La rubrica di Maymoni

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domenica 27 febbraio 2022

Una immagine provocatoria, scurrile nei particolari, sicuramente "sui generis" lì dove anche il ridicolo nasconde il sacro.

 

di Sandro Αγγει

L'immagine, presa da Pinterest, è di un kyathos reperibile nel sito di una casa d'aste. La didascalia lo colloca quale reperto attico a figure nere tra il 515-505 a.C., proveniente da una collezione privata italiana; per tanto è probabile (ma è solo probabile date le scarna notizie) che sia stato rinvenuto in una tomba etrusca.

Tra due grandi occhi e lo sfondo rimarcato da un alberello in pieno vigore riproduttivo, la scena mostra  un sileno intento a suonare un κάλαμος per dare il ritmo alla Menade danzate che, pure lei, tiene il ritmo con un κρόταλον in ogni mano.

 Il sileno visibilmente itifallico tiene sulla testa (κεφαλή) del membro virile quello che nella didascalia a corredo del reperto è definito "otre di cuoio" (lat. cullĕus[1]; e in effetti un ingrandimento dell'immagine mette in evidenza la legatura lì dove vi era un tempo una zampa dell'animale.

La didascalia descrive pure la parte del manico del kyathos che purtroppo non vediamo, dove sono presenti due guerrieri in armi.

Interpretazione

Dal punto di vista metagrafico, volendo tentare una descrizione di ciò che non vediamo, potremmo dire che i due guerrieri richiamano il concetto di “precauzione”, del “controllo preventivo”, della “cautela”, della “attenzione”, quell'attenzione operata tramite i due grandi occhi vigili.

Vediamo di interpretare la scena dal punto di vista A.I.N. (Acrofonia, Ideografia, Numerologia), ma solo per quel che vediamo; aggiungendo nella frase apotropaica, e tra parentesi quadre, il presunto ideogramma dettato dai due guerrieri.

Due occhi, ideogramma della doppia luce, sembrano vigilare sulla scena.

I rami dell'albero danno l'ideogramma del vigore, ma vi è un tralcio nella parte alta della scena che partendo dall'occhio sinistro in modo sinuoso arriva all'occhio destro, dando l'idea della continuità.

I due personaggi danno l'idea della danza.

Entrando nei dettagli osserviamo:

- il sostegno del flauto più l'acrofonia di mano e flauto - χείρ  κάλαμος,

- i due sostegni delle nacchere, ancora l'acrofonia di mano e nacchere - χείρ κρόταλον  χείρ κρόταλον,

- il sostegno dell'otre vuota, ancora l'acrofonia di testa (del fallo) e otre - κεφαλή Cullĕus.

Sostegno e CC sono reiterati per quattro volte, per tanto forza del sostegno di CC

Mettiamo assieme le varie voci per ottenere:

[Attenzione] della doppia luce vigile, vigorosa, continua e danzante [è]* forza del sostegno di CC (Tin e Uni, Sole e Luna).

In sostanza parrebbe che i due grandi occhi siano espressione tangibile della divinità nascosta CC.

*(...)

note e riferimenti bibliografici

1 Vi sono delle evidenze, che sono venute a galla nello studio di varie kylix, che mi inducono a pensare che vi siano delle acrofonie che potremmo definire "acrofonie di genere". E' ancora prematuro parlarne ma i segnali che il sistema scrittorio di carattere metagrafico rispetti una certa regola ci sono e anche molto evidenti a un esame critico. Proprio l'acrofonia dell'otre di cuoio potrebbe rientrare nella definizione di "acrofonia di genere" appena coniata. La caratteristica non modificherebbe per nulla il risultato finale ma renderebbe più semplice e snello il sistema scrittorio ma non meno difficile la sua compressione senza la giusta chiave di lettura.

sabato 19 febbraio 2022

Un paio di splendidi scarpini

 


di Sandro Αγγει

La kylix è custodita presso il Museo archeologico di Atene ed è attribuita a Epiktetos.
A Epiktetos sono attribuiti 12 piatti di cui 7 vengono da Vulci. Questo dato può far intendere che l'arte vascolare greca utilizzata in Etruria a fini apotropaici fosse fiorente anche in Grecia con la medesima funzione.

Descrizione della kylix

La giovane donna completamente nuda, naturalmente è una immagine classica che tende a spostare l'attenzione sui particolari che la circondano: è un tema ricorrente.

La giovane reca un vistoso copricapo che protegge i capelli ma lascia intravvedere le ciocche ricciolute della capigliatura. L'ideogramma è quello della protezione accompagnata dall'acrofonia

giovedì 10 febbraio 2022

La terza ombra della sera

  

Fig. 1
di Sandro Angei

Lo studio di questa statuina nasce in modo inaspettato durante la ricerca dell'immagine di un volatile postata da un commentatore nella pagina Facebook del Prof- Sanna.

Nel cercare nel web quella immagine mi sono imbattuto in un saggio di Giulio Quirino Giglioli, illustre archeologo (1886-1957), che menziona e descrive oltre a quello strano volatile, la statuina qui rappresentata, la cui immagine non risulta reperibile nel web ma è custodita comunque  nel Museo Nazionale di Villa Giulia in Roma

Il reperto ha attirato la mia attenzione perché nella pagina di Facebook su menzionata il Prof. Sanna ha condiviso un suo articolo, pubblicato in questo blog dal titolo "L’ OMBRA DELLA SERA DI VOLTERRA E QUELLA DI SAN GIMIGNANO. MISTERO? NO. OGGETTI APOTROPAICI. BASTA ‘TRADURRE’ IL METAGRAFICO CON LA CHIAVE A.I.N", che tratta, dandone

mercoledì 2 febbraio 2022

L’ OMBRA DELLA SERA DI VOLTERRA E QUELLA DI SAN GIMIGNANO. MISTERO? NO. OGGETTI APOTROPAICI. BASTA ‘TRADURRE’ IL METAGRAFICO CON LA CHIAVE A.I.N.

di Gigi Sanna

  Si dice che la lingua etrusca è, per svariati motivi, un enigma e un ‘rebus’. Ciò si sostiene, naturalmente, sulla base delle grosse difficoltà che insorgono nel cercare di capire di essa molti degli aspetti lessicali, morfologici e sintattici. In realtà, a mio parere, il ‘rebus’ sussiste e resiste nel tempo non ‘solo’ per motivi di carattere grammaticale e linguistico, ma anche e soprattutto perché si stenta a considerare un aspetto essenziale dell’etrusco: che la scrittura è criptica, cioè organizzata e strutturata di proposito con il rebus. E’ realizzata per non essere capita se non da pochissimi. Per tanto nella misura in cui si comprenderanno i meccanismi, spesso sofisticati, del rebus posti di norma in essere dalle scuole scribali dei santuari, si comprenderà la lingua etrusca. Essi sono simili e spesso gli stessi usati dagli scribi dei templi greci e nuragici. In particolare quelli inventati dagli scribi di questi ultimi.









Le due statuine bronzee sono ritenute dagli etruscologi e dagli storici dell’arte dei capolavori dell’arte etrusca. Gli ermeneuti di fronte alla stranezza dei due manufatti, riproducenti entrambi le fattezze di un/una giovane allungato/a hanno pensato ad uno stile (1) particolare, a prodotti di botteghe artigianali che si caratterizzavano per un certo modo di effigiare il corpo dando ad esso uno slancio particolare,