La
porta del toro luminoso
L’architettura
della luce
Descrizione del metodo costruttivo
L’aver scoperto
e descritto un rito religioso legato ad un evento luminoso che si verifica
tramite una costruzione dall’architettura sofisticata, con caratteri tanto
precisi quanto complessi, rientra nelle ipotesi di studio che si possono
seguire basandosi su dati archeologici, topografici, storici e antropologici
tanto che, certi studiosi si lanciano in teorie affascinanti, intravedendo, ad
esempio, nella disposizione di particolari nuraghe la rappresentazione in terra
di certe costellazioni, e ciò potrebbe essere pur vero, ma se non si riesce a
dimostrare in modo pratico e convincente il sistema usato, con tecniche
alla portata di quelle genti, lo studio rimarrà segregato nella categoria del
“possibile” ma non entrerà mai nella categoria del “probabile”; per tanto il
tutto sarà relegato tra le casualità in attesa di riscontri concreti.
Non questo studio, col quale sin dall’inizio mi son proposto di verificare la possibilità da parte di quelle genti e con mezzi rudimentali, di eseguire allineamenti sicuri, stabilire date ben precise, tracciare particolari architettonici in modo relativamente facile e così via, fino a capire come potessero sapere che in quel dato giorno il sole si trovava all’interno di una certa costellazione, oppure individuare in modo precisissimo la linea di passaggio tra luce ed ombra lì dove quest’ultima sfuma nella penombra, determinando una fascia intermedia valutabile generalmente con una stima approssimativa a vista. Il tutto cercando di pensare e di operare come quelle genti probabilmente operarono.
A questo punto mi accingo a descrivere il metodo costruttivo della porta del sole; naturalmente descriverò solo le fasi salienti, ossia quelle che servirono alla messa in opera in modo preciso di quegli elementi che caratterizzano lo spettacolo luminoso.Non questo studio, col quale sin dall’inizio mi son proposto di verificare la possibilità da parte di quelle genti e con mezzi rudimentali, di eseguire allineamenti sicuri, stabilire date ben precise, tracciare particolari architettonici in modo relativamente facile e così via, fino a capire come potessero sapere che in quel dato giorno il sole si trovava all’interno di una certa costellazione, oppure individuare in modo precisissimo la linea di passaggio tra luce ed ombra lì dove quest’ultima sfuma nella penombra, determinando una fascia intermedia valutabile generalmente con una stima approssimativa a vista. Il tutto cercando di pensare e di operare come quelle genti probabilmente operarono.
Il metodo sarà descritto al presente.
Il giorno
stabilito (22 di aprile) si individua sul pavimento preventivamente livellato, la direzione e la lunghezza dell’ombra (Fig.40 A-B) proiettata da un caduceo di una data altezza, in un determinato momento scelto
in modo opportuno (8:21). Quella individuata (A-B), è la direzione della mezzeria
della porta riturale e del corridoio annesso, mentre la linea C-D (Fig.41) individua la direzione del muro
contenente la porta, che evidentemente è ortogonale alla prima.
Fig. 41
In seguito si individuano due linee parallele, una individua la direzione del muro in corrispondenza del caduceo, l'altra la linea di base del triangolo equilatero teofanico. [1]
Si costruisce il
muro lungo la direzione tracciata e si risparmia la porta (Fig.43)
Fig. 43
Si fissa l’inclinazione
che congiunge la soglia della porta con la linea dell’ombra da essa proiettata (Fig.42 O-B), e si costruisce una vera e propria squadra[2] secondo le misure dettate: dalla quota della soglia rispetto al piano roccioso sottostante e la distanza della linea dell'ombra dalla parete.
Sul pavimento roccioso si costruisce il triangolo equilatero.
Sul pavimento roccioso si costruisce il triangolo equilatero.
Fig. 44
Questa affermazione potrebbe far pensare ad una indeterminazione nel rilevamento della precisa posizione delle ombre e questo normalmente è vero, ma ho avuto
modo di studiare il problema e risolverlo in maniera efficace, tanto da poter
individuare in modo estremamente preciso la linea di passaggio tra luce ed ombra a prescindere dalla penombra.
Non ho intenzione
(almeno per il momento) di spiegare il procedimento, chiedendo ai lettori di
trovarlo ognuno per proprio conto.
Fig. 45
A questo punto
si trasla la squadra lungo la direzione perpendicolare al muro fino ad arrivare
all’apice del triangolo disegnato e si fissa in tal punto la squadra in modo
stabile,
Fig. 46
dopo di che con un filo teso si prolunga il lato inclinato
della stessa squadra (ipotenusa del triangolo),
Fig. 47
fino ad una impalcatura di legno dove, a vista, si regolerà l’altezza di una traversa orizzontale, sulla quale far scorrere il filo che con la giusta
angolazione azimutale e zenitale sarà la linea di riferimento per posizionare
in modo preciso il filo esterno all’intradosso del tetto spiovente e
determinare la quota dell’architrave.
Fig. 48
Fig. 49
Fig. 50
A descriverla
così sembra facile da realizzare, immaginarla come quegli architetti la
concepirono è un’impresa per menti visionarie.
Questa è
l’architettura della luce, la stessa architettura che troviamo nel nuraghe
Santa Barbara di Villanova Truschedu; anche lì la luce viene plasmata
dall’uomo per rendere una figura tanto effimera quanto reale, giocando con
contorni disposti su vari piani dello spazio per creare figure simili a quelle
che nel firmamento già in antico l’uomo descrisse come costellazioni, quelle
stesse costellazioni che se viste da un altro punto dell’universo sarebbero
irriconoscibili, come irriconoscibile è la figura del toro nella finestra di
scarico del nuraghe se vista da vicino nei suoi particolari, come pure
irriconoscibile è il triangolo equilatero che la luce proietta al suolo davanti
alla porta di su Murru mannu; quel triangolo equilatero che è impossibile
vedere se non attraverso il sole, perché è lui l’artefice di quella figura
magicamente composta da due elementi architettonici dissociati tra loro: il
bordo dell’intradosso della parte estrema della copertura e il filo superiore
della soglia d’ingresso distante da esso circa 6,00 metri.
Fig. 51 Ecco gli elementi architettonici che
definiscono il triangolo equilatero divino.
Un’ultima
domanda mi pongo, alla fine di questa lunga trattazione: perché fu
realizzato un edificio così complesso?
Solo per
glorificare la divinità nuragica taurina/solare?
Solo per
chiedere a quel dio la grazia di germogli potenti e vigorosi?
Solo per rendere
grazie di un raccolto abbondante?
No, a parer mio, il motivo è
molto più tangibile e molto più umano e legato al potere temporale della casta sacerdotale.
Quell’edificio,
nel quale due volte l’anno il divino si manifestava in un percorso teofanico
reale e sensibilmente palpabile, legato al rito religioso teso all’esaltazione
del potere del sole/toro, era connesso in modo più terreno alla pratica
divinatoria, con la quale quei sacerdoti traevano presagi
dall’osservazione del ciclo vegetativo del grano in concomitanza della prima
manifestazione teofania. Ossia, gli “indovini” dall'osservazione del momento di spigatura rispetto all’evento teofanico, "prevedevano" quanto grano avrebbero raccolto quell’anno; ovvero vedevano un futuro florido ed opulento per un cibo che opportunamente conservato dava modo di sopperire alla mancanza di altri alimenti; oppure di restrizione
per la mancanza di quel grano di vitale importanza, e comportarsi di conseguenza, correndo ai ripari per quanto possibile.
Per tanto un fatto ben reale, che noi oggi classifichiamo quale previsione, mentre in quel tempo era mistificato in un’aura di divino mistero.
Un proverbio a Cabras sentenzia: A metadi de abrili si (su laori) no ammuntat su surcu, sorbidindi su bruncu.[3]
Per tanto un fatto ben reale, che noi oggi classifichiamo quale previsione, mentre in quel tempo era mistificato in un’aura di divino mistero.
Un proverbio a Cabras sentenzia: A metadi de abrili si (su laori) no ammuntat su surcu, sorbidindi su bruncu.[3]
segue: 👉 sincretismo religioso tra Nuragico e Romano 8
[1] Evidentemente un metodo più semplice consiste nel costruire il muro direttamente sulla linea C-D annotando la lunghezza dell'ombra A-B; e probabilmente questo fu il metodo adottato tenendo conto di quanto rilevato nella nota [1] della parte 6° .
[2] Esempi di tale arnese li troviamo in raffigurazioni pervenuteci dall’antico Egitto.
[3] Nella parlata di Cabras la frase ha una inflessione differente ma ho preferito scirverla in tal modo chiedendo aiuto ad un caro amico. In italiano la frase è tradotta: A metà di aprile se (il grano) non copre il solco, pulisciti il muso (non avrai nulla da mangiare).
[2] Esempi di tale arnese li troviamo in raffigurazioni pervenuteci dall’antico Egitto.
[3] Nella parlata di Cabras la frase ha una inflessione differente ma ho preferito scirverla in tal modo chiedendo aiuto ad un caro amico. In italiano la frase è tradotta: A metà di aprile se (il grano) non copre il solco, pulisciti il muso (non avrai nulla da mangiare).
A bisu miu mi parit chi su laori apat ammantau su srucu. E seus a metadi de Martzu e mancu puru! Ma sa puntada cosa tua di oi est s'urtima oppuru dui est sa de ottu?
RispondiEliminaCusta est s'urtima!
EliminaComplimenti davvero signor Angei per il suo lavoro mastodontico e di alta precisione.
RispondiEliminaSì davvero 'mastodontico'. Un vero e proprio saggio di precisione ad 'memoriam'. Come quello del Nuraghe Santa Barbara di Villanova Truschedu. E il toro, sempre il toro, il toro immortale della luce! Appena potremo faremo vedere anche il dato scientifico epigrafico che illumina e fortifica quello astronomico. In modo davvero spettacolare. E non lo dico tanto per dire. Forse il dato più spettacolare, almeno sino a questo momento, della capacità degli scribi nuragici di realizzare la scrittura monumentale a rebus.
RispondiEliminaCiao Sandro, leggendo con attenzione il tuo articolo mi hanno colpito quelle due date, che non mi sono nuove. Mi son ricordata di aver letto uno studio archeoastronomico sul pozzo di Sant’Anastasia di Sardara, dove il ricercatore Borut Juvanec ha riscontrato un "miracolo" luminoso nelle stesse date da te individuate a Murru mannu. Questo è l’indirizzo web dal quale si può accedere al PDF
RispondiEliminahttp://www.fupress.net/index.php/ra/article/view/17954
Grazie Romina, ho letto lo studio: è a dir poco affascinante. Il ricercatore lì scrive che quello che ha scoperto è un miracolo di luce; io penso che i miracoli siano due, il secondo è l’aver rilevato in due contesti differenti due date pressoché identiche. Vedrò di pubblicare un articolo dove metterò a confronto i due fenomeni.
EliminaDa notare che l’articolo è pubblicato su Firenze University Press.
Bellissimo anche il fenomeno a Santa Anastasia, come no. Poi però si va a leggere e gli entusiasmi, almeno un po’, si incrinano. L’autore sostiene alla fine che 5 prove sostengono la non casualità dell’intrigante fenomeno, ed elenca: (1) il fenomeno fisico del fascio di luce (e che vuol dire, che prova di non casualità sarebbe da solo il fascio di luce? Eppure occupa un punto dell’elenco); (2) l'intitolazione della chiesa medievale a Santa Anastasia (e anche questo, ancora, non vuol dire nulla; così già due punti sono corsi inutilmente); (3) il nome della Santa deriva dal greco 'anastasos', qualcosa che sorge, 'resurrezione' (e questo, ammettiamo, potrebbe essere un elemento fortemente suggestivo); (4) il “miracolo” (il fenomeno) si verifica due volte l'anno (sic! E che prova è? Non stava meglio insieme al punto 1, senza peraltro aggiungere ancora nulla alla non casualità?); (5) uno dei due eventi annui cade nel giorno in cui si festeggia … la Santa, tradurremmo, ma il neutro inglese, alla chetichella (senza stare cioè a dircelo), indica qui proprio un maschio, Sant’Anastasio il Sinaita, il solo tra i 13 Anastasio e le 2 Anastasia che si festeggi il 21 Aprile (e vogliamo resistere a sottolineare che intorno al fenomeno del 21 Agosto, precisamente il 17 e il 26 Agosto, ricorrono rispettivamente Sant’Anastasio di Terni e Sant’Anastasio di Salona –quest’ultimo detto pure “il lavandaio”, che col pozzo non ci sta male–?).
EliminaChe il fenomeno si verifichi due volte all’anno, dovremmo averlo capito, è tautologico quando non si tratti di eventi ai solstizi: il sole passa due volte all’anno negli stessi punti, tranne appunto per i punti solstiziali; e la distanza in giorni tra questi eventi e il solstizio a loro più vicino sarà sempre la stessa (continuare a trovare sorprendente questo sarebbe un po’ come sorprendersi per il noto fatto che un orologio fermo segna precisamente l’ora esatta non una ma addirittura due volte al giorno).
Resta quindi il nome, resurrezione (qualcosa che sorge), e la collimazione del 21 Aprile con la festa di uno degli Anastasio del calendario liturgico (tralasciando che non sia una delle Anastasia, e che a tutta prima si direbbe essere morto, questo Santo, a chiesa già edificata). Ora, però, trovare che i due elementi siano congiuntamente a favore della non casualità significherebbe (se non sbaglio) credere che la Chiesa (d’Oriente prima o Romana poi?) abbia anzitutto voluto intitolare la chiesa a questo Santo (in seguito, stranamente, fatto donna; infiliamoci l’androginia, che ci piace) perché il suo nome si attagliava al genius loci, e abbia chiuso il cerchio decidendo in seguito (e non prima, ché altrimenti o il nome o la data sarebbero certamente casuali) di celebrare il Santo in uno dei due giorni dell’evento fisico (allora quello climaticamente più di successo; d’altronde della vita di questo Anastasio si sapeva forse già così poco che nessuno avrebbe avuto nulla da obiettare sulla data, è probabile).
Mi sa che un serio indizio che quel fenomeno con le sue date non sia casuale viene solo ora dal tuo studio, Sandro.
Sorpresa, comunque, nell’imparare da questo articolo che in Inglese la tecnica della tholos, della falsa o pseudo volta, si chiama “corbelling”, da “corbel”. Per cui attenzione a usare il termine “corbellerie” per svalutare ipotesi sul Nuragico, perché i Nuragici potrebbero trovarlo del tutto fuori luogo.
EliminaLa mia sensazione è che tu abbia già una visione d'insieme, così avanzi e mano a mano trovi le conferme nel particolare.
RispondiEliminaE' un pò come assemblare un puzzle, con accanto l'immagine finale.
Se così fosse, avresti un grande vantaggio rispetto all'approccio tradizionale, che procede in modo esattamente opposto e proprio per questo non riesce ancora ad avere una visione unitaria del periodo nuraico.
In questo senso e in prospettiva, potresti contribuire non poco alla comprensione del fenomeno, perchè ci sono ancora autentici buchi neri, talvolta su questioni essenziali.
Auspico che le tue intuizioni diventino esperienza, suscitino interesse e riescano ad ampliare il dibattito.
Intanto vorrei sapere se hai studiato anche la seconda porta che, se non erro, è collocata sul lato Ovest delle mura.
Romualdo, purtroppo la seconda "postierla" (posta a settentrione) non esiste più se non i conci di base del corridoio; però si possono fare delle congetture legate alla sua posizione plani-altimetrica rispetto al contesto; ma ripeto solo congetture. Vedrò di parlarne in un prossimo articolo.
EliminaPer quanto riguarda la visione d’insieme, si ne ho una scaturita dalle elaborazioni in 3D di alcuni monumenti che ho ricostruito. E’ questo che ha dato l’imput a questi lavori e mi ha fatto capire che la teofania è legata al calendario in modo più preciso di quanto si potesse pensare finora; come nel Santa Barabara, dove l’evento è legato in modo preciso al quel dato giorno (21 dicembre) e nessun altro.
Caro Sandro, complimenti!
RispondiEliminaNon te la prendi se dico che non hai scoperto il rito, ma hai scoperto un tempio di fronte al quale si celebrava un rito che, per ora, è solamente possibile ipotizzare, come tu hai ben fatto, supportando l'ipotesi con dati scientifici rispetto all'edificazione del tempio.
Per ora non sappiamo se le attività rituali che vi si svolgevano fossero di tipo individuale, col solo celebrante a tirar fuori gli auspici, o piuttosto di tipo collettivo, un po' come si faceva sino a qualche decennio fa, per la festa di san Marco - che cade il 25 aprile e vedi tu che combinazione! - allorché il prete si portava ai quattro cantoni del paese e, rivolto verso la campagna, benediceva con l'acqua e recitava una sua preghiera in latino, auspicando un buon raccolto.
A me viene in mente, e suppongo anche a te, che il rito non sia stato poi tanto diverso, in considerazione della permanenza de su connotu presso la nostra cultura contadina (pensa che per la festa di sant'Isidoro, ora benedicono non più i buoi, ma i trattori, come se servisse loro l'acqua santa e non il gasolio).
La ricostruzione delle modalità con cui il sacerdote-astronomo-architetto abbia risolto il problema della ierofania in un perfetto triangolo è solamente perfetta. Quello che non mi convince al cento per cento è la constatazione che, per mettere in opera tutto l'apparato di identificazione delle direzioni, angoli, altezze ecc., sia servito un bel po' di tempo, quando tempo non se ne aveva tanto, visto che il Sole è riuscito a fermarlo solamente Aaron.
E se il sacerdote con la sue équipe avesse provveduto a costruire per tempo una struttura di canne, legate insieme e mobili, per cui, al dunque, potesse aggiustare in un attimo l'apparato per visualizzare tramite le ombre delle canne la futura ierofania, recuperando dalle canne stesse tutte le misure e le inclinazioni che sarebbero valse a costruire il tempio?
Mi pare oltre tutto sì una procedura più povera, ma anche più semplice.
Che ne dici?
Certo che non ho scoperto il rito, ma l’ho associato al monumento, la qual cosa sarebbe stata impossibile senza un particolare bagaglio di conoscenze, che mi hanno fatto intuire quello che per altri è inintuibile.
EliminaPer quanto riguarda la tua perplessità rispetto al metodo di costruzione, di certo quella non fu tirata su da un giorno all’altro, sicuramente fu il risultato di esperienze decennali, anche di prove con materiali posticci come canne, e perché no, che possiamo equiparare però ad una sorta di progetto benché anche solo mentale; però il tracciamento penso fu eseguito in modo preciso e “professionale” con mezzi rudimentali certamente, ma molto senso pratico; la perizia degli scalpellini e dei muratori fece il resto, il sacerdote astronomo posso pensare che desse direttive solo per quanto riguarda la mutua posizione dei due elementi architettonici di Fig. 51.
Sto preparando la conferma (credo una stupenda conferma di natura epigrafica) per la Santa Porta di Murru Mannu. Con un po' di pazienza vedremo come Sandro abbia ragione sul dato 'scientifico' del triangolo fornito dalla porta nelle date cicliche.
RispondiEliminaSandro che lavoro,grazie.Dovrai fare un sacrificio e venire a hinosim a trarre un pò di conclusioni,prima che trasformino tutto in fenicio.....
RispondiEliminaPreciso: il 25 aprile, quando in calendario è la festa di san Marco, il sacerdote, con una piccola processione non ai quattro cantoni, ma all'uscita del paese (per Pompu che rimane a Ovest), e all'ingresso dalla Provinciale, che guarda verso òa Giara e dunque a Est.
RispondiEliminaRicordo che non c'era altro segno di festa, la gente andava a lavorare, non c'è mai esistita neppure una statua del santo in paese. Eppure, quell'escursione processionale a Occidente e a Oriente si faceva eccome!
Oggi a mente fredda ho riletto l’articolo sullo studio del pozzo di Sant’Anastasia di Borut Juvanec, la qual cosa mi ha entusiasmato ancor più di ieri e mi ricompensa di tante energie profuse nello studio della “porta del toro luminoso” di Murru mannu, dandomi coraggio nell’affrontare nuovi enigmi che il passare del tempo ha reso sempre più criptici, ma con l’aiuto di nuove tecnologie e tanto studio riusciamo pian piano a decifrare.
RispondiEliminaOra colgo l’occasione per soffermarmi sull’aspetto zodiacale dell’evento teofanico, alla luce di quelle che erano le credenze e le aspettative di quelle antiche genti, che non hanno di certo dato forma alle costellazioni per puro diletto o per passare il tempo, ma penso, con un ben preciso spirito legato all’aspetto religioso.
In questo lavoro ho introdotto ma non descritto vari aspetti che possono sembrare secondari rispetto alla manifestazione teofania, alla concomitanza calendariale, alla perfezione architettonica imposta dall’evento, ma che a ben vedere sono cruciali nella visione d’insieme, se legati ai dati antropologici.
Prendiamo la connotazione astronomica, per la quale nel 1400 a.C. il sole attraversava di giorno in giorno nel mese di aprile la costellazione del toro, per trovarsi il 32° giorno dall’equinozio di primavera (22 aprile) esattamente tra le corna del toro e nel mese di agosto (giorno 20) vicino a “Spica” la stella più luminosa della costellazione della Vergine. Pensate sia solo frutto del caso? Può darsi, ma io ritengo che sia anche frutto di meditazioni che a livello globale furono elaborate da una data popolazione e poi divulgate via via nell’ecumene; ecco che allora anche in Sardegna (isola al centro di traffici commerciali e interculturali), fu acquisito e speculato il carattere zodiacale delle costellazioni, implementato in un dato momento “storico” da necessità reali (periodo di spigatura del grano), per dare un connotazione divina a quell’evento; e quello che può essere anche frutto del caso (coincidenza zodiacale con spigatura del grano in quel torno di secoli), diventa sintomo di un volere divino e quindi di venerazione.
Come fecero a stabilire che il sole quel dato giorno era proprio in mezzo alle corna del toro, visto che esso rende invisibile qualsiasi altra stella quando sfolgora nel cielo? Il metodo esiste, non è intuitivo ma frutto di ragionamento e sarà esposto anch’esso in un prossimo articolo, a meno che qualche archeoastronomo voglia esporlo nel suo blog o lo abbia già esposto in studi specifici.
Altro tema introdotto e non spiegato, è legato ad un aspetto molto più tecnico, ma di basilare importanza, lì dove era necessario individuare con precisione una direzione astronomica e/o topografica, come, ad esempio, nella piramide di Cheope, dove lo scarto dei lati di base rispetto ai punti cardinali è dell’ordine di 5 primi d’arco. Metodo che ho chiesto a tutti voi di individuare per proprio conto ed eventualmente qui esporlo.
scusate il mio ingresso a gamba tesa, ma leggendo l'interessantissimo studio di Sandro, mi sono venute alla mente le monete sarde con spiga e toro... , esiste una relazione diretta con la porta di Murru Mannu?
RispondiEliminaDiretta non so. Ma indiretta forse. Perché la 'spiga' è frutto della forza del toro. Ma nella moneta le cose sono un po' più complicate.
RispondiEliminaRispondo solo ora all’amico Mauro dopo aver riflettuto sull’opportunità o meno di introdurre un argomento che per certi versi esula da questo studio, ma visto che lui è entrato a gamba tesa…
RispondiEliminaQuando lavorai allo statere di Amsicora, studiai tutte le serie monetali di quel periodo, facendomi l’idea che quelle raffigurate nelle serie V e VII catalogate dal Forteleoni, non fossero spighe di grano ma di asfodelo, in base a tutta una serie di considerazioni, tra le quali la connotazione religiosa legata alla trina Ecate, che impersona in se anche Kore e Presefone nel ciclo di morte e rinascita; impersonificazione che non era appannaggio solo del grano ma anche (e forse ancor di più) della pianta di asfodelo, che essendo una bulbacea e per tanto perenne, muore e risorge senza (però) intervento umano come nel caso del grano. Per questo in quelle monete la spiga potrebbe significare rinascita, ma non una rinascita legata al chicco del frumento che può esser seminato da chiunque ed esser pure forestiero, ma una rinascita legata alle radici di quella pianta spontanea, che essendo perenne rinasce sempre nello stesso posto, lì dove è nata.
Pura speculazione? Può darsi, ma tutto nasce da un dubbio: “possibile che quei coniatori non riuscissero a raffigurare una spiga di grano come essa è realmente?” Inoltre Il Forteleoni nel suo volume dedicato alle serie monetali, a pag. 55 scrive ““…ma forse anche rivestivano (le monete ndr) per i Sardi un più profondo significato simbolico e religioso. (e ancora)… le spighe potrebbero essere, infatti, l’esplicito riconoscimento di un antico culto isolano…”
Naturalmente ho dedotto tutta una serie di considerazioni su quelle monete; considerazioni che mi hanno condotto a pensare che quelle non fossero usate a fini di scambio commerciale o di paga di mercenari, ma nell’ottica del rebus scrittorio di epoca nuragica, servissero a ben altro; ed indizio allusivo ne ho dato nel racconto “L’ultimo Amsicora”.
Rispondo a Francesco con queste considerazioni:
RispondiEliminaLo studio del pozzo di Sant’Anastasia come gran parte (tutti?) degli studi di archeoastronomia si fermano all’evento in se. Si studia la “macchina” si studia l’evento luminoso sulla base di princìpi fisici che oggi conosciamo molto bene, li si ritiene evento “miracoloso” anche da parte nostra , pensando che quelle genti non sapessero fare 2+2, tanto da relegare l’evento nella categoria nel fantasmagorico mondo dell’irreale religioso fine a se stesso; senza pensare che quelle genti avevano i piedi ben piantati a terra e quei Sardi nuragici, probabilmente, più degli altri (un esempio: perché nella civiltà nuragica non ritroviamo manufatti in oro? Sarà perché quel metallo in fin dei conti non serviva assolutamente a nulla dal punto di vista pratico?!); detto questo, io ritengo che tutti i riti religiosi avessero una fondamento di utilità pratica; fondamento che nel corso dei secoli e dei millenni è stato dimenticato; poi se pensiamo che verosimilmente quei sacerdoti, detentori del potere politico e religioso, non spiegassero fino in fondo alla popolazione il motivo sostanziale di quel dato evento (legato come io penso alle previsioni), di certo questi spettacoli luminosi si apprezzano ora, come allora, per lo spettacolo in se.
Da un po’ di tempo mi son posto l’obiettivo (che rientra tra quelli del R.C.S.), di capire cosa c’è alla base del rito, scoprendo che tutto si riduce, come ho detto prima, alla previsione di un dato evento, leggendo i segnali della natura e dell’uomo (Se vado ad analizzare i vaticini dell’oracolo di Delfi mi domando: su cosa si basavano, benché fossero molto “obliqui”? Si basavano essenzialmente sul possibilità di recepire notizie che arrivavano da ogni parte dell’ecumene, ponendo probabilmente le giuste domande ai singoli fedeli che lì si presentavano per avere un responso; per tanto, più fedeli si ascoltavano, più notizie si incameravano e vaticini più precisi si potevano formulare). Tornando a noi: ecco oggi avendo a disposizione i giusti strumenti, si riesce a ricostruire un puzzle alquanto difficile da assemblare; ed anche questo se vogliamo è una sorta di miracolo perché il tutto è stato possibile anche grazie al web, perché con questo strumento in pochi minuti si riesce ad ottenere notizie che altrimenti sarebbero recepibili per vie convenzionali solo dopo lunghe e faticose ricerche d’archivio (naturalmente se queste sono disponibili al comune mortale).
Juvanec nel suo studio si è fermato al dato superficiale, senza badare minimamente alla valenza del dato di fondo (21 aprile e 21 agosto), che è il cuore (le date) di quel sistema e che “fortunatamente” trova riscontro nel mio lavoro e nella mia indole di Ricercare Calzini Spaiati.
Già, il rebus o la LOXOTHS della moneta! Ma diamo tempo al tempo. Perché c'è bisogno di molta pazienza 'filologica' e non di elucubrazioni. Dove tutti siamo bravi e spesso bravissimi. Ma la scienza, con esse, non si muove di un millimetro.
RispondiEliminaSandro, dimmi se mi sbaglio (o se si tratta di osservazione utile a prepararti sulle obiezioni possibili circa i tuoi articoli). In un triangolo equilatero gli angoli sono uguali, 120°. Per formare il fascio luminoso che proietta come nel nostro caso il triangolo equilatero occorre un’apertura che superiormente abbia quello stesso angolo? E se un’apertura avesse in alto, poniamo casualmente, un angolo confacente (come quello della nostra “postierla”; 120°?), e il fascio di luce che la attraversi trovasse una base invece variabilmente distante da questo (diciamo sul muro stesso, per non complicare il quadro con la considerazione della penombra che altrimenti interverrebbe se questa base risultasse invece all’inizio della discesa verso tale apertura, nel caso di una scala il primo gradino), non si avrebbe, almeno entro un certo intervallo di distanze (e sempre che questa apertura sia orientata sull’asse est-ovest), a una qualche ora (di un qualche giorno) comunque lo stesso un triangolo equilatero? Ci risponde la tua modellazione al computer?
RispondiEliminaSe, per altro verso, l’altezza della porta dal piano fosse diversa, il triangolo equilatero si formerebbe prima o poi lo stesso? In altra ora dello stesso giorno? In altro giorno (e in altra ora)? Se per esempio (come discusso per il Santa Barbara di Villanova Truschedu) sul punto di proiezione del fascio vi fosse stato un altare? E sappiamo se in quel punto si era scavato sino al livello originario da te considerato, o lo si era fatto solo “carotando” (o con trincee) in altri punti davanti al muro?
Mi scuso con tutti voi per la taciuta assenza in questi ultimi giorni.
RispondiEliminaRiprendo la mia attività ringraziando coloro che in mia assenza hanno amministrano e portano avanti l’attività del blog.
Rispondo in ritardo ma con piacere alle domande di Francesco Masia che giorni fa mi chiese spiegazioni a riguardo della manifestazione luminosa.
Alla prima domanda rispondo: no, l’angolo formato all’intradosso dalle lastre di copertura è di circa 98°, che proiettato su una superficie non ortogonale a quella dei raggi solari, determina la deformazione del triangolo stesso; infatti se vai a vedere la Fig. 26 della parte 4° (punto di vista di un osservatore posto accovacciato davanti alla porta), ti rendi conto che quello che vedrebbe l’osservatore è un triangolo isoscele schiacciato, perché i raggi di luce arrivano perpendicolari all’occhio dell’osservatore; qualsiasi altra inclinazione del piano dove viene proiettata l’immagine determina un allungamento o accorciamento dell’altezza del triangolo stesso; non di meno il triangolo viene deformato operando variazioni dell’inclinazione del profilo esterno delle lastre di copertura; pertanto la figura del triangolo equilatero è determinata dalla precisa e studiata inclinazione dei vari elementi che la formano e la supportano.
Per quanto riguarda le altre domande dico: si possono creare gli stessi triangoli equilateri in qualsiasi ora del giorno, tutti i giorni dell’anno, ma con diversa inclinazione e orientamento rispetto agli elementi che determinano quel triangolo (bordo dell’intradosso delle lastre e bordo della soglia). Con l’orientamento impostato così com’è nella realtà, il triangolo equilatero di quella ampiezza si forma solo in quell'esatto momento di quei due giorni particolari. L’intenzionalità sta proprio lì, nell’aver progettato un edificio che con quelle precise inclinazioni, posizioni spaziali dei singoli elementi e orientamento restituiva (e restituirebbe ancor oggi se ci fosse la volontà di verificarlo), un perfetto triangolo equilatero per celebrare due riti legati a due date ben precise.
Lo stesso possiamo dire per l’evento del Santa Barbara, dove il pennello di luce attraverserebbe il centro del piano dell’altare (non più in situ), solo ed esclusivamente il 21 di dicembre; parimenti possiamo affermare analoga circostanza, grazie al Dr. Borut Juvanec, per quanto riguarda il pozzo sacro di Santa Anastasia.
Un’ultima precisazione: la descrizione del metodo costruttivo analizzato in quest’ultima parte dell’articolo, evidentemente non descrive per intero tutte le fasi di tracciamento della costruzione, un po’ perché l’articolo si sarebbe appesantito oltremodo in spiegazioni che comunque sono palesi a chi ha un po’ di dimestichezza con queste problematiche, un po’ per dar modo all’amico “Francesco” di fare giuste obiezioni.
Infine. Francesco hai scoperto come si possa individuare in modo preciso la linea di demarcazione tra ombra e penombra?
Sandro, ci hai spiegato che “si possono creare gli stessi triangoli equilateri in qualsiasi ora del giorno, tutti i giorni dell’anno, ma con diversa inclinazione e orientamento rispetto agli elementi che determinano quel triangolo (bordo dell’intradosso delle lastre e bordo della soglia)”. Sbaglio o può dirsi, in aggiunta, che non tute le combinazioni di “bordo dell’intradosso delle lastre” (quindi con tutte le variazioni dell’angolo da queste formato) e “bordo della soglia“ porteranno alla proiezione di un triangolo equilatero? Cioè che molte (o moltissime) di queste combinazioni non porteranno mai alla proiezione di un triangolo equilatero? Altrimenti può intendersi (sbagliando, direi) che qualsiasi combinazione porterà in due giorni dell’anno (o in un solstizio) a questa “particolare” proiezione, che allora tanto particolare, appunto, potrebbe non essere.
RispondiEliminaIn altre e più esplicite parole, Sandro, un argomento in favore della Porta del Toro luminoso sarebbe la bassa o bassissima probabilità statistica che accoppiamenti degli elementi utili a determinare quel triangolo equilatero (intradosso delle lastre e bordo della soglia), in qualsiasi momento del ciclo solare, siano casuali.
RispondiEliminaIo davvero non arrivo a farmene un'idea, perché se penso a quante saranno le combinazioni che darebbero un tale triangolo in ogni dato momento di luce di ciascun giorno nell'anno (o meglio nei 6 mesi che dura l'emi-ciclo solare, per non fare doppioni), non ho chiaro quante ne restino fuori e quale sia il rapporto tra i due gruppi (combinazioni utili all'apparire, in qualsiasi momento, di un triangolo equilatero verso combinazioni a ciò inutili). O sto ragionando male? Come vedi parto dai miei limiti, che sono sicuro non saranno distanti da quelli dei più; limiti per i quali non posso raccogliere la tua sfida sul sistema per districarsi tra ombre e penombre perché, in tutta sincerità, mi è sfuggito quale sia il problema e mi sentirei, tra tutto il resto, peggio perdigiorno a impegnarmi nel recuperarlo.
Resta pur vero che qualora anche le probabilità di un triangolo equilatero casuale in un qualsiasi giorno fossero alte, la sostanziale coincidenza dei giorni del fenomeno a Su Murru Mannu con quelli del fenomeno luminoso del pozzo di Sant'Anastasia, per cominciare, sarebbe comunque ragguardevole (a meno che non possa spiegarsi naturalmente altrimenti). E qui torno all'ipotesi che già ti proponevo di una sorta di altare davanti alla porta a raccogliere il triangolo: potrebbe ipotizzarsi (ricorrendo alla tua modellazione) un altare per il quale il fenomeno luminoso della nostra porta giunga a collimare con i giorni del fenomeno a Sant'Anastasia?
RispondiEliminaFrancesco, la combinazione di orientamento del corridoio, angolazione ed inclinazione delle lastre di copertura determinano, come ho già detto, la teofania in quel determinato modo (triangolo equilatero e sua massima ampiezza) solo in quei due giorni dell’anno.
RispondiEliminaSe quelle genti avessero voluto “ritualizzare” un altro giorno dell’anno, lo avrebbero potuto fare senza alcun problema calcolando: orientamento, angolazioni e inclinazioni del manufatto per quella tale data.
Ora ammettendo per ipotesi che avessero scelto il giorno del solstizio d’estate e ammettendo altresì che la porta avesse le medesime caratteristiche costruttive della nostra costruzione, la figura del triangolo equilatero si sarebbe formata alle ore 7:49 (solare) del 21 giugno nel medesimo modo (triangolo equilatero di massima estansione) se l’asse del corridoio avesse avuto un azimut di 83° 16’; se viceversa l’asse del corridoio avesse mantenuto il medesimo azimut della nostra porta, di 99° 30’16”, l’altezza del sole con quel dato azimut sarebbe stata di 48°40’ e ciò avrebbe comportato una modifica sistematica della costruzione.
Naturalmente tutto sarebbe più facile da spiegare se tu potessi “toccare con mano” la simulazione in 3D e vedere il comportamento di luci ed ombre nell’arco della giornata nei vari periodi dell’anno.
Grazie Sandro, e permettimi di dire agli altri che mi avevi già scritto del momento di impegni che devi fronteggiare, invitandomi ad attendere con pazienza le tue risposte, necessariamente non tempestive. Non volevo e non voglio perciò sembrare incalzarti, tanto meno indurre a pensare tu abbia difficoltà a rispondere. È chiaro che una risposta esauriente a tutto quanto ho esposto (in sintesi le probabilità di casualità di un triangolo equilatero luminoso) richiederebbe un grande lavoro, oltre quello che ci hai già regalato, per cui non nutro davvero irragionevoli aspettative (meno che mai nell'immediato e da una sola persona). Vorrei ancora dire, prima di essere giustamente ripreso su questo punto, che non sto dimenticando i legami sottolineati tra le date delle ierofanie e i punti in cui il sole allora si proiettava su quelle precise costellazioni e, ancora, le festività note. Tutte carte che congiuntamente possono sostenere l'edificio (insieme, certo, alla carta del concio muggente). Mi proponevo di capire meglio, per poter eventualmente meglio esporne la portata ai più scettici, quanto la carta apparentemente più solida e oggettivabile possa imporsi e sostenere il resto anche da sola. Dovendo proprio tirare qualcuno (qualcun altro) per la giacca, mi rivolgerei agli architetti (Angelo, ma anche Franco) e agli archeologi (qui penso a DedaloNur, che in realtà mi sfugge quanto lo sia o non lo sia ma che trovo sempre comunque molto ferrato e ponderato), non osando evocare archeoastronomi, ma anche sperando, invece, nel segugio Romina e quindi nella nostra innominabile, nonché nei talenti di Stella e di quanti altri sapessero spremersi; tirerei loro la giacca per sentirli sulla architettura di questa porta: particolare, unica, atipica? Se avesse (la nostra porta) dei parenti da qualche parte, mi quoterei per mandarci Sandro, quando potrà, con i suoi strumenti (di quotarci per qualcosa ho parlato altre volte, sempre seriamente, e mai nulla, purtroppo, ne abbiamo fatto).
RispondiEliminaSiccome le giacche non finiscono mai, e a fare elenchi si dimentica sempre qualcuno, mi viene almeno da ricordare tra gli architetti intervenuti sui nostri blog l'autore Danilo Scintu. E se mi sovverranno altri nomi, a questo punto, mi limiterò a mordermi la lingua.
RispondiEliminaFrancesco non m’impensierisce la difficoltà a rispondere alle tue obiezioni, sono pronto alle spiegazioni; piuttosto mi “impensierisce” o meglio mi fa pensare, la mancanza di obiezioni da parte di chi potrebbe e dovrebbe e non lo fa.
RispondiEliminaA meno che il mio lavoro sia talmente esaustivo che ha fugato tutti i dubbi possibili e immaginabili (non penso di esser arrivato a tanto), forse ho pestato i piedi a qualcuno o più di uno; ad un architetto, per esempio, facendogli vedere (se mai avrà letto il mio articolo), dov’è la seconda postierla della cinta muraria; e quanto discosto sia l’orientamento di Murru mannu dal nord geografico (accidenti a me: sempre quella decina di gradi, come nel Santa Barbara, che tanta bufera ha portato), ma che ci posso fare, gli orientamenti son quelli, per tanto se qualcuno pretende di misurarli con bussole o bussolotti all’insegna di: “o la va o la spacca!” Beh…
Sinceramente pensavo intervenisse un altro architetto a cui vien naturale far giuste obiezioni (non mi riferisco ad Angelo Ledda che saluto). A questo punto prendo in seria considerazione il fatto che il mio lavoro possa essere effettivamente esaustivo; o forse egli non ha ritenuto di intervenire per non far torto a qualcuno.
Non mi stupisce invece l’assenza di certi archeoastronomi (per fortuna mia, perché non ho alcuna voglia di spiegare alcunché davanti ad un muro di gomma), che sbandierano al mondo quanto son bravi a pubblicare e pubblicizzare le loro scoperte e criticare quelle degli altri. Ciò non toglie che qualcuno forse ha capito, è auspicabile, a cosa serve fare una ricostruzione in tridimensionale e quanto le ierofanie/teofanie siano legate strettamente a orientamenti astronomici e particolari date in un preciso contesto sacrale.
Mi sarei aspettato una caterva di impropèri da parte di alcuni archeobuoni, che a spada tratta in altre occasioni hanno mosso battaglia su argomenti che vedevano in primo piano, pozzi nuragicamente epigrafati, mentre qui, dove saltan fuori certe prese di cantone (a parer mio e fino a prova contraria, per l’amor del cielo!), impera il silenzio assoluto.
Il SILENZIO ASSOLUTO in genere è sintomatico di una certa presa di coscienza del dato che si ha davanti agli occhi e si cerca di eludere (tanto prima o poi finirà la bufera e tutto tornerà tranquillo come prima), senza far troppo baccano per paura che ciò possa sconvolgere lo “statu quo” relativamente alla scrittura negata (perché questo è il nodo cruciale!).
Perché dico questo? Perché il mio lavoro ha preso le mosse dal dato epigrafico del Professor Sanna e non viceversa. Lavoro del Prof. Sanna che ha suscitato in me un interesse su Murru mannu e la sua “postierla” dal punto di vista architettonico, topografico, astronomico, archeoastronomico e antropologico.
Scoperta (sto esagerando?) che ha trovato un solido sostegno nel lavoro del Prof. Borut Juvanec (architetto, docente presso la Facoltà di Architettura di Lubiana), pubblicato nel sito internet dell’Università di Firenze; articolo che sostiene il mio dato archeoastronomico legato alla “ierofania”, legata a sua volta a due date, il tutto in perfetta sintonia.
Per tanto, potrei pensare che questo lavoro, strettamente legato ad una tesi di fondo di natura epigrafica, che la si voglia accettare o no, avvalorato da un insperato studio di carattere accademico, dia fastidio all’archeologo che nega la scrittura nuragica e all’archeoastronomo che oltre a ciò, nega una certa “teofania” legata ad un ben preciso orientamento monumentale.
Il silenzio è un’arma a doppio taglio; prima o poi qualcuno ne chiederà conto.
Dottoressa Cipiciani, il fatto che lei non si occupi nello specifico di archeologia nuragica non è certamente motivo per eludere le mie domande, visto che nella negazione ha ammesso implicitamente di occuparsi comunque di archeologia; e il mio studio di certo ha interagito con questa a prescindere dal contesto nuragico.
RispondiEliminaTengo a precisare che quanto da me studiato non ha invaso le competenze archeologiche. Io ho solo letto il dato pubblicato dall’archeologo G. Tronchetti alla luce delle mie competenze professionali. E’ forse da aborrire il voler segnalare che l’interpretazione data dall’esperto potrebbe essere sbagliata, lì dove l’esperto non coglie i risvolti che possono esser interpretati alla luce di altre discipline?! Con questo non voglio in alcun modo sminuire la figura professionale dell’archeologo che sicuramente è ferrato nella sua disciplina ma come ogni uomo può esser soggetto ad errore; ma di certo punto il dito su chi in modo consapevole, una volta appreso il dato del quale dovrebbe valutare la correttezza, fa finta di nulla o peggio, nega l’evidenza.
In ogni caso l’aspetto “archeologico” relativo alla cosiddetta “postierla” possiamo pure definirlo marginale, in quanto quel monumento è leggibile nella sua funzione teofanica, a prescindere dal dato archeologico; dato questo, che è stato usato sostanzialmente solo per la definizione dimensionale del manufatto. Possiamo, a ben vedere, espellere dall’articolo quel che riguarda le considerazioni fatte a proposito della stratigrafia, che nella fattispecie è servita per dare un indizio sull’inquadramento temporale del manufatto e che in effetti può risultare alieno alla mia professione, ma non alla mia intelligenza; elisione che comunque non inficia minimamente il mio studio che comunque sia, che lo voglia o no, è di carattere scientifico. Tanto scientifico che uno studio indipendente condotto e pubblicato dal Dott. Borut Juvanec (lui si è un accademico, tant’è che il suo lavoro è stato pubblicato dall’Università di Firenze e di cui ho già scritto in altri commenti), sostiene in modo incontrovertibile quello che nel mio studio ho scoperto e che è alla base della teofania esplicata attraverso l’architettura della luce: due date ben precise, che molto probabilmente (ci sto ancora studiando), è possibile riscontrare pure nel pozzo di Santa Cristina (forse in modo meno spettacolare ma pur sempre ben definito). Lei Dottoressa Cipiciani, ben capisce la valenza della modellazione in 3D in questi siti archeologici, visto che le è familiare l’uso di tale strumento tecnologico; in ragione di ciò è in grado, con cognizione di causa, di valutare il valore di questi studi. Badi Dottoressa che non intendo parlare di 3D statico, ma di un 3D dinamico georeferenziato che possa descrivere in modo compiuto, senza ombra di dubbio, un evento archeoastronomico che normalmente nella verifica reale comporta lunghi tempi di appostamento, che questa tecnologia riduce drasticamente. Ma penso di non averle detto nulla di nuovo a riguardo. Questo è il campo che mi son prefisso di sondare con i miei studi, e questo è il campo che invito a studiare qui in Sardegna, unendo diverse sinergie che collaborando possano dare risposte concrete a quesiti ancora irrisolti circa questa civiltà.
Dottoressa Cipiciani, sto aspettando un commento al mio articolo.
RispondiEliminaMi pare che si faccia scienza suffragando o confutando una tesi, non eludendola o snobbandola.