamo fatto vedere nell’illustrare, anni dopo anni, i documenti che via
via venivano alla luce in tutte o quasi tutte le parti della Sardegna (7).
Fig. 2 |
Fig 3 Fig 4 |
Già con il nostro articolo (8) sulla scritta della cosiddetta
‘Sala da ballo’ di San Giovanni del
Sinis, scritta organica all’evento astronomico legato agli equinozi e ai
solstizi assieme (9), avevamo fatto
notare che i significanti presenti nella parete di quello che forse era ‘anche
e soprattutto’ un edificio templare(10),
tendevano ad offrire il significato
dell’inno dedicato al
‘vivificante (hy) toro
luminoso immortale’.
La conferma della scrittura legata
all’astronomia, ovvero all’evento dei momenti calendariali del sole, si era
avuta con la ormai nota immagine della scogliera di Punta Maymoni di Cabras, scultura
che solo qualche epigrafista sprovveduto o qualche negazionista ad
oltranza avevano cercato di ricondurre al passato prossimo come realizzazione
recente e non antica o antichissima.
L’articolo di Sandro Angei con il rilievo scientifico (11) dell’evento equinoziale
riferibile alla piccola scultura (v. fig. 5)
e con l’esatta lettura della
scritta incisa sulla parte destra della parete del piccolo vano naturale (v.
fig. 6) hanno consentito di capire che
sia l’iconografia della Sala da ballo sia
quella di Punta Maymoni erano attinenti alla stessa ‘religio’ e alla stessa
divinità solare. Forse risalenti allo
stesso periodo o a periodi molto vicini (12)
Fig. 5
Fig. 6
Dalle due testimonianze astronomico - epigrafiche si è potuto comprendere:
-
che le immagini sono manifestamente taurine e relative ad una divinità luminosa
-
che sono orientate verso gli equinozi
-
che c’è sempre una scrittura, quasi una didascalia più o meno nascosta, che le accompagna
costituendo una specie di ‘explicatio’.
-
che la scrittura è quella la solita nuragica, cioè ‘a rebus’ e in ‘mix’.
Fig. 7
Fig.8
Ritorniamo ora al grosso muro di Murru Mannu. Esso sembrerebbe del tutto anepigrafico se non fosse che in una linea
ideale, congiungente i conci di colore chiaro e la porta astrale del ciclo del
grano, si trovasse sulla destra un’ icona particolare, una testa umana e taurina assieme che tende in qualche modo a
richiamare le due teste e della Sala da
ballo e di Punta Maymoni.
Certamente più quest’ultima, come si può vedere dalle figure 9.1 - 9.2.- 9.3 seguenti.
Fig. 9 |
Risulta chiaro che le tre immagini sono
accomunate non solo per il suddetto orientamento astronomico ma anche per alcuni particolari
raffigurati nelle singole teste.
Infatti, l’occhio in rilievo si nota sia nella fig. 9.1 che nella fig. 9.3; la
bocca aperta taurina, di toro muggente
(14), si trova identica o quasi in
9.1 e 9.3 e simile in 9.2. Quindi si può affermare in tutta tranquillità che le tre figure, orientate tutte verso gli
equinozi, non denunciano solo quell’orientamento ma anche chi esso riguardi
ovvero il toro astrale.
Ma procedendo ad un’analisi comparativa
completa, quello che c’è di significativamente analogo sia in Sala da ballo e sia in Maimoni è che le teste e gli orientamenti
sono accompagnati dalla scrittura mentre in Murru
Mannu questa scrittura, a prima vista almeno, non sembra comparire. In
realtà essa c’è ma è tanto nascosta alla vista, così sapientemente criptata
(forse sarebbe bene dire mimetizzata), che forse anche nell’antichità solo un occhio
abituato ed esperto, consapevole dei numerosi e fantasiosi espedienti a cui
ricorrevano gli scribi per scrivere
disegnando (e scolpendo), era in
grado di riconoscerla prontamente (15).
Non solo essa c’è ma è, tra le tre (quattro con lo scarabeo di Sa rocca tunda), certamente la più
ardita e spettacolare per grandiosità; forse,
quanto a magnificenza, un unicum
in tutta la Sardegna come vedremo ora prendendo in considerazione tutta la
‘facciata’ del ‘grande muro’ che ha come ‘segno’, come raffigurazione sacra fondamentale, aspetto che si è visto dal saggio citato di Angei, la straordinaria
porta del ciclo del grano.
Si noterà che il muraglione riporta una
sequenza formata da sette conci sub
quadrati + una porta + un ottavo concio perfettamente quadrato + una testa.
Riporta cioè un numero (sette) e tre
ideogrammi (porta, concio quadrato, testa) dei quali ultimi il secondo con il (consueto) valore in
nuragico di ‘forza, potenza’. Ora se noi procediamo a rendere l’acrofonia, in
lingua semitica, degli ideogrammi Š‘R
( שער ) ‘Z (עז),
Reš (ראש)
noteremo che essi rendono lo stesso nome dell’ideogramma più importante di
tutti e cioè la porta; Š ‘R (שער). Se noi aggiungiamo il numero ‘sette’ avremo la
lettura di ‘SANTA PORTA’.
Detta lettura però non si ferma all’espressione S’AN
Š ‘R perché essa
tende a completarsi nascostamente più
avanti, nei particolari della raffigurazione
della testa che sono: il berretto (in semitico hdrh הדרה), l’occhio taurino,
il piccolo serpente tracciato nella
guancia ed infine il muso taurino
atteggiato chiaramente al muggito. Anche qui bisognerà stare molto attenti alla
individuazione dei valori ideografici e acrofonici che rendono nascostamente il
senso. Innanzitutto si noti il copricapo che, posto in alto, va letto per
primo. Esso nota la ‘hē’ che costituisce
il solito (17) pronome per indicare la divinità vale a dire Lui/Lei, l’androgino yh. Quindi viene l’occhio che ha valore
ideografico e sta per un’intera parola (valore ideografico logografico) e cioè
‘occhio, luce’. Dopo di esso abbiamo il serpentello che ha valore di nachash נחש ma anche, come di
consueto, di ‘immortalità’ (‘wlm עולם). Dopo il serpentello troviamo infine il
muso (murru in sardo) del toro muggente. ‘Segno’ preciso preciso questo, come si è visto, a
quello del muso del toro di Maymoni.
Aggiungendo
d’obbligo la lettura di ‘testa’ (r’ash ראש) sarà quindi : Testa di Lui (hē) della Luce immortale
toro muggente’ che naturalmente si rende meglio così: Testa di Lui (la divinità yh) toro muggente della luce immortale. Ma
se riportiamo anche la precedente espressione, corrente per tutto il muraglione,
avremo: Santa Porta . Testa di Lui
(yh) toro muggente della luce immortale’
Abbiamo detto
però, poco sopra, che la lettura ‘sembra’
completarsi perché in realtà essa si realizza completamente solo con la
lettura (cosa d’obbligo in nuragico),
del supporto che ovviamente è il muraglione o MURU MANNU che lo si voglia chiamare in lingua
sarda (18). Quindi la lettura
definitiva si basa su due sequenze o livelli
grafici:
1)
Il ‘muru mannu’
con la ‘santa porta’
2)
La testa con la
scritta ‘Testa di Lui toro muggente della
luce immortale’.
Ragion per cui la
nostra interpretazione - traduzione sarà composta dalle due seguenti espressioni:
1) Santa Porta del Grande Muro.
2)
Testa di Lui toro muggente della luce (che dà la
luce) immortale
Dette espressioni ( più o meno ‘definitive’), erano già note a Sandro Angei che le aveva
(come dice egli stesso all’inizio del suo saggio) apprese durante una delle
lezioni del nostro ultimo corso di
epigrafia (19). Sono state
state quindi all’origine della sua
curiosità; tanto che lo hanno indotto a
fare una vera e propria verifica, con uno studio specifico su quella porta
singolare e sul muraglione dal punto di vista dell’orientamento astronomico e
del dato architettonico. Perché risultava chiaro agli occhi dei corsisti e non
solo forse ai suoi che se quella porta
era davvero santa e celebrava yh il toro celeste, anche dal punto di vista
architettonico e dell’orientamento astrale si sarebbe dovuta avere una analoga
straordinaria e spettacolare risposta . Un caso emblematico questo (non
possiamo fare a meno di sottolinearlo) di bravura di un discente zelante che non si
ferma al primo dato epigrafico per quanto ‘logicamente’ credibile (non fosse
per altro per la stessa interpretazione, paleografica e archeoastronomica
assieme, della raffigurazione di Maymoni)
ma lo rafforza attraverso il contributo di un’altra disciplina ancora, basata
stavolta su dati empirici di misurazioni (ed eventi in seguito ad essi) difficilmente
contestabili. Cioè attraverso una disciplina - diciamo così - più ‘oggettiva’ e
scientifica e per questo più credibile dell’altra, soggetta talvolta, come si
sa, al rischio del giudizio dell’aleatorietà.
Ora, noi ci
troviamo a parlare in questo articolo come se il nostro pronunciamento
epigrafico e il percorso ermeneutico fosse il secondo. In realtà è stato il
primo e la conferma scientifica della ‘santità’ di quella porta viene dallo studio
di Angei e non viceversa In ogni caso, i due approcci alla problematica
dell’interpretazione tendono ad integrarsi perfettamente tanto che si può dire
che il significato completo della scrittura monumentale di Murru Mannu ne esce rafforzato perché solo con entrambi si afferra
la totalità del messaggio scritto. Infatti, senza la spiegazione del
significato interno della porta (l’altra parte del muraglione) con la scritta
del triangolo solare non si sarebbe capito ‘il perché’ di quella porta santa legata all’evento del ‘ciclo
del grano’ e senza la spiegazione epigrafica non si sarebbe potuto comprendere
sia quella santità celebrata con la scrittura (il nome sh‘ar) sia ‘chi’, quale divinità glorificata (hē ovvero Lui yh toro muggente) era
titolare di quel magnifico ingresso.
Pertanto, come
altre volte si è detto per altri monumenti (20),
forse mai come in questo caso, l’epigrafia, l’archeologia e
l’archeostranomia si danno una mano e riescono a farci capire, con buona
precisione, aspetti della ‘religio’ dei Sardi antichi, altrimenti soggetti ad
elucubrazioni, ovvero ad interpretazioni del tutto arbitrarie anche se
ammantate, talvolta, di spocchiosa autorevolezza ‘scientifica’ . Si pensi ora,
stando così le cose, all’errore colossale commesso (e trasmesso per decenni!) dagli
archeologi nell’aver interpretato quella porta sacra e quel muraglione,
ovviamente sacro anch’esso, come postierla
l’una e muro di fortificazione e di difesa l’altro. Un’opera raffinata così
sublime , costruita per essere tale in quanto legata al culto della divinità che
si manifesta con la forza della luce degli astri, presa per semplice architettura
militare! E’ lo stesso preciso errore interpretativo che rende ciechi, quasi
folli per pregiudizio, nell’interpretare opere di natura bellica quelle che
invece sono sofisticate costruzioni architettoniche religiose astrali e
calendariali come, ad esempio, il Nuraghe
Santa Barbara di Villanova Truschedu o il Nuraghe Zuras di Abbasanta.
Naturalmente,
se vogliamo accrescere ancora di più il valore compositivo di quella
costruzione sacra, quanto essa fosse sofisticata e ben realizzata nel mistero dagli
scribi architetti, potremo ribadire e far notare che la scrittura è davvero a tutto campo, che ‘tutta’ quella
costruzione è scritta, che esiste proprio perché si manifesta con i segni sacri
o geroglifici che vogliamo chiamarli.
E non solo nella parte esterna del muraglione ma anche in quella interna. C’è
una scrittura pensata e realizzata con i segni dell’uomo che compare per prima, nella facciata esterna,
oscura ma in qualche modo leggibile, e c’è una scrittura interna, ancora più
nascosta e misteriosa, realizzata con gli strumenti dell’uomo ma con i segni
del dio, che compare dopo e non sempre. Infatti, solo in determinati giorni
dell’anno il triangolo luminoso divino taurino si manifesta, e solo in quelli
la scrittura per ideografia geometrica sintetica, espressa con un solo segno
pregnante, coincide per senso con la scrittura esterna fatta analiticamente
attraverso la numerologia, l’ideografia e l’acrofonia. Resa cioè con i consueti
requisiti usati ormai dai nuragici da oltre un millennio (21).
L’espressione linguistica monumentale di Murru Mannu che abbiamo individuato, per
quanto straordinaria, non è però da ritenersi
quanto a contenuto unica e non ripetuta dalla scuola scribale di Tharros o di Monte ‘e Prama. Infatti, essa viene riproposta, come sanno coloro
che da tempo ci seguono, nella stessa forma o in forme più o meno accorciate o
variate, sia in luoghi vicinissimi al muraglione sia in luoghi più lontani come
sono quelli della Sala da Ballo di San
Giovanni e di Maymoni. Ci sono nella costa del Sinis, molto vicine e un po’ più lontane, altre non poche ‘porte
sante’ (22) realizzate e scritte che
vanno analizzate meglio e poste a confronto serrato con quella del ‘Muru mannu’di Tharros; perché tutte
assieme sia dal punto di vista archeoastronomico che epigrafico tendono a
spiegarsi reciprocamente tanto da rendere, per il concorrere delle prove, esplicita
e chiara (si direbbe una volta per tutte) la millenaria ‘religio’ astrale ‘cananaica’ di fondo del
popolo nuragico. Chiara anche e soprattutto nel momento in cui essa stava per
avviarsi, per fatti storici drammatici e per l’affermarsi poi di una nuova
religione, al lento ma inesorabile declino.
Ma di questo parleremo tra qualche settimana.
Note e riferimenti bibliografici
2) http://maimoniblog.blogspot.it/2016/02/sincretismo-religioso-tra-nuragico-e.html
3) E’ proprio detta
‘postierla’ (altro termine militare senza senso alcuno) che garantisce (insieme
ai dati epigrafici qui esposti), con la sua curiosa realizzazione, della
sacralità della costruzione in funzione specifica astronomica.
4) L’uso della bicromia
bianco - nero è d’uso assai comune nel nuragico. Essa però spesso non nota il
‘decorativo’ ma il simbolico e il
religioso. E’, forse spesso, anche aspetto di scrittura nascosta come si vedrà più avanti nel nostro specifico
caso. Come esempio di bicromia, tra i tanti esempi che si potrebbero fare, si ricordino, in particolare, il Nuraghe Alvu di Pozzomaggiore, il Nurdole
di Orani e il Nuracale di Scano
Montiferro.
5) In questi ultimi
anni, a partire dal 2011, la costa del Sinis di Cabras sotto Capo San Marco e quella della grande
spiaggia di Sacqua ‘e s’ollastu di Pistis presso Capo Frasca sono state
interessate da fortissime mareggiate invernali che hanno asportato tantissima
della sabbia da sempre conosciuta e messo a nudo scogli e tratti di scogliere
prima invisibili. Il fenomeno ha riguardato in alcuni punti un abbassamento del lido sabbioso di oltre tre
metri.
6) http://gianfrancopintore.blogspot.it/2011/11/scrittura-nuragica-ecco-il-sistema.html
7) http://maimoniblog.blogspot.it/2016/03/breve-nota-informativa-con-alcuni.html
8) http://monteprama.blogspot.it/2014/06/shaar-ha-baal-di-san-giovanni-del-sinis.html
9) Ibidem.
10) Un tempio a
cielo aperto dove si celebrava l’evento dell’ingresso (sha’ar) del sole durante l’equinozio di primavera e successivamente
tutti gli altri. L’uso della vasta ‘sala’- porta naturale solare per
sfruttamento della cava e lo stesso impeto del mare per 2400 anni e più hanno
modificato l’ambiente ma, per fortuna, non cancellato la scritta della parete
dove insiste, ben visibile ancora oggi,
lo ‘spigolo’ completo
d’orientamento astronomico.
11) http://maimoniblog.blogspot.it/2015/04/il-volto-di-maymoni.html
12) Le due sculture
di orientamento astronomico equinoziale forse sono, dai dati epigrafici
(tipologia di alcune lettere romane recenti nel mix scrittorio), riconducibili
al IV – III secolo a.C. In quanto tali appartengono alla fase tarda della
‘religio’ e della scrittura nuragica. Fase che, stando alla documentazione
epigrafica ultimamente emersa, non fu di breve durata in quanto si protrasse,
con ogni probabilità, in periodo
imperiale romano sino al II - III secolo d.C. Vedi per l’assunto http://maimoniblog.blogspot.it/2016/01/antiquarium-arborense-di-oristano-la.html
13) I tre
‘cartigli’ egizi che il mare di recente ha reso manifesti nella scogliera di
San Giovanni, il numero elevato di scarabei in scrittura egizia oppure in mix
sardo - egizio, realizzati dagli scribi sardi, l’ultimo
scarabeo (v. in part. Atropa Belladonna, 2012, Lo scarabeo di S’arcu ‘e is forros; in Monte Prama Blogspot.com, 27
Ottobre) trovato in S’Arcu ‘e is forros
di Villagarnde Strisaili , luogo che ha
restituito non pochi reperti epigrafici tutti riconducibili al nuragico, consentono
di affermare, anche escludendo il contesto astronomico solare in cui si trova
lo scarabeo di Sa rocca tunda, che la
scultura è autentica e antichissima. Infatti, si è detto che la scrittura accompagna le piccole ma
significative sculture di Maymoni,
della Sala da Ballo di San Giovanni
e. come si vedrà nel proseguo di questo articolo, di Murru Mannu. E scrittura accompagna anche lo scarabeo in quanto,
come gli egittologi sanno e bene, lo scarabeo non è segno solo simbolico
(simbolo del sole) ma è anche segno fonetico è significa ‘nascere, venire alla
luce’. Anzi il valore più accreditato è quello di ‘nascere per avviarsi ad una crescita, ad uno sviluppo organico’.
Proprio come quello del Sole nell’ingresso del solstizio primaverile che sorge
il 21 aprile e tramontando si avvia al suo ciclo di albe e tramonti, alla crescita immortale che lo porterà alla
morte e alla rinascita assieme. Pertanto, secondo il modo costante di scrivere
degli egiziani (modo che ovviamente qui copiano gli scribi nuragici) che
realizzano forma (disegno), simbolo e contemporaneamente suono, prendendo come
ovvio elemento di scrittura anche il sole (si veda bene la foto di Stefano
Sanna con la direzione precisa del sole) si dovrà tradurre l’immagine
pittografica calendariale terra –cielo con ‘ avviati alla crescita, allo sviluppo, o Sole oppure in modo
più prosaico ‘direzione (punto astronomico) della porta di crescita del sole’. Del resto, si capisce che
lo scarabeo spinge e rotola la pallina
vivificante per permettere allo stesso sole la nascita di tanti piccoli
scarabei ‘sole’ che all’infinito, da adulti, spingeranno quella sfera,
perpetuando così l’esistenza della luce e del mondo. La forte simbologia dello
scarabeo stercorario sacro (KHEPER) non
va disgiunta da quella della umilissima ma altrettanto sacra pallina. In Sa rocca tunda manca ovviamente la
pallina disegnata sul terreno semplicemente
perché il sacro disegno perfetto
dello scarabeo, che spinge per la
nascita e lo sviluppo solare, si manifesta
e si completa ‘concretamente’ solo in
quella data equinoziale (di primavera o d’autunno).
14) Il toro
muggente è ovviamente metafora
scultorea per dire ‘giovane toro ardente e focoso’ che rende in
primavera feconda la terra con la sua forza virile. La presenza dell’acqua nel
toponimo Maymoni (maym) e lo stesso orientamento calendariale (anche se non
preciso) induce a ritenere che il
muggito alluda anche in Murru Mannu all’invocazione
del liquido fecondante senza il quale il grano (e la natura in genere) non può
essere rigoglioso.
15) Si osservi, per
rendersi conto di questo chiaro proposito di occultamento, che l’unica
‘lettera’ che poteva in qualche modo essere individuata, ovvero la ‘resh’ (testa), è scolpita non nella pietra chiara, come
sarebbe stato d’obbligo nella sequenza segnica, ma nella pietra scura, quella
basaltica che fa da sfondo (o ‘pagina’ vera e propria) per il ‘testo’
monumentale. Solo chi scopre quella testa (con la sua particolare
conformazione) e si chiede il perché di essa può arrivare in qualche modo a decifrare il
motivo di quella ‘decorazione’ in bicromia. E può mettere quindi in relazione
di senso la porta e la testa umana e taurina assieme.
16) ‘Tutti’ nella
parte (bassa), oggi integralmente salvatasi della costruzione. Essendoci nella
parte alta di essa alcuni conci chiari non siamo ovviamente in grado di
stabilire se anche essi, uniti ad altri, facessero parte della ‘scritta’.
Essendo quest’ultima ‘organica’ preferiamo ritenere che i conci ( per altro non
allineati) facessero parte come ‘cornice’ superiore del muro. Un motivo
decorativo, insomma.
17) ‘Solito’ perché
nei bronzetti nuragici l’hdrh (che
rende acrofonicamente il pronome ‘hē’) è quasi d’obbligo (lo vedremo ad abundantiam in prossime
pubblicazioni) e viene raffigurato anche
quando non ha senso alcuno, come ad es. nel bronzetto del personaggio che, tutto
nudo e a membro eretto ma a berretta, suona il flauto a tre canne (le
‘launeddas’). V. Lilliu, 2008, Sculture della Sardegna nuragica
(ristampa ed. 1966, con saggio introduttivo di A. Moravetti), pp. 377 - 380,
fig. 183.
18) Non è
improbabile quindi che all’origine il toponimo fosse proprio ‘muru mannu’ in
seguito però alterato in ‘murru’ per la presenza del muso grande e assai pronunciato dello ‘strano’ antropomorfo (non
più riconosciuto teriomorfo) scolpito,
come si è visto, in una pietra del
muraglione.
19) Marzo -Aprile
-Maggio 2015.
20) Sanna G., 2012,
I pittogrammi ciclici del Toro della
luce. ‘Buon Natale dal Nuraghe Zuras di Abbasanta; in Monte Prama blogspot.
com (22 Dicembre).
21) Sanna G, 2011, Scrittura nuragica. Ecco il sistema. Forse
unico nella storia della scrittura (9 Novembre); in Monti Prama, Rivista semestrale di Quaderni Oristanesi, N. 62, PTM
ed. Mogoro, pp. 25 - 38.
22) V. nota 10.
Caro Gigi, la nota 16 mi sembra in qualche misura centrale e delicata ("non siamo ovviamente in grado di stabilire"; "preferiamo ritenere"). Anche per questo, nella misura in cui sarebbe ancora ammissibile sostenere la casualità dell'aspetto taurino di quel concio (aspetto che certo non nego, ma casualità che nemmeno saprei escludere), la lettura del muro risulterebbe a sua volta perlomeno aleatoria (benché sapiente e onesta), quando non vi fosse appunto il fenomeno del triangolo equilatero di luce (in quella architettura, fino a prova contraria, così singolare) a chiedere ancora attenzione.
RispondiEliminaSarebbe bello (o sarebbe interessante, a volersi fingere neutrali) se ora, guardandosi meglio indietro e d'attorno, o in futuro, saltassero fuori rappresentazioni del Dio-Toro simili (magari molto simili) a quella del concio sul muro.
Perché 'centrale'? E' invece del tutto marginale. La sequenza organica è quella in basso e parla della porta: sha'ar, con la resh finale, con la 'testa' finale. Ma la figura 9 l'hai ben osservata? Cosa sono quelle? Bocche umane con teste umane? Non so proprio cosa intendi per 'simile'! Quelle due bocche sono spalancate e sono bocche taurine. Molto simili. Boh, proprio non ti capisco. Ma vediamo ancora di insistere con il prossimo articolo che si basa proprio sulla comparazione 'serrata' delle tre scritte del toro muggente.
RispondiEliminaCertamente l’incipit allo studio della porta mi fu dato dalla “lettura” epigrafica del monumento fatta dal Prof. Sanna; se ciò non fosse avvenuto, chi avrebbe potuto intuire la vera natura dell’edificio?
RispondiEliminaCredendo fermamente alla fondatezza delle prove che vogliono l’esistenza in periodo nuragico di scribi capaci di un metodo scrittorio sofisticato quanto elusivo ma comunque regolamentato da un ferreo sistema, ormai dimostrato da centinaia di epigrafi in svariati supporti; studiando i metodi di individuazione, da parte di quelle genti, di precisi momenti dell’anno, entrando in sintonia col loro modo di pensare, che verosimilmente erano ossessionati dall’idea di un dio onnipotente che tutto creò, tutto guidava e disponeva, elargiva e prendeva senza alcuna possibilità di mediazione (modo d’agire presentato al popolo, indotto dalla casta sacerdotale, che deteneva il potere religioso e secolare); ricostruendo, benché in modo ipotetico (ma verosimile), la realizzazione dell’edificio secondo i metodi e le attrezzature note e sicuramente utilizzabili dalle maestranze addette alla costruzione; studiando quanto di storicamente è a noi pervenuto relativamente a riti e credenze di antichi popoli, dai quali abbiamo in alcuni casi ereditato quelle festività, benché dimentichi (noi) delle origini e paludate (le festività) da altri significati, mi sono persuaso che se la scrittura nuragica veramente esisteva, ero sicuro di poter trovare il fine di quella scrittura e i fatti mi hanno dato ragione.
Ma di ciò non mi sono accontentato, ho voluto sondare il motivo primo di quell’evento, che qui voglio rimarcare perché ritengo sia alla base di tutto il costrutto; motivo che un po’ sfugge all’analisi dell’evento studiato, ma che inquadrato nel contesto degli orientamenti astronomici di tutti i monumenti nuragici, può su questi ultimi fare chiarezza.
Mi riferisco al dato astronomico che coincide col ciclo agrario del grano, che allora legava la divinità all’uomo, tanto che quest’ultimo benché glorificasse il primo, lo sfruttava nascostamente per le sue esigenze pratiche, usandolo come una sorta di calendario che lo rendesse edotto sulla buona riuscita o meno del futuro raccolto.
Il dato scaturito dalla ricostruzione tridimensionale del monumento è consolidato dallo studio dell’architetto Borut Juvanec che in maniera del tutto indipendente ha riscontrato nell’evento che avviene nel pozzo sacro di Santa Anastasia di Sardara le medesime date da me rilevate nella porta di Murru mannu, benché lui non le associ ad alcun evento pratico.
Questa coincidenza incentiva da parte mia lo studio di altri monumenti che potrebbero manifestare teofanie in concomitanza del medesimo evento o altri (eventi), lì dove ricorrevano particolari circostanze importanti per la normale vita della comunità che praticava quei riti.
Io ritengo che questa sia la strada da seguire in futuro, perché queste manifestazioni, penso abbiano alla base una valenza di mera praticità, avvolta in un’aura mistico-religiosa; di ciò sono convinto, dal momento che nel mondo agricolo-pastorale, anche le fasi lunari hanno scandito la vita di tutti i giorni da tempi immemori, tant’è che ancor oggi chi lavora in campagna prima di tagliare un albero per far legna, guarda prima la fase lunare, idem per la uccisione del maiale o per il travaso del vino nelle botti e via di seguito in tantissimi esempi di normale vita quotidiana.
E’ in quest’ottica che penso dobbiamo vedere queste manifestazioni e gli orientamenti solari e lunari; un’ottica di concretezza materiale, la stessa concretezza che lasciò quelle genti nella totale indifferenza nei riguardi del metallo prezioso per eccellenza, l’oro, a vantaggio del bronzo che pur lucente era utilizzabile ai fini sacri ma ancor più per fini meramente materiali.
Segue
A proposito di allineamenti astronomici, un esempio lo abbiamo avuto di recente in tutt’altra parte del mondo.
RispondiEliminaE’ di poche settimane fa la notizia che in Cile, nel deserto di Atacama, ricercatori italiani per caso hanno scoperto petroglifi, della civiltà precolombiana di “El molle”, su due pietre che sembrano puntare verso il cielo. I calcoli astronomici hanno evidenziato che due stelle brillanti: Canopo e Rigil Kent si allineano perfettamente sopra le due pietre in un particolare momento dell’anno. L’allineamento avveniva in modo preciso intorno al 600 - 800 d.C..
I ricercatori lo hanno interpretato come un avvertimento per i pastori di questa cultura per effettuare la cosiddetta transumanza, perché avveniva nel momento dell’anno in cui c’era il passaggio dalla stagione calda a quella più fredda. Per tanto quelle pietre indicavano che l’inverno stava arrivando.
TG3 Leonardo del 16.02.2016.
Anche qui la commistione tra rito religioso manifestato dai petroglifi e orientamento astronomico è legato ad una esigenza tutta materiale.
Il fatto è caro Sandro (e cari tutti) che i nuragici scrivevano tutto tutto. Attraverso l'epigrafia, l'archeoastronomia (naturalmente quella scientifica e non quella pasticciona), l'archeologia, la genetica, l'archeometria, l'antropologia e la scienza storica (cioè con un serio lavoro interdisciplinare) si può riuscire a capire meglio il passato delle civiltà del Mediterraneo (sarda nuragica compresa). Già nel Santa Barbara di Villanova Truschedu e in Zuras di Abbasanta si era vista questa possibilità di mettere a frutto tutti i contributi. E invece? Abbiamo visto i fracassoni, gli arroganti e...gli struzzi nonché il silenzio che uccide. Tutto è scritto e quindi tutto va letto. Ma su basi scientifiche 'filologiche', senza elucubrazioni. Altrimenti si resta al palo: con le postierle, i muri di difesa, le decorazioni e quant'altro. E si rischia, cosa la più pericolosa, di scambiare il presente con il passato. Il difetto peggiore di Lilliu che lo ha condotto ad essere tecnicamente il migliore degli archeologi ma dal punto di vista interpretativo il peggiore perché tremendamente depistante con tutta la sua ideologia militarista.
RispondiEliminaHo letto il saggio dell'architetto Juvanec. E' molto serio e meditato (tant'è che ha dato anche quello scientificamente le date del ciclo del grano). Lui non ha intuito, come dice Sandro, la vera portata di quella manifestazione nè ha capito (pur avendo sfiorato la comprenzsione) il significato di ANASTASIS legato al toponimo Santa Anastasia. Ma di questo parleremo al momento opportuno. Cioè di una straordinaria 'resurrezione' senza la quale niente spighe e niente grano.
RispondiEliminaHo scritto “centrale”, Gigi, perché quella che tu trovi “la sequenza organica” (in basso) è fatta in buona parte da quegli stessi elementi che in alto preferisci ritenere “cornice” e “motivo decorativo”. Non mi preme stare a sottolineare il fatto che se “i nuragici scrivevano tutto tutto” allora anche la cornice (ammesso che solo cornice decorativa sia) dovrà essere letta in quanto “scritta”; non credo sarebbe questo a mettere in difficoltà l’interpretazione. Mi preme sottolineare che sei tu stesso ad ammettere elementi solo decorativi di una semplice cornice che (ancora) non ti sembra di dover interpretare in alcun modo. E siccome quegli elementi sono gli stessi della “sequenza organica” in basso, trovo che tanto più resti centrale rispetto a qualsiasi intenzionalità di “scrittura” il concio con l’aspetto di “bruncu” taurino.
RispondiEliminaMi dici che rappresentazioni del Dio-Toro simili o già molto simili a quella riconoscibile sul nostro concio le conosciamo già, mi indichi in particolare quella di Maimoni. Sinceramente in Maimoni vedo più un volto umano (naso, ma non solo), e soprattutto mi lascia meno dubbi su una casualità naturale (che in Maimoni, per intenderci, escluderei). Ripeto: al centro della scritta che interpreti c’è la porta studiata da Sandro, che tanto meno merita di essere liquidata senza seria considerazione; davvero quella porta può portare elementi a sostegno di una interpretazione simbolica di tutta la facciata. Per intanto, e tanto per cambiare, volevo essere cauto sulla intenzionalità di quel concio e sull’interpretazione di quelle (e solo quelle) pietre chiare. Al fondo c’è la differenza in cui ci siamo già riconosciuti: tu, Gigi, saresti contento di trovare gli elementi che convincerebbero anche i (finti) ciechi, ma per intanto non ti dispiace affatto spingerti, anche quando trovi solo indizi che però insieme e per la concordanza con la comprensione fin qui raggiunta consideri prove, spingerti dove solo gli “iniziati”, ancora, possono seguirti (e se non ti seguissero, peggio per loro; arriveranno, prima o poi, come tutti gli altri); io tendo a desiderare che si possano aprire vie meglio accessibili e convincenti per i più, quasi preoccupato quando si aprono, invece, nuove strade che possono apparire non più accessibili e convincenti delle altre. Mi dirai di nuovo, appunto, che se queste sono le strade che troviamo tu non ti tirerai certo indietro. Lasciami però essere cauto, io tendo a essere quello che aspetta gli altri, quello che vorrebbe condividere i loro dubbi, anche rappresentandoli, perché si confrontino con le risposte disponibili e perché non ci si perda del tutto tra chi si è spinto nel labirinto e chi è rimasto fuori. Sarà troppo per le mie capacità, ma sai che non si tratta di strambo protagonismo, sai che apprezzerei chi lo facesse meglio e me ne sollevasse (quando altri pongono le opportune domande, anche quelle che io non saprei porre, me ne sto contento a leggere le risposte).
A proposito di immagini di tori o teste di toro nella pietra, l’articolo ripreso lunedì sul blog mi sembra molto interessante.
Hai detto bene: 'preferisci'. E infatti 'ho preferito'. Molte volte, proprio per i 'non iniziati' bisogna assecondare la 'logica' corrente a costo di andar contro la logica del sistema. Anche perché il sottoscritto non sai quante volte si è chiesto se sia il caso di renderla così rigida da escludere solo elementi formali 'decorativi'. In realtà anche qui avrei potuto usare il massimo della audacia e dire che anche quelle pietre a cornice (?) sono scrittura. Ma è argomento questo del secondo articolo che qui per te (e per chi vorrà ascoltarmi) brevemente anticipo. L'audacia consisterebbe in questo. Come si chiamano in semitico (e in semitico biblico) le 'pietre' , i 'conci'(noi diremmo) del 'muro' di Murru Mannu? Si chiamano 'ABN (pl. 'ABNYM'), Se ora aggiungi il solito 'b' del 'due' o doppio colore (bicromia) ti troverai di fronte alla voce 'AB(a. Quindi la explicatio del muro andrebbe accresciuta con detta voce e cioè ' Del Padre (quel padre poi reso esplicito dalla lettura della 'testa') Porta Santa'. E che possa essere così tende a dimostrarlo il fatto che non pochi dei nuraghi (come riferito in nota) hanno quella bi-cromia che, se ho ragione io nell'azzardare (senza imbragature), vuol dire sempre 'padre'. Pertanto al NR –AK, nel caso della presenza della bicromia, andrebbe aggiunto NR -AK -AB (Padre Toro della Luce). E mi fermo qui perché altro ho da dire, nell'accennato secondo articolo, su questo 'Ab(a). Garantito anche dalla toponomastica. Ma una volta che ti ho detto 'in diretta' (siamo stati e siamo sempre proprio unici in questi Blog!) della possibilità della presenza di un'altra voce ancora e della presenza di essa nei monumenti nuragici a bicromia ti ho 'dimostrato' forse qualcosa? Ho solo ‘elucubrato’ come si suol dire. Almeno l'epigrafia sulla scrittura a rebus dei nuragici fosse come la 'scienza' esatta usata da Sandro! Almeno fosse che con strumenti precisi potessi rendere triangoli perfetti o quadrati o altro di geometrico ‘taurino’! Non sarei qui a postare decine se non centinaia di post perché si accetti quello che sostengo, con fatica immensa, da tanto tempo
RispondiEliminaDunque, la bicromia e le pietre del muro (i conci) danno davvero 'AB(a) o no? Quella bicromia è scrittura o mera decorazione? Va aggiunta all'altra solo apparente 'decorazione' dei segni che mi danno il nome di 'santo' e di 'porta'? Francamente non lo so. Tanto che ho preferito (obtorto collo)essere addirittura più 'prudente' di te e assecondare la 'logica comune' attualizzante (caspita! quella sì che la si segue pecorescamente!) del motivo decorativo. Vedi, caro Francesco, dopo e decenni e decenni che affrontiamo la scrittura LOXH dei nuragici, avrei voluto che quell'osservazione sulla BI-cromia e le pietre (e cioè l'acrofonia di 'ab) me l'avesse suggerita qualche altro. Ma così non è stato. Purtroppo! Allora due (almeno due!) interpreti avrebbero contato più di uno. Detto questo e sperando d'essere stato capito su quel 'preferiamo', passo subito alla testa. Ma stavolta velocissimamente: vatti a vedere le due bocche taurine aperte per il muggito e quegli occhi(bovini) singolari. Solo i tuoi, di occhi, possono decidere! Come i miei, quelli di Sandro e quelli di tutti coloro che hanno prima guardato e poi visto! Perché quelle teste sono del dio padre toro luminoso con fattezze umane, proprio come lo è il bronzetto cosiddetto 'Mostro di Nule' o le statue dei 'Giganti' di Monti Prama che lo rappresentano, sempre mostruosamente, in terra. Ma quale 'casualità naturale'! Ma che dici! Almeno abbi la prudenza, quella sì di prudenza, mio caro Francesco, di aspettare la fine della puntata! Hai aspettato le sette 'sante' di Sandro e non aspetti la seconda umile mia?
RispondiEliminaVoglio dire che Murru in sardo vuole dire bianco
RispondiEliminaUnu caddu murru
Si certo, murru ha pure questo significato, ma nel contesto di Tharros non mi pare abbia molta attinenza tradurre Murru mannu con "bianco grande". Vi sono tanti esempi di parole omofone che, volta per volta si usano nel contesto giusto; tant'è che se usassimo l'accezione "murru = muso" nel descrivere il cavallo del tuo esempio, ne salterebbe fuori che esso è un "cavallo muso".
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