di Sandro Αγγει
L'immagine, presa da Pinterest, è di un kyathos reperibile nel sito di una casa d'aste. La didascalia lo colloca quale reperto attico a figure nere tra il 515-505 a.C., proveniente da una collezione privata italiana; per tanto è probabile (ma è solo probabile date le scarna notizie) che sia stato rinvenuto in una tomba etrusca.
Tra due grandi occhi e lo sfondo rimarcato da un alberello in pieno vigore riproduttivo, la scena mostra un sileno intento a suonare un κάλαμος per dare il ritmo alla Menade danzate che, pure lei, tiene il ritmo con un κρόταλον in ogni mano.
Il sileno visibilmente itifallico tiene sulla testa (κεφαλή) del membro virile quello che nella didascalia a corredo del reperto è definito "otre di cuoio" (lat. cullĕus) [1]; e in effetti un ingrandimento dell'immagine mette in evidenza la legatura lì dove vi era un tempo una zampa dell'animale.
La didascalia descrive pure la parte del manico del kyathos che purtroppo non vediamo, dove sono presenti due guerrieri in armi.
Interpretazione
Dal punto di vista metagrafico, volendo tentare una descrizione di ciò che non vediamo, potremmo dire che i due guerrieri richiamano il concetto di “precauzione”, del “controllo preventivo”, della “cautela”, della “attenzione”, quell'attenzione operata tramite i due grandi occhi vigili.
Vediamo di interpretare la scena dal punto di vista A.I.N. (Acrofonia, Ideografia, Numerologia), ma solo per quel che vediamo; aggiungendo nella frase apotropaica, e tra parentesi quadre, il presunto ideogramma dettato dai due guerrieri.
Due occhi, ideogramma della doppia luce, sembrano vigilare sulla scena.
I rami dell'albero danno l'ideogramma del vigore, ma vi è un tralcio nella parte alta della scena che partendo dall'occhio sinistro in modo sinuoso arriva all'occhio destro, dando l'idea della continuità.
I due personaggi danno l'idea della danza.
Entrando nei dettagli osserviamo:
- il sostegno del flauto più l'acrofonia di mano e flauto - χείρ κάλαμος,
- i due sostegni delle nacchere, ancora l'acrofonia di mano e nacchere - χείρ κρόταλον χείρ κρόταλον,
- il sostegno dell'otre vuota, ancora l'acrofonia di testa (del fallo) e otre - κεφαλή Cullĕus.
Sostegno e CC sono reiterati per quattro volte, per tanto forza del sostegno di CC
Mettiamo assieme le varie voci per ottenere:
[Attenzione] della doppia luce vigile, vigorosa, continua e danzante [è]* forza del sostegno di CC (Tin e Uni, Sole e Luna).
In sostanza parrebbe che i due grandi occhi siano espressione tangibile della divinità nascosta CC.
*(...)
note e riferimenti bibliografici
1 Vi sono delle evidenze, che sono venute a galla nello studio di varie kylix, che mi inducono a pensare che vi siano delle acrofonie che potremmo definire "acrofonie di genere". E' ancora prematuro parlarne ma i segnali che il sistema scrittorio di carattere metagrafico rispetti una certa regola ci sono e anche molto evidenti a un esame critico. Proprio l'acrofonia dell'otre di cuoio potrebbe rientrare nella definizione di "acrofonia di genere" appena coniata. La caratteristica non modificherebbe per nulla il risultato finale ma renderebbe più semplice e snello il sistema scrittorio ma non meno difficile la sua compressione senza la giusta chiave di lettura.
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RispondiEliminaI commenti vengono fatti fuori, su Facebook.
Mi hanno informato di commenti del tutto fuori tema, espressi sulla pagina Facebook dell’amico Stefano Sanna, “La sfinge del Sinis”, che puntualmente condivide i miei articoli.
In particolare in quella pagina si punta l’attenzione sul titolo, nel quale si vuol intravedere tutta la mia ignoranza sull’arte greca, tant’è che vi è scritto e cito “Se definite scurrile e volgare una normalissima rappresentazione greca di VI secolo a.C., signori miei, di arte antica non avete capito proprio niente”.
Mi sa che a non aver capito nulla, ma proprio nulla, è costei, visto che il titolo è solo provocatorio. La stessa asserisce di aver letto tutto l’articolo, ma guarda il caso si sofferma solo sulla prima parte del titolo: “Una immagine provocatoria, scurrile nei particolari,…”, il resto: “…sicuramente "sui generis" lì dove anche il ridicolo nasconde il sacro” non interessa, figuriamoci il resto.
Se questa non è superficialità?! E si badi bene che superficialità significa rimanere in superficie, lì dove il buio del mare profondo fa paura. Quel mare profondo carico di incognite che ti fa pensare… “ma chi me lo fa fare?!”
Portiamo pazienza.
Perché portare pazienza? Direte voi.
Perché non posso e non voglio invitare nessuno allo studio partendo dall’inizio; sarebbe troppo lungo spiegare. Per tanto chi ha voglia di seguire gli studi del Prof. Sanna, segua, gli altri continuino a gingillarsi disquisendo sul titolo.
Accontentati dei diecimila ingressi! Raramente i blog ne registrano tanti. Un motivo ( o forse più di uno) ci sarà! Per il resto e per l'ignoranza (del resto del tutto prevedibile)lascia perdere.
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