di gigi sanna
Si dice che la lingua etrusca è ancora, per svariati motivi, un
enigma e un 'rebus'. Ciò si sostiene, naturalmente, sulla base delle grosse
difficoltà che insorgono nel cercare di capire di essa molti degli aspetti
lessicali, morfologici e sintattici. In realtà, a mio parere, il 'rebus'
sussiste e resiste nel tempo non 'solo' per motivi di carattere grammaticale e
linguistico, ma anche e soprattutto perché si stenta a considerare un aspetto
essenziale dell'etrusco: che la scrittura è criptica, cioè organizzata e
strutturata di proposito con il rebus. E' realizzata per non essere capita se
non da pochissimi. Pertanto nella misura in cui si comprenderanno i
meccanismi, spesso sofisticati, del rebus, posti di norma in essere dalle
scuole scribali dei santuari, si comprenderà la lingua etrusca. Essi sono
simili e spesso gli stessi usati dagli scribi dei templi greci e nuragici. In
particolare quelli inventati dagli scribi di questi ultimi.
Il vaso (hydria) del pittore di
Micali a ‘figure nere’, custodito nel
Museo di Trieste, così come tanti prodotti dell’arte
vascolare etrusca, deve anch’esso la sua fama alla bellezza e all’armonia
artistica (1).
Sul collo dell’oggetto, al di sotto del fregio con linee oblique continue che sta sull’orlo, si trovano raffigurate due sfingi che si danno le spalle, con le ali sollevate e distese e con una zampa ricurva. Tra le due è disegnato un rombo. Sulla spalla e sul corpo si trovano di seguito altri due fregi composti da motivi continui. L'ultimo di essi si trova nella stessa linea dei due manici di sostegno e prima della raffigurazione insistente sul corpo del vaso.
In questo è disegnato il motivo
più appariscente e certamente il più importante, anche perché artisticamente risulta
il più elaborato e più ricco di segni. In tutta l’estensione frontale del
supporto campeggiano due guerrieri, armati
ognuno di lancia che tengono sollevata
con la mano destra e muniti di uno scudo molto piatto che tengono disteso con il braccio sinistro .
Entrambi i guerrieri portano con le
braccia gli scudi in maniera tale che essi si
sfiorino e si sovrappongano a simulare un continuum. I guerrieri curvano il piede sinistro in sintonia
con il braccio sinistro ma in opposizione al braccio destro. Ciò si ottiene con
la torsione del busto e con i guerrieri che si guardano (e sembrano
affrontarsi) ma procedendo in direzione
opposta. Detti piedi sono tra loro
come ‘intrecciati’ e anch’essi con lo
sfiorarsi danno l’idea di realizzare un una continuità così come le braccia con
gli scudi. Al di sotto delle braccia e degli scudi di entrambi e delle gambe di uno dei due guerrieri si
trovano tre uccelli in volo (forse anatrelle con le ali sollevate) che hanno
però la coda manifestamente allungata al fine di simulare un mix di uccello- pesce (2). Il volo dei tre volatili, si badi bene, è
manifestamente circolare. Cioè è ideograficamente assai significativo perché
allusivo, così come lo sfiorarsi e il sovrapporsi degli scudi e dei piedi, ai
movimenti di rotazione ciclica dei due astri, ovvero del sole e della luna (v.
più avanti).
Dai movimenti dei due armati si comprende che essi non stanno
combattendo tra di loro ma stanno eseguendo una danza (3) ritmica
con lo stesso tempo ma procedendo, come
si è detto, ognuno in direzione opposta . Sono quindi, per dirla in breve, due ballerini che simulano il
combattimento a cui si aggiungono tre uccelli
- pesce.
Ora, se qualcuno ha capito il
perché delle nostre sottolineature (il corsivo) e ha seguito il discorso da noi
fatto sul metagrafico etrusco, ovvero sulla scrittura che si ottiene attraverso
gli espedienti della numerologia, dell’acrofonia e dell’ideografia (4), non tarderà a comprendere il
rebus. Esso si scioglie nel modo seguente partendo con la lettura, al solito (5), dall’alto:
Coperchio:
Copertura, protezione
Labbro e collo del vaso:
fregio continuo (6)
+ rombo (7)
+ doppia sfinge alata + ali sollevate e distese e zampa curva (8).
Spalla e anse
fregio continuo + manici (9).
Corpo del vaso:
fregio continuo + doppie armi:
lance e scudo (10) + coppia danzante + doppio ritmo del sollevare
distendere curvare + tre uccelli - pesci
Base
Sostegno
E cioè:
Labbro e collo del vaso: Continua
(fregio) forza (rombo) doppia misteriosa alata (sfingi e ali ) e del padre (apac) e della
madre (atic)
Spalla
e anse
continuo doppio sostegno (manici)
Corpo del vaso:
continua (fregio) doppia difesa
(lance e scudi) della coppia danzante
‘apac atic tre che vola silenzioso
(due uccelli/pesci).
Piede/base
Stabilità
La lettura completa del vaso, con
i ‘segni’ scritti negli spazi del vaso, dà quindi (v. fig. 2):
Continua protezione della
forza della coppia misteriosa alata e
padre e madre
Continuo doppio sostegno
Continua doppia difesa della
coppia danzante padre e madre tre che vola silenziosa.
Stabilità
Cioè: stabilità /della continua protezione della forza della coppia
misteriosa alata padre e madre / del continuo doppio sostegno/ della continua
doppia difesa della coppia danzante e padre e madre tre volante silenzioso
Il grafico seguente mostra tutti
gli ideogrammi del vaso. Ad essi va aggiunta l’acrofonia del sollevare,
distendere e curvare che rendono la formula consueta ‘apac atic’
Come si vede dunque, il vaso costituisce
certamente un bellissimo oggetto decorato. Ma la sua lettura non si esaurisce con il dato artistico perché c’è (e
fondamentale) quello della scrittura. Ripeteremo ancora quanto da noi asserito
non poche volte: che gli scribi
artigiani (11)
etruschi realizzavano gli oggetti (e gli edifici) e li disegnavano scrivendo.
Proprio come facevano gli antichi egiziani che furono maestri nel realizzare
contemporaneamente ‘decus’, ‘symbolum’ e ‘sonus’ (12). Come anche fecero i nuragici che, quanto a ‘geroglifici’, erano loro particolarissimi allievi e che la ‘scrittura sacra’
(13) trasmisero agli Etruschi.
E’ appena il caso di far notare che i bronzetti nuragici contengono
quella stessa precisa formula della stabilità
(14) della
protezione, del sostegno e della difesa. Vasi etruschi e bronzetti sono certamente oggetti
diversissimi per forma eppure tendono a dire la stessa cosa e cioè a invocare con crittografia (scrittura
nascosta) l’aiuto e del padre e della
madre ovvero del dio androgino celeste soli - lunare: yh per i nuragici e tin/uni
per gli etruschi. Naturalmente gli
scribi etruschi giocavano di superba fantasia artistica con quella particolare scrittura pittorica
(più con la statuaria (15) quella nuragica), perché attraverso
l’oggetto ‘vaso’ e il notevole campo di scrittura che esso offriva riuscivano a
variare continuamente, a trasferire e ad ingentilire poeticamente il dato
empirico astronomico del corso ciclico dei
due astri (v. tabella)
Fig.
4. La ‘ruota sacra della luce immortale’. Il tre continuo doppio ‘volante silenzioso’
In questo caso descrivendoli, con
scrittura e linguaggio metaforico nascosti, come ‘sfingi’, ‘ballerini’, ‘uccelli’,
‘pesci’ nonché umanizzandoli come
genitori (e padre e madre: apac atic)
‘forti’, ‘sostenitori’ e ‘difensori’.
Nell’articolo precedente sul
bronzetto di Cavalupo abbiamo cercato di dimostrare che la formula di petizione
dell’aiuto della divinità è tranquillamente estensibile a tanti e forse a tutti
i bronzetti nuragici. Anche nell’etrusco è così per i sarcofaghi, per le urne e
per gli oggetti, funerari e non. Nei
prossimi articoli cercheremo di alternare illustrazioni di documenti nuragici e
di documenti etruschi scritti in metagrafico.
Forse qualcuno avrà notato che lo abbiamo già fatto. Ma sarà bene
insistere perché la scienza, come si sa, non si accontenta mai. E se la scoperta del metagrafico nuragico ed etrusco è una
vera scoperta (per noi lo è) bisognerà dimostrarlo non una ma cento e più
volte. Mille, se si può.
Note e riferimenti
bibliografici
1.
Per quello che si dirà più avanti non ce la sentiamo di sottoscrivere certi
giudizi negativi sul pittore e sulla sua arte, quelli che si trovano nella
didascalia del catalogo museale. Anzi, il pittore di Micali si caratterizza per
arte consapevole e raffinata sia per la realizzazione dell’insieme che dei
dettagli. Pur procedendo ormai nell’alveo consolidato di altri pittori ‘scribi’
del periodo precedente, l’allusione per segni metaforici alla condotta degli
astri in cielo è tra le più riuscite nella pittura vascolare etrusca. La delicatezza con cui esprime, impercettibilmente, il volo circolare degli astri ed il loro
alternarsi senza toccarsi ritengo che sia impareggiabile. Per non dire degli uccelli/pesce
che quasi non si avvertono in quella loro doppia natura. Presenteremo e tratteremo, tra non
molto, di un documento nuragico di Aidomaggiore con il tema dell’uccello - pesce (v.
figura) riferito al dio sardo luminoso che mostrerà quanto gli etruschi sono
riusciti a rielaborare, con raffinatezza, lo spunto del disegno, ovvero della
grafica originaria. L’equilibrio ‘decorativo’ nella realizzazione della formula
canonica (fig. 2) sulle parti dell’Hydria è ugualmente ammirevole e solo chi la
conosce e la vede sperimentata in altri manufatti, dello stesso genere o di
genere diverso, è in grado di
apprezzarla compiutamente. Perché un conto è parlare di sola presunta decorazione e di arte
relativa ad essa, un altro è invece parlare di ‘scrittura’ (disegno e parola
assieme) che artisticamente si dispiega,
contemperando le due esigenze
comunicativo - espressive. Il godimento estetico si ha ammirando contemporaneamente
e lusus decorativo e lusus metagrafico.
Aidomaggiore.
Cippo con scrittura ideografica nuragica: il monstrum ‘uccello -pesce. Gli etruschi 'copiano' dai nuragici.
2.
Il motivo del ‘monstrum’ volatile - pesce lo si comprende, come segno ideografico a
rebus, anche alla luce di altri
manufatti etruschi dove ‘due pesci’ e/o ‘due volatili’ affiancano uno o due
soggetti di riferimento. L’ideografia mostruosa
può riguardare non solo due animali ma anche un uomo e un animale. Si
veda come esempio l’Hydra di Vulci con i
danzatori e le sei figure ‘mostruose’ uomo - pesce 'tuffatori'.
Sul
complesso rebus presente nel vaso parleremo nel secondo articolo riguardante la
scrittura etrusca metagrafica sui vasi.
3.
Sulla danza guerresca raffigurata in Etruria si veda
Camporeale G., 1987, La danza armata in Etruria, in Melanges del l’ecole francaise de Rome, 99 -1, pp. 11 -42.
4.
Ne abbiamo ormai parlato numerose
volte. Si veda il nostro ultimo intervento sul tema: Sanna G.,2018, http://maimoniblog.blogspot.it/2018/02/un-gigante-sardo-pellita-pantauros.html
5.
La lettura dall’alto verso il basso è d’obbligo nella scrittura metagrafica
etrusca e in quella nuragica. Naturalmente nella sintassi, come in quasi tutti
i casi, l’ultimo significante diventa
(per noi) nella formula il primo. Ad esempio: Stabilità /fermo sostegno della difesa, del riparo, della forza, della
protezione di lui (l’ideogramma stabilità
è messo per ultimo).
6.
Questo è il valore ideografico convenzionale della decorazione ripetuta e
continua in etrusco.
7.
Sui valori convenzionali dei numeri e della geometria (quattro, quadrato,
rombo, sette, nove, ecc.) , che gli Etruschi prendono dai nuragici, v. Sanna G. 2016, I geroglifici dei Giganti. Introduzione allo studio della scrittura
nuragica, PTM ed. Mogoro, 5.2.pp. 120 -131.
8.
L’esecuzione della curvatura della zampa della sfinge a destra non è
perfettamente riuscita. Forse una discrepanza tra l’ideatore del disegno a
rebus a fini religiosi (lo scriba) e il pittore che lo realizzò che forse non era consapevole del valore del significante
acrofonico.
9.
Il ‘manico’ (semplice o doppio) è ideogramma (‘sostegno’) molto sfruttato nel
metagrafico sia nuragico che etrusco. In quest’ultimo la maggiore applicazione
si riscontra nella criptografia delle urne funerarie. Nel nuragico è dato di trovare spesso dei segni
(ad es. la cosiddetta (dagli archeologi sardi) lettera a forcella, cioè la ‘yod’) che insistono sui
manici o vengono graffiti assai vicini ad essi. L'espressione ‘sostegno di yh’ si ottiene in
modo criptato attraverso il manico del recipiente e la lettera consonantica ‘yod’
che è acrofonia di yhwh.
10.
Nei bronzetti sardi lo scudo è ideogramma frequentissimo per notare il
‘riparo’. Qui sembra di capire che sia le lance che gli scudi alludano alla ‘difesa’
e non ad un doppio valore ‘difesa-riparo’. Ciò si evince dal valore che già
assume il coperchio del vaso. C’è da aggiungere però che il particolare campo semantico
del ‘sostegno’ in cui opera lo scriba
per alludere alle qualità salvifiche del dio (difensore, protettore,
ecc.) è tale che è possibile che due
ideogrammi possano voler dire la stessa cosa. Uno scudo, in fondo, ripara e difende nello
stesso tempo.
11. Insistiamo ancora su questa denominazione
perché anche gli artisti etruschi che diedero inizio alla enorme produzione metagrafica
(con le urne, i sarcofaghi, gli oggetti, le pitture parietali, i monumenti,
ecc.) non erano dei ‘bottegai’ o dei ‘mercanti’ o ‘artisti girovaghi’ che
producevano ‘arte’ quanto i sacerdoti dei vari santuari che detenevano il
monopolio della formula. Realizzarla nello spazio, spessissimo variandola e
arricchendola, nella singolare ‘scrittura’ criptata, comportava la conoscenza
di particolari e spesso particolarissime convenzioni di cui pochissimi erano al
corrente. Certo l’esecuzione materiale della ‘scrittura’, talora ripetitiva,
era compito di maestranze laiche, ma queste erano solo capaci di eseguire su commissione il testo raffigurato e abbozzato in disegno
non di intenderlo. In certi casi poi, quando detto ‘testo’ era particolarmente
impegnativo, sono propenso a credere che fosse lo stesso scriba artigiano
sacerdote ad eseguirlo. Ipotesi questa plausibile perché, come si sa, gli
scribi avevano una cultura, non solo teorica ma anche pratica (manuale), che
permetteva loro di impegnarsi in più campi. Erano insomma ‘professori’ (di
musica, di architettura, di astrologia, di scrittura, di pittura, ecc.) ma
impegnati anche e nel concreto. Essi e soprattutto essi sperimentavano con il
‘disegnare scrivendo’ e con lo ‘scrivere disegnando’.
12.
L’ermeneutica archeologica si è sempre
soffermata sui primi due aspetti della produzione documentaria ‘scritta’ meta
graficamente,producendo opere certo encomiabili sul piano dell’impegno della
critica artistico-stilistica e, talvolta, dell’interpretazione simbolica. Ma è
evidente che, non comprendendosi l’ultimo aspetto, ovvero quello fonetico (il
più importante perché l’unico ‘esplicativo’), gli altri due sono incorsi spesso
in fraintendimenti di non poco conto e talvolta colossali. E’ il caso, da noi
stigmatizzato, del Lilliu che nel suo ‘corpus’ monumentale dà interpretazioni
frutto solo della sua, talvolta fertile, immaginazione anche se si cerca di renderla
credibile attraverso un lavoro certosino di descrizione e di comparazione. Così
capita che diventino oggetti laici esecrabili e ‘barbari’ quelli che invece
sono solo testimonianza di sacralità e di altissima religiosità (Sanna G.,
2018, http://maimoniblog.blogspot.it/2018/02/un-gigante-sardo-pellita-pantauros.html)
13
Jacq Ch., 1995, Il segreto dei
geroglifici. Come entrare nel magico mondo degli antichi Egizi; PIEMME
Casale Monferrato: ‘ I geroglifici
costituiscono una scrittura sacra? Certo! Ma che cos’è abbastanza sacro per
diventare geroglifico? Tutte le espressioni della vita, rispondono gli Egizi:
dalla pietra alla stella, dall’animale all’uomo. Come rilevava Champollion, con
i geroglifici si desiderava ritrarre ‘’tutte le classi di esseri che fanno
parte della creazione’’. Ecco perché in essi possiamo trovare immagini d’ogni
sorta: dai corpi celesti ai diversi aspetti della natura, dalle attività umane
ai mammiferi; e poi ancora: insetti, pesci, piante, minerali, edifici vari e
tanti altri oggetti. L’universo dei geroglifici abbraccia la realtà nei suoi
molteplici aspetti. I geroglifici aboliscono il tempo’ (p. 29). Pensiamo solo ai bronzetti nuragici ‘scritti’
e a tutto quello di ‘espressione della vita’ che essi raffigurano perché ci
rendiamo conto quanto, in modo del tutto originale, i nuragici abbiano ripreso
dalla scrittura sacra egizia!
14. La ‘stabilità’ o ‘fermezza’ in nuragico è ideograficamente data dalla piombatura dei bronzetti e cioè dal robusto fissaggio (con il piombo) a cui sono sottoposti una volta deposti nell’edificio templare. V. Sanna G., 2018, Un ‘gigante’ sardo pellita ‘pantauros’ nella famosa tomba etrusca ‘dei bronzetti sardi’ di Cavalupo. Tutta l’energia magica taurina possibile di un figlio del Dio, di un intercessore d’eccezione, per la speranza della salvezza e della rinascita, in Maymoni blog (9 febbraio 2018) n. 31.
15.
I vasi nuragici si presentano, talvolta, come manufatti ben riusciti sul piano
artistico (si pensi al magnifico esemplare del nuraghe la Prisgiona di Arzachena oppure a quello di Iloi di Sedilo o di Santa
Anastasia di Sardara) ma il soggetto raffigurato risulta rigorosamente sempre astratto
e quindi sempre con significanti di
difficile lettura e interpretazione ( si veda il vaso di Arzachena a corredo
della presente nota). Naturalmente la severità della composizione è da
riportare a motivi ideologico - religiosi, alle concezioni antiche bibliche
cananaiche di un ‘decus’ parco, dignitoso
e mai smodato, non a incapacità degli scribi artisti sardi di realizzare
manufatti di lusso e di prestigio come quelli egiziani. Nessuno, a pensarci
bene, sarebbe stato in grado di farlo
meglio dei Shrdn. Sul tema del ‘rigore’ dei nuragici ci siamo già pronunciati (Sanna
G., 2018, Un ‘gigante’ sardo pellita ‘pantauros’ nella famosa tomba etrusca ‘dei
bronzetti sardi’ di Cavalupo. Tutta l’energia ecc. cit. nota 16) avanzando cautamente l’ipotesi di un profondo
dissidio tra gli stessi Shrdn che fu forse origine di una spaccatura ideologica
che portò a aspri dissidi anche in Sardegna. Tale spaccatura avrebbe portato,
attraverso lotte nobiliari - sacerdotali che non è dato sapere, all’abbandono
della Sardegna da parte dei ‘filoegiziani’ per l’imporsi dell’antica ideologia
cananaica della modestia nel culto per la divinità, nell’arte ad essa organica e nella condotta di vita. Monte ‘ Prama , stante il culto funerario ‘spartano’ degli stessi principi e re inumati,
potrebbe essere stato il centro ideologico del rigorismo religioso e della più
assoluta conservazione e tradizione. Chissà,
forse molto e non poco della cultura etrusca potrebbe essere riportato al dato,
attestato - come si sa - storicamente, delle partes in
lotta dei Shrdn.
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