La rubrica di Maymoni

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sabato 9 dicembre 2023

I Feniciardi: un fenomeno di meticciato in Sardegna

Autopsia di una idea

di Sandro Angei

Questo lavoro nasce sotto l'impulso di un articoletto del Prof. Gigi Sanna, comparso qualche giorno fa su Facebook, circa l'ipotesi di un archeologo che vuole il mutamento della società sarda ad iniziare dall'VIII sec. a.C. ad opera di un intreccio culturale e materiale che portò a quello che lo studioso definisce "paesaggio meticcio"; sostenendo la tesi con una serie di dati, tutti in centrati sul "fenomeno fenicio", tra i quali ve ne sono di piuttosto discutibili.

Con questo contributo si vuole rigettare l'idea che vuole la Sardegna sipario di stravolgimenti culturali dovuti a inserimenti di genti aliene alla cultura sarda a partire dall'VIII sec. a.C. ad opera dei cosiddetti fenici.

Lo faremo analizzando passo passo l'articolo dell'archeologo in questione. Inserendo delle note in quei brani che meritano d'essere oggetto di obiezione.

Per tanto la lettura del testo in questione è funzionale alla lettura delle note; e proprio queste ultime sono il corpo scrittorio principale. Non devono essere intese come note a sostegno della tesi esposta dall'autore ma, al contrario, obiezioni circostanziate.

sabato 7 ottobre 2023

Is pirois - quando l'archeologia sostiene l'archeoastronomia.


di Sandro Angei

Si veda: Il pozzo sacro di Is Pirois - prima parte e le due parti consecutive

Il titolo è quasi paradossale. In genere è l'archeoastronomia a rivelare aspetti antropologici immateriali o legati a reperti o architetture altrimenti senza apparente significato. Vedi la postierla di Murru mannu in Tharros, il pozzo sacro di Sant'Anastasia di Sardara, di Santa Cristina e di Funtana coberta di Ballao per avere un riscontro.
Questa volta è successo il contrario. L'archeoastronomia trova un particolare architettonico significante - certamente - ma con un tassello mancante. L'archeologia fornisce quel tassello mancante che conferma la scoperta.

Sono trascorsi ormai tre anni dalla pubblicazione del saggio sul pozzo sacro di Is pirois.
In quel saggio, in seguito alla scoperta dello spiraglio ricavato tra un architrave e l'altro della scala rovescia che copre la scalinata di discesa al pozzo, dimostrai che quello - lo spiraglio - non era un vizio costruttivo, ma faceva parte di un apparecchio atto a realizzare una manifestazione luminosa. Scrissi allora: "Lo spiraglio è un particolare sicuramente architettato perché all'interno di quello che viene

venerdì 6 ottobre 2023

giovedì 22 giugno 2023

La stele di Nora alla prova del nove - un esempio di scuola scribale.

Fig.1

di Sandro Angei

Riassunto
Con questo saggio si vuole dimostrare tecnicamente sostenibile l'ipotesi circa la presenza nella Stele di Nora della numerologia logografica e di due frasi nascoste, o meglio "mimetizzate", nel corpo di un testo palese.

Si tenga conto innanzi tutto che la numerologia è alla base della formulazione del testo della Stele. Essa associa al numero un preciso valore logografico e non è da confondere con la ghematria [1].

Tutto ruota attorno ai numeri sacri.

Tralasceremo di argomentare sulla scritta palese per concentrare la nostra attenzione sulle frasi occulte.

La prima frase mimetizzata è definita dal Prof. Sanna "a cornice" perché essa si sviluppa, partendo da una data riga (la quarta di nove), secondo un percorso dall'alto verso il basso in senso antiorario considerando le sole iniziali di riga, investe l'intera riga 9, continua in verticale dal basso verso l'alto utilizzando le lettere di fine riga, segue, a ritroso, utilizzando l'intera prima riga (quella mancante) e termina con le iniziali della 2° e 3° riga.

La seconda frase mimetizzata, definita "serpentiforme", segue un andamento dall'alto verso il basso in posizione mediana del corpo scrittorio palese.

Col mio studio non entrerò minimamente nella interpretazione del documento norense (non è questo lo scopo), ma cercherò solo, e ribadisco "solo", di verificare se sia possibile quel gioco a rebus, che sa di cruciverba, che il Prof. Gigi Sanna ci propone quale espediente scrittorio utilizzato dall'antico scriba per nascondere le parole dedicate alla divinità. E questo perché alcuni studiosi ritengono che questo "mimetismo" sia solo frutto del caso e non opera di ingegno.

Di primo acchito il dubbio che la scritta sia frutto di un caso fortuito è feroce, perché è difficile pensare che una frase articolata possa contenerne una seconda che sfrutta l'intera prima riga e la nona e le lettere iniziali e finali delle altre righe, dalla seconda all'ottava; e non solo, ma incorpora una seconda frase nella parte mediana usando una sola lettera per ogni riga.
Ma l'ingegno umano è tale, in ogni epoca, che nulla o quasi lo limita.

***
1. Un po' di storia
Nel 2009 esce fresco di stampa, bilingue, di Gigi Sanna, "La Stele di Nora - il dio, il dono, il santo" P.T.M. Editrice.

giovedì 8 giugno 2023

 Lingua Sarda poberitta? Tostorruda, siat a nai!

(Francu Pilloni)

Certo è, cara vecchia Lingua Sarda, che è anche colpa tua, almeno un poco, la causa della tua malattia, se di malattia si vuol parlare.

Io non credo che tu sia malata, data l’età potrei pensare a una sorta di demenza senile, perché i sintomi sono altri: una dose di irrazionalità e la testardaggine a non voler cambiare, non dico con le mode passeggere che si sovrappongono di anno in anno, ma non fai una piega neppure di secolo in secolo. Oggi sono di moda i jeans e le t-shirt e tu continui a parlare de camisas e brusettas, la gente cammina su sneakers e slinky che tu continui a chiamare crapittas e crazzolas, … ascurta, no s’indi podit prus de tui, ses foras de su mundu!

Se fosse ancora viva, se avesse superato l’esame autoptico a cui è stata sottoposta, se avesse recuperato il dono della parola, cosa mi avrebbe risposto questa veterana lingua con la voce di nannai?

Seu tostorruda, mi naras? Tenis arraxoni. No ses tostau tui puru? E babbu tuu? Prus tostorrudu de issu ind’has connotu?”.

Non mi resterebbe che abbassare lo sguardo; capisco che la lingua sarda è nata e cresciuta a misura di Sardo: noi siamo la nostra lingua, la nostra lingua siamo noi.

Però, obbietto, la Lingua Sarda ormai è fuori dal mondo.

No est aici! Est su mundu ch’ind’est intrau a domu nosta! Comente a sa stracìa”.

Questa era la voce di aiaia manna, la mia bisnonna.

Sì, è testarda questa Lingua, come tutti noi Sardi. O quasi tutti, non vorrei dare del testardo a chi non se lo merita.

Però un poco irragionevole lo è. Questo è sicuro.

Faccio un esempio, ma chi ha paura delle parole, tiri dritto: se uno vuole tagliare un ramo di un albero, bollit segai unu cambu, cosa gli serve? Facile da dire: po segai, serbit una sega!

Ma neanche per sogno: po segai serbit una serra, o almeno unu serraccu.

Ma guarda tu! E io che pensavo che sa serra servisse po serrai.

Serra, a ben vedere, è una parola che è tutto un pasticcio: si pensi a cosa significhi fai su serra serra, oppure pesai a sa serra, o ancora sa serra de sa camba che non taglia proprio nulla, anzi si taglia essa stessa se riceve un colpo.

Quando in sardo si sente la parola sega, la mente corre subito ai dieci comandamenti, a quello che proibisce l’atto impuro che, in verità, è conosciuto anche come puliga.

Ma se sentite una santaiustesa dire “Ariserenotti a Luisu dd’hapu fattu una puliga po cena”, vuol dire solo che le aveva cotto una folaga, volatile ben presente nello stagno.

Ci sono parole sarde con le quali è facile giocare. Lo facevano infatti i nostri padri e i nostri nonni prima di loro quando, riuniti nel piazzale della chiesa in attesa della predica delle Quarantore, raccontavano e ridevano di questi equivoci più che onesti.

Ora non ci sono più quegli uomini, non ci sono neppure le prediche delle Quarantore. E non c’è più, soprattutto, la Lingua Sarda.

Purtroppo.

venerdì 2 giugno 2023

Lingua sarda? Poberitta!

de Francu Pilloni

Se ci mettessimo a giocare a “che differenza c’è?” fra immigrati e indigeni, sarebbe facile indovinare: i nativi la fanno da padroni; gli immigrati vivono di stenti e più spesso ne muoiono. Non ostante i livelli di protezione disposti per legge e scarsamente attuati.

Ma se il gioco lo allargassimo alle lingue?

Il paradigma si rovescia: quelle immigrate spadroneggiano; quelle native languono e muoiono. Non ostante le leggi di supporto.

E non si venga a sottilizzare dicendo che gli immigrati (uomini, donne e bambini) sono in massima parte irregolari, per non dire clandestini.

Forse che le lingue straniere in Italia non sono entrate di straforo?

Non c’è una legge che autorizzi, non c’è una legge che impedisca. Al contrario di quanto avviene, per esempio, in Francia.

Per la Sardegna, invece, le lingue straniere sono entrate così come entra il maestrale. Anzi, c’è stata una legge che non solamente ha autorizzato, ma addirittura ordinato l’introduzione della lingua straniera propria di chi al momento comandava.

Se i Catalani e i Castigliani parlavano la loro lingua, i Sardi che volevano capire si adeguavano; successivamente, dal canto loro, i re di Sardegna (pensa un po’!) misero subito in chiaro che la lingua dello Stato Sardo era … il dialetto toscano. Anzi, un centinaio di anni or sono, quella parlata ormai diventata Lingua Italiana, fu imposta come obbligatoria, mentre la Lingua Sarda, in qualunque variante espressa, fu messa al bando dalle scuole, dagli uffici, dalle pubbliche manifestazioni, eccettuate (forse) quelle religiose.

Adesso però ci sono leggi dello Stato Italiano, dell’Unione Europea, della Regione Sarda a tutelare la vetusta Lingua Sarda che, a detta di molti e a semplice vista d’occhio, è scomparsa non solamente dai discorsi ufficiali, ma anche dal parlare comune e dal linguaggio degli affetti, come è stato chiamato quello dentro la cerchia famigliare.

In seguito alla (ri)trovata attenzione per effetto della recente legislazione, la Lingua Sarda è stata fatta oggetto di cure, come si conviene a chi tanto bene non sta. Disgrazia ha voluto che Essa, una volta deciso l'intervento, non è finita nel reparto “Malati cronici” o, meglio ancora per riguardo all’età, a “Geriatria”, ma l’hanno depositata direttamente sul tavolo dell’Obitorio.

In effetti, chi si aspettava le visite specialistiche e gli esami mirati, ha potuto notare con stupore che gli è stata riservata solamente un’autopsia.

Osservata così, nuda e cruda sotto la fredda luce della scienza linguistica, la nostra vecchia lingua non ha potuto nascondere le sue carenze e le sue imperfezioni per cui, gli illuminati chirurghi estetici e funzionali chiamati al suo capezzale, hanno tagliato qui e là, hanno innestato questo e quello e, a conclusione, ne hanno recuperato una foto, anzi un ologramma, che però nessuno riconosce come cosa che gli appartiene.

A chi infatti, bambino o adulto che sia, verrebbe la voglia di abbracciare l’ologramma di una lingua frankenstein?

Questo è lo stato odierno della Lingua Sarda: un semplice ologramma, vale a dire un’illusione. O un ricordo, se volete.

Poberitta, appunto!

venerdì 26 maggio 2023

Nel piombetto di Monte Ebal un formidabile guazzabuglio per celare una maledizione - parte seconda

di Sandro Angei


Ho letto con molta attenzione lo studio “You are Cursed by the God YHW:” an early Hebrew inscription from Mt. Ebal”, tanto che la mia attenzione è stata catturata da alcuni strani particolari emersi "leggendo" l'immagine con le annotazioni predisposta dal Prof. G. Galil (Fig. 1), che è stata di fondamentale importanza per lo studio qui condotto.
.
Sulla base di quanto già messo in risalto nella prima parte del mio articolo, ho focalizzato l'attenzione su quella frase della nota 12 dello studio che recita: "The precise form of the first ’aleph in

sabato 20 maggio 2023

Nel piombetto di Monte Ebal un formidabile guazzabuglio per celare una maledizione.

Dopo tanto aspettare, G. Galil, S. Stripling et alii, hanno mantenuto la promessa. Il loro studio sul piombetto di Monte Ebal è stato pubblicato.
Finalmente possiamo leggere coi nostri occhi quello che solo yhw, e oggi una sofisticata strumentazione, può vedere: l'occhio umano non può; tant'è che la maledizione celata all'interno di quella placchetta di piombo conserva ancora intatta tutta la sua efficacia.
Abbiamo letto con attenzione lo studio, e siamo persuasi che sia condivisibile in molti suoi aspetti.

Non tutti però.

sabato 1 aprile 2023

Obiettante, chi ha preso la cantonata?

 

di Sandro Angei

Premessa

Questo articolo nasce dopo un'accesa discussione, pacata per quanto mi riguarda, tra il sottoscritto e una persona che non conosco (e sinceramente non mi interessa neppure conoscere) che su Facebook voleva "silurare", secondo una modalità ormai consueta di dileggiamento, chi non si conforma allo status quo accademico. Nella fattispecie il tema: "scrittura sarda di età nuragica" dà adito anche a dibattiti senza esclusione di colpi da parte di chi sta dalla parte dei conformisti.

E hai voglia di spiegare, in certi casi anche scientificamente, a costoro che potrebbe, dico "potrebbe", esserci una via alternativa al loro pensare, (il condizionale è d'obbligo in materia epigrafica). E invece no, tanta è l'ostinazione da ottundere il cervello.

Perché scrivere un articolo per un episodio che, in fin dei conti, agli occhi dei nostri lettori può apparire del tutto banale?

mercoledì 22 febbraio 2023

Conferenza - Epigrafia nuragica e altro


Venerdì 24 febbraio ore 18.00 A Santa Giusta
presso
Centro Open Space
Via Giovanni XXIII

Il Prof Gigi Sanna e Sandro Angei vi parleranno di scrittura nuragica, archeoastronomia e scenografia nuragica.

 

venerdì 3 febbraio 2023

Ultim'ora sugli alimenti

 di F. Pilloni


Se avete letto i giornali o ascoltato la radio o la tivù, sapete già che la Unione Europea ha permesso che si mettano in vendita, per essere mangiate, le farine di vermi e di insetti.
Poteva mancare il piagnisteo delle sarde autoritas?

Non so come sia riuscita a fare i conti così in fretta, ma per questo commercio di farina d'insetti, un'Associazione dei Commercianti ha già pronosticato migliaia di posti di lavoro persi in Sardegna, suppongo nel settore della ristorazione o simile.

Questa profezia presuppone che si verifichino almeno due cose:
1- che le farine d'insetto siano già pronte alle frontiere (quali?) per essere distribuite capillarmente in ogni supermercato o botteguccia di paese;
2- che i Sardi siano disposti, in massa, a mangiare polpette fatte con farine d'insetti e a lasciar perdere su casu marzu e sa cordula cun pisurci.

Queste considerazioni mi consigliano di aspettare a zoppicare e a mettermi il cerotto fino a che non mi sia fatta la sbucciatura sul ginocchio.
Ma io se fossi del ramo commerciale, avrei innanzitutto pensato "SE e COME" si potrebbe trarre vantaggio dalla novità.
Si sa che c'è una zona della Sardegna, quella centrale, che da qualche anno "produce" una quantità sterminata di insetti, del genere pibizziri.
Mi sarei chiesto: ma le cavallette rientrano nel novero degli insetti commestibili?
Se sì, proverei a chiedere una Denominazione di Origine Controllata per le cavallette di Ottana e comincerei a pubblicizzare piatti tipici dei paesi, quali pibizziris a succhittu, oppure impanati e fritti, o cottus a carraxu con foglie di mirto.

Ma io non sono del mestiere e non so fare conti, né previsioni.
Insomma, non so vedere il futuro neppure per me, figuriamoci per la Sardegna, un futuro migliore intendo dire.
Preferisco recriminare, lamentarmi e versare sospiri sul destino cinico e baro che vide la nostra Isola regalata da un Papa, becero quanto Magno, a un signorotto foresu, come dicono a Selargius. 
Poco importa che siano passati tanti secoli, perché comunque riesco a piangere ancora per la morte di Josto e di Ampsicora e per la conquista da parte dei Romani, millenni fa.

In fin dei conti osservo che noi Sardi,
 specialmente quelli come me, abbiamo la vista lunga. Peccato però che ci ritroviamo con gli occhi migrati nella nuca e ci riesce agevole, direi proprio naturale, il guardare indietro.  

domenica 29 gennaio 2023

Il pozzo sacro di Santa Cristina, un mistero nel mistero. MA CHE MISTERO!

 


di Sandro Angei

Tre settimane fa - sabato 7 gennaio 2023 – nell'Unione e Sarda è comparso un articolo a firma di Mauro Pili intitolato: - Il mistero nuragico “lunare” di Santa Cristina.

Il titolo reboante, avvia un articolo che, in fin dei conti, è un inno a tre ricercatori, perché nulla spiega e nulla risolve.

Un titolo, quello dell'articolo, che si può intendere in due modi.

Potremmo pensare che dopo lo studio e pubblicazione del libro del Prof. Arnold Lebeuf (uno dei tre ricercatori citati), vi sia ancora un gran bel mistero che aleggia sul pozzo sacro di Santa Cristina. Un mistero legato a quella luna, il cui moto complicatissimo per chi lo vede dalla Terra, non lo annovererei tanto a cuor leggero tra le conoscenze di quel popolo antico o, per lo meno, è difficile dimostrare come quegli astronomi abbiano escogitato un metodo per fissare dentro il pozzo di Santa Cristina il moto lunare. Un metodo, afferma Lebeuf, capace di prevedere le eclissi.

In sostanza il Prof. Lebeuf deve spiegarci per bene come avveniva l'osservazione del moto lunare all'interno del pozzo sacro e come, soprattutto, arrivarono a capire quegli astronomi il complicato moto lunare che, mi ripeto, era finalizzato alla previsione delle eclissi e quindi motivo fondante del monumento.

Ma quel “titolo” si può intendere, magari più malignamente, come un mistero legato non al “nuragico” ma alla “Luna” ossia: cosa c'entra la luna col pozzo di Santa Cristina?