di Gigi Sanna
Fig.1
La pietruzza trachitica è stata rinvenuta prima del 2012 in agro di Villaurbana da S. Z. E’ subcircolare con un diametro massimo di cm 15. Reca, incisi con uno strumento acuminato, un punteruolo o un coltello, nove segni dei quali due risultano essere molto più grandi degli altri sette di dimensioni assai più ridotte (1). Ciò non è senza significato in quanto è stata riportata con enfasi la voce più importante (v. più avanti) del documento scritta altre due volte. La lettura è circolare e si ottiene ruotando il ciottolo da sinistra verso destra:
I nove segni della scritta. Analisi.
I segni, riportati in gruppi di tre, sono:
una ‘ayin, una zayn, una hē
una ‘ayin, una zayn, una hē
Come si può notare solo le zayn sono simili (2). Le ‘ayin e le hē invece compaiono di forma diversa. La prima ‘ayin è da considerarsi di tipologia arcaica cosiddetta ‘protosinaitica’ (3) dato che l’occhio risulta assai pittografico (con la pupilla). Detta tipologia pittografica non è mancante nel nuragico come si può vedere (figg. 2 e 3 segg.) dal coccio di Addanas di Cossoine (4) e forse nel frammento di stele custodito nel museo comunale di Teti (5).
Come si può notare solo le zayn sono simili (2). Le ‘ayin e le hē invece compaiono di forma diversa. La prima ‘ayin è da considerarsi di tipologia arcaica cosiddetta ‘protosinaitica’ (3) dato che l’occhio risulta assai pittografico (con la pupilla). Detta tipologia pittografica non è mancante nel nuragico come si può vedere (figg. 2 e 3 segg.) dal coccio di Addanas di Cossoine (4) e forse nel frammento di stele custodito nel museo comunale di Teti (5).
Fig.2 Fig. 3
La seconda e la terza ‘ayin sono di tipologia che è da considerarsi ugualmente protocananaica anche se, da quanto conosciamo, l’unico esempio di ‘ayin a ‘V’ del cosiddetto protocananaico è attestato in un reperto (fig.4) venduto nel mercato antiquario e trovato (pare) durante uno scavo clandestino in Palestina (6).
Fig. 4
Invece in Sardegna il segno della ‘ayin
a ‘V’ è assai attestato. Si vedano i seguenti documenti:
- - Fiaschetta del pellegrino (fig.5) di Ruinas di
Oliena (7)
- - Amuletto (fig.6) di Nurdole di Orani (8)
-
Scritta archetto (fig.7) di San Nicola di
Trullas (9)
-
Bipenne (fig.8) di S’arcu ‘e is forros (10)
-
Lastra (fig. 9) di Villamassargia (Nuraghe
Santu Pedru) (11)
-
Pietra (fig.10) di Flussio (12)
-
Sigillo (fig. 11) di Tzricotu A3 (13)
-
Sigillo (fig.12) di Tzricotu A 4 (2
volte). (14)
Fig. 6
Per quanto riguarda le hē e la loro tipologia,
esse sono di influsso ‘protocananaico’. Abbiamo già detto, in un articolo
apposito, sulla hē
‘unknown letter ‘ (16)
del Sass e del Garfinkel, ovvero del segno a trattino orizzontale. La pietruzza
di Villaurbana conferma l’uso assai diffuso (17) nella Sardegna nuragica
di un segno che invece risulta rarissimo, se non sconosciuto, altrove. Forse è
troppo presto per dirlo ma a noi sembra che alcuni dei segni ‘sardi’ che noi
chiamiamo per comodità ‘protocananaici’ (pensiamo non solo alla hē’ a trattino
orizzontale ma anche alla ‘ayin a ‘V’, alla yod ‘lunata’ e alla hē ugualmente ‘lunata’,
alla yod ad asta verticale o obliqua) possano essere propri della
scrittura ‘nuragica’. Sembrano mancare oggi le prove della presenza di una
scrittura sarda arcaica nell’Egeo, in Creta (18) e Siria -Palestina, ma l’abbondanza di alcuni
segni in Sardegna e la pressoché totale assenza di essi altrove inducono a
ritenere che la Sardegna della fine
dell’età del bronzo e del primo ferro abbia in qualche modo influito, per la sua ‘parte’, con un alfabeto
proprio, in parte innovativo, a caratterizzare quella scrittura alfabetica
consonantica che si classifica per ora, per consenso generale, di produzione solo orientale (19).
Variamente orientata, è attestata nella
documentazione di scrittura nuragica anche la ‘hē ’ in forma di ‘E’ (v.
figg. 14 -15 -16 -17): scritta della ‘Grotta Verde’ di Alghero, pietra (àncora) di
Barisardo (20),
scritta di Su Nuraxi di Barumini, graffito di Cuccuru Nuraxi (21).
Fig. 14
Il significato della scritta
La scritta presenta, formate dalle nove consonanti,
sei voci semitiche: tre ‘articoli’ con valore indicativo e tre sostantivi: העזהעזהעז (h ‘oz h ‘oz h ‘oz).
‘oz è voce del V.T. (22)
e significa ‘grandezza, potenza’. Essa è frequente nel nuragico anche, come nel
nostro caso, reiterata più volte come mostra l’iscrizione dell’arco della
chiesetta campestre di San Nicola di Trullas di Semestene. In
quest’ultima (v. fig. 18) la voce è riferita alla divinità sarda taurina yh
e contemporaneamente al figlio di essa yaziz (23).
Fig.18
Anche nella pietruzza di Villaurbana la
voce è ripetuta formando con questa la sequenza di senso che, interpretando
l’articolo determinativo come pronome, risulta essere la seguente: lui
potenza, lui potenza, lui potenza. La espressione potrebbe essere compiuta,
ovvero quella del risalto della potenza del dio yh, ottenuto con la
ripetizione della voce (sia quella riguardante il dio sia quella riguardante la
potenza di esso), se non sapessimo che i nuragici nascondevano senso ricorrendo
alle convenzioni numerologiche (24).
Ora, se si osserva bene la scritta risulta
molto più complessa in quanto è composta oltre che da nove consonanti
anche da sei monemi ( h ‘oz h ‘oz h 'oz). Se noi diamo ai numeri i
soliti valori lessicali convenzionali (25) otteniamo le voci ‘eterno, continuo’ e
‘doppia luce’.
Quindi il senso completo della scritta risulta più esteso di quanto appaia ad
una prima lettura ‘superficiale’, quella che tiene conto solo delle consonanti e
dei loro valori fonetici. Ci sembra dunque, per motivi di filologia
comparativa, che si possa invocare la maggiore attendibilità di questa più
allargata lettura rispetto a quella che suggerisce la semplice apparente
iterazione ternaria delle due voci h e ‘oz. Pertanto il significato
della scritta con l’aggiunta numerologica diventa ‘ lui (è) potenza
della doppia luce (sei) continua (nove).
Note ed indicazioni
bibliografiche
1. Gli ultimi tre segni, dopo i primi sei con partenza di lettura dai due segni più grandi, sono di faticosa di lettura a motivo della pietra alquanto deteriorata in quel punto. La zayn è sicura mentre la hē e la ‘ayin si ricavano soprattutto per congettura (l’iterazione di hē + ‘oz).
2. Il nuragico di solito si serve di due opzioni per rendere
la consonante zayn: o delle due sbarrette di origine formale
‘protosinaitica’ o del segno somigliante alla nostra attuale ‘zeta’.
Nell’archetto della chiesetta campestre di San Nicola di Trullas di
Semestene questa possibilità di scelta è molto visibile (v. nostra
trascrizione alle figg. 7 e 18).
3. L’occhio con la pupilla però è riscontrabile anche nel ‘protocananaico’. Talvolta l’occhio con o senza pupilla si trova nello stesso documento. V. Attardo E., 2007, Utilità della paleografia per lo studio, la classificazione e la datazione di iscrizioni semitiche in scrittura lineare. Parte I. Scritture del II Millennio a.C., in Litterae Caelestes, 2 (1), Center for Medieval and Reinassance Studies , UC Los Angeles, p. 178.
5. Il documento, di incerto periodo, purtroppo non è integro e i segni leggibili
(sembrerebbero disposti per righe) sono di ardua lettura. Si salvano solo nella
parte alta il segno circolare, inciso profondamente, con il punto al centro e
il segno ad asta obliquo posto al di sotto. E’ inutile dire che con così pochi
elementi di supporto l’interpretazione del segno come ‘ayin è solo
congetturale.
9. https://maimoniblog.blogspot.com/2019/01/semestene-in-san-nicola-di-trullas-una_12.html
10.https://monteprama.blogspot.com/2013/10/la-bipenne-nuragica-bronzea-scritta-di.html
10.https://monteprama.blogspot.com/2013/10/la-bipenne-nuragica-bronzea-scritta-di.html
12. Il documento lapideo, custodito nei locali del comune, è inedito. Si conta di pubblicarlo quanto prima.
13. V. Sanna G., 2004, Sardoa grammata. ’ag ’ab sa ‘an
yhwh. Il dio unico del popolo nuragico, S’Alvure ed. Oristano, p. 95, tab.
5.
14. V. Sanna G., 2004, Sardoa grammata, ecc.. p.97, tab.6.
15. V. Sanna G., 2004, Sardoa grammata, ecc., p. 99,
tab.7.
17.V. il segno (ripetuto due volte)
nella scritta nuragica, di scoperta recente, nella scogliera di Pula (Nora)
18. Troviamo alquanto strano che gli scavi attinenti ad una
vera e propria colonia di sardi nuragici presente e operante nell’isola di
Creta (Kommos) nel XIII -XII secolo a.C., non abbiano restituito nulla di
scritto secondo il system adoperato da essi. Potrebbe essere che la scrittura
‘nuragica’ prenda le mosse successivamente, un secolo o un paio di secoli dopo
rispetto all’esistenza della colonia. Ma forse la spiegazione potrebbe stare in
un motivo molto più semplice: nella nota pregiudiziale degli archeologi
(soprattutto sardi, a partire dallo stesso Lilliu) con il paradigma che ‘i nuragici
non scrivevano’. Anche lì come da tempo qui forse si sono ignorati e si
ignorano (quando per imbarazzo non si ‘nascondono’) i documenti scritti con il
system in mix di tipologia soprattutto ‘protocananaica’. Insegnano gli ultimi
due ritrovamenti di scrittura nuragica nel coccio di crogiuolo di Addanas
di Cossoine e nella scogliera di Pula: ostinato silenzio assoluto su tutta la
linea! D’altro canto, tutti sanno quanto tempo c’è voluto perché si
comprendesse, si considerasse e si facesse sapere in campo archeologico persino
dell’esistenza della suddetta ‘colonia’ (la pregiudiziale, mantenuta
praticamente sino a ieri, che i ‘Sardi nuragici non navigavano, faceva il paio
ed era forte quanto quella dei Sardi nuragici che non scrivevano):
19. L’importanza del system nuragico nella storia della
scrittura penso che ormai sia sotto gli occhi di non pochi analisti e studiosi.
I numerosi documenti sinora rinvenuti permettono oggi di spostare nel
Mediterraneo occidentale la linea di confine dell’uso attivo della
scrittura lineare di natura consonantica. Lo stesso uso dell’ugaritico, che ha
riscontro in diversi documenti (coccio di Sa serra ‘e sa fruca di
Mogoro, i quattro sigilli di Tzricotu di Cabras e forse la lamina aurea
scritta di Pirosu su Benatzu ), è indizio certo della conoscenza di
tutti i più importanti system di natura consonantica inventati e usati in
territorio siro palestinese. E non è vero quindi quello che si sostiene ovvero
che l’uso dell’ugaritico abbia avuto il massimo dell’espansione geografica
nell’isola di Cipro. D’altro canto, se è
vero, com’è vero, che il mix nuragico nell’uso dei segni richiama, nella
stragrande maggioranza dei documenti rinvenuti, soprattutto il cosiddetto
‘protocananaico’, è vero anche che detto uso registra singolarità, specificità
e variazioni che, soprattutto per la complessità dell’uso della crittografia,
sono ancora da studiare nella loro interezza. Per entrare nello specifico Forse
più di 320 documenti non sono ancora sufficienti per capire sino in fondo come
e quanto incida, nella definizione ed il completamento di senso, la numerologia
con il lessico convenzionale sostituito da numeri ‘sacri’ come il tre, il sei,
il sette, il nove ed il dodici.
22. Gen. 49,3; Ez 30,6. Potenza di yhwh Mic 5,3. Es
14,36: ‘Cosí, in quel giorno, il
Signore salvò Israele dalle mani degli Egiziani, Israele vide gli Egiziani
morti sulla riva del mare. 31 Israele vide la grande
potenza con cui il Signore aveva agito contro gli Egiziani. Il popolo
perciò ebbe timore del Signore, credette nel Signore e nel suo servo Mosè.
25. Detti valori passano nella scrittura
metagrafica etrusca, in particolare il sei che è il numero della doppia
luce (e del doppio dio: TIN/UNI). Il Sei si ottiene, per via acrofonica, in particolare con l’espediente di affiancare due ‘cose’ in relazione organica tra di loro:
un orecchino con un altro orecchino, una scarpa con un’altra scarpa, uno scalmo
con un remo, un centro con una circonferenza,
un copricapo con la chioma, il morso con il muso del cavallo, la tunica
con il chitone, ecc. Si vedano di recente i nostri
https://maimoniblog.blogspot.com/2019/11/il-gioiello-apotropaico-etrusco-scritto.html
Tanti cari auguri anche a te Gigi e grazie dei bei regali e dell'amore che hai per la nostra terra.
RispondiEliminaVedi,cara Grazia, dispensatrice di continui complimenti sinceri, fino a qualche anno fa questi regalini venivano bollati come falsi. Quando, duri a comprendere come sono, si sono resi conto che essi provenivano da tutta la Sardegna, hanno iniziato a fare la cosa più semplice e saggia. Cioè a fare silenzio, a tacere per manifesta 'imbecillità'. Dovrebbero (parlo di alcuni, i più disposti a fare qualche passo indietro) ora cercare di capire i contenuti delle centinaia (mica decine!) di iscrizioni 'nuragiche' di un lunghissimo periodo d'uso di un medesimo system. Ma ciò è 'doloroso' perché richiede in 'primis' l'umiltà di studiare chi nella ricerca è partito ormai da tanti anni. Quando ci sarà questa rara virtù più diffusa allora si inizierà a mettere nero su bianco sulla storia (non più preistoria) arcaica della Sardegna. Vedi, un documento così breve per contenuto ci conferma quanto già sappiamo sulla scrittura, sulla lingua e sulla religione dell'inizio dell'età del ferro. Il dio è il solito yh, la lingua è semitica e il codice di scrittura è quello cosiddetto 'protocananaico'. E' difficile accettare questi dati ma 'a bolla o a marolla' bisognerà accettarli. Pena il ludibrio universale.
RispondiEliminaGigi,hai ragione ma continuo a non capire il motivo di tanta diffidenza ed ostilità,direi alquanto sciocca,per non dire peggio.Cosa direbbe il tuo amico Gianfranco?
RispondiEliminaAuguri di buone feste a tutti gli amici del blog.
RispondiEliminaDa un po’ non riesco a pubblicare commenti dal cellulare, devo per forza (come ora) farlo dal PC, forse perdendo nel tempo qualche spunto. Mi dicono dipenda dal software di gestione del blog: è possibile che un necessario intervento costi qualcosa (il che, per la relativa difficoltà nel procedere ai commenti, sarà comunque troppo); e allora andrà bene, anche per me, che tutto resti così.
Saluto quindi l’oltre 320esimo documento con scrittura (personalmente resto sempre curioso di conoscere il peso, tra tutti, dei reperti con un solo segno, ma questo non è un sollecito alla pubblicazione del Corpus delle iscrizioni, cui il Prof. Sanna sta lavorando e che avverrà se e quando Dio vorrà); circa questo ciottolo di Villaurbana vorrei chiedere una cosa e dirne un’altra.
La domanda riguarda l’attuale ubicazione del ciottolo: sbaglio, o non se ne è fatto cenno? Se fosse perché è meglio sorvolare, sorvolerò; altrimenti completerei la documentazione.
Vorrei dire, invece, sulle ayin, che la tipologia arcaica “con pupilla” (quella che dovrebbe collocare la datazione tra XIV e XII secolo a.C., a quanto si legge nella nota 17 dell’articolo sul coccio di Cossoine, 25-10-18) si trova in Sardegna (quanto a quello che credo tu, Gigi, vorrai considerare Nuragico) anche nel frammento di Nora (quello su cui si pronunciò Frank Moore Cross): non c’è molto da stupirsi che in questi reperti antichi risulti in qualche misura dubbia la reale presenza della “pupilla” (tanto più quando li si può esaminare solo da una foto, come per il coccio di Cossoine); pupilla che in questo ciottolo di Villaurbana si direbbe invece (se sei d’accordo) la più sicura.
La numerologia completa e dà più ampio senso alla scritta. Quella stessa numerologia la troviamo spontanea nella genesi geometrica che è alla base della individuazione, per via geometrica appunto, delle direzioni di alba e tramonto ai solstizi. In quel caso e in modo direi miracoloso il 3 origina il nove in una sequenza del tutto spontanea tanto da poter affermare che il 9 deriva dal 3 ma non il contrario. Lo vedremo in un prossimo studio che per certi versi ho anticipato su facebook ponendo un quesito circa la possibilità di calcolare per via geometrica il quadrato di un numero intero. Il quesito non era di certo finalizzato ad una dimostrazione di carattere geometrico ma alla scoperta di un teorema (se di scoperta si tratta) che è alla base della costruzione geometrica degli orientamenti di cui sopra e che dimostra tutta la perizia (geometrica) profusa da quei sapienti. Il 3 sequenza delle tre fasi sia del giorno che della vita, origina il 9, ossia naturalmente si ripete, avendo ogni porzione del 3 insito ancora un 3. Quel 3 reiterato 3 volte e il tutto in modo geometrico. Ecco che la geometria assurge a scienza della manifestazione divina; scienza intesa nel senso di sapienza della manifestazione divina. Spero, anche se qui non posso andar oltre, di avere almeno un poco reso l'idea, ma faccio un esempio concreto. Pensate al teorema di Pitagora espresso per via algebrica e contemporaneamente per via geometrica. Il paragone, per certi versi, calza a pennello. Ne riparleremo a breve.
RispondiEliminaPotrebbe essere questa la genesi di questo mantra ossessivo che vuole il numero 3 alla base della vita che non prescinde dalla luce, ma aggiungo, non prescinde neppure dal buio allorquando la luce si manifesta nel ciclo notturno lunare e di conseguenza il doppio 3. E vuole in quel numero 9 il ripetersi di quel ciclo in una sorta di evoluzione del pensiero, che pian piano dà a noi modo di capire il significato numerologico inteso da quelle antiche genti. Dal “punto” adimensionale che genera il cerchio tramite il raggio infinitesimamente infinito, si crea il binomio, quello vitale, quello del tempo che passa, che in un momento infinitamente piccolo crea lo spazio è quindi il tratto, che altro non è che la materializzazione del tempo che trascorre ossia: il tratto è materializzazione istantanea dello stesso punto in due posizioni e quindi due momenti contigui ma diversi nello spazio. E sono proprio quelle due posizioni diverse occupate dallo stesso punto a generare il binomio inscindibile, perché univoco in fin dei conti. Quel binomio che poi quelle genti materializzano nel concreto nell'espressione dei binomi naturali: acqua-luce, maschio-femmina, luce-oscurità, che prorompente genera la vita e quindi il tre perfetto, quello del triangolo equilatero, che ancora una volta binomio di se stesso sdoppiato si, ma unito alla radice, genera ancora il 2, il 3, il 5, il 7. Espressioni, queste del binomio iniziale e solo d'esso. Ma dove troviamo queste elucubranti, quasi allucinate riflessioni?! Ancora una volta nella geometria; quella geometria elevata a coscienza divina. Quella geometria espressa attraverso semplici gesti, che nell'innocuo procedere di tracce e segni, delinea la potenza della “mekhanè” (in altro contesto ne abbiamo parlato in nota nella prima parte dello studio sul pozzo di Santa Cristina) . Ma ancora una volta ci fermiamo qui, avremmo modo di parlarne più in là, anche di questo aspetto.
EliminaSono del parere che i segni non siano mai uno solo (alludi sicuramente al 'segno' a forcella, ovvero alla 'yod' acronimo di 'yh' o di 'Il') e che in qualche modo nel manufatto sia coinvolto dell'altro (il manufatto stesso, il manico o i manici, la sua tipologia). Sulla domanda: sono volutamente reticente anche perché dopo tanto tempo dalla segnalazione non ricordo il luogo preciso del rinvenimento né ho avuto più modo di sapere nulla sullo scopritore (una persona che frequentò il corso di scrittura 'nuragica' organizzato nei primi anni). Ciò, per la catalogazione, non mi turba più di tanto dal momento che notiamo continuamente che i saggi sui reperti del cosiddetto 'protocacananaico' riportano nella maggioranza dei casi informazioni generiche,incerte e lacunose sulla loro localizzazione. Li si studia dal punto di vista epigrafico e paleografico, li si porta a periziare quando possibile e ci si accontenta. Quanto alle 'ayin il 'dot', il 'punto' (la pupilla) che potrebbe essere indizio di arcaicità esso non è sicuro nel frammento di stele di Nora, come non lo è in Addanas di Cossoine. E certamente, come dici tu, nella pietruzza di Villaurbana abbiamo il dato epigrafico 'il più sicuro'. Bada però che io, per quanto riguarda il nuragico, sono scettico su di una datazione di maggiore antichità basata sulla consonante più pittografica. Gli scribi nuragici non hanno un system di lettere in evoluzione tanto che posso dire che il metodo dell'Attardo circa la maggiore arcaicità denunciata dalla maggiore pittograficità va preso con le pinze. Tu conosci il segno protosinaitico della Sala da ballo, quello che affianca la 'tanit' posta sulla destra rispetto al 'toro della luce' che segnala gli equinozi e i solstizi. Ebbene è un segno inciso tra altri segni di origine protosinaitica (pensa alla 'nun' a serpentello del 2000 a.C.) ma anche tra segni come le 'erre' romane del IV - III secolo a.C. Il mix del 'protocananaico' consente di attingere dai vari system a piacimento senza limitazioni temporali. E potremmo fare ancora tanti esempi di documenti nuragici circa le lettere arcaiche miste a quelle recenziori. Ergo la pupilla in un cerchio o in un ovale non è garanzia di arcaicità. Solo la termoluminescenza con la ceramica ci può fornire datazioni di una certa sicurezza , come sai bene. In una pietra le cose si complicano di molto e forse solo l'insieme delle lettere esaminate può fornire qualche indizio cronologico (i segni alfabetici più recenti possono 'dire' non i segni più antichi come ho cercato di spiegare in un capitolo del mio manuale). Ergo, puntino o no, il dato pittografico non ci dice più di tanto. E questo è il motivo, uno dei motivi, che impedisce di fornire una periodizzazione per moltissimi degli oltre trecento documenti del cosiddetto 'nuragico'. Quanto mi farebbe piacere il poter dire questo documento è del tardo bronzo,questo del primo ferro, questo del VII secolo o del VI o del V e così via! La pietruzza di Villaurbana è certamente realizzata con scrittura in mix nuragica, ma a che periodo risalga la paleografia da sola, dato il system nuragico, non può dircelo.
RispondiEliminaDov'è conservato questo reperto?
RispondiEliminaMa possibile che i nuragici scrivessero solo toro di luce luce continua e doppia luce?
RispondiEliminaMi scusi, sono molto ignorante in materia, ma nelle religioni il mantra rivolto alle divinità mi sembra sia sempre lo stesso o nò?
EliminaNo, 'solo' no. Hanno scritto altro. Tanto altro (su ceramica, pietra, bronzo e sughero). Basta leggere e registrare ove possibile. Ad esempio basta studiare per benino i documenti tramandatici in trascrizione da Pietro Lutzu. Che poi la 'luce' (NR) divina fosse in cima alla loro glorificazioni (loro semitici di origini cananaiche) non sorprende certo. Quanto al documento di Villaurbana penso che lo custodisca l'autore del ritrovamento. In buone mani? Non so e non mi riguarda. Certo non peggiori di quelle di una certa Sovrintendenza che si caratterizza (e non da oggi!) per smarrire quasi tutto di quello che le è stato affidato di epigrafico. Ci sono volute interrogazioni parlamentari (Sbarbati -Massidda) per cercare di sapere su certi documenti. E con ammissioni imbarazzanti, come tutti sanno. Ancora oggi, a distanza di quasi un decennio, i documenti restano smarriti. Perché non si chiede dov'è conservato il coccio di Sa serra 'e sa fruca di Mogoro? Oppure il 'brassard' di Is locci Santus? Oppure i quattro cocci di Orani? Oppure il coccio del Nuraghe Alvu di Pozzomaggiore? Oppure...
RispondiEliminaMolto interessante. Ma come mai un popolo decideva di scrivere usando alfabeti diversi insieme? Non è un po' folle?
RispondiEliminaPer niente folle, visto che quella scrittura in quanto sacra era indirizzata alla divinità. E la divinità, in quanto tale, conosceva (conosce) tutte le lingue del mondo, ossia di tutte le sue creature. Ma a parre questo aspetto “teologico” possiamo dire che quella scrittura doveva essere leggibile alla sola divinità, e per tanto doveva essere il più possibile nascosta. Questo aspetto (dell'occultamento) non era una prerogativa esclusiva della divinità nuragica. Il nascondimento della divinità lo troviamo nell'ebraismo innanzitutto, ma anche nell'antica Roma, dove l'identità del “nume tutelare” della città era tenuto segreto perché esso non potesse essere evocato dai nemici e passare così alla parte avversa.
EliminaSì ma anche nella iscrizione in cui compare la parola Tarrush abbiamo tre diversi alfabeti utilizzati insieme, e non era un'iscrizione sacra
EliminaLa risposta alla tua domanda la trovi nell'articolo pubblicato nel blog Monte Prama il 27 aprile 2014.
EliminaGentile Tommaso (nomen omen; apprezzo), anzitutto una necessaria premessa: quando nella discussione si sta sui significati delle scritte nuragiche (su questa pagina capita spesso, se non regolarmente) dovremmo comunque dire "troppa grazia", in quanto l'acquisizione abbastanza rivoluzionaria, quando divenisse davvero comunemente accettata, sarebbe semplicemente relativa all'uso, anzitutto, di una qualsiasi scrittura (e per qualunque scopo) tra i Nuragici prima del fin qui convenuto import fenicio.
RispondiEliminaIl Prof. Sanna ha quindi l’enorme merito, prima di passare a considerare le sue interpretazioni sulle scritte rilevate, di essere stato il collettore di tante segnalazioni di reperti con scrittura, che prima dei suoi studi semplicemente non venivano evidenziati da nessuno –salvo per l’opera del maestro Pietro Lutzu (Milis 1859-1935 Scano Montiferro), recentemente riportata alla luce sempre grazie al ruolo di collettore del Prof. Sanna.
È naturale che non sarà una schiera di dilettanti sostenitori delle interpretazioni del Prof. Sanna a comprovare che queste siano corrette, come d’altronde non sarà una schiera di detrattori meno titolati di lui a comprovare siano inconsistenti. Dobbiamo quindi aspettare che (altri) seri studi epigrafici, confortati dai possibili esami strumentali, si compiano; e per questo salutiamo l’arrivo del 2020 che, in base ai programmi dichiarati dal CIRCE di Oristano (il Centro Internazionale di Ricerche sulle Civiltà Egee), dovrebbe appunto vedere l’avvio di questi studi.
Detto tutto questo, potrei proporle un esempio che avevo già avanzato tempo fa: i doodle di Google. Come saprà, quando apre la pagina di Google può apparirle, spesso, un doodle, ossia la scritta Google resa dai grafici con disegni riferiti al tema del giorno (e quindi, appunto, del doodle): se lei vedesse quel disegno fuori dal “cartiglio” di quella pagina è molto probabile non vi leggerebbe mai Google, ma in quella pagina sa che la scritta deve essere quella e riesce, allora, a rintracciarne i segni e l’intenzione.
Nella grafica pubblicitaria si possono trovare anche esempi calzanti con la libertà di variazione dei grafemi spesso affrontata dal Prof. Sanna e propria degli alfabeti più antichi (un esempio, dicevo, è nel marchio Desigual, con la “s” speculare); e le marchiature del bestiame, come i loghi degli alberghi, che giocano a “montare” creativamente (con legature e nesi) le iniziali di alcuni lemmi, propongono ancora tante di quelle combinazioni che il Prof. Sanna si cimenta a spiegarci (la stessa “et commerciale”, &, è il prodotto di un nesso tra “e” e “t”).
Quanto a usare diversi alfabeti insieme mi viene da proporle quest’esempio (mi scuso se non me ne vengono di migliori, ce ne saranno): se le scrivo mas potrà venirle in mente, credo, solo il motoscafo armato SVAN (poi inteso armato silurante o anti sommergibile; o, dannunzianamente, memento audere semper); se le scrivo X (anche a suggerirle la pronuncia come “Chi” greca) non so cosa le verrà in mente; ma se le scrivo Xmas (tanto più nel giusto contesto) capirà che parlo del Natale cristiano (e qui il Pof. Sanna non ha colpe, è un uso documentato dal 1755).
Errata corrige: si legga "nessi" (non "nesi").
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