sabato 20 febbraio 2016

MAURO PEPPINO ZEDDA: ESUMARIA! L’ARCHEOASTRONOMIA ALLO SBARAGLIO TOTALE E LA SCIENZA IN ‘ITAGLIANO’. COME ESSERE IGNORANTI PERSINO DELLA EPIGRAFIA DI SE STESSI!

di Gigi Sanna


             Ho scritto ultimamente in un commento ad un mio post (e in facebook)  questa frase in sardo, pensando che soprattutto un sardo non istruito della civiltà contadina subito comprendesse:
'NON MI TOCCHEAS SA PIPPIA DE S'OGU'! NON DA PONGEAS IN SA VETRINA DE SU MUNDU PO D'IMBRUTTAI MANCU UNU PIU PO DE BADAS CA EST SA MELLUS DE IS FEMINAS CHI APAT CONNOTTU SA SARDIGNA. CA SI A S'AMIGA NOSTRA D'IMBRUTTAIS, SI DI FADEIS UMBRA MALA, CI PERDEUS OSATRUS E DEU, CI PERDINT TOTUS IS SARDUS CHI DE DIORA ASPETTANTA UNU SCANTU DE LUXI PO BATALLAI CUN S'ISCIENTZIA GIACOBINA MITOPOIETICA 'A S'IMBESSE'. S'ISCIENTZIA BECCIA E PUDESCIA DE IS MARGIANIS BECCIUS DE SU 'ITAGLIANO' (di aici Zedda)  DE S'ARISTOCRATZIA DE SA CIBUDDA! CUN ISSA IN CAMPU IS CALLONATZUS BARROSUS NON FRUCINT! CUSTU DU CUMPRENDEIS O NON DU CUMPRENDEIS? FORTZIS DE IMI PODEIS NAI TOTU CUSSU CHI OLLEIS E PENSAIS, MA DE ISSA NOU! DEGHINOU SI FATZU BI CHI SA PINNA PO BOCCI' IS ATRUS DA SCIDEUS IMPREAI TOTUS! SI D'ARREPITTU: LASSAIDDA IN PAXI CA NON MERITAT IS TRODDIUS DE NEMUS! NON SCETI IS DE AINIS DILINQUENTI!
(trad. Non toccatemi colei a cui tengo tantissimo. Non mettetela nella vetrina del mondo per infangare di essa neppure un capello inutilmente perché è la migliore delle donne che abbia conosciuto la Sardegna. Perché se  infangate l’amica nostra, se la mettete in cattiva luce, ci perdiamo sia io che voi; ci perdono i sardi che da tempo aspettavano un po’ di luce per contrastare la scienza giacobina ‘mitopoietica al rovescio’. La scienza vecchia e marcia delle vecchie volpi dello ‘itagliano’ (così scrive Zedda!) dell’aristocrazia della cipolla. Con lei in campo i coglioncelli, testardi e prepotenti, l’uovo non lo fanno! Questo lo capite o non lo capite? Forse su di me potete dire tutto quello che volete e pensate. Ma di Lei no, altrimenti vi faccio vedere che la penna per uccidere la sappiamo usare tutti. Ve lo ripeto: lasciatela in pace perché non merita i peti di nessuno. Non solo quelli dell’Untore Ainis, il  delinquente finito in galera!)

E invece Mauro Peppino Zedda, perito agrario con velleità universitarie,  insiste nel denigrare e impazza con l’intenzione di denigrare e denigrare. Pensavamo d’esserci liberati dell’Untore (che fra poco sarà processato per denigrazione e calunnia e tentato omicidio) e invece ecco spuntarne un altro. Con le stesse modalità che, proprio perché forse irresponsabili, vanno stigmatizzate. Abbiamo tentato in tanti di farlo ragionare, perché non  usasse  toni e frasi offensive,  da linguaggio portuale (quello di una volta), perché non osasse ficcare il naso dove non poteva per mancanza di istruzione adeguata, perché non scaricasse su altri le sue tensioni di studioso fallito. Non c’è una persona che una in Sardegna che non rida dei suoi studi e dei suoi libri, corretti sempre dagli altri. E’ vero c’è qualcuno all’estero che lo calcola;  ma è solo perché non lo conoscono sino in fondo e non sa quante sciocchezze ha scritto spacciandole per scienza e oro colato. Vogliamo la dimostrazione?  
Eccola. Per anni e anni è entrato (per altro mai gradito) nel Blog Monte Prama (diretto da una scienziata di fama mondiale) biasimando, tra insulti continui (ognuno li legga di persona perché sono incredibili!) e un linguaggio volgare quanti altri mai,  l’ignoranza crassa altrui e, per contro, vantando  la sua maestria come archeoastronomo. Una pena infinita! Anni e anni di tolleranza, di ‘lasciamolo perdere, tanto è quello che è!’). Fino a che  ha perso la pazienza davvero santa , ha rimisurato con taglio scientifico le sue di misurazioni e ha dimostrato che erano fasulle, che il suo libro era da buttare alle ortiche  o per lo meno da controllare per benino. Apriti cielo! Una lesa maestà! Altri insulti, altre accuse gratuite, senza che uno che uno gli abbia dato una mano, date le figuraccia sulle sue sciocchezze scientifiche presentate arrogantemente come oro colato. Istupidito, solo solo, come un cane. Ha cercato di risollevarsi, addirittura accusando puerilmente gli incolpevoli del GRS (Gruppo Ricerche Sardegna) perché  si era fidato del loro controllo circa le sue misurazioni ( fatte, come si è visto,  con strumenti giocattolo) e naturalmente dando addosso, con pugni all’aria,  ad uno studioso con i fiocchi come Sandro Angei (che da allora insulta quando può e quanto può) e chiama ‘sanniano’ (che disprezzo!)  solo perché lo ha fatto fesso. Tremendamente fesso sul piano della serietà e del  rigore scientifico. Uno, al suo posto, si sarebbe dovuto eclissare per mesi e per anni per godere (all’estero almeno, non certo qui in Sardegna) di un minimo di prestigio, per far ‘dimenticare’. E invece, per stornare l’attenzione su quella caduta rovinosissima ha continuato ad argomentare su inesistenti finestroni circa  un nuraghe che non solo non aveva misurato con attenzione ma che molto, probabilmente non aveva mai visto o visto per qualche minuto per chiacchierarci su. Ne sono nate risate, su risate perché tutti sanno che  errare è umano, ma insistere e sbagliare dopo qualche secondo è bestiale. E risate non per malevolenza ma per umano affetto dal momento che, come autorevolmente si sostiene, il riso nasce per i tontoloni e gli sbadati: se scivoli e metti il sedere per terra il primo istinto è quello di ridere di gusto
  Ma come argomenta il nostro? Con quale piglio scrittorio di uno che sa ( o dovrebbe ben sapere)  che ha a che fare con persone che hanno un grado medio o elevato di istruzione? Con quello di sempre: con l’ignoranza totale della grammatica e della sintassi, senza un minimo di autocontrollo e di disciplina mentale. Non esiste l’apostrofo, la virgola, il punto.’ Le’ e ‘gli’  vanno bene  per tutto, la sintassi è tutta del colloquio sbracato al bar. Non bastasse. E il lessico? Rivolgendosi a me (che mai, dico mai, con nessuno ho fatto pesare quello che non è altro che il frutto del mio modesto mestiere) mi dice: ‘ ho pensato a cancellare i refusi’.  Già sono errori di stampa i suoi e non della sua stolta indisciplina! Ha tentato di piagnucolare e di  commuoverci dicendo che lui sbagliava perché era uno cresciuto nella campagna con i suoi che parlavano solo il sardo. E noi, devo dire,  ci siamo inteneriti un po’, nonostante tutti gli insulti e gli improperi. Certo si comprende. Ma vivaddio!  Uno che pretende di dare esami di epigrafia e di diplomatica,  che cerca di entrare nel campo di quell’ istruzione che sa di non avere, prima ha l’obbligo di sudare su quello che lui chiama ‘itagliano’ e ‘itagliano’ scrive. Gli abbiamo fatto notare, garbatamente,  che prima di studiare l’epigrafia che riguarda altri documenti era bene che l’epigrafista in erba i primi rudimenti dell’epigrafia li usasse per i propri di documenti. E che prima di usare parole roboanti come ‘epistemologia’ e ‘semiotica’ e scomodare Popper (usa continuamente la ‘voce’ come una droga o un intruglio salvifico!) andasse a studiarsi i semplici significati della parole in italiano. E invece che ti fa? Offeso per persone che hanno severamente  ‘svegliato l’orecchio che sta nel suo dorso’ corre nella sua tana  ‘scientifica’ popperiana a fare il maestro di epigrafia a tutti e per tutto  sbandierando la sua competenza ‘rudimentale’  su documenti. Quali poi? Quelli che  fanno tremare le vene e i polsi per la fatica che occorre  per interpretarli e inserirli in un contesto probabile di senso.  E come se, conoscendo appena le tabelline, uno osasse inficiare quello che sostiene a scuola o altrove un professore di matematica!
Ma non sta qui il punto. Ho scritto chiaramente in sardo che il punto non sta affatto qui. Non c’entrano né lui (Zedda) né il sottoscritto. C’entra il fatto che bisogna tutelare una donna straordinaria che, anche se dovesse sbagliare nei miei confronti, anche se dovesse essere palesemente in difetto per un certo affetto,  non va messa  strumentalmente alla berlina. Una donna stupenda che, invece,  è stata infangata ancora una volta. La giudico una vigliaccata e solo una vigliaccata. La studiosa si è lamentata pubblicamente di persecuzione (attenzione alla persecuzione!)  e quasi, con la sua decisione di occuparsi delle sue cose e solo di quelle, ha ‘gridato’ che  non  vuole essere molestata. E invece? Di nuovo:  con la sciagurata iterazione, con  lo stesso preciso preciso stile al ‘fango’ continuato, quello iniziale dell’Abis untore;  sfociato poi, come si sa,  in un crescendo di follia che lo ha condotto catastroficamente in carcere. Tanto che monta? Denigrare, mettere in cattiva luce, offendere! Che bello, che goduria! E come no?  
Ora, con queste mie parole, è il  nostro Zedda che è messo alla berlina. Ma mica per il niente nero. Per fatti concreti, per le sue figuracce (che ha  ammesso con tristezza infinita, perchè ‘oggettive’) e per i suoi strafalcioni che lo  rendono penoso agli occhi di tutto il mondo.
Ora, lasciamo perdere la Sardegna, perché tutti lo conoscono il tizio (e molto bene) come fracassone, pasticcione e impulsivo; ma al di fuori di quest’isola come la prenderanno? Che diranno, una volta che attiveranno il motore di ricerca? Ma questo Zedda è davvero così? E’ davvero tanto pasticcione e incompetente  con l’archeoastronomia? E’ tanto approssimativo come lo si dipinge? Ma la conosce davvero  l’astronomia o è un astronomo ‘farlocco’ (questo è suo termine corrente per gli altri e per il sottoscritto!)? Perché mai stoltamente non tace e mette becco, ignorante com’è, su cose difficilissime da poter controllare criticamente? Perché vuol correggere lui gli altri quando non sa fare neppure  i compitini e se li fa correggere dagli altri (pena il riso universale)? Perché dice di conoscere bene quando non conosce neppure un po’? Perché di erge a maestro quando non è neppure alunno? Perché è così, sempre e sempre, arrogante e maleducato? Perché non ha mai un cane che lo difenda tranne un architetto compassionevole  che ogni tanto cerca di tenergli il collare ? Non ci saranno altri e forse dei ceffi che lo aizzano e lo fanno diventare un tragicomico burattino?
Chiudo, riprendendo parte del mio avvertimento in sardo. Vediamo se domani o dopodomani si insiste.  

FORTZIS DE IMI PODEIS NAI TOTU CUSSU CHI OLLEIS E PENSAIS, MA DE ISSA NOU! DEGHINOU SI FATZU BI CHI SA PINNA PO BOCCI' IS ATRUS DA SCIDEUS IMPREAI TOTUS! SI D'ARREPITTU: LASSAIDDA IN PAXI CA NON MERITAT IS TRODDIUS DE NEMUS! NON SCETI IS DE AINIS DILINQUENTI! 

15 commenti:

  1. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  2. No. Non voglio commentare ed ingaglioffarmi.Con certa gente maleducata si perde proprio la tramontana! Per questo ho cancellato il post. Vedremo se intenderà proseguire nell'assurdo e cioè molestare chi non deve. Perseguitare chi deve assolutamente rispettare! E ho cancellato anche perché non scriverò più per lui post a commento. Userò l'articolo incancellabile lo stesso suo meschino signorile prodotto.

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  3. Allora si mettano in discussione le sue tesi!!Cioè quelle di MPZ!!Dal blog di GP in sua memoria,ecco le tesi di MPZ:
    Sul significato astronomico di Monte d’Accoddi
    di Mauro Peppino Zedda

    Recentemente in un blog chimerico si è discusso a (s)proposito dei miei studi archeoastronomici.
    Tal Goria, ha maldestramente provato ad entrare nel merito della pubblicazione (dicembre 2009): “Topographical and Astronomical Analisis on the Neolithic altar of Monte d’Accoddi in Sardinia” (Pili, Realini, Sampietro, Zedda, Franzoni, Magli), pubblicato nel Mediterranea Archaeology and Archaeometry. Rivista scientifica dove vi scrivono i più autorevoli archeologi d’Europa.
    Ringrazio vivamente tal misterioso Goria per la sia pur piccola pubblicità fatta ai miei studi archeoastronomici, fiducioso che quelli che sanno di geometria ben sapranno capire l’inconsistenza teoretica del Goria. Le sue critiche sono veramente sciocche: purtroppo così come successo in precedenza le mie repliche, inviate al blog chimerico, sono state censurate.
    Sono queste: se io le dico di andare a leggere Contu: 2000, significa che lei deve andare nella bibliografia di Pili et al. 2009 e andare a consultare il libro di Ercole Contu L'altare preistorico di Monte d'Accoddi, 2000, Delfino, Sassari. In quel libro, mai smentito da nessun archeologo, Contu dice che i menhir sono collocati in posizione originaria, sulla cosa gli ho chiesto e mi ha dato conferma anche a voce,
    Ripeto: se qualche archeologo dimostrerà che l'archeologo Ercole Contu ha falsificato la situazione mentendo sulla posizione dei menhir, lo straordinario significato astronomico del sistema altare/menhir cadrebbe.
    Io sulla onestà intellettuale di Contu non ho nessun dubbio, se lei la vuole mettere in dubbio dica almeno in quale accademia opera.
    Mettere i dubbio l'onestà intellettuale del Prof Contu mi pare un tantino esagerato.
    Gli archeologi in questi ultimi vent'anni si sono dimostrati ottusi, ma le assicuro che non ho mai messo in dubbio la loro onestà intellettuale. Questo è il contenuto dei commenti che i coniglietti hanno vigliaccamente censurato: “Sull’onestà intellettuale di Contu non mi sfiora il minimo dubbio mentre è certa la disonestà di altri”.
    Da altre parti (nel Blog di Pintore e in altri) mi si chiede quali conseguenze comporta l’eventuale erezione dei menhir in tempi diversi dalla costruzione della piramide tronca di Monte d’Accoddi.
    Se i menhir fossero coevi o posteriori, solo un incompetente può negare che sono stati intenzionalmente collocati in punti funzionali alla collimazione del sorgere di Venere, Sole e Luna nei loro punti di arresto meridionali.
    Se fossero antecedenti si aprono due scenari:
    1)che i costruttori abbiano costruito l'altare facendo in modo che il suo centro coincidesse con il punto da cui si poteva collimare il sorgere di Venere ai venustizi meridionali in corrispondenza coi due menhir ;
    2)che per puro caso (un caso più unico che raro) il centro dell'altare sia risultato coincidente con tale punto.
    Sia E.Contu, sia V Tinè e A. Traverso hanno scritto che l'erezione i menhir è stata fatta in tempi coevi all'utilizzo dell'altare.
    Faccio notare che anche a Stonehenge la hell stone (un menhir collocato 300 metri a nord est del circolo megalitico che funge da punto di riferimento allo stesso modo dei mehnir di Monte d’Accoddi) è precedente al circolo megalitico!
    È provato che a Stonehenge vi erano strutture aventi significato astronomico precedenti al circolo megalitico che già utilizzavano la hell stone come punto di riferimento.
    Dunque seppur (stante quanto è stato scritto su Monte d’accoddi) sia più verosimile che i menhir siano coevi all’altare, è possibile che siano posteriori o antecedenti ma il significato astronomico non verrebbe meno!
    Sarebbe diverso ma non verrebbe meno!
    L’erezione dei menhir in tempi coevi farebbe pensare ad un pianificazione astronomica complessiva, tempi posteriori o anteriori ad una aggiunta in corso d’opera o dei menhir o dell’altare.

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  4. E' difficile aggiungere parole dopo quello che hai scritto, caro Gigi, ma per segnalarti che sono con te e con Aba, non solo perché siete amici, ma perché vi riconosco per gente per bene, oltre che pozzi di sapere a cui attingo a mio piacere, voglio regalare un'immagine che mi è venuta in mente, pensando appunto a tutta la vicenda.
    Un villaggio in mezzo alla foresta è stato devastato da un incendio che ha distrutto capanne e chiesa, facendo cenere anche delle statue della tradizione oltre che di quelle del nuovo culto. Il primo abitante a rientrare è un vecchio che di suo ha il mestiere di costruire brocche di terracotta, adatte per trasportare e conservare l'acqua. Così, prima di rifare gli oggetti di uso quotidiano, pensa di impastare il fango per riprodurre le statue del nuovo culto e le sembianze delle maschere tradizionali così come le aveva ben presenti in memoria e prima che le dimenticasse. Plasmava i modelli e li piantava sulla cenere, in quella che era stata la piazza del villaggio. Dopo settimane di lavoro, lo spazio intorno era gremito di santi e di martiri, oltreché di effigi di spiriti della foresta, maligni e benigni, con le loro maschere che facevano paura comunque.
    A un certo punto si presentò un elefante, furioso più per i dolori della sua tarda età che per ragioni che non potevano sussistere nei confronti del vecchio impastatore di fango, girò per la piazza, rovesciando e calpestando le statue.
    Passò di là, per puro caso, una équipe televisiva che immediatamente ritrasse la scena dal vivo. Scorrendo poi i fotogrammi si vide il pachiderma sbuffare e calpestare più volte la terraglia, ci furono i primi piani dell'animale, la distinta dei suoi occhi spenti, dei suoi piedi enormi. Si sentiva il rumore delle terrecotte infrante, i barriti terrificanti.
    Non si vide, se non sullo sfondo in qualche rara panoramica, il vecchio chiuso nel suo dolore muto, qualcosa d'insignificante di fronte al rumore e alla tracotanza insensata dell'animale.

    In realtà, molto simile a questo è la realtà del nostro vivere presente: mutatis mutandis (cambiate che cosa?), chi opera e costruisce giorno per giorno non fa notizia e resta nell'ombra; chi fa molto rumore come una noce vuota, guadagna la copertina per un giorno intero.
    Questa è legge che impone di apparire, altrimenti non sei nessuno. Ma è la legge dell'imbecillità, facciamocene una ragione.

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  5. Franco, ho detto che non scriverò per lui più post a commento. E voglio mantenere la parola. Se insisterà cercheremo (cercheremo, ma chissà!) di fargli capire che disastro fanno i metodi di discredito mediatico in rete. Nessuno si salva dal fango. Neppure Papa Francesco ci riesce! Il tuo AMEN ha fatto il giro del mondo, ma non lo farà questo tuo post. Nessuno, se non particolarmente interessato, legge le note di un libro per quanto importanti possano essere e per quanto straordinariamente belle come le tue. Come in questo caso. La gente è abituata ormai ai titoloni al vetriolo di prima pagina. Questo lo sanno i giornali, i quotidiani 'indipendenti' del cavolo, che con pochissime parole orientano l'opinione pubblica. Esistono saggi e saggi sulla malizia dell'informazione. Sulla sua ipocrisia. Oggi informazione partitica e non certo politica. Sbattere il 'mostro' avversario in prima pagina per tutelarne un altro è lo sport preferito a tutte le latitudini del pianeta.

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  6. E' morto Eco, il grandissimo Eco (ma non in tutto grandissimo) e voglio ricordarlo per il famoso riso e l'opera rara di Aristotele su di esso. L'assassino dell'abbazia, che (in una perla di letteratura di 'mimesi' storica del romanziere) parla in una predica, senza che gli altri se ne accorgano minimamente, di se stesso e svela chi è che avvelena i monaci, afferma che il riso, la conoscenza 'scientifica' di esso, è da respingere ad ogni costo. 'Ogni costo', tanto che il predicatore contro il riso per l'odio per il riso uccide tutti i ficcanaso che con il manoscritto di Aristotele voglio leggere e 'sapere'. Uccide perché il riso è l'arma più pericolosa che esista e può spingere persino... a ridere di Dio. Già, il serio, il tremendamente serio, il santo e il venerabile, il perfetto e l'irreprensibile muoiono all'istante per un troddio in chiesa. Lo sapeva benissimo questo l'Abis untore, psicologo della bisaccia altrui e non della propria, tanto che, più vedeva i nostri sforzi(nostri, non solo i miei)diretti e leali per offrire dati scientifici alla ricerca e più ricorreva ai rutti e ai peti. Più cercava il linguaggio della goliardia. Anzi scriveva o faceva scrivere dai suoi compari componimenti alla Ifigonia. Già il 'riso', questa facoltà che è solo degli uomini, differenti in ciò dagli altri animali! Bellissimo spesso ma quanto spesso anche reazionario, quanto conservatore, quanto talvolta persino mafioso.

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  7. Prof!!In questo contesto si pone il nostro MPZ,che con pochi mezzi culturali suoi e il solo studio dell'archeoastronomia pone in minoranza e osteggiando gli studi altrui,senza alcuna tesi contraria,gli si viene posta la questione dei suoi studi:Prima parte,


    Martedì 27 ottobre 2009

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    L'astronomia nuragica, una scienza esatta»

    «In molti immaginano gli uomini dell'antichità come esseri capaci solo di procurarsi il cibo e di lottare con il nemico. Per molti è difficile ammettere che gli uomini delle Grotte di Lascaux, ad esempio, fossero intelligenti quanto noi e forse anche più in gamba, se consideriamo quanto era dura la selezione naturale. Ed è difficile pensare che gli uomini dell'Età del Bronzo potessero impadronirsi di concetti impalpabili come l'incrociarsi di due orbite. Ma è così, e Santa Cristina ne è una dimostrazione affascinante».
    Barba castana e giacca di tweed, cognome francese, inglese fluente e cattedra polacca (Storia delle religioni all'Università Jagiellonica di Cracovia), antropologo innamorato delle scienze esatte: Arnold Lebeuf è un esemplare di studioso europeo iconograficamente perfetto. Anche nel gusto di rileggere e reinterpretare il passato. Lo ha fatto con i suoi studi sul calendario astronomico azteco, ha proseguito con le sue ricerche sul pozzo sacro di Santa Cristina. La tesi - esposta di recente al convegno internazionale di Venezia “The Inspiration of Astronomical Phenomena” e ribadita nel convegno Interdisciplinare sulla Sardegna Nuragica organizzato sabato a Serri da Agorà Nuragica e la Caravella - è semplice: il pozzo non era solo un ambiente dedicato a riti sacri, ma un sofisticato e precisissimo strumento di osservazione astronomica dei movimenti della Luna.
    Certo, un'ipotesi non confligge con l'altra: «Ogni tempio - spiega il docente - è un microcosmo. Pensiamo alla volta del Pantheon, costruita in modo che a mezzogiorno del solstizio d'estate un fascio di luce illuminasse l'ingresso dell'imperatore, come a volerlo simbolicamente assumere in cielo. Nel caso di Santa Cristina parliamo di un periodo molto antecedente, quando le tecniche di costruzione non consentivano di realizzare una volta come quella del Pantheon».
    Ecco quindi la forma a bottiglia del pozzo, a filari concentrici aggettanti. La regolarità di tutti filari di pietra (tranne uno, che doveva servire da linea di contrasto nella “camera oscura” costituita dalle pareti) era un funzionale apparecchio per osservare e studiare i movimenti della luna. Allo stesso modo il riflesso della luna nello specchio d'acqua (tangente i filare di base) sul fondo del pozzo «segnalava il momento del lunistizio maggiore, forse accompagnato da immersioni rituali». Quando Lebeuf sostiene che Santa Cristina era un osservatorio astronomico, intende dire che nel buio del pozzo il riflesso della luce sul bordo dei gradini indicava la declinazione della luna. Una scala luminosa come display dell'andamento lunare.
    Il punto di declinazione massima - il lunistizio maggiore, che si compie ogni 18,61 anni - era indicato dal riflesso pieno sull'acqua.

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  8. Seconda parte:Fino a quel momento la luminescenza “colava” di gradino in gradino con il trascorrere del tempo, con una regolarità che il ricercatore spiega di aver misurato sul campo otto volte negli ultimi tempi, compiendo poi ripetute triangolazioni per misurare le distanze tra i vari punti delle pareti del pozzo. Dopo aver elaborato i calcoli, Lebeuf ha cominciato a definire il pozzo come «uno strumento di precisione in grado di indicare i nodi lunari», cioè i punti dove l'orbita lunare interseca l'orbita della Terra intorno al Sole. Questo vuole dire, conclude Lebeuf, che mille anni prima di Cristo in Sardegna «venne messa a punto la soluzione più semplice e quindi più elegante per risolvere un problema complesso: la previsione delle ecliss».
    Ciò che entusiasma particolarmente il professore è che «il sistema del pozzo consentiva di prevedere i fenomeni astronomici senza avere particolari cognizioni matematiche».
    Ora che a sua tesi è pubblicata in ambito accademico, Lebeuf traccia con un sorriso stoico una previsione facile sull'accoglienza che le verrà rivolta: «È una ricerca multidisciplinare: questo vuol dire che potrà essere criticata su più fronti contemporaneamente».
    CELESTINO TABASSO

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  9. Pensavo che oggi è il 24, che dalla morte di Gianfranco Pintore, sui blog che hanno raccolto almeno in parte l'eredità del suo, in questo giorno lo si è sempre ricordato, cercando di richiamarsi al rapporto con lui nel fare il punto sul momento, mese dopo mese.
    Atropa ci manca anche per i suoi "pezzi del 24", ma ad acuirne meglio la mancanza ha pensato stamane Archeologia Nuragica. Nominare la sua creatura sarà già troppo onore per il miserabile (proprio non vuol farmi pentire del titolo che si è guadagnato), ma bisognerà pure che costui legga, da qualche parte, un giudizio netto anche per questa sua ultima smargiassata: che sia lui, dopo quello che continua a scrivere, a parlare di affronto alla memoria di GFP, è questo il vero affronto.
    Non possiamo sottrarci perciò dal sottolineargli ancora una volta, doverosamente, che tutto ciò è sempre più indegno (anche di lui, si sarebbe detto).
    E a questo punto può giurare che mi sarà gradita la prima occasione per dirglielo di persona.
    A noi resta da raccogliere la prova per ridare in primis alla Sardegna, se non di nuovo l'applicazione dei talenti di Atropa, almeno l'archivio dei suoi articoli e commenti ed il suo blog. Vediamo cosa sapremo fare.
    P.S.: non posso che pubblicare qui, rimettendomi senz'altro alle scelte della redazione, libera di eliminare questo commento come di farne un articolo (sbizzarrendosi, nel caso, a scegliere un titolo forte abbastanza).

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  10. E tu che titolo 'forte abbastanza' metteresti? Al 'miserabile' come lo lanceresti nel mondo con il motore di ricerca?

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  11. Pusillànime!, ecco la parola giusta per quell'ignorante.

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    1. Oh BENTUESUSU!!! anda e baida itte d'appo iscrithu, in custu locu, su 22 coladu!
      http://maimoniblog.blogspot.it/2016/01/sulle-invenzioni-del-tempio-della.html#comment-form
      mikkelj

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  12. Ciao Gigi, ho visto il titolo scelto (immagino) da Sandro, che ringrazio (pur sapendo che non ce n'è bisogno) per aver fatto suo, da responsabile del blog, il mio commento. Potrà non sembrare un titolo forte, il suo, ma nella sua obiettività descrive l'operazione parecchio ripugnante di suo, che a capirla non necessita di ulteriore colore. A sciogliermi le dita sulla tastiera mi puoi far dire che al posto di "una persona" avrei forse scritto "una sua amica" (MPZ - come usare il nome di GFP per screditare una sua amica), che è più preciso. In cuor mio terrò titoli ancor più wertmulleriani come "MPZ, ovvero dell'indegnità di citare un morto, che lo avrebbe bastonato, per brandire ancora il manganello addirittura su una sua amica".

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  13. Amica? Non so. Forse sarebbe meglio non allargare la tematica. C'è un'indagine in corso e per nulla facile.

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