sabato 17 febbraio 2018

I bellissimi rebus del metagrafico etrusco. Il vaso delle sfingi e dei guerrieri danzanti (I).



di gigi sanna

 

                                      Fig.1                                                                                             Fig.2

   Si  dice che la lingua etrusca è ancora, per svariati motivi, un enigma e un 'rebus'. Ciò si sostiene, naturalmente, sulla base delle grosse difficoltà che insorgono nel cercare di capire di essa molti degli aspetti lessicali, morfologici e sintattici. In realtà, a mio parere, il 'rebus' sussiste e resiste nel tempo non 'solo' per motivi di carattere grammaticale e linguistico, ma anche e soprattutto perché si stenta a considerare un aspetto essenziale dell'etrusco: che la scrittura è criptica, cioè organizzata e strutturata di proposito con il rebus. E' realizzata per non essere capita se non da pochissimi.  Pertanto nella misura in cui si comprenderanno i meccanismi, spesso sofisticati, del rebus, posti di norma in essere dalle scuole scribali dei santuari, si comprenderà la lingua etrusca. Essi sono simili e spesso gli stessi usati dagli scribi dei templi greci e nuragici. In particolare quelli inventati dagli scribi di  questi ultimi. 

Il vaso (hydria)  del pittore di Micali  a ‘figure nere’, custodito nel Museo di Trieste,  così come tanti prodotti dell’arte vascolare etrusca, deve anch’esso la sua fama alla bellezza e all’armonia artistica (1).

Sul  collo dell’oggetto, al di sotto del fregio con linee oblique continue che sta sull’orlo, si trovano raffigurate due sfingi che si danno le spalle, con le ali sollevate e distese e con una zampa ricurva. Tra le due è disegnato un rombo. Sulla spalla e sul  corpo si trovano di seguito altri due fregi composti da motivi  continui. L'ultimo di essi si trova nella stessa linea dei due manici di sostegno e prima della raffigurazione insistente sul corpo del vaso.  
In questo  è disegnato il motivo più appariscente e certamente il più importante, anche perché artisticamente risulta il più elaborato e più ricco di segni. In tutta l’estensione frontale del supporto campeggiano due guerrieri, armati ognuno di lancia che tengono sollevata con la mano destra e muniti di uno scudo molto piatto che tengono disteso con il braccio sinistro . Entrambi i guerrieri portano  con le braccia gli scudi  in maniera tale che  essi si sfiorino e si sovrappongano a simulare un continuum. I guerrieri  curvano il piede sinistro in sintonia con il braccio sinistro ma in opposizione al braccio destro. Ciò si ottiene con la torsione del busto e con i guerrieri che si guardano (e sembrano affrontarsi) ma procedendo in direzione opposta.  Detti piedi sono tra loro come  ‘intrecciati’ e anch’essi con lo sfiorarsi danno l’idea di realizzare un una continuità  così come le braccia con gli scudi. Al di sotto delle braccia e degli scudi di entrambi  e delle gambe di uno dei due guerrieri si trovano  tre  uccelli in volo (forse anatrelle con le ali sollevate) che hanno però la coda manifestamente allungata al fine di  simulare un mix di uccello- pesce (2). Il volo dei tre volatili, si badi bene, è manifestamente circolare. Cioè è ideograficamente assai significativo perché allusivo, così come lo sfiorarsi e il sovrapporsi degli scudi e dei piedi, ai movimenti di rotazione ciclica dei due astri, ovvero del sole e della luna (v. più avanti).   

  Dai movimenti dei due armati si comprende che essi non stanno combattendo tra di loro ma stanno eseguendo una danza (3) ritmica con lo stesso tempo ma procedendo, come si è detto,  ognuno in direzione opposta . Sono quindi, per dirla in breve, due ballerini che simulano il combattimento a cui si aggiungono tre uccelli - pesce.

Ora, se qualcuno ha capito il perché delle nostre sottolineature (il corsivo) e ha seguito il discorso da noi fatto sul metagrafico etrusco, ovvero sulla scrittura che si ottiene attraverso gli espedienti della numerologia, dell’acrofonia e dell’ideografia (4), non tarderà a comprendere il rebus. Esso si scioglie nel modo seguente partendo con la lettura, al solito (5), dall’alto:

Coperchio:

Copertura, protezione

Labbro e collo del vaso: 

fregio continuo (6) + rombo (7) + doppia sfinge alata + ali sollevate e distese e zampa curva (8).

Spalla e anse

fregio  continuo + manici (9).

Corpo del vaso:

fregio continuo + doppie armi: lance e scudo (10) + coppia danzante + doppio ritmo del sollevare distendere curvare  + tre uccelli - pesci

Base

Sostegno

 E cioè:

Labbro e collo del vaso: Continua (fregio) forza (rombo) doppia misteriosa alata  (sfingi e ali ) e del padre (apac) e della madre (atic)   

 Spalla e anse

continuo doppio sostegno (manici)

Corpo del vaso:

continua (fregio) doppia difesa (lance e scudi) della coppia danzante ‘apac atic  tre che vola  silenzioso (due uccelli/pesci).

Piede/base 

Stabilità

La lettura completa del vaso, con i ‘segni’ scritti negli spazi del vaso, dà quindi (v. fig. 2):

Continua protezione della  forza della coppia misteriosa alata e padre e madre

Continuo doppio sostegno

Continua doppia difesa  della  coppia danzante padre e madre tre che vola silenziosa.

Stabilità  

Cioè: stabilità /della continua protezione della forza della coppia misteriosa alata padre e madre / del continuo doppio sostegno/ della continua doppia difesa della coppia danzante e padre e madre tre volante silenzioso

Il grafico seguente mostra tutti gli ideogrammi del vaso. Ad essi va aggiunta l’acrofonia  del sollevare, distendere e curvare che rendono la formula consueta ‘apac atic’

Fig.3

   

     Come si vede dunque, il vaso costituisce certamente un bellissimo oggetto decorato. Ma la sua lettura non si esaurisce con il dato artistico perché c’è (e fondamentale) quello della scrittura. Ripeteremo ancora quanto da noi asserito non poche volte:  che gli scribi artigiani (11) etruschi realizzavano gli oggetti (e gli edifici) e li disegnavano scrivendo. Proprio come facevano gli antichi egiziani che furono maestri nel realizzare contemporaneamente ‘decus’, ‘symbolum’ e ‘sonus’ (12). Come anche  fecero  i nuragici che, quanto a ‘geroglifici’, erano loro particolarissimi allievi e che  la ‘scrittura sacra’ (13) trasmisero agli Etruschi.    

   E’ appena il caso di far notare che i bronzetti nuragici contengono quella stessa precisa formula della stabilità (14) della protezione, del sostegno e della difesa.  Vasi etruschi  e bronzetti sono certamente oggetti diversissimi per forma eppure tendono a dire la stessa cosa  e cioè a invocare con crittografia (scrittura nascosta) l’aiuto e del padre e della madre ovvero del dio androgino celeste soli - lunare: yh per i nuragici e tin/uni per gli etruschi.  Naturalmente gli scribi etruschi giocavano di superba fantasia artistica  con quella particolare scrittura pittorica (più con la  statuaria (15) quella nuragica), perché attraverso l’oggetto ‘vaso’ e il notevole campo di scrittura che esso offriva riuscivano a variare continuamente, a trasferire e ad ingentilire poeticamente il dato empirico astronomico del corso  ciclico dei due astri (v. tabella)


Fig. 4.  La ‘ruota sacra della luce immortale’.  Il tre continuo  doppio ‘volante silenzioso’

In questo caso descrivendoli, con scrittura e linguaggio metaforico nascosti, come ‘sfingi’, ‘ballerini’, ‘uccelli’, ‘pesci’  nonché umanizzandoli come genitori (e padre e madre: apac atic)  ‘forti’, ‘sostenitori’ e ‘difensori’.

Nell’articolo precedente sul bronzetto di Cavalupo abbiamo cercato di dimostrare che la formula di petizione dell’aiuto della divinità è tranquillamente estensibile a tanti e forse a tutti i bronzetti nuragici. Anche nell’etrusco è così per i sarcofaghi, per le urne e per gli oggetti,  funerari e non. Nei prossimi articoli cercheremo di alternare illustrazioni di documenti nuragici e di documenti etruschi scritti in metagrafico.  Forse qualcuno avrà notato che lo abbiamo già fatto. Ma sarà bene insistere perché la scienza, come si sa,  non si accontenta mai. E se la scoperta del metagrafico nuragico ed etrusco è una vera scoperta (per noi lo è) bisognerà dimostrarlo non una ma cento e più volte. Mille, se si può.

Note e riferimenti bibliografici

1. Per quello che si dirà più avanti non ce la sentiamo di sottoscrivere certi giudizi negativi sul pittore e sulla sua arte, quelli che si trovano nella didascalia del catalogo museale. Anzi, il pittore di Micali si caratterizza per arte consapevole e raffinata sia per la realizzazione dell’insieme che dei dettagli. Pur procedendo ormai nell’alveo consolidato di altri pittori ‘scribi’ del periodo precedente, l’allusione per segni metaforici alla condotta degli astri in cielo è tra le più riuscite nella pittura vascolare etrusca.  La delicatezza con cui esprime, impercettibilmente,  il volo circolare degli astri ed il loro alternarsi senza toccarsi ritengo che sia  impareggiabile. Per non dire degli uccelli/pesce che quasi non si avvertono in quella loro doppia natura. Presenteremo e tratteremo, tra non molto, di  un documento nuragico di Aidomaggiore con il tema dell’uccello - pesce (v. figura) riferito al dio sardo luminoso che mostrerà quanto gli etruschi sono riusciti a rielaborare, con raffinatezza, lo spunto del disegno, ovvero della grafica originaria. L’equilibrio ‘decorativo’ nella realizzazione della formula canonica (fig. 2) sulle parti dell’Hydria è ugualmente ammirevole e solo chi la conosce e la vede sperimentata in altri manufatti, dello stesso genere o di genere diverso,  è in grado di apprezzarla compiutamente. Perché un conto è parlare di sola presunta decorazione e di arte relativa ad essa, un altro è invece parlare di ‘scrittura’ (disegno e parola assieme)  che artisticamente si dispiega,  contemperando le due esigenze comunicativo - espressive. Il godimento estetico si ha ammirando contemporaneamente e  lusus decorativo e lusus metagrafico. 
   


Aidomaggiore. Cippo con scrittura ideografica nuragica: il monstrum ‘uccello -pesce.  Gli etruschi 'copiano' dai nuragici.  

2. Il motivo del ‘monstrum’ volatile - pesce  lo si comprende, come segno ideografico a rebus, anche  alla luce di altri manufatti etruschi dove ‘due pesci’ e/o ‘due volatili’ affiancano uno o due soggetti di riferimento. L’ideografia mostruosa  può riguardare non solo due animali ma anche un uomo e un animale. Si veda come  esempio l’Hydra di Vulci con i danzatori e  le sei figure ‘mostruose’  uomo - pesce 'tuffatori'.  


Sul complesso rebus presente nel vaso parleremo nel secondo articolo riguardante la scrittura etrusca metagrafica sui vasi.

3. Sulla danza guerresca raffigurata in Etruria  si veda  Camporeale G.,  1987, La danza armata in Etruria, in Melanges del l’ecole francaise de Rome,  99 -1, pp. 11 -42.

4. Ne abbiamo ormai parlato numerose volte. Si veda il nostro ultimo intervento sul tema: Sanna G.,2018, http://maimoniblog.blogspot.it/2018/02/un-gigante-sardo-pellita-pantauros.html

5. La lettura dall’alto verso il basso è d’obbligo nella scrittura metagrafica etrusca e in quella nuragica. Naturalmente nella sintassi, come in quasi tutti i casi,  l’ultimo significante diventa (per noi) nella formula il primo. Ad esempio: Stabilità /fermo sostegno della difesa, del riparo, della forza, della protezione di lui (l’ideogramma stabilità è messo per ultimo).


6. Questo è il valore ideografico convenzionale della decorazione ripetuta e continua in etrusco.


7. Sui valori convenzionali dei numeri e della geometria (quattro, quadrato, rombo, sette, nove, ecc.) , che gli Etruschi prendono dai nuragici,  v. Sanna G. 2016, I geroglifici dei Giganti. Introduzione allo studio della scrittura nuragica, PTM ed. Mogoro, 5.2.pp. 120 -131.

8. L’esecuzione della curvatura della zampa della sfinge a destra non è perfettamente riuscita. Forse una discrepanza tra l’ideatore del disegno a rebus a fini religiosi (lo scriba) e il pittore che lo realizzò che forse non  era consapevole del valore del significante acrofonico. 

9. Il ‘manico’ (semplice o doppio) è ideogramma (‘sostegno’) molto sfruttato nel metagrafico sia nuragico che etrusco. In quest’ultimo la maggiore applicazione si riscontra nella criptografia delle urne funerarie. Nel  nuragico è dato di trovare spesso dei segni (ad es. la cosiddetta (dagli archeologi sardi)  lettera a forcella, cioè la ‘yod’) che insistono sui manici o vengono graffiti assai vicini ad essi. L'espressione ‘sostegno di yh’ si ottiene in modo criptato attraverso il manico del recipiente e la lettera consonantica ‘yod’ che è acrofonia di yhwh.   

10. Nei bronzetti sardi lo scudo è ideogramma frequentissimo per notare il ‘riparo’. Qui sembra di capire che sia le lance che gli scudi alludano alla ‘difesa’ e non ad un doppio valore ‘difesa-riparo’. Ciò si evince dal valore che già assume il coperchio del vaso. C’è da aggiungere però che il particolare campo semantico del ‘sostegno’  in cui opera lo scriba per alludere alle qualità salvifiche del dio (difensore, protettore, ecc.)  è tale che è possibile che due ideogrammi possano voler dire la stessa cosa. Uno scudo, in fondo,  ripara e difende nello stesso tempo.       

11.  Insistiamo ancora su questa denominazione perché anche gli artisti etruschi che diedero inizio alla enorme produzione metagrafica (con le urne, i sarcofaghi, gli oggetti, le pitture parietali, i monumenti, ecc.) non erano dei ‘bottegai’ o dei ‘mercanti’ o ‘artisti girovaghi’ che producevano ‘arte’ quanto i sacerdoti dei vari santuari che detenevano il monopolio della formula. Realizzarla nello spazio, spessissimo variandola e arricchendola, nella singolare ‘scrittura’ criptata, comportava la conoscenza di particolari e spesso particolarissime convenzioni di cui pochissimi erano al corrente. Certo l’esecuzione materiale della ‘scrittura’, talora ripetitiva, era compito di maestranze laiche, ma queste erano solo  capaci di eseguire su commissione il testo raffigurato e abbozzato in disegno non di intenderlo. In certi casi poi, quando detto ‘testo’ era particolarmente impegnativo, sono propenso a credere che fosse lo stesso scriba artigiano sacerdote ad eseguirlo. Ipotesi questa plausibile perché, come si sa, gli scribi avevano una cultura, non solo teorica ma anche pratica (manuale), che permetteva loro di impegnarsi in più campi. Erano insomma ‘professori’ (di musica, di architettura, di astrologia, di scrittura, di pittura, ecc.) ma impegnati anche e nel concreto. Essi e soprattutto essi sperimentavano con il ‘disegnare scrivendo’ e con lo ‘scrivere disegnando’.    

12.  L’ermeneutica archeologica si è sempre soffermata sui primi due aspetti della produzione documentaria ‘scritta’ meta graficamente,producendo opere certo encomiabili sul piano dell’impegno della critica artistico-stilistica e, talvolta, dell’interpretazione simbolica. Ma è evidente che, non comprendendosi l’ultimo aspetto, ovvero quello fonetico (il più importante perché l’unico ‘esplicativo’), gli altri due sono incorsi spesso in fraintendimenti di non poco conto e talvolta colossali. E’ il caso, da noi stigmatizzato, del Lilliu che nel suo ‘corpus’ monumentale dà interpretazioni frutto solo della sua, talvolta fertile,  immaginazione anche se si cerca di renderla credibile attraverso un lavoro certosino di descrizione e di comparazione. Così capita che diventino oggetti laici esecrabili e ‘barbari’ quelli che invece sono solo testimonianza di sacralità e di altissima religiosità (Sanna G., 2018,  http://maimoniblog.blogspot.it/2018/02/un-gigante-sardo-pellita-pantauros.html)   

13 Jacq Ch., 1995, Il segreto dei geroglifici. Come entrare nel magico mondo degli antichi Egizi; PIEMME Casale Monferrato: ‘ I geroglifici costituiscono una scrittura sacra? Certo! Ma che cos’è abbastanza sacro per diventare geroglifico? Tutte le espressioni della vita, rispondono gli Egizi: dalla pietra alla stella, dall’animale all’uomo. Come rilevava Champollion, con i geroglifici si desiderava ritrarre ‘’tutte le classi di esseri che fanno parte della creazione’’. Ecco perché in essi possiamo trovare immagini d’ogni sorta: dai corpi celesti ai diversi aspetti della natura, dalle attività umane ai mammiferi; e poi ancora: insetti, pesci, piante, minerali, edifici vari e tanti altri oggetti. L’universo dei geroglifici abbraccia la realtà nei suoi molteplici aspetti. I geroglifici aboliscono il tempo’ (p. 29).  Pensiamo solo ai bronzetti nuragici ‘scritti’ e a tutto quello di ‘espressione della vita’ che essi raffigurano perché ci rendiamo conto quanto, in modo del tutto originale, i nuragici abbiano ripreso dalla scrittura sacra egizia!   

14. La ‘stabilità’ o ‘fermezza’ in nuragico è ideograficamente data dalla piombatura dei bronzetti  e cioè dal robusto  fissaggio (con il piombo) a cui sono sottoposti una volta deposti nell’edificio templare. V. Sanna G., 2018,  Un ‘gigante’ sardo pellita ‘pantauros’ nella famosa tomba etrusca ‘dei bronzetti sardi’ di Cavalupo. Tutta l’energia magica taurina possibile di un figlio del Dio, di un intercessore d’eccezione, per la speranza della salvezza e della rinascita, in  Maymoni blog  (9 febbraio 2018) n. 31.

 



15. I vasi nuragici si presentano, talvolta, come manufatti ben riusciti sul piano artistico (si pensi al magnifico esemplare del nuraghe la Prisgiona di Arzachena oppure a quello di Iloi di Sedilo o di Santa Anastasia di Sardara) ma il soggetto raffigurato risulta rigorosamente sempre astratto e  quindi sempre con significanti di difficile lettura e interpretazione ( si veda il vaso di Arzachena a corredo della presente nota). Naturalmente la severità della composizione è da riportare a motivi ideologico - religiosi, alle concezioni antiche bibliche cananaiche di un ‘decus’ parco, dignitoso  e mai smodato, non a incapacità degli scribi artisti sardi di realizzare manufatti di lusso e di prestigio come quelli egiziani. Nessuno, a pensarci bene,  sarebbe stato in grado di farlo meglio dei Shrdn. Sul tema del ‘rigore’ dei nuragici ci siamo già pronunciati (Sanna G., 2018,  Un ‘gigante’ sardo pellita ‘pantauros’ nella famosa tomba etrusca ‘dei bronzetti sardi’ di Cavalupo. Tutta l’energia ecc. cit. nota 16) avanzando cautamente l’ipotesi di un profondo dissidio tra gli stessi Shrdn che fu forse origine di una spaccatura ideologica che portò a aspri dissidi anche in Sardegna. Tale spaccatura avrebbe portato, attraverso lotte nobiliari - sacerdotali che non è dato sapere, all’abbandono della Sardegna da parte dei ‘filoegiziani’ per l’imporsi dell’antica ideologia cananaica della modestia nel culto per la divinità,  nell’arte ad essa organica  e nella condotta di vita. Monte ‘ Prama , stante il culto funerario  ‘spartano’ degli stessi principi e re inumati,  potrebbe essere stato il centro  ideologico del rigorismo religioso e della più assoluta conservazione e tradizione.  Chissà, forse molto e non poco della cultura etrusca potrebbe essere riportato al dato, attestato - come si sa -  storicamente,  delle partes in lotta dei Shrdn.        


 


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