giovedì 17 ottobre 2019

A Pula (Nora) così come a Tharros. Le mareggiate mettono a nudo la scogliera e fanno riemergere una scritta nuragica stupenda con nove segni che inneggiano a yh b’al e alla sua luce.




di Gigi Sanna
      

Fig 1 -2. L’iscrizione della scogliera (foto di M.Uccheddu)


Ancora segni ‘nuragici’ di scrittura, ancora grafemi di un alfabeto arcaico in mix (1), ancora un contenuto non ‘laico’ (2) attinente alla ‘religio’ delle popolazioni sarde della seconda metà del secondo millennio a.C. e della prima metà del millennio successivo. Ancora documentazione lapidea (figg.1-2) in territorio di Nora dove - com’e noto -  venne scoperto il documento più interessante e prezioso del ‘corpus’ delle iscrizioni cosiddette ‘nuragiche’(3). E ciò che forse più interessa: ancora ‘sardōa grammata’ e solo ‘sardōa’(4).

 L’iscrizione che oggi presentiamo e commentiamo è stata scoperta casualmente di recente in territorio (5) di Pula dal signor Michele Uccheddu. notissimo musicista sardo residente in Finlandia. Infatti, dobbiamo a lui  e a Pitano Perra  la pronta segnalazione circa i  segni particolari graffiti che hanno attirato l’attenzione del primo e subito dopo quella del secondo, anch'esso noto musicista, di Maracalagonis. Per ovvi motivi non preciseremo il luogo del rinvenimento dato anche il recente atto vandalico di sfregio dello stupendo volto di Maymoni di Cabras (6).
 Essa iscrizione è composta verosimilmente di nove (7) segni incisi profondamente con una punta acuminata (v. figg.  2 -3), dei quali alcuni assai netti ed alcuni macchiati e parzialmente logorati dall’acqua marina e dal martellare dell’onda per tre millenni e forse più (8). Segni però ricostruibili senza soverchia  difficoltà.


Fig. 3 I grafemi arcaici dell’iscrizione messi da noi in evidenza
  A partire dalla destra, in alto in una prima linea immaginaria, si notano una ‘lamed’, seguita da una ‘nun’ , da una ‘resh’, da una ‘yod’, da una ‘hē’. Quindi in una seconda linea una ‘beth’ seguita da una ‘ayin’, da una ‘lamed’ ed infine, più distanziata da una ‘he’.
   Come si vedrà più avanti dallo stesso tenore dell’iscrizione la composizione scritta si deve ritenere per lettura di andamento ‘bustrofedico’ o ‘serpentiforme’: procede da destra verso sinistra nella prima ‘linea’ e da sinistra verso destra nella seconda. Il cosiddetto bustrofedismo (9) è attestato nella scrittura nuragica che, come si è detto più volte, circa la direzione della scrittura,  non procede per regola fissa ma variamente (10). La stessa disposizione dei segni può talora (come in questo caso) fare a meno del principio ‘estetico’ della sequenza ordinata per linea orizzontale (11) e della collocazione di essi secondo un uniforme ritmo spaziale (12).

  Dal punto di vista strettamente epigrafico i segni, tranne uno,  non sorprendono in quanto attestati (e anche ampiamente attestati) nella documentazione sinora pervenutaci. Tuttavia trattiamoli uno per uno per la comodità di chi  poco o per niente ci ha seguito in questi non pochi anni durante i quali è stato possibile stilare un alfabeto ‘nuragico’ completo e pressochè definitivo (13).

I dati paleografici ed epigrafici

- prima ‘lamed’.
   Procede con orientamento verso destra e si caratterizza per l’obliquità sia del  tratto iniziale  che del secondo. E’ segno forse contemporaneo a quelli simili della stele di Nora (IX -VIII sec.a.C.) la quale presenta però (fig.4), nei suoi cinque (14) lamed, un andamento del secondo tratto non del tutto identico.


 

- La nun
   E’ molto arcaica e ancora pittografica (come in origine), ovvero a ‘serpentello’. La lettera zoomorfa è assai attestata nel nuragico (v. tab. seg.), sistema alfabetico questo  che mostra chiaramente, forse meglio di altri, il graduale e lungo percorso del segno dal realismo iniziale del cosiddetto ‘protosinaitico’ alla sua schematicità del cosiddetto  ‘protocananaico’ prima e del fenicio poi (15).

 

Tabella del segno a serpentello (nun) del nuragico

- La resh
In questa forma (asta verticale ed occhiello tondeggiante) e con orientamento a destra è sufficientemente attestata nella documentazione nuragica. Vedasi la barchetta (fig.5) di S’Urbale di Teti (16),  l’iscrizione lapidea (fig.6) della capanna di Perdu Pes di Paulilatino con la lettera agglutinata con una ‘ayin e la barchetta bronzea dell’Antiquariun Arborense di Oristano, con scrittura a puntinato,  nella quale  la resh è agglutinata con una ‘nun’.


Fig.5. Barchetta del museo di Teti. Il segno segue a quello del pugnaletto nuragico      


   
 Fig. 6. Scritta di Perdu Pes di Paulilatino.  La resh e la ‘yin legate (particolare)

 

Fig.7. Barchetta Antiquarium aeborense (particolare). La resh agglutinata alla nun pittografica (voce NR)
- La yod

    E’, insieme a quello a ‘clessidra’ (v. più avanti) il segno più intrigante di tutta la scritta. E’ da considerarsi, con ogni probabilità, una ‘variatio’ della yod ‘lunata’ (17). Fa il paio con la più frequente lettera ‘hē’ che è scritta con la gobba a sinistra (18), come si può vedere dal ‘tetragramma’ (yhwh) con le lettere agglutinate del cippo di Aidomaggiore (19):

 
Fig. 8. Cippo fallico di Aidomaggiore. Significato: Energia (potenza) della luce di yhwh

 - La hē
  Ha forma leggermente obliqua. E’ l’ormai noto segno a tratto orizzontale, la ‘unknown’ lettera del coccio  (con scrittura ‘protocananaica’) di Lachish pubblicato e commentato dal Sass e dal Garfinkel (20), di cui abbonda la documentazione nuragica sarda. Si veda la tab. seg.:


- La beth

  Il segno a bipenne in nuragico, con andamento ora orizzontale ora verticale, in sequenza alfabetica  è attestato nei seguenti documenti:

- Iscrizione  (fig.9) del Nuraghe Pitzinnu di Abbasanta

- Sigillo A3 (fig.10) di Tzricotu di Cabras

-  Iscrizione (fig.11) di Ardauli (21)

-  ‘Fusaiola (fig. 12) del Museo Nazionale di Sassari (22)

 

Fig.9. Scritta del Nur.Pitzinnu di Abbasanta  

 
Fig.10. Sigillo A3 Tzricotu   

 
Fig. 11. Scritta del masso di Ardauli   

 
Fig.12. Fusaiola scritta del museo Museo Nazionale 'G.Sanna' di Sassari         

- La ‘ayin  

   E’, al pari del segno seguente, reso un po’ problematico per contorni  dall’azione di dilavamento del mare. Ma non tanto da non potersi individuare. E’ leggermente obliquo come il segno iniziale a destra della seconda linea del crogiolo del  Nuraghe Addanas di Cossoine (23).


     
Fig.13. Coccio del crogiolo del Nuraghe Addanas di Cossoine  

- La seconda lamed  

  Il segno è presente ma risulta incerto perché pallido e poco visibile come grafema. Sembrerebbe differenziarsi dalla prima lamed per il primo tratto non molto obliquo e anche per il secondo che compare curvo e non diritto. E’ molto accostato alla ‘ayin così come quest’ultima alla beth.   

- La seconda ‘hē

  Il tratto è perfettamente orizzontale rispetto al primo leggermente obliquo

Probabile significato della scritta.

   La sequenza in bustrofedico dei nove (24) grafemi tracciati nella roccia sarebbe dunque la seguente: l nr yh/ b‘al h e cioè ‘Per la luce di yh/ signore lui immortale’. Se così è,  neanche dal punto di vista contenutistico l’espressione di Pula sorprende. Innanzitutto si veda la sequenza ‘nr yh’  che sia per forma di alcuni segni  (25) che per contenuto ricorda il già citato cippo nuragico attualmente  custodito nei locali del comune di Aidomaggiore :


Quindi si veda, per la detta sequenza nryh,  la nostra ricostruzione della prima linea mancante della stele di Nora che è, si tenga presente,  scritta nuragica in alfabeto fenicio (26)  :






    Per quanto riguarda infine l’attestazione in nuragico della voce del V.T. (27) B’al (signore, padrone) riferita a yh (yhwh) si veda il coccio di Su Pranu di Selargius (custodito dalla Sovrintendenza di Cagliari) nel quale, con ogni probabilità (28), la voce relativa al dio è sostituita dall’immagine della cosiddetta Tanit, segno pittografico questo frequentissimo (29) in nuragico con valore di hē (LUI/LEI).

     


fig.14 



NOTE E RIFERIMENTI BLIBLIOGRAFICI

1 V.Sanna G., 2017, I geroglifici dei Giganti, PTM Mogoro, 3, pp. 39 -87.
2 E’ l’ennesimo documento nuragico scritto che manifesta (e forse attesta definitivamente) l’uso della scrittura (di un certo tipo di scrittura) da parte dei nuragici esclusivamente per la ‘religio’. E’ scrittura espressiva per la divinità taurina suprema e per i suoi figli. Su oltre 300 documenti che realizzano il ‘corpus inscriptionum’ nessuno, come si è detto più volte, è da ascriversi alla sfera laica. La ‘scrittura’ è sempre sacra, intoccabile. Non è emanazione di un potere ‘palaziale’ che si serve strumentalmente di essa per comunicare ma di un potere religioso templare di cui la maggior espressione fu, per tanto tempo, il nuraghe (NUR’AK), edificio che non è stato mai sin dall’origine una fortezza o un palazzo signorile. In ragione di ciò sbaglieranno tutti coloro che riterranno che la scrittura sarda arcaica possa avere origini proto urbane o urbane. A meno che per ‘urbs’ non si intenda la città -tempio come fu quella di Monte ‘e Prama di Cabras. I sigilli cerimoniali dei ‘Giganti’ rinvenuti in Tzricotu di Cabras sono attestazione suprema di religiosità, del poter divino (conta niente quello terreno come attestano gli arredi tombali del tutto assenti se non come simboli (bronzo, cristalli, scarabei di ceramica invetriata ecc.) di forza e di eternità  dei ‘piccoli faraoni’ sardi figli ricchissimi della spiritualità luminosa (e non della materialità terrena)   della divinità androgina  soli -lunare taurina yh.      
3 Sanna G., I geroglifici dei Giganti, cit. 8, pp. 169 - 181.
4 In un recente dibattito in Villanova Forru, promosso dall’associazione … e con moderatore il giornalista Giorgio Galleano di RAI 3, l’archeologo Raimondo Zucca con la sua ‘retractatio’ pubblica sulla scrittura esistente su di un documento fittile di Teti ( la ormai nota ‘barchetta di S’Urbale di Teti) ha ammesso che quel documento, per attestazione scientifica, indiscutibile, è nuragico. Cioè esso risulta, senza ombra di dubbio, un documento nuragico scritto dell ‘VIII se non del IX secolo a.C. Risulta allora chiaro che è assurdo pensare che i ‘nuragici’ abbiano lasciato in tutta la loro storia uno e uno solo documento di scrittura. E’ lapalissiano invece ritenere che i segni ‘sardi’ del documento antichissimo (come ‘sardi’, si badi, attestati anche in quest’ultimo che andiamo pubblicando) si estendano a tantissimi altri documenti ignorati o sottovalutati che attendono solo  un trattamento di scientificità, con godimento di perizie uguali a quelle della celebre barchetta. Nel confronto con l’archeologo il sottoscritto ha fatto presente lo stallo sulla ‘quaestio’ scrittura e caldeggiato l’iniziativa fondamentale, doverosa, non più procrastinabile:  bisogna che  tanti documenti fittili rinvenuti praticamente in ogni angolo della Sardegna,come ad es. il coccio di Selargius (v. fig.14) siano inviati per perizie scientifiche con l’uso (soprattutto)  della termoluminescenza, onde eliminare così l’incredulità ed abbattere definitivamente i pregiudizi sui ‘grammata’ rinvenuti in Sardegna ma scritti da persone letterate al di fuori di essa. Questo documento di Pula non può certo essere trattato con la stessa scientificità assoluta garantita dalla scienza fisica ma anche la scienza paleografica e quella epigrafica possono autorevolmente  dire la loro, così come si fa con i documenti scritti lapidei rinvenuti e che continuamente si rinvengono nel Mediterraneo orientale o occidentale (e nel mondo intero).        
5 E’ appena il caso di far presente che Pula vuol dire Nora, cioè un luogo dove, come si sa, la civiltà nuragica ha lasciato tracce vistosissime di sé. A partire da quelle epigrafiche (V. Sanna G., 2009, La stele di Nora. Il dio, il dono, il santo. The God, the Gift, The saint (trad. in inglese di Aba Losi), PTM ed..  
7 Il numero nove non è mai casuale nella scrittura nuragica come casuale non è in etrusco. Gli scribi nuragici stavano molto attenti alla ‘religio’ dei segni  perché i numeri costituivano spesso lessico criptato, cioè parole nascoste da aggiungere all’intera scritta (V. Sanna G., 2016, I geroglifici dei Giganti, cit. 5, pp. 113 - 131).  Il tre, ideogramma della luce (il percorso ternario della luce), è segno fondamentale sia del nuragico che dell’etrusco. Di esso abbiamo parlato numerose  volte. V. ad esempio    


http://maimoniblog.blogspot.com/2016/12/tarquinia-lancora-della-salvezza-e-il.html#more
8 La datazione della scritta è problematica per i motivi dell’uso in mix della scrittura da parte degli scribi nuragici che accostano, come nel 'protocananaico', segni molto arcaici a segni recenti o di gran lunga più recenti. V. Sanna G. , 2016, I geroglifici dei Giganti, cit. 8, pp. 169 - 181). Se dovessimo giudicare dalla pittograficità manifesta di alcuni dei segni (serpentello, bipenne) saremmo indotti a datare l’iscrizione ad un periodo anteriore a quello della stele di Nora (IX –VIII secolo a.C.). Ma ci sono segni, come la lamed, la ‘ayin e soprattutto la yod a parentisi e la hē a tratto orizzontale, di incerta periodizzazione.  
9 L'uso del  termine ‘bustrofedico’ (scrittura con andamento come quello dei buoi che voltano nell’aratura) nei manuali e nei testi di epigrafia non sempre è corretto perché, come spesso nel nuragico, non si intende affatto dare l’idea di quell’andamento ma scegliere un tipo di scrittura che simuli le spirali del serpente e dia quindi l’idea della ‘continuità’, della ‘immortalità’. L’andamento destrorso o sinistrorso della scrittura non sembra suggerire sacralità e quindi niente aggiungere al senso di ciò che è scritto con i segni ‘alfabetici’; il bustrofedico invece vuole essere ‘segno tra i segni’ e pertanto da aggiungersi nella lettura completa del testo. Naturalmente c’è da chiedersi dove nel testo inserire la voce (continuo, immortale, eterno, ecc.) ma è evidente che essa è da collocarsi all’inizio o alla fine. In questo specifico caso sembra che vada posta alla fine ( V. più avanti l’interpretazione della scritta). C’è da aggiungere che la presenza del serpente potrebbe offrire solo la sfumatura della sacralità alla scritta (alludere alle qualità della divinità) senza che esso vada ‘tradotto’ con un ‘aggettivo’ con riferimento ad un sostantivo presente nel testo. Insomma sarebbe un ornamento allusivo e  ‘significativo’.  
10 I documenti nuragici mostrano bustrofedismo (lettura a spirale di serpente: v. supra n.9 ), con andamento destrorso o sinistrorso e anche dall’alto verso il basso. Si veda per quest’ultimo il bel documento della pietra di Terralba.

11 Non poche volte la linea orizzontale è marcatamente obliqua. Ciò, come abbiamo spiegato più volte, è ‘segno’ di avvertimento circa il significato della scritta da ritenersi di ‘difficile’, non immediata comprensione. Si veda ad esempio il documento lapideo tardo nuragico in scrittura consonantica in mix e con lessico semitico, latino ed etrusco del III secolo d.C. 

13 Ovviamente man mano che si va avanti e vedono la luce sempre più documenti si riscontrano costantemente segni uguali o simili. La novità in genere consiste nella più o meno marcata  ‘variatio’ formale e nell’orientamento di essi. In questo documento il ‘nuovo’ caso consiste nella leggera variazione della yod cosiddettalunata’ a parentisi che si mostra più ‘quadra’ che tonda (come di norma).

14 Attenzionel. I segni della lamed non sono quattro ma cinque. Nella settima linea (l’ottava in realtà) il primo segno della lettura destrorsa, una shin, è in legatura con una lamed come chiunque può notare facilmente con lettura autoptica. E’ la chiarezza con la quale risulta incisa la shin e il pregiudizio sulla scrittura ‘fenicia’ (che non possiede di norma legature) che hanno fatto velo e  indotto gli studiosi a ritenere irrilevante e casuale la chiara incisione del secondo tratto della lamed. Per regola di direzione della scrittura la lamed viene prima ed è quella che va letta per prima, come preposizione, nella scrittura destrorsa. E’ detta legatura che consente di comprendere pienamente la sintassi e quindi il significato della parte finale della stele norense : dono dei Norani/ per (l) il figlio (bn) di NGR/ LPHSY.      

15 v. Attardo E., 2002, Dall’egizio al greco. Mille anni di scrittura lineare, Padova; idem, 2007, Utilità della paleografia per lo studio, la classificazione e la datazione di iscrizioni semitiche in scrittura lineare, in Litterae Caelestes. Center for Medieval anda Renaissance Studies, 2 (1).

16 Si veda sulla barchetta, dopo la visione autoptica, il nostro articolo iniziale annunciante la scrittura nuragica (dimostratasi poi scientificamente come tale) con la presenza del pugnaletto quale segno alfabetico tra segni alfabetici: Sanna G., 2010, Buon Natale da Teti NR H ‘Ak H ‘AB H; in GianfrancoPintore blogSpot.com (17 Dicembre).


18  Il segno però può risultare, come nello ‘specimen’ dei sigilli cerimoniali di Tzricotu di Cabras, orientato diversamente, a formare, grosso modo, una U del nostro alfabeto.



21 L’iscrizione, nonostante sia interessantissima e per la tipologia dei segni e per il contenuto, purtroppo è ancora sconosciuta e del tutto trascurata dalla scienza epigrafica


22  Atropa Belladonna 2011, Segni al Museo di Sassari, in gianfrancopintoreblogspot.com (11 novembre).


24 Non pare costituire incisione ma segno accidentale il ‘serpentello’ (che risulterebbe molto più pittografico del precedente) che si trova al di sotto della seconda hē. Ciò induce a pensare soprattutto il fatto che i segni diventerebbero dieci, numero questo non concepibile in una scritta ‘sacra’ molto attenta alla numerologia. V. nota 7.

25 La nun a serpentello e la hē a parentisi (agglutinata alla yod)

26 V. Sanna G., 2009, La stele di Nora. Il dio, il dono, il santo. ecc., cit.,3,4, pp. 99 - 116.

27 Si veda in particolare Osea, 2, 18.

28 Il coccio selargino  presenta con chiarezza la presenza di una ‘ayin  seguida da una lamed. Sequenza questa  che non può che far ritenere  che la lettera mancante iniziale sua una beth. V. fig. 14.



* Il presente articolo non è definitivo. Vuol essere una breve anticipazione e quasi una bozza di un più ampio saggio che contiamo di pubblicare quanto prima.
















    









     













10 commenti:

  1. Attendevo con trepidazione l'ennesima conferma. E le spiegazioni sono lucide, chiarissime. Grazie infinite. Il mio unico dubbio resta sempre lo stesso..come poter parlare di scrittura fenicia se i Fenici (et cetera et cetera). Orni Corda.

    RispondiElimina
  2. Negare la scrittura nuragica ed attribuirla ai fenici,sinceramente mi fa incavolare,ma ciò che è più grave è che lo pensino i"così detti esperti sardi".Per caso anche i nuraghi sono opera dei fenici?Basta,basta!

    RispondiElimina
  3. Il fatto è che non si parla solo di scrittura 'fenicia', ma di tutte le scritture possibili e immaginabili del Mediterraneo. Prima la tesi sui numerosi documenti era questa: 'è tutto falso o non c'è nulla di attendibile. Non abbiamo nulla di certo in mano, archeologicamente parlando'. Poi, travolti dall'evidenza (la barchetta di Teti in particolare), hanno rinculato sulla scrittura sì su supporti sardi nuragici ma non 'sarda'. Dall'esterno tutti si sarebbero affannati a mettere la firma alfabetica su materiale nuragico. Insomma'grammata' in Sardegna ma senza che i Sardi c'entrassero. Ci sarebbe da ridere, come si suol dire, se non ci fosse da piangere. A sucutu, sena d'acabare. Pensate allo spillone di Antas, un oggetto nuragico usatissimo nella simbologia nuragica funeraria per indicare' la fermezza, la solidità, la sicurezza' (della non morte per intercessione di un santo nuragico: GAYNI). Ebbene, i segni (senza che ce ne sia uno che uno veramente cipriota, sono di un tale che in sillabico cipriota -minoico ha scritto il suo nome (un uomo venuto da Cipro in Sardegna sceglie una spilla di fattura locale e fa incidere su questa un’iscrizione, usando una scrittura cipriota, ricordo delle sue radici e con cui verrà sepolto) Sic! Capite la follia fantaarcheologica accademica? Se lo avessero scritto altri ci avrebbero ricamato su per anni! Ora però la strada è spianata per i negazionisti 'mannos' e 'minores'. Infatti, che è questa scritta di Pula (Nora)? Un testo paleoebraico di un levantino approdato a Nora che, appena sbarcato e salvo dopo la tempesta, ha inneggiato al suo dio (YH) con una scrittura di tipologia protocananaica. Che squallore, ragazzi! Pur di negare l'evidenza si dicono solo stupidaggini stratosferiche e si prende a calci la scienza. Forse qualche pappagallo imbecille ora, usando la formula che tutto risolve, dirà che il coccio del crogiolo nuragico del Nuraghe Addanas di Cossoine è stato scritto da un altro levantino 'paleoebraico' ( forse a contatto con gli egiziani) per glorificare 'RA luce di yh'. E dirà ancora che lo yaziz figlio di ZZY della scritta dell'archetto della chiesetta campestre di Semestene è nome di un facoltoso ebreo, insediatosi in Sardegna,che ha fatto edificare la chiesa e comporre quella strana scritta (addirittura con un segno 'fallo' acrofonico!) per glorificare il solito yhwh. E dato che c'è sosterrà che ad Aidomaggiore il 'tetragramma' di YHWH inciso nel betilo, manufatto custodito nei locali del comune, non è altro che opera grafica di un altro levantino che adopera la simbologia nuragica per glorificare la luce (NR) del dio israelitico. E come no? Lapalissiano! Evviva lo yhwh dei levantini! Abbasso lo yhwh sardo! Oiamomia ti arrori!

    RispondiElimina
  4. Il tema è sempre lo stesso: quello religioso; le parole, in modo monotono, sono sempre le stesse: inneggianti la monoteistica divinità, e per tanto monotematiche; ma i grafemi, la direzione di scrittura e la composizione sono sempre diverse, tese come sono al nascondimento della divinità. Il principio che muove questo stato di cose è sempre lo stesso in tutte le manifestazioni che l'uomo sardo di quel periodo dedica alla sua divinità, che sia essa scrittura, statuaria o edificio templare; e proprio nei monumenti ritroviamo, ma non lo diciamo da oggi, questa “variatio” estetica, ripetitiva, ondosa direi, nel continuo mutamento che è movimento. E' vita. La parola è, ed esprime la vita. La parola scritta incisa nella dura pietra per sua natura è immutabile ed eterna, parrebbe per tanto senza vita, ma non è così; essa la parola scritta è resa vitale nella sua “variatio” estetica; quella “variatio” che trova ritmo nel numero, e movimento nel continuo mutamento di forme di ogni singolo grafema, e ogni singolo grafema è un gioco di prestigio. E prestigioso era (sembra proprio così!) usare grafemi di lingue e culture diverse, per stupire alcuni e stordire altri, ma poco importava, dovendo quella sequenza di grafemi lodare un dio che le capiva tutte le lingue. E geloso com'era era ben felice quel dio che la formula fosse nascosta, perché lui era nascosto. Una formula nascosta che preservava l'invocatore e l'invocato dal male. Per tanto individui alieni, culturalmente diversi, adoratori di altri dei o semplicemente “invidiosi”, erano tenuti lontani, benché potessero vedere quei segni (ma non dico nulla di nuovo).
    Questo è necessario capire della scrittura nuragica. Chi non vuol capire continuerà a tessere congetture senza senso e senza significato. Per tanto è necessario armarsi di coraggio e buona lena per iniziare... iniziare, studiando tutti i grafemi che circolavano in un determinato torno di secoli. Sembrerebbe lavoro immane, ma basta mettersi di buzzo buono e mente ricettiva, il resto viene da se.

    RispondiElimina
  5. Ecco ci vuole"mente ricettiva" dote di cui dubito abbiano i negazionisti della scrittura nuragica.Chissà che interessi hanno!.

    RispondiElimina
  6. Protosinaitico non significa Nuragico, ma Protosinaitico!

    RispondiElimina
  7. Caro Giovanni Maria; non so se mi sto rivolgendo al Professor Ugas, ex docente di Preistoria e Protostoria presso l’Università degli Studi di Cagliari, oppure altra persona; ma poco importa in questo contesto esplicativo; tant'è che se il Prof. Ugas nulla abbia a che fare col commento poco sopra pubblicato, nulla né avrà in termini di torto o di merito.
    Entrando nel “merito” dell'argomento, mi sento di emendare i termini della questione ribadendo (ce ne fosse ancora bisogno), che nessuno... dico “nessuno”, e tanto meno il Prof. Sanna, ha mai dichiarato che “Protosinaitico” significhi “Nuragico”... Non è stato mai detto questo, tant'è che nel mio ultimo commento, poco sopra il suo, Signor Ugas, ribadisco (quante volte lo abbiamo detto!) che quella nuragica è una scrittura che fa uso di grafemi di altre lingue per “stupire alcuni e stordire altri”. Repertorio di grafemi che annovera, tra gli altri, i segni del Protosinaitico. Ossia è una scrittura in “mix”, come puntualizza il Prof. Sanna; caratteristica questa che è una delle regole fondanti la scrittura Nuragica.
    A questo punto il consiglio è uno solo: prima di lanciarsi in obiezioni che nulla hanno di obiettivo, è necessario armarsi di coraggio e buona lena per iniziare... iniziare, studiando tutta la bibliografia pubblicata in questi anni dal Prof Sanna a riguardo della scrittura Nuragica... ma non basta; per cogliere il significato profondo di quella scrittura, abbia bontà, ma è necessario che si studi tutti i miei lavori di carattere archeoastronomico relativi ai monumenti di età nuragica; anche lì potrà cogliere, alla stregua della lettura di stringhe scrittorie e lettura metagrafica, il sentimento che sta alla base della concezione religiosa di quel popolo. Concezione religiosa che vede nel mutamento continuo (movimento) di ogni opera e artificio umano di quelle genti, un tributo alla manifestazione e nel contempo al nascondimento della divinità. Caratteristica quest'ultima, che il Prof. Sanna ci dice essere altra prerogativa essenziale della scrittura nuragica: l'obliquità; ossia la sfuggevolezza di quel dio, l'ambiguità: la bonarietà e nel contempo la cattiveria perché, sapendo cogliere i suoi segni-segnali si dimostrava bonario (21 di aprile), al contrario si dimostrava crudele lì dove il segnale da lui mandato non venisse colto.
    Associando, in uno studio interdisciplinare, le due tematiche, che sembrano tanto lontane l'una dall'altra, si potrà cogliere questo sentimento di fondo che pervadeva e scandiva la vita di quelle antiche genti.
    Sandro Angei

    RispondiElimina
  8. Ora, che i levantini avessero l'aspirazione di scrivere i loro aforismi sulle coste sarde (almeno queste è incontrovertibile che lo siano!), sulle pietre sarde, sulle ciotole e vasellame vario sempre sardi e forse sui cumuli di tavolette di sughero, sempre sardo, dico che è una cosa possibile, se non probabile. Ma a una condizione: che nei territori del Levante fosse vietato scrivere.
    Solamente a queste condizioni si può parlare di scrittori levantini, venuti in Sardegna per esprimere in concreto la loro massima aspirazione.
    Di questo passo, ragionando sull'esperienza, solamente presso i Filistei si sono trovate scarsissime tracce di scrittura e tali che nessuno riesce a leggerle dato che l'autore le vergò in modo tale che potesse sempre dire, di fronte all'autorità in giudizio, che di scrittura non si trattava, ma di semplici graffi.
    Di conseguenza, è d'uopo non solo rivalutare l'intuizione di Garbini circa la scritta della brocca di S'arcu de is forros, ma convenire che tutto ciò che è scritto in terra di Sardegna, e anche tutto quello che lo sembra, è opera dei poveri filistei, inibiti a scrivere a casa loro.
    Lo so che è dura da mandarla giù, ma ricordo che nessuno è obbligato a farlo.

    RispondiElimina
  9. Signor Francu,come al solito,lei con la sua stupenda ironia ci fa capire che i sardi sono stufi di passare come analfabeti,il quaio grosso è che,certi esperti,la pensano diversamente da lei;forse sono antenati dei filistei?

    RispondiElimina
  10. Mi scuso per "quaio" sono un'antenata dei nuragici ignoranti.

    RispondiElimina