La rubrica di Maymoni

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domenica 25 ottobre 2020

Il pozzo sacro di Is Pirois - terza parte


di Sandro Angei 

6. La funzione del pozzo sacro

    Abbiamo appurato che il monumento, benché orientato secondo le note specifiche geometriche, non poteva manifestare la ierofania nel modo classico, ossia luce riflessa che penetra e si manifesta all'interno della camera attraverso la scalinata, come avviene nel pozzo di Santa Cristina e di Funtana coberta; inoltre nulla ci induce a pensare che la manifestazione luminosa fosse legata in modo stringente alla illuminazione di un caratteristico particolare architettonico come avviene nel pozzo di Santa Cristina (concio alfa del 12° anello). Per tanto a quale altra funzione poteva essere dedicato il pozzo di Is Pirois?


   Di primo acchito, e rifacendoci alla particolarità della riflessione luminosa che entra dall'oculo ed esce, per così dire, dalla scalinata, ho pensato ad un rito dal sapore spettacolare, forse anche verosimile, che però abbiamo deciso di descrivere solo in nota perché poco, anzi nulla, ha di scientifico12.

***

  In nota (12) abbiamo esposto una ipotesi sui generis, ma una seconda ipotesi, ben più plausibile, prende in considerazione l'uso della manifestazione ierofanica per uno scopo di natura più pragmatica

giovedì 22 ottobre 2020

Il pozzo sacro di Is Pirois - seconda parte


di Sandro Angei

Vedi  Il pozzo sacro di Is Pirois - prima parte

 4. Il metodo “Santa Cristina”

   Appurato il dato oggettivo della presenza del foro apicale nella cupola del pozzo e attribuita una precisa funzione all'edificio soprastante; possiamo proseguire il nostro studio per dire innanzitutto che quell'azimut di 141°41', secondo noi è il risultato di un calcolo geometrico basato sempre sul noto metodo scoperto nel pozzo di Santa Cristina e testato in quello di Funtana coberta di Ballao.


   Naturalmente è uguale il metodo ma non la costruzione geometrica che varia continuamente; nessun pozzo è uguale ad un altro, e questo lo abbiamo già sperimentato nel pozzo di Ballao, dove la costruzione geometrica dell'orientamento avviene in senso antiorario.

   Analizziamo innanzitutto quale fosse il principio che dettava l’orientamento della scalinata del pozzo sacro, perché da questo si capirà quale sia il vero orientamento.


   A Santa Cristina notiamo che i raggi solari entrano all’interno del pozzo seguendo lo stesso percorso che segue l’uomo che scende al bacile lustrale secondo un azimut di 153°8’. Lo stesso succede a Funtana coberta con la scalinata orientata ad un azimut di 240°43’. Pertanto possiamo dire che la direzione della scalinata nei due pozzi coincide con quella che assume il sole quando è in asse a quelle, perché il sole entra dalla scalinata.

domenica 18 ottobre 2020

Il pozzo sacro di Is Pirois - prima parte

L'idrometro divino di Is Pirois

Natura acquifera di un pozzo sacro

di Sandro Angei

vedi: Book fotografico di un pozzo sacro



   Chi professa la ricerca scientifica di norma non parte da presupposti che in seguito tenta di dimostrare, ma esamina quanto emerge dai lacerti del mondo antico per tentare di ricostruire almeno una piccola porzione del passato. In definitiva, lo studioso esamina tutte le fonti nel loro complesso e solo in seguito trae le conseguenze, accetta e fa proprio quanto ha individuato.

Da “Studi sul tofet” di Piero Bartoloni in RIVISTA DI STUDI FENICI XLIII-2015


Riassunto e spiegazione: Partendo dalla descrizione del monumento, il saggio intende scoprire la funzione del pozzo sacro di Is pirois, perché tanti, troppi particolari ammantati dal mistero devono ricevere una se pur ipotetica ma plausibile risposta. Una risposta che possiamo e dobbiamo cercare nell'archeoastronomia, nell'architettura, nella topografia, nella geometria e in tutte quella branche della scienza che possono far luce lì dove l'archeologia classica non ha soluzioni. La scoperta di un particolare architettonico deve essere studiato nei minimi particolari e sottoposto ad analisi scientifica. La topografia aiuta in questo e l'astronomia, tramite i software ad essa dedicati, danno un efficace e veloce contributo in termini di dati scientifici, tanto da poter prevedere cosa succede nel periodo tra il 16 febbraio e il 28 di marzo e tra il 13 settembre e il 25 ottobre; e poter organizzare un sopralluogo (2 ore di auto) per registrare fotograficamente l'evento. Tant'è che le fotografie pubblicate non sono dettate dal caso che avrebbe voluto fossi nel posto giusto al momento giusto, ma sono il risultato di un preciso calcolo astronomico, tant'è che prima di partire per Is pirois il 16 di ottobre sapevo che dovevo essere davanti al pozzo sacro almeno alle ore 10:30 per poter con calma attendere la ierofania, che puntualmente si è verificata ed ho documentato a partire dalle ore 11:17 fin verso le ore 11:56.


Prologo

   Percorriamo, Stefano ed io, lo stradello che porta al sito archeologico del pozzo sacro di Is pirois. E' una bella giornata di sole, forse anche troppo, visto che picchia forte di buon mattino. Già da una

venerdì 16 ottobre 2020

Book fotografico di un pozzo sacro

 



   Capire cosa ritragga la fotografia qui sopra è cosa ardua, ma ho voluto inserirla per prima perché il protagonista di questo servizio fotografico è proprio lui il sole. E' lui a muovere la scena. E' lui che impone la costruzione dei pozzi sacri.

Certamente questa seconda fotografia è ben più esplicita, è quasi identica alla prima ma la potenza lucifera del sole è dosata, come se quello spiraglio tra i due conci limiti il suo fulgore. Ma lasciamo che siano le immagini a parlare.













Questa sequenza fotografia è l'anteprima di un saggio che tra breve pubblicherò in questo blog.

👉segue



mercoledì 14 ottobre 2020

TRE VOCABOLI

 F. Pilloni

Oggi vorrei (in sardo è voglio, molto più diretto) parlare di tre parole soltanto, un poco particolari e popolari, nel senso che vengono adoperate dal popolo, dalla gente comune, meno dai signori.


La prima è APPRAPUDDAI.

Dico subito che il canonico Bissenti Porru non (ri)conosce questo vocabolo, pur essendo di Villanovafranca, dove parlano alla maniera della Marmilla o della Trexenta. Egli segnala un Apprapai ma, sembrandogli troppo agricolo (contadinesco), lo rimanda a Appalpai, sicuramente più signorile e, si pensi all’italiano “palpare”, molto più civile.



Apprapuddai possiede una forza significativa molto più potente. Si pensi a qualcuno che dice: “Di questa cosa io non ne mangio perché l’hanno apprappuddada in tanti!”, ciò che fa pensare che sulla “cosa” in molti ci abbiano ficcato le mani, e che non le avessero molto pulite.

Apprapuddamentu dunque, è il toccare con le mani, o con le dita delle mani o dei piedi, qualcosa o qualcuno senza nessun profitto.

Apprapai, appalpai (in italiano palpare) fa tornare in mente quando, giovincelli, al cinema allungavamo la mano al buio verso la ragazza seduta a fianco. La cosa non era senza costrutto! E la vicina di posto non era “cosa” da scartare, perché nessuno l’aveva mai apprapuddada. Si pensi a che figura ci avrebbe fatto chi avesse riferito agli amici di aver apprapuddau una ragazza, al posto di dire che l’aveva lisciata, carezzata, piuttosto che pizzicata e leccata!



Il secondo vocabolo è ABBRABUDDAI.

In senso figurato, se uno, all’interno di una conversazione, mette parole che non ci appiccicano nulla, non diremoCosa stai apprapuddendi!”, che già non suona delicato, ma “Cosa stai abbrabuddendi!” che in italiano tradurremo con “Cosa stai blaterando!” o con “Bla bla bla!”.

Se stiamo attenti, quel abbraduddendi fa pensare pure a uno che comincia una frase e non la porta a termine, dunque a un discorso che non arriva a nessuna conclusione.



La terza parola è IMPRABASTAI.

Quando qualcuno si confonde e piglia aglio per cipolla, sia conversando che nel fare le cose, diremo “Ma cosa stai imprabastendi?”.

Imprabastai appare una forma molto peggiore di impiastrai, vale a dire combinare un impiastru (impiastro), e rendi meglio il disappunto per il casino che si è combinato.

Che si faccia attenzione perché impiastru è cosa differente da impastu (impasto): impastu è quello della farina (con acqua, sale e lievito) per fare il pane, quello della sabbia con la calce per fare la malta, e così di seguito; impiastru, a parte una cosa mal combinata o anche colui che l’ha combinata, vuol dire pure il miscuglio di erbe cotte (penso alla parietaria e alla malva) per fare una cucchedda, medicina antica per blandire il mal di denti e gli ascessi.

Cucchedda deriva da cucca, vale a dire trempa (guancia), perché si metteva s’impiastru appoggiato alla memoria (la tempia) o alla trempa.



Non per nulla, ma ora, tra quelli che hanno letto, qualcuno è in grado di dire se io, in ciò che ho proposto qui, ho abbrabuddau, imprabastau o solamente apprapuddau qualcosa?



Sono annoiato. La parte in italiano non ha migliorato nulla.

Non so a cosa sia servita.

mercoledì 7 ottobre 2020

TRES FUEDDUS

 Francu Pilloni


Hoi bollu chistionai de tres fueddus vetti, unu pagu particularis e popularis, in su sensu chi ddus imperat su populu de sa genti comuna, prus pagu de is sennoris.


Su primu est APPRAPUDDAI.

Nau luegu chi su canonigu Bissenti Porru no conoscit custu fueddu, mancai essit de Biddanovranca, anca fueddat a sa marmillesa o a sa trexentesa. Issu sinnalat unu “Apprapai” ma, parrendiddi troppu agriculu, ddu rimandat a “Appalpai”, seguramenti prus sennorili e, si pensit a s’italianu “palpare”, prus zivili meda.

Apprapuddai tenit una forza sinnificativa meda prus potenti. Si pensit a unu chi narat aici: “Deu de custa cosa no indi pappu ca dd’hanti totu apprappuddada!”, fait a pensai chi in medas inci hapat postu is manus, e mancu pulidas meda. 

Apprapuddamentu duncas, est su toccai cun is manus, o cun is didus de is manus o de is peis, calincuna cosa o a calincunu, chena nisciunu costruttu.

Apprapai, appalpai (in italiano palpare) fait torrai in menti candu, a giovoneddus, in su cinema allonghiaius sa manu in su scuriu a sa picciocchedda sezzida a su costau. E sa cosa no fut chene costruttu! E sa bixina non fut cosa de refudai, ca no fut apprapuddada de nemus. Si pensit a sa figura chi hiat a essi fattu unu chi hessit referiu a is amigus de hai apprapuddau una picciocca, a su postu de nai chi dd’hiat allisciada, carinniada o mancai spizzulada e linta!


Su segundu fueddu est ABBRABUDDAI.

In sensu figurau, si uno ponit fueddus in mesu a una chistioni chena ch’inci appoddint nudda, no heus a nai “Ita ses apprapuddendi!”, chi giai dilicau no sonat, ma “Ita ses abbrabuddendi!” chi in italianu heus a torrai cun “Cosa stai blaterando!” o cun “bla bla bla!”.

Fadendi attenzioni, custu abbraduddendi fait pensai puru a unu chi cumenzat una frasia e no dd’acabbat, duncas a unu discursu chi no portat a nisciuna conclusioni.


Su de tres fueddus est IMPRABASTAI.

Candu calincunu si cunfundit e pigat allu po cibudda, siat chistionendi che fadendi una cosa, heus a nai “Ma ita ses imprabastendi?”. Imprabastai parrit una forma meda peus de impiastrai, siat a nai fai un’impiastru, e rendit mellus s’arrenegu po su casinu cumbinau.

Chi si fazzat attenzioni chi impiastru est cosa differenti de impastu: impastu est de sa farra po fai su pani, s’arena cun sa carcina e aici sighendi; impiastru, a parti una cosa malicumbinada o chini dd’hat cumbinada, bolit nau puru s’ammesturu de erbas cottas (pensu a s'erb' 'i 'entu, a sa narbedda) po fai una cucchedda, mexina antiga po fai passai doloris de cascialis o ascessus.

Cucchedda benit de cucca, siat a nai trempa, poita si poniat s’impiastru appicigau a sa memoria (la tempia) o a sa trempa.


No po nudda, ma immui, intre is chi hanti liggiu, calincunu est in gradu de nai chi deu, in su chi hapu fattu innoi, hapu abbrabuddau, imprabastau o vetti apprapuddau calincuna cosa?


Seu arrosciu. Sa parti in italianu a cras o pustis.

Sempri chi serbat.