La rubrica di Maymoni

Informazioni e invio articoli

lunedì 11 luglio 2016

Il pozzo di Santo Stefano

   Il pozzo sacro di epoca nuragica si trova nell’abitato di Irgoli, nel rione Santo Stefano. Fu scavato in emergenza in seguito al ritrovamento fortuito e una volta studiato fu interrato nuovamente, tanto che oggi nessuna emergenza archeologica è visibile.

   Fortunatamente è stato pubblicato in “FastiOnlineDocuments&Research”[1] all’interno di un articolo che nulla fa presagire dell’interessante monumento; tant’è che questo s’intitola “Fenici lungo la costa orientale sarda. Nuove acquisizioni.” A firma di Antonio Sanciu.
   A pagina 8 è stata pubblicata la fotografia d’insieme del sito archeologico (tra l’altro molto circoscritto), con scarna didascalia e altrettanto scarna descrizione.
   Un ingrandimento dell’immagine, rende giustizia alla peculiarità del pozzo, composto da 7 conci di forma rettangolare, con alternati 7 conci di forma trapezoidale a formare un cerchio con foro centrale. Foro centrale che reca una cordolatura che a parer mio è molto significativa, ma lo vedremo nel momento della decifrazione. Eh già, perché quella ghiera è scritta!

   La mente va immediatamente al focolare che fu trovato all’interno del nuraghe Funtana di Ittireddu, studiato e interpretato dal Prof. Sanna che, benché di funzione differente, assomiglia per forma e contenuti alla ghiera del nostro pozzo, con qualche variante naturalmente, ma queste rientrano nella norma della scrittura nuragica.

   Continuando nella descrizione del manufatto: la mia attenzione è stata catturata anche da due coppelle ricavate in due conci di forma rettangolare diametralmente opposti rispetto al centro della ghiera.[3]


Per tanto mettendo in ordine tutti i dati abbiamo:
-         La ghiera a forma di disco, che come nel focolare del nuraghe Funtana hanno il significato pittografico di luce ossia nr.
-         La ghiera è formata da 7 conci di forma rettangolare. Il rettangolo oppure il quadrato hanno il significato di forza, dettato dal significato numerale dei quattro lati della figura.
-                I conci rettangolari presi singolarmente recano su un lato quella che è la cordolatura dell’orifizio del pozzo che, non vorremmo sbagliare, potrebbe essere interpretato quale grafema he nella sua forma di tratto rettilineo o leggermente curvo (come ben attestato nel repertorio dei grafemi di tipologia nuragica).
-         Alternati ai conci rettangolari sono posizionati 7 conci di forma trapezoidale che ricordano la protome taurina, proprio come nel focolare del nuraghe Funtana, che evidentemente restituiscono la voce ’ak.
-         Le due coppelle, di forma rotonda, in reciproca posizione diametralmente opposta rispetto alla bocca del pozzo, potrebbero avere il valore di "doppio", "androgino".

   In ragione di quanto estrapolato dal manufatto possiamo leggere la seguente formula religiosa dettata dal valore traslato delle figure geometriche e dalla reiterazione degli elementi presi in considerazione:



   nr         ’ak      7

luce (del) toro santo

  ‛oz          2           7
forza androgina santa

             he    7
(di)[4] lui santo.

   A questo punto l’articolo potrebbe concludersi qui, però ancora qualcosa si può dire di questo pozzo; argomentazione simile a quella del pozzo sacro di Sant’Anastasia di Sardara.[5]
   La cittadina di Ìrgoli sorge sui resti di un antico villaggio chiamato "Santo Stefano" che nacque attorno ad un nuraghe. In periodo medioevale il paese si chiamava Santo Stefano di Ligori.
   Nel paese sono presenti numerose chiese, tra queste vi è quella dedicata a Santa Brigida di età medioevale che presenta molte caratteristiche dello stile bizantino, mentre nella chiesa di San Michele Arcangelo è affrescata una croce bizantina. Quest'ultima, risalente al 1200, fu realizzata sulle rovine di una tomba di giganti, della quale fu utilizzata, quale altare, una lastra absidale, mentre un betilo fu usato quale acquasantiera[6].
   Tutto lascia presagire che a Ìrgoli siano arrivari i Bizantini e con essi la lingua.
   Di certo non possiamo associare in modo stretto e circostanziato il nome di Santo Stefano al pozzo, così come lo si può fare con maggior sicurezza per il pozzo di Sant'Anastasia, che di fatto è ubicato ai piedi della chiesa a quella santa dedicata, in un connubio tra significato e significante. Nel caso del pozzo di Santo Stefano manca (oppure è stata demolito) uno degli elementi che fisicamente determinano questo connubio, ossia il luogo di culto dedicato al santo cattolico. In ogni caso il toponimo lascia adito al pensare che un nesso stringente ci sia tra il significato del toponimo stesso e la particolare conformazione del pozzo sacro.
   Ho cercato di capire cosa significhi il nome Stefano attribuito al nostro pozzo, assieme all’appellativo di santo. Ebbene Stefano significa "incoronato" ossia "cinto di corona", deriva dal sostantivo greco stéphanos, 'corona', che per la sua forma circolare aveva il significato religioso di perfezione della natura divina. Nell'antica Grecia lo stephanéforos, 'colui che porta la corona', era il sacerdote intermediario tra gli uomini e gli dei, addetto al culto delle divinità e 'portatore di regalità'[7].
   
   Sarà mera coincidenza che il pozzo sia ubicato in un rione il cui nome e dedicato a quel santo? Che la ghiera sia una  “corona” e che nella corona ci sia scritto “santo”?





[3] Nella nota storico culturale della relazione archeologica allegata al Piano Urbanistico Comunale di Irgoli si legge "Quest'area in passato aveva riportato alla luce  rinvenimenti di oggetti in bronzo e matrici di fusione. In seguito l'abitato moderno ha portato alla distruzione dell'insediamento nuragico, da cui provengono materiali bronzei e ceramici, fra cui una pintadera fittile. Uno scavo condotto dalla Soprintendenza ai beni archeologici di Sassari e Nuoro durante i lavori per la costruzione di una condotta ha portato alla luce diversi pozzi inseriti fra gli ambienti abitativi nuragici, uno dei quali (il pozzo di Santo Stefano ndr) aveva una ghiera di lastre in trachite ben lavorata con delle piccole conche, funzionali a mantenere in equilibrio i contenitori usati, con l'aiuto di funi per attingere l'acqua. Nella trincea di scavo sono state trovate anche olle e ciotole carenate, databili alla fine dell'età del Bronzo. Recentemente è stato effettuato un nuovo scavo d'emergenza da parte della Soprintendenza ai beni archeologici di Sassari e Nuoro e in seguito l'area è stata ricoperta".
   Mi viene difficile pensare che quelle concavità servissero ad accogliere dei recipienti che non potevano stare in piedi da soli. Che motivo poteva esserci per realizzare dei contenitori di così incerto equilibrio e scomodo utilizzo pratico? Di certo abbiamo l'esempio dell'anfora romana da trasporto navale, che non stava in piedi da sola, a motivo del metodico stipamento in stiva. Forma questa, dettata appunto da un ben preciso motivo pratico.

[4] La preposizione (di) è suggerita dall'agglutinamento del "rettangolo" con la barretta curva "he". Si ritiene che il fenomeno dell'agglutinamento abbia un ben preciso significato grammaticale.

[5] http://www.fupress.net/index.php/ra/article/view/17954

[6] http://chiesedisardegna.weebly.com/irgoli.html

 [7] http://www.paginainizio.com/nomi/nomi.php?id=Nomi%5BS%5D-63

3 commenti:

  1. Non capirò mai l'ignoranza dei nostri regnanti.......

    RispondiElimina
  2. Velocemente (mi scuserai). Penso che sia come tu interpreti. L'iterazione logografica del sette è chiara e non ammette alcun dubbio. L'unica perplessità è quel 'due' comunque da te individuato come segno fonetico. Io sono del parere che lo scriba sia stato molto più malizioso ed ermetico. Forse c'è scritto 'AB per via acrofonica. Se noti i due fori sono posti 'uno da una parte e uno dall'altra' (non sono vicini). In Es, 17, 12 detta espressione 'uno ...uno' è introdotta da 'ay ...'ay. Il doppio o due sarebbe la lettera B (frequentemente notata da due fori pervi e non). NR allora dovrebbe andare con 'ab: NER'ABA. Sequenza attestata, come sai, più volte in nuragico ed esistente nella toponomastica. Comunque, caro Sandro, il punto non è l'interpretazione esatta di quella 'scritta': è aver capito da diversi aspetti 'sicuri' (ormai sicuri) che essa è scritta e non meramente decorativa. Proprio come il manufatto di Nuraghe Funtana. Col tempo, attraverso la lettura di più documenti e di scritte monumentali si potranno avere - ne sono convinto - più certezze. E forse si sorriderà dei primi maldestri tentativi nel cercare di aver ragione di testi ambigui e a rebus. Ripeto: è solo questione di tempo e di fortuna.

    RispondiElimina
  3. Professore, ero molto titubante su quelle due coppelle, tanto che all’inizio non volevo proprio interpretarle. Mi sono comunque lanciato nel dare loro una spiegazione.
    Mi piace il riferimento al versetto Es. 17,12 anche dal punto di vista dell’immagine descritta da quel versetto: Mosè al centro con Aaronne da una parte e Hur dall’altra a tenergli su le braccia.
    Certo è che quelle due coppelle possono avere solo carattere cultuale e non, come viene spiegato banalmente nel testo riportato in nota [3], ad uso prettamente utilitaristico. Bastava un semplice sguardo verso tutte le coppelle disseminate nel territorio isolano, a partire dal neolitico, per giustificare in modo più pertinente quelle concavità.

    RispondiElimina