Gianfranco Pintore Blog
2010 (13 ottobre)
di Gigi Sanna
Nuraghe Ardasai della Barbagia di Seui
Abbiamo visto dunque, nel precedente articolo, che sia l'Angius sia
l'Alinei si sono sforzati, ciascuno con le proprie forze e capacità
linguistiche, ma con identità di vedute, per invalidare la tesi che la lingua
sarda possa aver avuto origine da quella romana e che quindi ci fosse, tra i
due codici espressivi e comunicativi, un rapporto, strettissimo (e nobilissimo
per ‘purezza’), tra ‘mamma’ e ‘fiza’ (come dicevano il Madao nel Settecento e
lo stesso lessicografo Spano, contemporaneo dell’Angius, nel secolo successivo)
.
Particolarmente importante, quasi
fondamentale, l'obbiezione avanzata da
entrambi che la Sardegna dell' interno (Barbagie), quella resistente della
'riserva indiana' e mai domata dalla
colonizzazione di Roma, avrebbe dovuto mantenere la sua lingua arcaica
preromana e non, al contrario,
presentarsi come la zona con romanità linguistica più radicata di tutte le
altre. Spia evidente questa che il sardo 'latino' era da ritenersi precedente e che le due
lingue, quella chiamata da Alinei 'italide' e quella sarda, appartenevano allo
stesso ceppo linguistico, per quanto indipendenti.
Si capisce subito però da ciò le
conseguenze che si determinano sul piano della ricerca scientifica sull'origine
della lingua sarda: le tesi, che hanno fatto ormai scuola da tantissimo tempo,
sulla lingua romana che sarebbe la 'madre' di quella sarda ( e di quelle franco
-iberiche) andrebbero totalmente riviste. E a farne le spese sarebbero, per
quanto riguarda il sardo ‘romano, gli studi di mostri sacri come W. Meyer - Lübke
e soprattutto come Max Leopold Wagner, autore del famoso DES (Dizionario Etimologico
Sardo), uno studioso benemerito che con le citatissime sue 'etimologie' e l’esame profondo
assieme della società e dell'anima
sarda, ha dato, tra gli altri contributi , statuto di 'lingua' al linguaggio
usato dai Sardi. Tante, tantissime parole, andrebbero alla luce della TdC
ricalcolate e riviste quanto ad 'ascendenza'
e bisognerebbe, di conseguenza, ridisegnare un confine tra il sardo 'latino'
anteriore a quello della data della conquista romana dell'Isola (fine del III
secolo a.C.) e il sardo inevitabilmente influenzato (così come –qundo più quando
meno - da altre lingue nel passato) dopo la conquista, a partire soprattutto dai
secoli dell'età imperiale.
Ora io non intendo minimamente metter becco in ampie e articolate discussioni
di natura linguistica, perché non ne avrei le forze e soprattutto i mezzi,
mentre entro nel merito, con un mio contributo, delle obbiezioni specifiche
formulate dall'Angius e dall'Alinei; ma
solo perché oggi il panorama delle
conoscenze sulla lingua sarda arcaica, ovvero sulla lingua parlata dalle popolazioni dell'Isola durante l'età
del bronzo (e certamente anche in periodo neolitico-eneolitico stante una certa
continuità culturale isolana acclarata
anche dall’archeologia) mi sembra notevolmente mutato