La rubrica di Maymoni

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venerdì 16 ottobre 2020

Book fotografico di un pozzo sacro

 



   Capire cosa ritragga la fotografia qui sopra è cosa ardua, ma ho voluto inserirla per prima perché il protagonista di questo servizio fotografico è proprio lui il sole. E' lui a muovere la scena. E' lui che impone la costruzione dei pozzi sacri.

Certamente questa seconda fotografia è ben più esplicita, è quasi identica alla prima ma la potenza lucifera del sole è dosata, come se quello spiraglio tra i due conci limiti il suo fulgore. Ma lasciamo che siano le immagini a parlare.













Questa sequenza fotografia è l'anteprima di un saggio che tra breve pubblicherò in questo blog.

👉segue



5 commenti:

  1. Hai ragione: le immagini parlano. E al cuore ed all'intelligenza di chi vuole capire Attendiamo appena potrai, vorrai il tuo post. Ottima giornata, Orni

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  2. Queste immagini stupefacenti,vanno dritte al cuore ed al mistero che ci hanno lasciato i nuragici.

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  3. Le immagini parlano ma non rispondono ai perché; possono dire molto ma non tutto. Per spiegare è necessario sviscerare il problema, studiare i particolari; e a Is pirois vi sono tanti particolari “misteriosi” che hanno bisogno di una risposta. Sono dell'idea che molti misteri rimangono tali perché nessuno si prende l'onere di affrontarli. Per taluni i misteri devono rimanere tali perché danno modo di fantasticare; una volta svelati vi è il ritorno alla quotidianità.
    Ecco che certi studi affrontano il mistero con la consapevolezza di non poterlo o volerlo risolvere.

    Un esempio: Arnold Lebeuf approccia il pozzo di Santa Cristina dal punto di vista archeoastronomico ipotizzando una funzione lunare di quel pozzo, senza però spiegare tecnicamente e scientificamente come poterono le antiche genti nuragiche giungere alla registrazione dei lunistizi in quel pozzo. Il mistero è ancora tale.

    Altro esempio: Augusto Mulas ipotizza la realizzazione in terra del gruppo delle Pleiadi ma non spiega in modo tecnico e scientifico come poterono quelle antiche genti nuragiche tracciare in terra quella data forma, con distanze dell'ordine del chilometro. Il mistero è ancora tale.

    Non me ne vogliano i due studiosi, perché la mia critica è sostanzialmente costruttiva; voglio solo spronarli allo studio in tal senso. Solo allora si potrà sostenere la propria tesi con cognizione di causa. Solo così si velano i misteri. Per inciso, è da un po' di tempo che penso al metodo topografico capace di spiegare l'ipotesi di Augusto Mulas; ma lascio a lui l'onere di risolvere il problema se lo vorrà.

    Per quanto mi riguarda, il mio obiettivo è di studiare luoghi e monumenti "misteriosi" proponendo soluzioni. Non sto affermando di avere la verità in tasca, ma una volta studiato il problema cerco di proporre ipotesi su base scientifica. Ipotesi che forse faranno sorridere alcuni, ma indurre altri a meditare. In sostanza cerco coi miei studi di minare lo solidità del dubbio che caratterizza il ritegno e la prudenza dell'Accademia.

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  4. ... forse,
    ... molti aspetti tecnologici culturali non riusciamo a coglierli,
    ... o ne travisiamo altri,
    ... perché li osserviamo e li pensiamo attraverso la lente delle nostre soluzioni tecnologiche
    ... e delle nostre quotidianità culturali; ...

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    1. Quel che dice è vero; e per questo è necessario in questi studi calarsi nel problema “prendendo i panni del personaggio”. Per tanto è necessario osservare e pensare attraverso la lente delle “loro” (di quelle antiche genti) soluzioni tecnologiche; e, parafrasando, cogliere il più possibile i “loro” aspetti tecnologici e culturali, estromettendo le nostre quotidianità culturali.

      Facendo ciò è possibile che si possa pure travisare qualcosa nella lettura di questi monumenti, ma la ricerca tramite i nostri mezzi “tecnologici” e la nostra cultura ed esperienza devono cercare di discernere dal “mucchio” di dati raccolti, quelli antropologicamente possibili da quelli poco attendibili o decontestualizzati se non, addirittura, anacronistici.

      Questo aspetto però riguarda l'attribuzione di un certo edificio ad un evento particolare; attribuzione che non inficia la realtà dell'evento stesso. Nel caso particolare le ierofanie luminose di questo magnifico pozzo sacro sono reali e volute da antiche genti con cognizione di causa perché è lo stesso edificio che lo svela.

      Le attribuzioni di utilizzo, possono essere accettate o meno, ciò non toglie che gli eventi accadono volutamente da genti che, per un motivo (quello da me ipotizzato) o un altro (non saprei quale, ma ciò non toglie che possa esistere), edificarono un pozzo sacro fuori da certi canoni costruttivi (orientamento della scalinata).

      Avrei auspicato che questo suo commento fosse pubblicato nello studio vero e proprio, perché questa che qui si vede, più che leggere, è solo una anteprima. Ma con tutta evidenza quando Lei ha scritto, non poteva essere a conoscenza dei risultati di questo mio studio. Per tanto la invito, se non lo ha già fatto, alla lettura del saggio in tre parti che segue questo “book fotografico”, solo allora potrà, se lo vorrà, obiettare con cognizione di causa.

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