domenica 28 giugno 2020

DRAMMA alla SARDESCA


Francu Pilloni

Mi piacerebbe scrivere un dramma, un componimento ricco di personaggi tormentati, contraddittori, che vivono di certezze, di speranze e di illusioni, che esprimono passioni sincere e travolgenti, rimanendo coerenti con se stessi, caparbi e ostinati alla sardesca, vale a dire alla maniera, come è nel costume del Sardo Popolo.
Non ci riesco.
Sarà per quella nuvola di scetticismo che mi avvolge e spesso mi travolge, per quell’innata, insopprimibile ironia che si pone, come lente d’ingrandimento, fra me e la realtà, fra me e la vita, mia e altrui.
Voglio dire che mi manca la vena, l’estro, l’afflato dovrei dire per consonanza con la tragedia classica, perché personaggi di assoluto rilievo hanno bisogno di nutrirsi di parole auliche.

giovedì 25 giugno 2020

SARDEGNA ANTICA. CARI ARCHEOLOGI, NON ABBIATE PAURA DEI 'SEGNI'. NON MORDONO.

di Gigi Sanna
    Cari archeologi, ormai è un dato acquisito della ricerca scientifica in Sardegna. Se un qualsiasi manufatto, se un  qualsiasi supporto presenta dei 'segni' antichi non riconducibili subito a dei simboli noti e 'comprensibili' dalla 'pseudologica' attualizzante, se mancano di 'familiarità', bisogna accantonarli, rimuoverli e offuscarli con  più di un alone di sospetto. Al massimo citarli in qualche nota minima di qualche paginetta minima di una rivista minima di scienza minima. Non sia mai che sorgano discussioni con chi i 'segni' non solo li osserva ma anche li studia. Abbiamo visto nella mia pagina di facebook  l'immagine del toro e della serpentella gravida scolpita nella pietra distante pochi metri dell'ingresso del Nuraghe Losa

    Interesse? Nessuno. L'associazione abbasantese che vigila e cura gli interessi del nuraghe ha gridato e protestato per la 'pietra scritta' abbandonata alle intemperie e ritenuta 'niente' . Nulla da fare: 'che si facciano i fatti loro e vendano libri 'santificati' e biglietti d'ingresso'.
    Nella stessa maniera e forse di più si è gridato da parte nostra per la bellissima (forse un 'unicum') stele fallica di Aidomaggiore rinvenuta presso un'azienda agricola (v. fig. capovolta e da noi proposta, ormai anni fa, con orientamento corretto) con la raffigurazione di un 'mostro' metà uccello e metà pesce. 
    Che ci fa in una pietra antica (anzi antichissima) una simbologia siffatta? Risposta: niente. E quando uno qualsiasi del coro della permanente negazione per la negazione dice 'niente' vuol dire scientificamente niente. Eppure, potete pestarvi e sbattervi per terra, perché la stele è stata trovata e segnalata da altri. Da una semplice guardia forestale Ma quell'occhio gigantesco sul mostro uccello -pesce va presentato, va catalogato, va fatto andare per il mondo, va in qualche modo spiegato (possibilmente dando uno sguardo all'etrusco). Non vale 'zero' , cari miei,perché l'evidenza quando è stratosferica è zero solo per gli imbecilli o per le persone in malafede.

martedì 23 giugno 2020

Per non dimenticare. Durante l'età del rame Monte Baranta si distingue e pone un punto fermo al tramonto del solstizio d'estate.

Di Maymoni blog

   Vogliamo qui riproporre in forma integrale un articolo comparso in questo blog ormai quattro anni fa. Lo riproponiamo a festa consumata, perché nel tripudio chiassoso di eventi solstiziali di giugno, l'evento di Monte Baranta sarebbe passato, negletto, senza che alcuno fosse lì a cercarlo. A mala pena è stato cercato il solstizio d'estate a Santa Cristina, e lì poteva essere un tripudio di visite. Ma a quanto pare fà più effetto un evento voluto solo dalla fisica; tipo la riflessione dell'ombra che si capovolge nel medesimo pozzo, non per effetto voluto dall'uomo, ma per semplice principio fisico facilmente visualizzabile in qualsiasi tinozza addossata ad un muro. Oppure fa più scalpore la chiusura dell'orifizio apicale del nuraghe "Is paras" di Isili benché, anche lì, il solstizio d'estate sia pura casualità, almeno quanto lo è la Luna nel pozzo di Santa Cristina al lunistizio maggiore (se qualcuno ben ricorda la prova di ciò la esposi nello studio del pozzo sacro di Funtana coberta di Ballao). E questo perché, se consideriamo la sezione zenitale di un qualsiasi nuraghe troviamo che la cupola ogivale di gran parte di essi ha una forma tale che i raggi solari al mezzogiorno del solstizio d'estate illuminerebbero (vi fosse in tutti il pertugio apicale) il cerchio di base. E questo non perché si volesse creare una ierofania luminosa quel giorno, ma semplicemente (con buona probabilità) per quel rigore geometrico riscontrato nello studio del pozzo di Santa Cristina, dettato da uno strumento, il cosiddetto "mòdano", atto alla standardizzazione architettonica.

venerdì 19 giugno 2020

CARO PILI (MAURO). STAVOLTA SEI STATO MENO INCISIVO. SULLE STATUE DI MONTE 'E PRAMA ANCHE I SARDI C'ENTRANO SUL 'PASTICCIO ARCHEOLOGICO', COMPRESO IL 'SARDUS PATER'. LA SCOPERTA DELLA GRANDE STATUARIA COMPLICAVA E INFICIAVA IL CONCETTO DI SARDEGNA 'BARBARICA' E APPARTATA TEORIZZATO DALL'ARCHEOLOGO. COSI' COME PIU' TARDI LA SCRITTURA DEI SIGILLI DI TZRICOTU. E CI SI MOSSE PERTANTO CAUTAMENTE, 'LENTO PEDE' E, SI DIREBBE, CON POCO ENTUSIASMO. ANCHE DA PARTE DEI DISCEPOLI PIU' LEGATI A LUI.

di Gigi Sanna

 Caro Mauro Pili stavolta nella pagina dell'Unione Sarda non hai centrato. La storia della statuaria di Monte 'e Prama non coinvolge solo l'affidamento assurdo degli scavi alle cooperative rosse e ora, si dice, a delle 'società' calabresi. Non c'entra solo la Sovrintendenza cagliaritana e, se si vuole,  la cecità (?) del Barrecca. C'entra anche e soprattutto la lentezza e la freddezza iniziale di Lilliu. E c'entra, secondo me, tutta l'archeologia sarda che, 'more solito', minimizzò, ora per timidezza congenita ora per sudditanza psicologica (
la Sardegna sempre 'minima' per contributi e le civiltà 'superiori' sempre 'superiori'). Ma forse anche per il timore 'politico' dell'impatto della scoperta sulla coscienza autonomistico/indipendentistica dei Sardi (più tardi questo timore, espresso come reale, si palesò in una ormai famosa lettera a Sergio Frau da parte della dott.  Bietti Sestieri funzionaria dell'Istituto Italiano di Storia e Protostoria di Firenze).



 




Le pp. 397 - 401 del cap. 10 di Sardoa grammata.

   Quando scrivemmo (v. supra) il cap. 10 di SARDOA GRAMMATA (Il tempio nuragico a 'colonne solari' di Monti Prama di Cabras e i sacerdoti guerrieri figli del dio yhwh, pp. 395 - 411) erano passati cinque anni dal momento in cui col compianto Gianni Atzori, dopo un fugace sopralluogo sulla collina, ci eravamo resi conto del come ancora si trattava la 'quaestio' Monte 'e Prama. Cioè con evidente, assurda 'indifferenza', senza il brio e lo slancio accademico delle 'occasioni archeologiche' uniche e irripetibili, senza che nessuno studioso si decidesse a fare semplicemente quello che andava fatto: 'gridare' al mondo con tutti i mezzi e tutti i modi, della scoperta enorme, davvero sensazionale, fatta in Sardegna. 'Gridare al mondo' perché si trattava di un fatto legittimo, in quanto il dato di scoperta non era circoscritto e limitato ad un'isola, ma veramente mondiale, attinente cioè alla cultura storicamente seguita e sempre sotto la lente d'ingrandimento della scienza di tutta l'umanità.  
    Si lasciò così che pezzi di statue e di parti templari (v. nostre fotografie del 1999 in SAGRA alla p. 57) giacenti ancora nel terreno, scarto evidente di scavi clandestini di quegli anni, restassero a far persino da muretti a secco di un sito (l'agro della Confraternita dal Rosario) senza tutela alcuna, dato addirittura in concessione per lavori di semina. 
   La nostra indignazione si sfogò in qualche telefonata a degli archeologi e soprattutto in una intervista rilasciata a Radio Cuore, allora una emittente seguitissima nell'Oristanese e non solo. Risultato: nessuno. Interesse zero o quasi. Silenzio di tomba. Oggi non sappiamo se quei pezzi, trovati fortuitamente, furono raccolti e catalogati. Né se mai siano arrivati a Li Punti per il restauro della statue. Ma una cosa sappiamo: che ci fu, nel corso degli anni ottanta e novanta, per colpa di quell'assurdo tiepido (chiamiamolo così) interessamento, una dissennata corsa privata popolare al 'banchetto' archeologico, a causa del quale non pochi in Cabras fecero impunemente incetta di 'teste', di 'braccia', di 'gambe', di pezzi di 'archi' e di 'scudi' e di  quanto potesse essere ritenuto, in qualche modo, 'pezzo' con significato (commerciale). 
   Il 'vero museo' delle statue, si diceva, non era in Cagliari ma nelle case private di Cabras e, forse, di Oristano. La testa più bella in assoluto di un Gigante, finì nelle mani di un segretario di scuola e da lì, come 'regalo' di nozze, ad una coppia di 'torinesi'. Lo confessò al sottoscritto e a Gianni Atzori il detto segretario in un incontro tenutosi in casa sua. In Cabras era nella bocca di tanti che i pezzi delle statue venissero asportati dal 'monte' nottetempo addirittura con i carrelli di trattore. E si diceva ancora che un carico era finito nello stagno, scaraventato in tutta fretta  dagli scavatori clandestini impauriti per un improvviso controllo dei carabinieri o dei barracelli.






lunedì 15 giugno 2020

ZIU PEPPANGIULU


Francu Pilloni

Cunno che vi ha nati!” esclamò ziu Peppangiulu, mentre portava gli asini al pascolo.
Era il 1942, tempo di guerra, tempo di tedeschi accorsi per parare lo sbarco degli alleati in Sardegna.
Un drappello di essi, con due carri armati, si era accampato sotto due enormi querce a fianco delle vigne di Bingia de Ganellu.
Ziu Peppangiulu era convinto che quelli uomini in elmetto d’acciaio masticassero poco l’idioma quotidiano dei contadini e dei pastori sardi, quindi pensò bene di esprimersi in italiano.

lunedì 1 giugno 2020

TUTTI A CASA; TUTTI AL MARE



Francu Pilloni


Ho avuto la tentazione, in questi giorni di annunciata riapertura, di leggere, o rileggere, qualcuna delle opere di Platone, di Aristotele, o anche di Machiavelli, di quelle che parlano di “Politica” nel senso proprio di “attività e modalità di governo”, allo scopo di scoprire se, alla base di ogni decisione che porta a una norma, vi sia, anzi vi debba essere o no, una quota, o almeno una traccia di buon senso comune.
Siccome sono indolente, ho preferito rifugiarmi in qualche passaggio del buon Lucio Anneo Seneca che dell’eclettismo ha fatto un faro, giusto per approdare al porto sicuro De trenquillitate animi.

Oggi sappiamo per certo che da mercoledì mattina è ufficialmente archiviato il film “Tutti a casa” col bravissimo Sordi, ma ci buttiamo sul “Tutti al mare” col non meno bravo Proietti, cantando insieme all’indimenticata Gabriella Ferri l’omonima scanzonata canzone. Che liberazione!