Vero, semivero o falso?!
Esterno
Interno
di Sandro Angei
Al meeting di Villanovaforru di domenica 28 luglio la
Dott. M. De Franceschini ha puntualizzato che l'archeologo, nello studio
coordinato e multidisciplinare delle ierofanie luminose nei monumenti
antichi, debba verificare che le strutture che producono i fenomeni
luminosi siano antiche, e a tal proposito porta l'esempio del Pantheon
dove l'oculo sommitale reca ancora il cornicione di bronzo
originario, quindi produce gli stessi effetti di allora.
La gran fortuna del Pantheon purtroppo
è caso raro negli edifici che durate i secoli hanno subito
spoliazioni.
In ragione di ciò tutto è perduto nei casi in cui l'edificio ha subito spoliazioni e in alcuni casi, come nel pozzo sacro di Santa Cristina, è stato ricostruito nella parte mancante?
Direi di no, perché, anche in questi casi saper leggere il
monumento è di fondamentale importanza. Nel caso del pozzo di Santa Cristina, benché sia stato
ricostruito nella parte alta della copertura che sovrasta la scalinata,
la ierofania del 21 di aprile è determinata da due particolari
architettonici: dallo spigolo del bordo del bacile lustrale posto
alla fine della scalinata (bordo che è sicuramente originale, non vi
è alcun dubbio) e dallo spigolo del primo architrave a scendere
della copertura che, si badi bene, “concorre” alla creazione
della ierofania decretando lo spessore del raggio luminoso. In
sostanza, traslando la posizione di questo particolare architettonico
l'immagine luminosa riflessa nella parete risulterebbe più o meno alta, ma la parte
inferiore della stessa immagine è, e lo è sempre stata, nella
posizione definita dall'altezza del sole in quel momento.
Nel caso di S'Eremita Matteu, benché
vi possa essere un certo grado di corrosione dei conci dell'oculo che
determina la ierofania, le misure sono tali che pochi centimetri di
erosione non inficiano il risultato finale e il confronto col modello
3D ne è la prova.
Fig. 1
Fig. 2
Nel caso di S'Eremita inoltre, la spettacolarità
della ierofania è data dall'immagine in movimento che, dalla forma
allungata che man mano si avvicina all'angolo triedro della celletta (Fig.1),
si accorcia per assumere la forma di un quarto di cerchio (Fig.2), ossia un
triangoloide (che visto secondo il punto di vista dell'osservatore posto all'interno delle chiesetta, assume vagamente la forma di protome taurina); da qui a l'interpretazione di queste due ultime forme quale
segno della divinità, pagana o cristiana che si voglia, il passo è
breve. Ma come si sa, quest'ultima è solo una supposizione che ha
poco di scientifico; benché tutta la disciplina antropologica: la
scienza che studia i tipi e gli aspetti umani soprattutto dal punto
di vista morfologico, fisiologico, psicologico, non ha nulla di
scientifico in senso stretto.
Dopo aver presentato questi due esempi,
possiamo dire che l'indagine archeologia del monumento che si sta esaminando, ai
fini della originalità dei particolari architettonici determinanti la ierofania luminosa, non è facile. Per decretare la
genuinità o viceversa l'inattendibilità del fenomeno è necessario
studiare attentamente il monumento e questo, ancora una volta, ha
bisogno in taluni casi del rilevamento puntuale delle sue misure. L'ausilio del modello in
3D aiuta tantissimo nel verificare l'attendibilità o meno del
monumento nello stato di conservazione in cui si trova. Infatti il
modello si presta, anche con pochi passaggi strumentali, a modifiche delle
dimensioni, tanto da poter giudicare se lo spostamento di qualche
centimetro di un dato particolare architettonico possa inficiare o meno l'ipotesi ierofania.
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