domenica 7 ottobre 2018

21 aprile al pozzo sacro di Santa Cristina 1

Antefatti,
quel che si sa del monumento,
studi effettuati ed obiezioni
di Sandro Angei



Fig.1
Sommario
Il presente saggio intende dimostrare che il pozzo di Santa Cristina fu costruito per celebrare un rito legato ad una data ben precisa: il 21 di aprile.
Cercheremo di dimostrare che questo pozzo sacro fa parte di una categoria di templi dedicati ad un medesimo rito e lo faremo comparando il monumento ad altri edifici già studiati e documentati.
Cercheremo, tramite la ricerca bibliografica, di inquadrare la data del 21 di aprile.
Saremo possibilisti (in parte e con riserva) verso la tesi del Prof. A. Lebeuf sul carattere lunare del tempio1; al riguardo ipotizzeremo la possibilità di celebrare il rito lunare similmente a quelli solari nel medesimo edificio.
Avanzeremo una chiave di lettura del toponimo, che a nostro giudizio è legato al rito che si celebrava in età nuragica in quel pozzo sacro.
Avanzeremo una “lettura” del recinto che circonda il pozzo sacro... e altro ancora.


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Avvertenza
Il saggio si articola in 5 parti. Sarebbe stato troppo chiedere ai nostri lettori, se pur affezionati, di immergersi quasi in apnea nella lettura continua dello studio. Studio che presenta alcuni difficili passaggi; quei passaggi che una mente fresca e riposata può valutare con facilità; non così una mente provata dalla stanchezza nel guardare 61 immagini, confrontarle... e via dicendo!
La scelta è maturata nella convinzione che un saggio, se pur difficile da assimilare, sia per le nozioni di carattere tecnico, che per i rimandi bibliografici o per la poliedricità degli argomenti trattati, possa essere di più agevole lettura se appreso in piccole dosi.
Il saggio, come appena detto non è “monocorde”, non si parla solo di archeoastronomia, ma anche di geometria, un po' di “elucubrazione” di carattere antropologico e studio della radice del toponimo. Studio, quest'ultimo, che straripa in modo inconsueto nella fisica della luce e quella idraulica, la quale, la scienza idraulica, deborda in un rivolo che da vita a considerazioni legate alla tecnologia dei materiali, per dimostrare un sistema idraulico semplicemente geniale.
Ce n'è per tutti i gusti, e a costo di essere tacciato di presunzione "tuttologica", spero di infondere nei lettori, curiosità in primo luogo e in seguito, fiducia in quel che affermo (se avranno la bontà e la voglia di leggere le note e i rimandi bibliografici), ed infine, ma non ultima, suscitare passione e desiderio allo studio di queste problematiche.

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1. Premessa
Non mi fossi interessato alla stranissima conformazione della “postierla” di Murru Mannu in Tharros2, nulla avrei tratto dallo studio del Dott. Borut Juvanec sul pozzo di Sant'Anastasia3, ed ora non sarei qui a scrivere del pozzo sacro di Santa Cristina.

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Macchina perfetta che mente umana abbia potuto mai concepire in un tripudio di superfici interconnesse, il pozzo di Santa Cristina esalta l'architettura luminosa in un gioco di luci legato a riti religiosi. Riti che possiamo immaginare per grandi linee, dei quali però ci sfuggono i particolari.
Nell'immediato avverto la sensazione che la complicata architettura del monumento celi una chiave di lettura mai indagata in modo approfondito, ed intuisco una certa sottovalutazione della manifestazione solare da parte degli specialisti; quella che comunque ci emoziona e delizia i nostri occhi; quella che desta le nostre curiosità e le nostre fantasie, ma che finora ha celato la sua reale essenza rituale legata all'acqua e al sole.

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Tanto si è detto e scritto sul pozzo di Santa Cristina. Gli studiosi che con esso si sono cimentati dal punto di vista astronomico non lo hanno considerato nella sua interezza, privilegiando coi loro studi quelle parti del monumento che marcano l'evento astronomico palese, e su quelle si sono soffermati; senza indagare il monumento nella sua interezza e nelle sue peculiarità nascoste.

Il Dr A. Lebeuf ha ipotizzato che il pozzo marchi il lunistizio maggiore settentrionale e il lunisitizo medio4; altri rilevano che marchi l'evento agli equinozi5. Altri ancora, che il pozzo registri l'evento del solstizio d'estate6 e pure quello del solstizio d'inverno7; senza però entrare tecnicamente nel merito della questione per questi accadimenti di carattere solare. Come vedremo nel 16° capitolo di questo studio, in effetti il pozzo marcava in modo estremamente preciso il solstizio d'estate, mentre quello invernale e gli equinozi rimangono, ancora oggi, avvolti in un'aura di insoddisfatta precisione; benché di primo acchito si possa intravvedere per queste date una connotazione ierofanica nel gioco di luci ed ombre, che mettono in risalto volta per volta specifici particolari del monumento; per tanto al solstizio d'inverno, quando il sole, arrivato all'azimut di 152°, ha un'altezza di 21°13' (nel 1000 a.C l'altezza era di 20°48') (Fig.2), viene illuminata la volta a gradoni della scalinata, mentre tutto il resto rimane in ombra8. I dati esposti dimostrano però una certa imprecisione relativa alla non completa illuminazione del particolare architettonico in quel preciso giorno dell'anno, quando il sole è in asse al monumento9; ammenoché non si debba interpretare la manifestazione percepita, più a largo respiro temporale oltreché in senso modulare10.

Fig. 2


Al solstizio d'estate il sole raggiunge il bordo superiore del 12° anello con un'angolazione di 72°18' ad un azimut di 157°50' (nel 1000 a.C. l'altezza era di 72°42'), come si evince dalla figura 3.
Il dato, in questa fase dello studio, sembrerebbe del tutto inconsistente, ma come vedremo nel capitolo 16° esso è di estrema precisione e importanza.

Fig. 3

Nel periodo equinoziale la scala ed il bacile sono completamente illuminati quando il sole è in asse il 17 marzo (nel 1000 a.C. avveniva il 18 marzo). In sostanza il 21 di marzo il sole quando è in asse (152°), ha un'altezza di 46°44' (nel 1000 a.C. l'altezza era di 46°24'); ciò significa che il bacile in tale momento (21 marzo) non è (e non era) completamente illuminato, ma rimane in ombra un tratto di 38 cm dal bordo del bacile medesimo (Fig.4). Anche in questo caso la precisione è insoddisfacente e potrebbe farci intendere che anche l'equinozio sia una data marginale in questo pozzo, benché quegli architetti fossero in grado di realizzare un monumento che potesse registrare tutti gli eventi solari e quello lunare assieme11 (vedi Fig. A in nota 11); ma evidentemente il pozzo non fu concepito per tale funzione omnicomprensiva.

Fig. 4

La registrazione degli eventi descritti, ammesso e non concesso possano essere accettati nella loro totalità come intenzionali (come già espresso, con una certa riserva per alcuni - vedi note), comunque li giudicherei quali aspetti marginali della funzione del pozzo sacro; essi privilegiano ora la volta dell'atrio di accesso (solstizio d'inverno), ora la scalinata ed il bacile (equinozi), ora la sola tholos (solstizio d'estate), e ancora la tholos e il bacile (lunistizio maggiore settentrionale, come ritiene il Prof. A, Lebeuf. Vedi Fig.5), nelle presunte manifestazioni luminose.


Fig. 5


L'evento ierofanico che andremo qui a studiare, invece, collega in mutuo rapporto tutti e quattro gli elementi:
  • la scalinata
  • la volta a gradoni dell'atrio di accesso
  • il bacile lustrale
  • la tholos
I quattro elementi di fatto costituiscono parti essenziali di una medesima manifestazione ierofanica legata alla data del 21 di aprile.

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Prima di continuare ed entrare nel merito della trattazione tengo a precisare che non è mia intenzione, con questo studio, mettere in crisi la tesi del Prof. Arnold Lebeuf sul carattere lunare del pozzo sacro di Santa Cristina. Se ciò potrà accadere sarà solo frutto della ricerca qui documentata. Voglio pensare, invece, di pormi col mio saggio su un piano parallelo, che non si sovrapponga, né oscuri quello studio, ma possa con esso coesistere, lì dove l'oculo della tholos potrebbe essere fulcro di due riti: uno solare, l'altro lunare. In ragione di ciò possiamo ipotizzare la possibilità che nel pozzo di Santa Cristina sia registrato il lunistizio maggiore settentrionale, benché, come già espresso in nota, nutra io forti riserve dal punto di vista antropologico; ma proprio per queste mie riserve, in una ottica obbiettiva e sincera, è necessario aprire una parentesi dedicata alla problematica legata allo studio del Prof. A. Lebeuf, in modo da fugare positivamente o negativamente e per quanto possibile, ogni dubbio, almeno dal punto di vista tecnico.

Voglio porre l'accento su alcune obiezioni che misero in crisi lo studio del Dr. A. Lebeuf, , o tentarono di farlo.

Prima obiezione.
L'archeoastronomo Dr Clive Ruggles obiettò che per accettare la tesi del Dr. Lebeuf circa la previsione delle eclissi, egli debba spiegare alla comunità scientifica come riuscirono quegli architetti-astronomi a comprendere e registrare in concreto un moto complesso come quello lunare. Obiezione che condivido e che mi spinge, in questo mio studio a cercare giuste risposte; non tanto nello specifico tema di quella obiezione (non sono in grado di fare una valutazione di questo genere e non so chi possa farlo!), ma cercando di dare una risposta in termini tecnici alla fattibilità del congegno astronomico da me teorizzato. In sostanza mi assumerò l'onere di dimostrare passo passo la fattibilità del pozzo di Santa Cristina, se pur per grandi linee, usando metodi semplici dettati dall'esperienza (di quelle genti) e l'osservazione12. Il motivo è dettato dal fatto che i caratteri architettonici di un monumento, in special modo se questi sono legati a riti ancestrali e sconosciuti o dimenticati, possono risultare suggestivi, ma poco ci fanno capire sui princìpi seguiti, i metodi costruttivi applicati e le fasi di realizzazione che scandirono l'edificazione di quel dato monumento; e ancor meno se questo fu realizzato in relazione ad eventi di carattere astronomico e/o calendariale “anomali”. Per tanto se di quell'edificio non riusciremo a dare una plausibile spiegazione dal punto di vista costruttivo in rapporto al dato astronomico percepito (la manifestazione ierofanica), non riusciremo a render solida la tesi proposta.
E’ questo il grosso handicap che può inficiare qualsiasi tesi che noi volessimo proporre in ambito archeoastronomico; ed è questa la critica che il Dottor Clive Ruggles muove nei confronti di chi teorizza senza spiegare i principi legati al metodo costruttivo, ma basa la propria tesi solo sul risultato finale percepito; la qual cosa potrebbe essere dettata da mera casualità.
Il Prof. A. Lebeuf, per quanto ne sappiamo, ancor oggi non riesce a dare una risposta in tal senso.

Seconda obiezione
Una seconda obiezione fu avanzata allo studio di A. Lebeuf.
In sostanza alcuni ritengono che il pozzo di Santa Cristina fosse sormontato da un tempietto, alla stregua di altri edifici simili. A Santa Cristina gli archeologi che vi lavorarono, a quanto ci è dato sapere, non trovarono traccia di questo tempietto, a meno che esso non fosse coperto con tetto stramineo, del quale rimarrebbe solo la base litica attorno al pozzo.
Volendo dar credito a chi sostiene che il tempietto esistesse, abbiamo voluto verificare se i dati in nostro possesso siano compatibili con la presenza di una struttura sopra il pozzo alla stregua del pozzo di Santa Anastasia dove, anche lì ipotizzammo per ragionevoli motivi legati al rito, la presenza di un tempietto.
In effetti nel pozzo di Santa Cristina è plausibile la presenza di una struttura eretta seguendo l'andamento del recinto ad U che delimita l'area del pozzo. Tempietto (evidentemente) di forma semicircolare e tetto a forma di semicono con due piccole propaggini piane delimitanti il lato aperto: quello rivolto verso la scalinata e chiuso per tutto il restante perimetro curvo (Figg. 6, 7 e 8). La pendenza delle due propaggini, che determina anche la pendenza del semicono, l'abbiamo desunta dal modellino del famoso bronzetto da Ittireddu (SS), recante tempietto a capanna con colombelle sul tetto e nuraghe pentalobato13. Da quelle proporzioni abbiamo ipotizzato per la nostra ipotetica costruzione, un colmo posto ad un'altezza di circa 5,00 m dal piano di campagna.
Le due piccole falde piane della simulazione sopravanzano l'asse della tholos di circa 60 cm, in modo da lasciare libero accesso sia ai raggi solari nella loro massima elevazione (21 di giugno), sia ai raggi lunari al lunisitizio maggiore settentrionale.


Ipotetica ricostruzione del tempietto


Fig.6

Fig. 7

Fig. 8
Il cilindro rosso indica il fascio di luce lunare secondo l'inclinazione che avrebbe al lunistizio maggiore settentrionale.

Quella obiezione (ritenuta efficace dagli oppositori della tesi di A. Lebeuf) senza una risposta forte e perentoria, avrebbe inficiato in modo pesante la tesi dello studioso. Qui, con questa ricostruzione, vogliamo dimostrare che la presenza di un tempietto posto in sommità del pozzo non avrebbe arrecato alcun impedimento alla penetrazione della luce lunare o solare all'interno della tholos.
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Una dimostrazione simile l'abbiamo presentata in occasione dello studio sul pozzo di Sant'Anastasia di Sardara14. In sostanza il Dr Borut Juvanec che studiò quel pozzo ritiene che il 21 di aprile e il 21 di agosto, nel pozzo sacro di Sant'Anastasia si verificasse un evento straordinario: i raggi luminosi che penetravano dalla scalinata uscivano, riflessi nell'acqua del bacile, dall'oculo della tholos, e contemporaneamente dal medesimo oculo entrava direttamente il fascio di luce che illuminava lo specchio d'acqua in corrispondenza del bordo del bacile medesimo.
Nel nostro studio su quel pozzo prospettammo l'ipotesi che se la ierofania scoperta da Borut Juvanec è verosimile (come noi pensiamo sia), la riflessione dei raggi solari in uscita dall'oculo della tholos doveva per forza proiettare l'immagine ierofanica in un ambiente chiuso posto sopra la tholos stessa. Se contemporaneamente dal medesimo oculo doveva entrare la luce solare, di certo il tempietto posto sopra il pozzo doveva avere una apertura tale da consentire il passaggio della luce. Per tanto il tempietto poteva avere caratteristiche simili a quelle del bronzetto di Ittireddu (Fig. 9 e Fig. 10).

Fig. 9

Fig. 10 Il bronzetto di Ittireddu

In ragione di quanto esposto, se verosimilmente il tempietto di Santa Cristina avesse avuto le caratteristiche da noi ipotizzate, nulla osterebbe, almeno dal punto di vista tecnico, alla validità della tesi del Dr. Lebeuf.



Terza obiezione
La terza obiezione riguarda il livello dell'acqua all'interno del pozzo, che secondo alcuni, avrebbe inficiato l'osservazione dell'evento lunare allorché il pozzo fosse stato allagato da piogge copiose e persistenti.
L'obiezione si incrina nel momento in cui l'archeologo Dr. Sergio Atzeni, che scavò il pozzo, dichiarò di aver individuato delle fessure che potevano far pensare ad un sistema di troppo pieno capace di garantire un livello stabile dell'acqua nel bacile lustrale. L'obiezione cade definitivamente dal momento che la quota dello specchio d'acqua è in funzione della ierofania da me scoperta, come più avanti vedremo.




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Ho visitato per l’ennesima volta il monumento, ogni volta è una emozione.
Non mi dilungherò nel descrivere i particolari che mi hanno indotto alla scoperta, che risulteranno chiari nel corso della trattazione. Dirò solo che ho avuto l'opportunità di rilevare l'intero pozzo col laser-scanner, mediante il quale ho avuto sin da subito la certezza delle misure. Misure che comunque non si discostano tantissimo da quelle effettuate dal Prof. Arnold Lebeuf, che in modo accuratissimo lo ha rilevato nella parte più complessa: la tholos (e di questo diamo atto della sua certosina precisione e pazienza). Per lo studio mi avvarrò solo di una sezione bidimensionale che sicuramente basterà per spiegare quanto andrò qui a esporre; potendo disporre della più efficace delle prove: la documentazione fotografica.
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Voglio però concedere ancora qualche riga al monumento... alla mekhanè15.

Nel pozzo di Santa Cristina il genio architettonico delle genti nuragiche ha toccato il suo massimo livello. Livello già “sublime” quanto “nascosto”, raggiunto nell’edificazione delle torri nuragiche. Opera “sublime” il nuraghe, che “nasconde” la genialità di quelle genti nel “costruire” seguendo le leggi della statica. Le leggi di quel dio creatore da essi veneravano, che mediante forme astruse di pietre appena sbozzate, plasmavano forme geometriche attraverso improbabili incastri “nascosti” insiti nelle stesse forme lapidee,16 e ancora nei complicati incastri di volumi e corridoi e pareti aggettanti. Volumi architettonici che accolgono e creano architetture di luce.
Il “sublime”, nascosto nella raffinatissima concezione strutturale, si esplicava in tutta la sua maestosità nell'aborrire l'uso di macchine  d'artificio umano per creare la cupola17. Parimenti, nulla, oltre alla potente luce divina, era ed è, necessario per creare quelle eteree ed eterne ierofanie all'interno di quel “Sancta sanctorum”.
Quel “sublime nascosto”, nel pozzo sacro di Santa Cristina, si palesa in tutta la sua magnificenza formale, dando ancor più lustro all'estro profuso nel costruire le “grezze” torri nuragiche. Qui il progetto architettonico impone forme geometriche perfette, tagli netti e rettilinei a formare angoli precisissimi e cerchi perfetti con qualche eclettica “anomalia”, funzionali alla Sublime ierofania nascosta. Quella stessa ierofania che, come già detto, nel pozzo di Sant'Anastasia di Sardara determinava, alla fine di un percorso del raggio luminoso riflesso, una sorta di eiaculazione dal foro apicale della tholos. Nel medesimo momento, dallo stesso oculo, il sole proiettava direttamente la ierofania luminosa nel bordo del bacile colmo d'acqua, in un giorno ben preciso: il 21 di aprile.
A Santa Cristina una variante della stessa architettura luminosa, determina una simile ierofania sempre il 21 di aprile.

 continua 

Note e riferimenti bibliografici

1 Arnold Lebeuf - 2011 - Il pozzo di Santa Cristina un osservatorio lunare - Edizione Tlilan Tlapalan.

2 Vedi: S. Angei 2016 “Sincretismo religioso tra nuragico e romano – La porta del toro luminoso” nel blog Maimoni.

3 Da: http://www.fupress.net/index.php/ra/article/view/17954 - Borut Juvanec - Sacred well Sant’Anastasia, Sardinia (Pozzo Sacro Sant’Anastasia, Sardegna).
Vedi anche S. Angei 2017 blog Maimoni: “Il pozzo sacro di Sant'Anastasia di Sardara - Ovvero, finiamo il lavoro lasciato a metà...”.

4 Lo studioso misura, legge e studia solo il percepito; non indaga sulle modalità di realizzazione, né di registrazione dell'evento. Dal punto di vista tecnico è possibile dimostrare per via empirica il metodo di registrazione del lunistizio maggiore settentrionale nel pozzo sacro di Santa Cristina. Non ritengo sia il caso di soffermarsi sulla questione, a meno che non mi venga espressamente richiesto. Comunque rimango scettico rispetto alle motivazioni di un evento che avviene ogni 18,61 anni, visto il carattere pragmatico della civiltà nuragica.

5 Il 21 di marzo i raggi solari quando sono in asse con la scalinata hanno una inclinazione di 46°44', per tanto illuminano tutta la scalinata e quasi tutto il diametro del bacile. Dico “quasi” perché la luce solare lambirebbe il bordo opposto al varco d'ingresso, con una inclinazione di circa 45°, la qual cosa avviene tre giorni prima dell'equinozio, come si può evincere dalle belle fotografie dell'amico Stefano Sanna pubblicate nel blog Maimoni il 21 marzo 2017 nell'articolo “EQUINOZIO AL POZZO SACRO NURAGICO DI SANTA CRISTINA : LA POTENZA DEL FASCIO DI LUCE DEL DIO SOLE”.

6 L'argomento fa parte di questo studio

7 Il 21 di dicembre il sole illumina la “scala rovescia”, ossia la copertura a gradoni e lascia in ombra sia la scalinata che il bacile lustrale.

8 La volta attualmente risulta completamente illuminata quando il sole arriva ad un azimut di 154°46' ad un'altezza di 22°15' (nel 1000 a.C. avveniva ad un azimut di 155°58').

9 Da punto di vista tecnico sarebbe stato necessario disegnare la scalinata in modo leggermente diverso, mantenendo la stessa alzata di circa 25 cm ma con una pedata di 33,1 cm anziché di 30,6 cm di media reali. La diversa conformazione della scala non avrebbe modificato in sostanza l'architettura, né comportato modifiche sostanziali nella concatenazione delle fasi di realizzazione. D'altro canto questa precisione era di certo nelle possibilità di quegli architetti, e questo lo auspichiamo nella perfezione profusa nella registrazione del solstizio d'estate, come vedremo.

10 E' il caso di spiegare meglio questo passaggio che, mi rendo conto, è difficile cogliere di primo acchito. In sostanza, è possibile che il fenomeno correlato al solstizio d'inverno (ma vale anche per gli equinozi), non fosse necessario individuarlo in modo estremamente preciso, come son portato ad ipotizzare (colpevole la mia forma mentis di impronta tecnica); ma marcasse, col gioco di luci ed ombre, in un arco temporale più lungo: qualche giorno o addirittura una settimana, un periodo attorno al solstizio d'inverno, caratterizzato dalla illuminazione della volta a chevron della scalinata, col resto del monumento completamente in ombra. Ciò possiamo auspicarlo anche agli equinozi, caratterizzati come: “quel periodo durante il quale il sole illumina l'intera scalinata e l'intero bacile, lasciando in ombra la volta a chevron della scalinata stessa.

11 Anche in questo caso (vedi nota 8), sarebbe stato necessario disegnare la scala e/o la volta a gradoni in modo diverso, ma con ogni probabilità, ciò avrebbe comportato una diversa forma del monumento. Dal punto di vista tecnico la costruzione del pozzo secondo tutti i parametri presi in considerazione (registrazione di solstizi, equinozi e lunistizio) sarebbe stata possibile ma evidentemente il pozzo non fu concepito per questa funzione.

Fig. A
L'immagine di Fig. A mostra in modo del tutto ipotetico come sarebbe stato costruito il pozzo se avesse registrato tutti gli eventi.

12 Il tema sarà affrontato in uno studio ad hoc, che seguirà il presente saggio. Può sembrare banale questo compito, ma per esperienza posso dire con tutta sicurezza che sia necessario scandire le fasi di realizzazione dell'edificio, perché si potrebbe arrivare ad un punto morto, nel momento in cui una fase possa escludere l'altra o essere tecnicamente impossibile eseguirla.

13 Descritto da G. Lilliu in “Sculture della Sardegna nuragica” n° 268 pagg. 472-474 – Ilisso Edizioni - 2008.

14 S. Angei 2017 “Il pozzo sacro di Sant'Anastasia di Sardara - Ovvero, finiamo il lavoro lasciato a metà...” nel blog Maimoni.

15Mekhanè ha assunto per i greci tanti significati, ma nel suo significato più profondo e costante nel tempo è stata ritenuta sinonimo di potenza (dynamis) oltre che di meraviglia. Il termine “Mekhanè” non è più solo allora per Archimede uno strumento materiale di accrescimento di potenza, per le sue leggi, ma una struttura teorica, che in quanto ci fa osservare il vero, ci indica la via, il verso, il tropos, su cui bisogna camminare per cercare il vero”. Da: “Archimede e la nascita del concetto di macchina - Da una matematica e filosofia delle forme sostanziali ad una matematica e filosofia degli elementi” di Giuseppe Boscarino                                                 http://matematica.unibocconi.it/sites/default/files/Archimede%20e%20la%20nascita%20del%20concetto%20di%20macchina.pdf.
Questa definizione ci sembra possa accostarsi all'intima essenza manifestata in questi monumenti dedicati al culto.

16 Potrebbe essere questo il retaggio del comandamento divino che imponeva di costruire altari con pietre non toccate dal metallo?

17La costruzione della tholos nuragica non ha bisogno della centina per essere costruita.

10 commenti:

  1. OK. Bellissimo Sandro. Filologia pura. Quando giochi in casa (con la tua specializzazione) dai l'idea dell'imbattibilità. Filologia basata, per altro, sullo studio attentissimo dei precedenti contributi specialistici, serissimi, di Juvanec e Lebeuf. Quella tua ricostruzione del tempietto aperto sulla scorta della testimonianza di Ittireddu sembra proprio salvare Lebeuf da una delle obbiezioni più forti. E spero che lo studioso ti sia grato per questo. Anche se poi sembri maliziosamente impallinarlo con l'obbiezione dell'arco temporale dei lunistizi. Possibili - tu dici - ma quasi irrilevanti rispetto alla 'macchina' costruita per la gloria luminosa del sole rispetto ad un ben preciso giorno dell'anno. Qui mi permetto di dire che il lunistizio può avere il suo significato nel fatto che per i nuragici era la luce (NR), nel complesso, che contava, ovvero la somma luminosa dei due astri. Sole e luna, così come per la cultura religiosa etrusca,non andavano disgiunti perché ciò avrebbe voluto significare l'annullamento dell'androginia. Aggiungo che sono molto belle e chiare, con la loro didascalia, le immagini. Chiarezza che segue 'naturaliter' a quella del ragionamento. Attendiamo ora il resto del saggio.

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  2. No Professore, non intendo impallinare nessuno. Se nel pozzo sacro di Santa Cristina ci fosse registrato il lunistizio maggiore ne sarei felice e plaudirei alla genialità di quelle genti. Come dimostro in nota 11, sarebbe stato possibile realizzare una struttura capace di registrare in modo precisissimo tutti gli eventi astronomici solari, includendo anche quello lunare al lunistizio maggiore. Se fossi certo che la luna fosse esclusa da queste registrazioni astronomiche non l'avrei neppure presa in considerazione; ma le mie considerazioni di carattere antropologico, sulla difficoltà di accettare una registrazione astronomica a così largo respiro, è solo una mia convinzione e non posso per tanto escludere la possibilità di un simile evento nel pozzo di Santa Cristina. Non così per il lunistizio medio, che ritengo sia solo frutto di coincidenza, e cerco di dimostrarlo nel 16° capitolo dedicato al solstizio d'estate. Solstizio d'estate che, al contrario, il Prof. Lebeuf ritiene sia esso, frutto di coincidenza quando marca il 12° anello della tholos. Ma è prematuro oggi parlare di questo. Non di meno, a riguardo del lunistizio maggiore, il singolo caso (quello di Santa Cristina) non può essere adottato quale verità assoluta.
    Si può dire che anche nel pozzo di Sant'Anastasia poteva specchiarsi la luna nel pozzo, non per questo si può affermare che in quel monumento sia registrato l'evento astronomico. Il giorno che si scopriranno altre registrazioni simili a quello di Santa Cristina, sarò felice di aver avuto torto.

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  3. Mi pare curioso, e non me lo spiego, che la data del 21 Aprile - significativa per Sant'Anastasia e Santa Cristina, sia anche il natale di Roma. Pensi che sia pura coincidenza o subodori qualcosa d'altro?

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  4. Penso che il merito di Roma, oltre alla magnificenza di quella civiltà. fu quello di prendere ed acquisire le conoscenze di popoli coi quali entrò in contatto e coltivarle rendendole longeve; tanto longeve che sono arrivate fino a noi. Così fu con gli Etruschi, dai quali appresero l'ingegneria idraulica e la costruzione dell'arco quale elemento architettonico sublime. Non mi meraviglio, per tanto, nella possibilità che quella data, appresa quale data “fondamentale” da altre culture, sia stata utilizzata quale registrazione della “fondazione” di Roma. Infatti già nello studio sulla “postierla” (leggi porta del sole) di Murru mannu in Tharros (Maimoniblog 4 marzo 2016 - Sincretismo religioso tra Nuragico e Romano parte 5°) misi in risalto questo aspetto (per così dire) “ereditario” di riti e date in età romana.

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  5. A quanto pare per alcuni lettori è bastata la data del 21 di aprile per pensare di prenotare il viaggio dalla Spagna a Santa Cristina. Vi ringrazio per la fiducia accordata, ma aspettate almeno la pubblicazione dell'intero saggio per decidere la partenza! Non fosse altro per capire cosa andare a vedere il 21 di aprile o il 21 di agosto. Ringrazio comunque il lettore Spagnolo di Monte prama novas.

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  6. salve, perdoni la mia ignoranza, mi piacerebbe sapere come ha fatto a calcolare l'altezza del sole nel 1000 aC, sulla base delle variazioni di inclinazioni dell'asse terrestre? se si potrebbe indicarmi dove posso trovare il dato?
    grazie

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    1. e vorrei anche capire come ha calcolato la differenza di altezza dei punti su cui vanno a posizionarsi i raggi del sole. grazie di nuovo

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  7. La ringrazio per le domande Signor “sconosciuto” (spero si voglia presentare), che mi da modo di spiegare quei passaggi tecnici di difficile approccio ai più e che nello studio risultano oscuri perché non spiegati.
    Il calcolo è stato effettuato col programma STELLARIUM impostando le coordinate geografiche del luogo (Santa Cristina) e naturalmente impostando la data del 1000 a.C. tenendo conto appunto della precessione degli equinozi. Tant'è che se vuole verificare in prima persona dovrà partire dal dato primario che è la data dell'equinozio di primavera; questo nel 1000 a.C. corrisponde al nostro 30 di marzo e da lì contare lo sfasamento di 9 giorni per la data del 21 di aprile. Per il calcolo delle date di equinozi e solstizi lontani nel tempo vi sono dei programmi di calcolo, ma si possono calcolare anche con lo stesso STELLARIUM, sapendo che al solstizio d'estate il sole quando è in meridiano raggiunge la sua massima altezza (e la massima declinazione positiva) e al solstizio d'inverno l'altezza minima (la massima declinazione negativa); mentre per gli equinozi basta individuare il giorno che esso sorge esattamente ad un azimut di 90° a livello del mare (declinazione che si approssima allo 0° nel luogo scelto).

    Per quanto riguarda la posizione dei raggi solari che illuminano il 12° anello, con tutta evidenza è necessario conoscere la sezione esatta del pozzo in asse con la scalinata; detto questo, l'inclinazione dei raggi incidenti è uguale a quella dei raggi riflessi per un principio di ottica, che vuole complanari raggio incidente, raggio riflesso e normale alla superficie riflettente nel punto di incidenza; nonché uguaglianza tra angolo di incidenza e angolo di riflessione, calcolati rispetto alla normale.

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  8. Si può dire senza essere linciati che il 21 Aprile il sole entra nella costellazione del Toro?

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    1. Non vedo perché dovrei linciarla. Vi è qualche motivo che la induce a temere questa evenienza?

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