Fig. 1 Fig. 2. I cerchietti grandi riguardano più documenti
Nel 1996, anno della nostra prima provvisoria pubblicazione sulla
ipotesi della presenza della scrittura ‘nuragica’ (1), i documenti attestanti l’assunto erano appena una decina (2). Quando fu pubblicato il nostro
‘Sardôa Grammata’ (3) i documenti
strettamente epigrafici erano 25, mentre sei anni dopo assommavano a 80. Oggi, nell’anno 2016, sono in tutto 310 con una crescita continua e, sembra,
inarrestabile (v. alla fine grafico fig. 20). Come si può notare dalle figg. 1 - 2 - 3 i
documenti sono stati trovati praticamente in tutta la Sardegna ad esclusione
della zona del Sarrabus (4), del Parteolla, di parte della Trexenta
e del Campidano di Cagliari .
Fig. 3 Fig. 4
Le zone più investite dal fenomeno sono invece la media e bassa valle del
Tirso: Barigadu, Marghine, Montiferru,
Sarcidano, Marmilla, Campidano di Oristano. In pratica l’attuale provincia
di Oristano e quello che, una volta, fu il Logu
o Regno di Arborea. Particolarmente frequenti poi sono i documenti che si
rinvengono nella penisola del Sinis. Tanto frequenti e interessanti dal punto
di vista sincronico e diacronico che si può legittimamente pensare che il focus
(5) o input della scrittura sia
stata la città emporion di Tharros oppure, cosa che oggi riteniamo
più probabile, la città templare di Monte
‘e Prama (6), la sede dei Giganti o ‘piccoli faraoni’ sardi.
I documenti provengono da:
- Siti nuragici censiti e non
- Luoghi di interesse archeologico (tombe di Giganti, pozzi sacri, villaggi nuragici, chiesette canpestri di culto cristiano).
- Campagne senza apparente interesse di natura archeologica.
e si trovano custoditi in :
- Collezioni private : es. alla fig.5
- Musei (Cagliari, Sassari, Nuoro, Oristano, Teti, Villamassargia, Cabras, ecc.). Esempi alle figg. 6 -7.
Non
custoditi in o presso:
- pozzi sacri: es. fig. 8
- ruderi di chiesette campestri: es. fig. 9
- pareti e piattaforme rocciose di mare e di monti: es. fig. 10
- pietre sparse nelle campagne: es. fig.11
- Ruderi di vecchie capanne: es. fig. 12
- Pietre di villaggi: es. fig.13
- Nuraghi: es. fig. 14
- Nelle abitazioni civili: es. fig. 15
Trascritti
o fotografati in
- bollettini archeologici: es. fig. 16
- in testi dattiloscritti (7): es. fig. 17
- in testi di studiosi di archeologia: es. fig. 18
-
Fig. 6 (Museo di Villamassargia) Fig.5 (coll. privata) Fig.8
Fig.7 (Antiquarium arborense) |
Fig.9 (Chiesetta di Tresnuraghes) |
Fig. 10 (Sala da ballo di San Giovanni del Sinis ) |
Fig. 11 (Campagna di Aidomaggiore) |
Fig.12 (Capanna pastorale. Località Perdu Pes di Paulilatino) |
Fig.13 (Blocco in arenaria usato come sedile in Zeddiani)
|
Fig. 14 (Incisione architrave del Nuraghe Aiga di Abbasanta) |
Fig.15 (Rinven. fondamenta casa privata di Terralba ) |
Fig.16 (Fiaschetta del pellegrino) |
Note e bibliografia essenziale
1) G. Atzori – G.Sanna, 1996. Omines. Dal neolitico all’età nuragica,
Castello ed. Quartu S.Elena (Ca),
2) Tra questi gli ormai noti minuscoli sigilli cerimoniali di Tzricotu di Cabras, veri e propri gioielli dell’arte scribale dei nuragici (e dell’arte della sfragistica di tutti i tempi) alla fine dell’età del bronzo finale. Dopo il rinvenimento dei resti di lavorazione dei calchi (numerosi calchi per ottenere un ‘prodotto’ passabile), effettuati nel suo laboratorio, dall’odontotecnico Giovanni (noto Ninni) Blumenthal di Oristano, non rimane più alcun dubbio che i reperti (sigilli o tavolette di bronzo) A3, A4, A 5 sono stati ( così come lo ‘specimen’ (A1), autentico e in possesso della Sovrintendenza di Cagliari) realizzati dal suddetto tecnico. Il calco del sigillo A1 (che si trova, come si sa, fotografato e pubblicato più volte) è stato effettuato con le stesse precise modalità degli altri tre. La novità semmai sta nel fatto che ‘voci’ insistenti dicono che in Tzricotu non furono trovati solo quattro sigilli ma molti di più. Essendo i quattro documenti con schema di base identico ciò porta a sostenere (ma non solo per questo) , ancora con maggior vigore, la nostra ipotesi (Sardôa Grammata, 2004), che essi fossero, come detto sopra, dei sigilli cerimoniali, così come le statue di Monte ‘e Prama; siano cioè i sigilli realizzati ‘post mortem’ per ciascuno dei piccoli Faraoni sardi GGHLOY (Giganti) per presentarsi ‘autenticamente’, in qualità cioè di eletti e di divini, al cospetto del loro padre Dio.
3) Sanna G., 2004, Sardôa grammata, ‘ag ‘ab sa’an YHWH. Il dio unico del popolo nuragico, S’Alvure ed. Oristano
4) Naturalmente ciò sorprende e non poco. Ma si tenga presente che le ricerche e le scoperte epigrafiche sono di breve periodo, praticamente di solo due decenni e pertanto i dati restano necessariamente ancora provvisori, suscettibili di variazioni, anche notevoli, soprattutto per quanto riguarda delle zone come il cagliaritano e il Sarrabus che, dal punto di vista archeologico, mostrano – com’è noto - la forte presenza della civiltà nuragica. Si pensi solo all’esistenza di fonti o pozzi sacri come quello di Is Pirois di Villaputzu o a complessi nuragici come quello di Asoro nei pressi di San Vito. Già essi di per sé costituisco documenti e ‘scrittura’ e quindi tendono a confermare la presenza di quella scrittura che si è propensi, per ingenuo impressionismo e per il velo della banale astorica attualizzazione, a ritenere l’unica esistente.
5) Gli scavi sulla collina sono attualmente in corso e nutriamo fiducia non solo su ritrovamenti di singoli documenti sparsi qui e là, ma anche sulla scoperta di un vero e proprio archivio e conseguentemente di una attrezzata sede o scuola scribale. L’uso del mix (necessario per il rebus o ambiguità dello scritto), di antichissima ispirazione protocananaica, imponeva alla scuola la conoscenza di tutti i codici di scrittura, anche nelle loro varianti tipologiche. I repertori dovevano essere numerosi e forse essi non riguardavano una sola località scribale. Se, ad esempio, come sembra, i geroglifici rinvenuti nelle scogliere del Sinis, gli scarabei scoperti in siti costieri ma anche interni (si pensi a S’Arcu ‘e is Forros di Villagarnde Strisaili) sono, come sembra ormai certo , di fattura indigena, ciò vuol significare che gli exempla da cui attingere stavano da qualche parte. Diremo di più. La presenza certa dei cunei ugaritici deve aver indotto ovviamente le scuole scribali sarde a dotarsi di non pochi repertori del codice, forse non solo trascritti su pelle o altro materiale deperibile ma su ‘tavolette’ vere e proprie in argilla. L’incisione chiara ma grezza dei cunei ugaritici nel noto frammento fittile di Sa Serra ‘e sa Fruca di Mogoro (notati, come è ormai noto da tempo, dall’orientalista prof. Pettinato) non ci soddisfa a motivo del supporto impiegato e della loro approssimativa realizzazione . Né ci soddisfano i precedenti (XII -_XI secolo a.C.) cunei, al contrario sofisticatissimi, incisi in tutte le tavolette bronzee di Tzricotu di Cabras. Se imitazione di quella scrittura ci fu essa dovette riguardare anche una certa produzione di imitazione ‘orientale’ (sia pure in mix) su argilla dove vennero impressi i cunei con l’apposito stilo. La stessa argilla purissima, presente in molti giacimenti dell’Oristanese, è difficile che non abbia stimolato gli scribi tharrensi o di Monte ‘e Prama a sperimentare un prodotto che, tra l’altro, come dimostrano le tavolette di Ugarit, era molto usato nella letteratura sacra cultuale (v. M. Baldacci, 1998, Il libro dei morti della antica città di Ugarit. Le più antiche testimonianze dell’Aldilà prima della Bibbia, Piemme ed. Casale Monferrato).
6) Su questa ‘città’ oggi si discute molto. Alcuni degli archeologi tendono a negare oppure a ridimensionare i rilievi scientifici fatti con il georadar dal Professor G. Ranieri dell’Università di Cagliari (si veda C. Zoccheddu (in La Nuova Sardegna del 4 giugno 2015): Monte ‘e Prama. Il georadar svela la città dei Giganti). I dati ‘oggettivi’ però sono e restano impressionanti. Ettari ed ettari di terreno sembrano mostrare l’esistenza di una vera e propria città santuario non lontana dalla necropoli nella quale si trovano inumati i cosiddetti ‘Giganti’. Su detta città le fonti storiche tacciono tutte ma forse oggi siamo in presenza di un documento rinvenuto nei pressi di Monte ‘e Prama in scrittura tarda nuragica (e quindi sempre in mix) che di essa città ci suggerisce indirettamente il nome. Ne parleremo a suo tempo.
2) Tra questi gli ormai noti minuscoli sigilli cerimoniali di Tzricotu di Cabras, veri e propri gioielli dell’arte scribale dei nuragici (e dell’arte della sfragistica di tutti i tempi) alla fine dell’età del bronzo finale. Dopo il rinvenimento dei resti di lavorazione dei calchi (numerosi calchi per ottenere un ‘prodotto’ passabile), effettuati nel suo laboratorio, dall’odontotecnico Giovanni (noto Ninni) Blumenthal di Oristano, non rimane più alcun dubbio che i reperti (sigilli o tavolette di bronzo) A3, A4, A 5 sono stati ( così come lo ‘specimen’ (A1), autentico e in possesso della Sovrintendenza di Cagliari) realizzati dal suddetto tecnico. Il calco del sigillo A1 (che si trova, come si sa, fotografato e pubblicato più volte) è stato effettuato con le stesse precise modalità degli altri tre. La novità semmai sta nel fatto che ‘voci’ insistenti dicono che in Tzricotu non furono trovati solo quattro sigilli ma molti di più. Essendo i quattro documenti con schema di base identico ciò porta a sostenere (ma non solo per questo) , ancora con maggior vigore, la nostra ipotesi (Sardôa Grammata, 2004), che essi fossero, come detto sopra, dei sigilli cerimoniali, così come le statue di Monte ‘e Prama; siano cioè i sigilli realizzati ‘post mortem’ per ciascuno dei piccoli Faraoni sardi GGHLOY (Giganti) per presentarsi ‘autenticamente’, in qualità cioè di eletti e di divini, al cospetto del loro padre Dio.
3) Sanna G., 2004, Sardôa grammata, ‘ag ‘ab sa’an YHWH. Il dio unico del popolo nuragico, S’Alvure ed. Oristano
4) Naturalmente ciò sorprende e non poco. Ma si tenga presente che le ricerche e le scoperte epigrafiche sono di breve periodo, praticamente di solo due decenni e pertanto i dati restano necessariamente ancora provvisori, suscettibili di variazioni, anche notevoli, soprattutto per quanto riguarda delle zone come il cagliaritano e il Sarrabus che, dal punto di vista archeologico, mostrano – com’è noto - la forte presenza della civiltà nuragica. Si pensi solo all’esistenza di fonti o pozzi sacri come quello di Is Pirois di Villaputzu o a complessi nuragici come quello di Asoro nei pressi di San Vito. Già essi di per sé costituisco documenti e ‘scrittura’ e quindi tendono a confermare la presenza di quella scrittura che si è propensi, per ingenuo impressionismo e per il velo della banale astorica attualizzazione, a ritenere l’unica esistente.
5) Gli scavi sulla collina sono attualmente in corso e nutriamo fiducia non solo su ritrovamenti di singoli documenti sparsi qui e là, ma anche sulla scoperta di un vero e proprio archivio e conseguentemente di una attrezzata sede o scuola scribale. L’uso del mix (necessario per il rebus o ambiguità dello scritto), di antichissima ispirazione protocananaica, imponeva alla scuola la conoscenza di tutti i codici di scrittura, anche nelle loro varianti tipologiche. I repertori dovevano essere numerosi e forse essi non riguardavano una sola località scribale. Se, ad esempio, come sembra, i geroglifici rinvenuti nelle scogliere del Sinis, gli scarabei scoperti in siti costieri ma anche interni (si pensi a S’Arcu ‘e is Forros di Villagarnde Strisaili) sono, come sembra ormai certo , di fattura indigena, ciò vuol significare che gli exempla da cui attingere stavano da qualche parte. Diremo di più. La presenza certa dei cunei ugaritici deve aver indotto ovviamente le scuole scribali sarde a dotarsi di non pochi repertori del codice, forse non solo trascritti su pelle o altro materiale deperibile ma su ‘tavolette’ vere e proprie in argilla. L’incisione chiara ma grezza dei cunei ugaritici nel noto frammento fittile di Sa Serra ‘e sa Fruca di Mogoro (notati, come è ormai noto da tempo, dall’orientalista prof. Pettinato) non ci soddisfa a motivo del supporto impiegato e della loro approssimativa realizzazione . Né ci soddisfano i precedenti (XII -_XI secolo a.C.) cunei, al contrario sofisticatissimi, incisi in tutte le tavolette bronzee di Tzricotu di Cabras. Se imitazione di quella scrittura ci fu essa dovette riguardare anche una certa produzione di imitazione ‘orientale’ (sia pure in mix) su argilla dove vennero impressi i cunei con l’apposito stilo. La stessa argilla purissima, presente in molti giacimenti dell’Oristanese, è difficile che non abbia stimolato gli scribi tharrensi o di Monte ‘e Prama a sperimentare un prodotto che, tra l’altro, come dimostrano le tavolette di Ugarit, era molto usato nella letteratura sacra cultuale (v. M. Baldacci, 1998, Il libro dei morti della antica città di Ugarit. Le più antiche testimonianze dell’Aldilà prima della Bibbia, Piemme ed. Casale Monferrato).
6) Su questa ‘città’ oggi si discute molto. Alcuni degli archeologi tendono a negare oppure a ridimensionare i rilievi scientifici fatti con il georadar dal Professor G. Ranieri dell’Università di Cagliari (si veda C. Zoccheddu (in La Nuova Sardegna del 4 giugno 2015): Monte ‘e Prama. Il georadar svela la città dei Giganti). I dati ‘oggettivi’ però sono e restano impressionanti. Ettari ed ettari di terreno sembrano mostrare l’esistenza di una vera e propria città santuario non lontana dalla necropoli nella quale si trovano inumati i cosiddetti ‘Giganti’. Su detta città le fonti storiche tacciono tutte ma forse oggi siamo in presenza di un documento rinvenuto nei pressi di Monte ‘e Prama in scrittura tarda nuragica (e quindi sempre in mix) che di essa città ci suggerisce indirettamente il nome. Ne parleremo a suo tempo.
Utile, anzi più che necessaria questa nota riepilogativa dei documenti nuragici scritti sino a ora censiti.
RispondiEliminaE che siano scritti, e che siano nuragici, nessuno ormai dubita più, così per lo spillone di Antas, così per la brocca di S'Arcu de is forros: sempre vigente il diktat "I Nuragici non conoscevano la scrittura", nell'impossibilità di trovarvi impronte digitali fenicio-puniche, a is Canis Mannus della nostra Accademia non è rimasto altro che annusare in giro per trovare i colpevoli, fossero pure Euboidi in gita scolastica o Filistei superstiti, mentre is cazzeddus guaiscono in coro.
In qualche caso, però, l'intuizione fulmina ogni dubbio perché può concretizzarsi l'idea che antigus nostus abbiano giocato al gioco della scimmia, linea curva-linea dritta-linea obliqua, così che i tratti vengono fuori per caso, come nel sigillo del nuraghe Palmavera.
Infinite sono le risorse e i meriti dei nostri professionisti!
Speriamo che non valga l'antico detto secondo cui il merito dei padri lo debbano pagare i figli, come il sangue dell'innocente ricada in eterno sul popolo tutto .
Si pensi se, appena approdato nell'altro mondo, cercassi di presentarti come un vero sardo, ti salta su un eubeo e ti sputtana per aver dato le colpe di un qualche pasticcio di scrittura a un suo avo, mentre tutti sapevano che l'avesse vergata il nonno del nonno di mio nonno. Aiaiu becciu, insomma.
Certi peccati pare che neppure un Anno Santo di Misericordia riesca a scolorirli, poveri noi.
Ahahahahaha!!Perou podindi essi canisi de tartufu!!
RispondiEliminaIn quella cartina manca il Guilcier......Gigi sono offeso.....
RispondiEliminaIn effetti,mancano anche altre regioni geografiche "specifiche",inglobate in macroaree.Ma credo non sia il caso(atteniamoci all'argomento specifico del post)di "drammatizzare".
EliminaChiedo gentilmente che cos'è la figura n 5 è quanto è grande.
RispondiEliminaQuant'è piccola vorrai dire. Diciamo all'incirca tre x tre. Non ricordo perfettamente le misure.
RispondiEliminaLa carta sottostante è centimetrata, perciò viene facile constatarne la misura.
EliminaE' un ciondolo apotropaico con scritto per tre volte, in modo diverso, il nome di yhh
RispondiEliminaAveva l'aspetto di un'ancora nuragica,se non fosse per le dimensioni.Grazie
RispondiEliminala figura 17 è copia di un documento di famiglia che si trova nel nostro archivio privato. non abbiamo mai autorizzato la pubblicazione del documento. abbiamo permesso di vederlo-studiarlo. ne è stata fatta copia senza la nostra autorizzazione. siamo discendenti diretti di pietro lutzu. mio bisnonno. gradiremmo chiarimenti. potete contattarci arte_misia@msn.com
RispondiEliminaIn attesa di contattare il Prof. Gigi Sanna, l’immagine di Fig. 17 sarà momentaneamente rimossa.
EliminaEcco, questo punto merita una sottolineatura. Finalmente balena un motivo per cui ancora non ha trovato adeguato risalto il ruolo delle osservazioni sulla scrittura nuragica raccolte dal Maestro Pietro Lutzu di Cuglieri (1859 - 1935) e restituite alle cronache (era il Natale 2014?) sul blog Monte Prama da Gigi Sanna; cronache che al tempo non dovevano essere ancora giunte all’attenzione degli eredi, perché foto di quel suo dattiloscritto furono pubblicate già allora. Quindi ora sappiamo che ci sono degli eredi e che fanno presenti, lecitamente (immagino), i loro diritti: speriamo abbiano capito bene che l’opera del bisnonno, cui il Prof. Sanna continua a riconoscere da che ne è venuto a conoscenza una primogenitura rispetto ai suoi studi, sarebbe fondamentale venisse non solo conservata ma anche conosciuta e divulgata. Qui si era parlato da tempo di un convegno apposito per presentarla più degnamente, ora appunto capisco quali motivi potevano già ostare. La mail fornita dagli eredi (mi astengo dall’usarla per non creare confusione; altri, confido, l’avranno fatto) rimanda a un sito/blog che ispira fiducia e simpatia, per cui spero che nel rispetto di tutti e di tutto l’opera del Maestro Lutzu, come lui certamente avrebbe voluto, possa non tardare più molto a essere compiutamente diffusa. Se poi quanti hanno preso contatti con gli eredi (quando non gli eredi stessi) volessero aggiornarci sugli sviluppi, compatibilmente con tutte le valutazioni di opportunità del caso, saremmo grati (potremmo pensare che gli eredi aspirino a una pubblicazione sotto egide più ufficiali, accademiche; potremmo pensare che questa via, legittimamente preferibile, incontri fin qui qualche intoppo; ma tutto questo pensare ci metterebbe sulla china delle solite dietrologie, per cui ci fermiamo senz’altro).
RispondiEliminaIspirati all’Ecclesiaste, dunque (fatto, o scritto, quel che sembrava d’uopo), aspettiamo che arrivi il tempo per ogni cosa.