sabato 26 settembre 2015

Tanat panê Ba‛al V


Il grande inganno IV
Parte quinta

Labrys
di Sandro Angei

vedi parte quarta


Come già anticipiato nella parte seconda, possiamo ipotizzare, che anche la bipenne possa essere la materializzazione terrena (nel terreno) del percorso solare nei suoi punti cruciali, come si può evincere dalla Fig.1.
Fig.1

Ciò parrebbe una mia speculazione, ma qui apporteremo degli indizi, se non prove, che ciò sia vero.
      Fig. 2
   L’immagine di Fig 2, a dar credito alla sua didascalia che recita: c) Tanit's substitute (Punic votive stele, Museum of Carthage, Ref.[4,#35], potrebbe avvalorare quanto ipotizzo.
   Se la labrys è intesa quale immagine sostitutiva della Tanit, la mia ipotesi potrebbe essere l’anello di congiunzione. Tenuto conto che nel medesimo sito web la figura “b” 
in didascalia viene definita: b) Tanit labrymorph (Punic votive stele, Museum of Carthage, Ref.[4,#37]. Per via (forse n.d.r.) di quei due “coltelli minacciosi” (così li definisce il Garbati), che la figurina pare ostentare.
   Nello stesso studio si fa riferimento ad un’altra immagine ben più antica, che viene datata al 4000 BP[2],
 dove la figura brandisce due labrys, non in segno minaccioso ma con significato iniziatico, come suggerisce il Garbati, per via dell’aspetto labrymorfico del corpo della dea.
   Il Garbati alla fine della trattazione della labrys ipotizza un aspetto iniziatico affiancato ad uno sacrificale di tale raffigurazione.
   Per quanto sostenuto nella mia tesi posso ipotizzare che la labrys, vista sotto l’aspetto astronomico, ha origine esclusivamente iniziatica e solo in seguito potrebbe aver assunto scopo sacrificale, ma per motivi paludativi del simbolo e sottomissione dei fedeli.
   Tali ragioni possono, se non chiarire del tutto la questione, almeno aprire un varco in questo inesplicabile e ingarbugliato mondo di immagini.

   In “Il Carnevale: La maschera, il tempo e le origini di Arlecchino[3], Emanuela Chiavarelli scrive, parlando della maschera di Arlecchino: “Conserva nel nome «la chiave  del  mondo  sotterraneo  da  cui  proviene».  Come molte maschere, è un essere demoniaco che costituisce il retaggio di antichissimi culti di fertilità confermati dal suo ruolo di Zanni. 
Dietro l’appellativo si cela, in realtà, Giano, il “bifronte” dio delle porte dell’Anno, giovane e vecchio Signore del divenire. Si tratta, quindi, di una duplice entità connessa alle fasi del transito annuale affine al dio dell’Anno Calante e Crescente dei Celti che si contendono il favore della dea della Regalità; ai Forseti nordici le cui opposte scuri evocano, unite, la doppia ascia emblema dell’anno; alla complementarietà dei greci Apollo e Dioniso – detto Pélekys,  “bipenne”,  motivo  che  parrebbe  suggerire  il  vero  senso  da  attribuire  al  labrys cretese.” (il sottolineato è mio).
   Alla ricerca di prove in un sito web[4] troviamo un’altro indizio che potrebbe confermare la nostra tesi. Descrivendo la grotta di Polifemo in territorio di “Erice”, Testualmente si scrive “Il vano rialzato costituito dalla metà sinistra della grotta, profondo all'incirca 7 metri, presenta un soffitto piuttosto basso e digradante verso il fondo. Su di esso ad un'altezza di 1 metro e 30, si trova appunto il pittogramma del labirinto in ocra rossa, costituito da sei volute concentriche e grossomodo ellittiche per un diametro massimo di 30 cm.
   Immediatamente di lato - nonostante il forte degrado del colore - si indovina anche una figura antropomorfa, sempre di colore rosso, che anche a detta degli archeologi che l'hanno studiata, sembra essere costituita da una testa stilizzata, due braccia alzate, ed una lunga tunica “a campana”. Con la mano sinistra essa sembra reggere qualcosa, come un corno, dipinto in colore scuro.  (il sottolineato è mio).
 Dalla descrizione si intuisce che quella raffigurata è indubbiamente la Tanit che regge un corno.
   Tornando indietro e continuiamo a leggere l’articolo di Giuseppe Garbati, egli accosta il pittogramma del labirinto a quello della labrys, anzi fa derivare la prima dalla seconda (ma in questo contesto poco importa sapere se è nato prima l’uovo o la gallina), fatto sta che tra labirinto e labrys, che pare abbiano la stessa radice lessicale, c’è una forte correlazione.
   Ma le sorprese non sono finite. Del sito di Erice si scrive a chiare lettere che i pittogrammi posti all’interno della grotta sono illuminati al tramonto del sole al solstizio d’estate.
   Le coincidenze paiono troppe per non trasformare dei semplici indizi in prove concrete.


1 commento:

  1. La cultura è uno dei pregi più importanti in una persona perché serve a migliorarla e,se è vera cultura,ad allontanarla dalle miserie e meschintà della vita.Come le ho già scritto, signor Angei ,per quanto riguarda questi argomenti, sono e resterò al nido e come mi diceva affettuosamente il mio direttore;che era di una cultura inimmaginabile ed affascinante(sarei stata ad ore ad ascoltarlo):lei Pintore è un'analfabeta di ritorno.La ringrazio per tutte queste cose che lei scrive,ribadisco,in maniera chiara e comprensibile.

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