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giovedì 30 marzo 2017

Stiglitz Alfonso: il monoteismo? ‘Non possiamo parlarne per la Sardegna. Assolutamente!’ Davvero davvero? Parlare in pubblico a ruota libera, si sa, comporta delle serie responsabilità e spesso, se si esagera con le bugie, fa pagare dazio.

 di Gigi Sanna 

                                                 Fig.1 Coccio del Nuraghe Alvu di Pozzomaggiore
Tutti sanno cos’è la ‘piccineria’. Ma bisogna anche sapere che c’è la piccineria piccola, umanamente tollerabile, e quella grande, anche immensa. La piccola fa fare spallucce ma l’altra no: fa indignare. E di brutto. 

Siamo in una conferenza dove si parla a ruota libera di šrdn. Sherden (fa più figo dire con le ‘e’ scientifiche) sì e sherden (il minuscolo è intenzionale) no. Tante parole in libertà, sensazioni e impressioni a nastro, filologia pochissima. Cosa che accade (è doveroso sottolinearlo) sempre di più in certe conferenze. Ma una cosa chiara Alfonso Stiglitz la dice. Che gli šrdn non erano i sardi. Lo sostiene dal secolo scorso e nega, nega, nega, come un disco rotto, ad ogni occasione ed in ogni cantone: ‘nessuna prova. Non esiste nulla che lo possa dare come dato scientifico’. Davvero davvero? Non sarà una cocciuta sparata? Un continuo negare l’evidenza? Un suo ‘a priori’ fossilizzatosi con l’andar del tempo?  Sarà un caso ma la voce šrdn  che è frequente, come si sa, per quasi cinque secoli in Egitto e in Siria Palestina, cioè in Oriente, in Occidente non lo è. Essa stranamente non è documentata in nessuna parte, tranne che in Sardegna, dove si dà il caso che la parola  compaia in documenti squisitamente nuragici per ben sette volte.  Guarda un po’ la combinazione! Altrove, in paesi lontani lontani,  di šrdn si dice e si scrive e qui di šrdn si parla e si scrive. (Si veda la fig.1 e qui appresso la fig. 2.)



fig.2. Ciondolo di Allai con la scritta 'ab shardan
L’incipit della scritta del coccio del Nuraghe Alvu, rinvenuto durante un regolare  scavo dagli stessi archeologi, riporta evidente la parola ‘SHRDN’. Le lettere sono tutte molto chiare, indiscutibili, tranne la N finale che risulta spezzata a metà. Certo, se il segno iniziale ad ‘M’ lo si scambia per una M latina e non si capisce che essa è una ‘shin’ (per altro lettera assai comune e non solo nel nuragico)  il risultato non può che essere una parola vietata in epigrafia ai minori di 18 anni. E se non si sa leggere tutto il resto ( cioè ci si rende conto della presenza della divinità)  non si capisce neppure perché la voce ‘signore giudice’ (šrdn) apra la scritta. Così dunque legge l’incipit e non legge il resto, il nostro Stiglitz. E’ incredibile, perché la lettura è roba da scuole elementari, da epigrafia da bignamino. Ma così è. Pertanto crediamo che proprio lui fosse il meno indicato a parlare pubblicamente e scientificamente, data (anche) quella sonora stupidaggine, su šrdn sì e šrdn no. Se non si vede il dato  epigrafico - linguistico nonché storico  neppure se lo si ha sotto il naso, figuriamoci quando lo si osserva a migliaia di chilometri di distanza.    

 Ora, tutti sappiamo che, in genere, si apprende assai dagli errori, soprattutto se sono catastrofici. Questi, di norma, fanno diventare più prudenti e maturi. Invece, si disquisisce imperterriti su questo e su quello e si pontifica, come se nulla fosse accaduto, quasi si fosse ‘maestri’ sull’argomento. Ma lasciando ad altra occasione (spero presto) il parlare per dati scientifici e per documenti  e non per grossolane deduzioni ed elucubrazioni su elmi e pantofole dei šrdn, veniamo a quello che più ci preme dire. Veniamo al punto.

    In fondo in fondo, sbagliare non scandalizza più di tanto.  Giovanni Lilliu, poco prima della sua dipartita, in una nota intervista del giornalista Mameli sull’Unione Sarda, ammoniva  ed esortava alla prudenza, al massimo della prudenza,  gli studiosi troppo sicuri di sé che pensano di non sbagliare. Perché - diceva - nella scienza è difficile parlare di ‘verità in tasca’, soprattutto se si ha a che fare con la disciplina archeologica.  L’errare è dietro l’angolo per tutti. Quindi ‘umano’ lo è anche per Stiglitz, per quanto comico e poco tollerabile in uno studioso possa essere stato quel ‘particolare’  scivolone.

    Ma se sbagliare su un dato epigrafico non è la fine del mondo, soprattutto se si è in buona fede, quello che invece è del tutto intollerabile è il negare categoricamente un dato (per di più importante e quasi ‘cruciale’) della discussione ‘scientifica’ quando si sa (e bene) che esiste. Anche per 'letteratura' non recente ma storica. L’interlocutore di Alfonso Stiglitz nel suo esame dei dati culturali riscontrabili nella cospicua  ‘letteratura’ riguardante gli šrdn, ha maturato, per forti indizi, il sospetto che questi  fossero monoteisti e non politeisti come gli egiziani. E’ naturale allora che il Cavillier (questo è il nome dello studioso) cercasse di sapere, durante la pubblica discussione, se in Sardegna c’era qualcuno che potesse informarlo e fornirgli lumi sul detto monoteismo. Ma la ‘scienza’, purtroppo, si è fermata lì, perché gli è stato detto, perentoriamente (e prontamente), che per quanto riguarda la ‘religio’ in Sardegna non se ne può parlare. Incredibile! Ma non è la negazione che è intollerabile; è l’avverbio ‘assolutamente’ che l’ha  accompagnata che indigna. E come no? La ‘verità’ scientifica dice davvero  ‘assolutamente’? Grida proprio così? Sicuro, sicuro?

    Ora, ci rendiamo conto che le antipatie e le polemiche possano anche ‘contare’, in maniera disumana, nella ricerca scientifica; possiamo capire che questa per i ‘veleni’ non di rado si ingaglioffi a tal punto da voler sempre, minuto dopo minuto, annichilire il chi ‘non la pensa come te’; ma non comprendiamo il comportamento di colui che tenta di annullare anche chi, per l’enorme distanza temporale, non c’entra nulla con le diatribe e le meschinità dell’oggi. Infatti,  si dà il caso che già da un secolo (mica un mese o un giorno!) Raffaele Pettazzoni ha parlato (e tutti lo sanno) di una divinità adorata dai sardi; di una divinità unica ‘gelosa’ che non vuole ‘altri dei d’accanto’ come quella israelitica e cioè YHWH (proprio così, si parla in modo specifico del biblico yhwh). Diciamo Raffaele Pettazzoni, uno studioso di grido da sempre,  letto da sempre e consultato da sempre, non certo un pellegrino nel mondo degli studi.

   Un ricercatore che si rispetti non nasconde mai i dati e nega certe informazioni ai colleghi soprattutto quando essi hanno bisogno di riscontri documentari o di studio per continuare in un certo percorso di indagine. Perché dunque non parlare di Pettazzoni (fig. 3), almeno di Pettazzoni, se proprio si detesta e non si vuol citare uno tremendamente antipatico che parla ugualmente e reiteratamente di monoteismo e addirittura dello stesso dio (v. figg.3 e 4), da almeno 15 anni? Come si chiama questo comportamento? Non lo si chiama forse piccineria? Enorme piccineria, incredibile piccineria! Chi è che di fronte ad essa può restare indifferente? Come si fa a non indignarsi e a non protestare? E anche di brutto?  



     
 fig. 3                                         fig.4 Particolare della copertina di SARDOA GRAMMATA ((2004)

    

14 commenti:

  1. Questo commento è un non commento, non perché non voglia commentare, ma perché ogni commento è superfluo.
    Infatti non aggiungo, affianco rafforzo, chiarisco, distinguo proprio nulla a quello che hai scritto.
    E se ci fosse un errore ortografico che mi è sfuggito, sottoscrivo anche quello.
    Oggi è così.

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  2. Per me tutta la conferenza è stata di livello abbastanza basso e non credo alla buona fede delle domande, come non credo a quella delle risposte. Ma c'era un dato, forse il più originale di tutti, che emergeva dai documenti egizi: il monoteismo degli Shardana che stavano in Egitto; che corrisponde a quello che emerge per i nuragici dai documenti sardi e a quello che scriveva Pettazzoni oltre un secolo fa. E per l'epoca il monoteismo non era certo banale. Il dato, la "coincidenza", è stato liquidato come irrilevante: e così è.
    La domanda che qualcuno dal pubblico ha fatto su Monte Prama è stata infine liquidata balbettando di scudi quadrangolari "orientali" (sic!) e sull'assenza della barba a Monte Prama. Mentre invece qualche somiglianza formale tra le statue menhir corse e la corazza degli Sherden d'Egitto, è stata illustrata con un entusiasmo invidiabile.
    Tramontato per Monte Prama il modello fenicio, l'unico richiamo esterno per la statuaria antropomorfa rimarrebbe l'Egitto (noooo, che schifo!). Allora adesso si sta verificando un fenomeno comicissimo, per me è da Zelig: chi proclamava prima che Monte Prama andava visto sotto l'ottica del maestro levantino o come interazione dialettica con i fenici, adesso si scopre nuragomane; Monte Prama è tutto e solo nuragico, nessuna influenza esterna (ma quando mai?!): l'unica influenza esterna è rimasta l'Egitto e quella come sappiamo non è neppure pensabile, tantomeno accettabile. Quindi la nuova moda primavera-estate è proclamare a gran voce che i fenici a Monte prama non c'entrano nulla, che Monte Prama è esclusivamente espressione e naturale evoluzione del nuragico e che seppellire i morti seduti con la schiena su è assolutamente uguale a seppellirli coricati in posizione fetale.
    E se tu pensi a Pettazzoni vuol dire che non sei up-to-date, non sei moderno, vai ancora in giro con le idee che sanno di naftalina e la fascia da hippy nei capelli. Sai la cosa più comica? mi hanno accusato di propagare l'idea che Monte Prama non sia un sito nuragico, ma egizio! mi sembra di parlare cinese: adesso passo per "antinuragica".

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    1. Dopo la conferenza è comparso un riassunto, messo a punto da una associazione che sta diventando rapidamente la portavoce sui social di queste conferenze divulgative fatte da archeologi. Riassunto salutato con entusiasmo dagli esperti di settore. Si legge che gli Shardana " vivevano nel villaggio di Fayyum" (villaggio! il Fayyum, XXI "nome" dell'antico Egitto adesso diventa un villaggio!) e che "Inizialmente furono rinchiusi in una fortezza e educati da una nobildonna egiziana". Per fortuna che degli Shardana si sa poco o nulla, manca solo il libretto delle giustificazioni per ricostruire la loro carriera scolastica, e il nome della maestrina. Ma delle robe.

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    2. Buonasera sono Marco Esposito, presidente di Mare Calmo. Mi dispiace deluderla ma la nostra associazione non ha mai voluto essere portavoce di alcuna conferenza o gruppo di archeologi. Semplicemente ci occupiamo di divulgazione scientifica, in maniera indipendente, e non abbiamo alcun rapporto con gli esperti del settore se non l'interesse per le loro ricerche. Fayyum è stato citato da uno studioso, sulla base delle sue ricerche documentali, non da noi. Nel nostro articolo non appare mai la frase "degli Shardana si sa poco o nulla", anzi nelle prime righe compare "La letteratura scientifica in merito è abbondante e comprende 150 anni di studi delle fonti scritte e pittoriche, scavi e ricerche". La preghiamo dunque di non diffondere informazioni scorrette riguardo alla nostra identità e al nostro operato. Grazie.

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    3. Buonasera,
      non ho mai detto che voi abbiate scritto che degli Shardana si sa poco o nulla, non è virgolettato come vede: quello è solo il ritornello che viene ripetuto da tutti gli studiosi.

      Fayyum è stato citato, logicamente, da Cavillier, ma non certo come villaggio.

      Sì, immagino che non siate ufficialmente portavoce di alcun archeologo, ma poichè ho visto che le vostre note sono state condivise da loro e complimentate, e poichè ho notato diverse inesattezze (come quella del fayyum e della fortezza con la nobildonna insegnate) -il fatto che queste inesattezze vengano condivise da specialisti del settore equivale ad avvallarle: e questo non è corretto verso le persone cui si rivolge la divulgazione, che non hanno sempre la possibilità di controllare la bibliografia.

      saluti

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    4. Troviamo totalmente fuoriluogo quello che chiama "il ritornello" visto che non si tratta della posizione espressa dagli studiosi durante l'evento in questione. Se ha notato delle inesattezze, che ora verificheremo, avrebbe potuto segnalarcelo con un messaggio privato o un commento su Facebook. Siamo sempre disponibili a correggere i nostri articoli nel caso di errori o eccessive semplificazioni. Non ci sembra che sia questo né il luogo, né il modo corretto per farlo. Saluti.

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    5. Sì, in circostanze ordinarie ha ragione, e mi scuso se vi ho offeso (non ce l'ho con voi, per carità): ma essendo stato condiviso con entusiasmo da archeologi, penso che avrebbero potuto correggerle loro le inesattezze ; sicuramente in modo più autorevole che da me, che non conto nulla.
      A dir la verità la mia critica era rivolta più a loro che a voi.

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    6. Comunque la prendo in parola: la prossima volta che noto qualcosa le scrivo.

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  3. Beh, non tutto spunta per nuocere! Dopo l'indignazione la risata. Oggi sto meglio.

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  4. A quanto pare il Dottor Cavillier non conosce il ciondolo di Allai e molto probabilmente nessuno lo ha informato che proprio lì c’è scritto “ab shardan”, uguale uguale allo “ab shardan” della stele di Nora. Chieda lumi Dottor Cavillier, chieda lumi. Il fiuto di certo non gli manca visto che ha riconosciuto una scritta sul fianco di un oggetto custodito in un museo locale corsicano; che nessuno fino a quel momento aveva individuato.
    Colgo l’occasione, benché fuori tema, per dare una spiegazione (del tutto personale bene inteso), per quanto riguarda il sito di “Plateau de Cauria” in Corsica, descritto dal Dottor Cavillier. E’ del tutto evidente ad una analisi topografica del sito, che i menhir siano allineati nella direzione del mezzogiorno, ossia un azimut “rilevato su Google Earth” di 182°, ma non è questo l’allineamento voluto da quelle genti, perché i menhir hanno il viso rivolto verso l’alba degli equinozi. Da notare inoltre che il retro di almeno due di essi sembrerebbe “fallico”. Per tanto in un contesto mortuario (a poco più di 300 metri in direzione sud-ovest del sito è ubicato un dolmen), i menhir sembrerebbe alludano alla speranza di rinascita e rigenerazione. Il fatto che le statue abbiano la spada può significare che il defunto fosse di alto rango anzi, altissimo rango; ossia figlio in terra della divinità “che da la vita”.

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    1. Dimenticavo: il riferimento per questo ultimo appunto lo potete visionate a 1h 57’ 10” circa del filmato.

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  5. Apprendo che gli Shardana "Inizialmente furono rinchiusi in una fortezza e educati da una nobildonna egiziana".
    Secondo me, era una nobildonna scozzese. Almeno a stare ai gonnellini che impose loro.

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  6. Ciò che mi stupisce!
    Non entro nel particolare, genericamente faeddande!
    Anzi! Entro proprio nel merito DEL PRIMO GIGANTESCO PARTICOLARE che mi si presenta!
    E, così sintetizzo: "se un Ciarli qualsiasi, tiene una conferenza ai sardi, vuol dire che i sardi hanno toccato il fondo"!
    mikkelj

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