di Gigi Sanna
Si sa che sin dal rinvenimento della
ricca tomba etrusca di Cavalupo l’attenzione degli archeologi e degli
etruscologi fu rivolta in particolare ai tre oggetti bronzei nuragici che
furono trovati nel cospicuo corredo funerario riguardante due individui ivi
sepolti (1).
Non è un caso che la tomba viterbese venga chiamata da allora ‘dei bronzetti sardi’. Tra i tre, ovviamente,
ha attirato maggiore attenzione il bronzo raffigurante un uomo caratterizzato,
soprattutto, dall’essere raffigurato in modo sontuoso e singolare in ogni sua
parte. Di esso, tra gli altri, si è interessato ovviamente G. Lilliu per
l’illustrazione e l’interpretazione del corpus dei bronzetti (guerrieri,
sacerdoti e sacerdotesse, offerenti, oggetti vari, animali vari, ecc.) sin ad
allora conosciuti e riconosciuti (2).
Dello studio analitico del bronzetto e, come
sempre, preciso, da parte dello studioso
ci serviremo per sostenere l’assunto che il bronzetto non è un oggetto
di pregio ornamentale finito in qualche modo nella tomba che contiene il
cinerario delle due, evidentemente altolocate, donne etrusche (3), ma un oggetto ‘scritto’. E scritto con il
solito metodo ternario ideografico, numerologico e acrofonico che si è visto (4)
in non pochi ‘documenti’ funerari etruschi (coperchi di sarcofaghi e di urne,
casse dei medesimi, oggetti votivi, pitture parietali, ecc.).