mercoledì 13 aprile 2022

Quando l'immagine è scarna non dà alternative...

 

Fig. 1

di Sandro Αγγει

Questo è il verso di presentazione che viene offerto dal British Museum per la kylix di Fig. 1. Una kylix di produzione Attica proveniente da Nola in Campania, lì dove Etruria e Magna Grecia entrarono in contatto.

La didascalia recita: "Pottery: red-figured kylix. Purple used for wreath and inscription: no inner markings. Interior: Within a thin red circle, a wreathed youth lying on his back to right on a couch(?), represented by a red horizontal line, and holding with both hands a large diota, as if attempting to drink from it; his right leg raised a little; slight whiskers, in brown. Around, HOΠΑΙΣΚΑΛΟΣ, ό παίς καλός." 
La scelta del verso di lettura della figura non è casuale ma, come avverte il curatore, è dettata da un secondo reperto nel quale un satiro è rappresentato nello stesso atteggiamento.

Descriviamo la kylix
La scena è racchiusa dal solito cerchio, al quale è necessario dare un significato ideografico; e questo non per cercare per forza significati dappertutto, ma per rispondere ai requisiti che emergono dalla interpretazione di queste immagini; perché queste immancabilmente rendono, ad esempio, il significato del sostegno, della protezione, del vigore, della forza, della potenza, della sicurezza, della continuità etc., in parte o tutte assieme; e proprio quest'ultima, la continuità, è spesso ottenuta ideograficamente tramite il segno ripetuto che a volte guarnisce le kylix con una serie di anse disposte in circolo come quelle di Fig.2 (si veda anche lo studio e in particolare la nota 13 della kylix Sanna).

Fig. 2

Proprio questo motivo circolare ricorrente mi da modo di pensare quale possa essere la differenza di significato tra un cerchio con anse e un cerchio semplice come quello della kylix qui studiata.
 Mi sembra che il cerchio semplice non possa dare di per se il significato di "continuità", o per lo meno è piuttosto faticoso intenderlo in questi termini; viene più facile invece pensare al concetto di "illimitato" dal momento che il cerchio non ha inizio né fine [1]. Vedremo più avanti che questo aggettivo è qui necessario per quantificare l'azione divina, dato che, mi sembra, sia il solo di tal genere a essere presente in questa kylix. Ma continuiamo ora con la descrizione della scena.

 All'interno del cerchio un giovane inghirlandato sostiene l'ansa di un'anfora col braccio sinistro, e ne sostiene la parte panciuta col braccio destro per mantenerla orizzontale e poterne bere il contenuto. Contemporaneamente sostiene la mano destra con la gamba destra per reggere il gravoso peso dell'anfora, e sostiene in equilibrio se stesso puntando il tallone del piede sinistro a terra.
Abbiamo detto che il giovane è inghirlandato per tanto la ghirlanda sostiene i capelli. 

L'immagine indica ideograficamente il sostegno per ben cinque volte e per tanto, per iterazione logografica, avendo il numero cinque il significato numerologico di "potenza", otteniamo il significato di "potenza del sostegno".
Ora dobbiamo domandarci chi esercita la "potenza del sostegno". Certamente è la divinità o le divinità, Tin e Uni nascostamente presenti generalmente nelle acrofonie che alludono al 3.

Per quanto ci avverte il Prof. Sanna, l'immagine deve soddisfare il requisito dell'A.I.N. (Acrofonia, Ideografia e Numerologia); ciò significa che dobbiamo cercare il necessario valore acrofonico, e questo  possiamo individuarlo, per quanto mi sembra di capire, solo nell'anfora secondo la cosiddetta "acrofonia organica" (Sanna).

L'anfora in questione è classificata nella sua forma come Dressel 20, ossia anfora da trasporto biansata con collo stretto e fondo affusolato, chiamata ἀμφορεύς, per tanto nessun aggancio acrofonico si evince. Vi è però la possibilità di un altro termine forse più generico ma sicuramente attestato col significato di orcio, giara per il vino che è  "κέραμος".

Kέραμος in greco ha il significato ampio di "terra da stoviglie, argilla e tutto ciò che si fa con essa, vaso, anfora, otre, pentola, brocca, piatto, ma anche tegola e mattone".
Mi sembra di poter intravvedere in questa connotazione uno spiraglio verso quella che nello studio del kyathos pubblicato il 27 febbraio 2022 in questo blog ho avanzato in modo prudente quale "acrofonia di genere" (vedi nota 1 di quello studio), perché proprio questa immagine non da alternative; non vi sono altri possibili oggetti che possano supportare l'acrofonia. 

Se le cose stanno così, avremmo individuato la necessaria e puntuale acrofonia [2].

Naturalmente, per restar coerenti all'acrofonia organica [3], è necessario individuare un secondo k o χ o C che la soddisfi; e ciò non crea alcun problema dato che la mano (grec. χείρ) regge l'anfora (κέραμος).

Ora componiamo la frase, però, volutamente e per il momento, senza considerare l'ideogramma del cerchio; frase che recita:
potenza del sostegno di χ+κ, ossia di Tin e Uni o Sole e Luna che dir si voglia.

Poco sopra ci siamo domandati di chi sia la potenza del sostegno, e abbiamo risposto che è quella della divinità. Domandiamoci ora come sia questa potenza del sostegno della divinità. Il cerchio risponde a questa domanda: la potenza del sostegno della divinità è illimitata.

Per tanto la formula apotropaica per quanto ci sembra di capire risponde in senso generale a quattro domande:
- chi è da divinità? CC, kk, χχ, ossia Tin e Uni, Sole e Luna
- quali azioni svolge la divinità? Sostiene, protegge, rassicura etc.
- quali sono le qualità di queste azioni? Forza, potenza, santità etc.
- quale è la misura o la quantità di queste azioni? Continua, illimitata, eterna, ciclica, vigorosa etc.

La risposta a queste quattro domande rende la frase completa. Non avrebbe senso che la frase fosse del tipo: Tin e Uni sostengono, perché di certo ci si domanderebbe con che cosa sostengono.

Oppure: Tin e Uni sostengono con potenza, che ancora non è né sufficiente né precisa, perché la potenza di quel sostegno potrebbe essere quella di un solo attimo.

Ma la frase: Tin e Uni sostengono con potenza continua è completa e sufficiente.

note e riferimenti bibliografici

1 Perché dobbiamo dare per forza un significato al cerchio? Per un motivo molto semplice. Nel momento in cui si individua il sostegno, il vigore, la forza, la potenza etc., questi aggettivi dobbiamo quantificarli, per tanto avremmo che, ad esempio: il sostegno o la forza sono continui, oppure possono essere illimitati. Per tanto, secondo questa ipotesi di studio, nel caso in cui abbiamo un cerchio ansato possiamo dire che esso è ideogramma di continuo e di illimitato, nel caso del singolo cerchio esso sarebbe ideogramma di illimitato, e nel caso di un cerchio con anse sequenziate con segni a croce, potrebbe essere ideogramma di continua forza illimitata. Tant'è che potremmo azzardare anche una quarta lettura ideogrammatica nella kylix sotto riportata, nella quale si potrebbe leggere continua forza santa illimitata.


 
2 Il k e il χ, come la C latina sono omofoni del Ɔ etrusco, che indicava in quest'ultima cultura anche il numero 3; numero che ha il significato di luce, significato quest'ultimo individuato dal Prof. Sanna nel volgere astronomico del Sole e della Luna nel cielo, espresso nei tre momenti giornalieri del sorgere, distendersi nell'arco celeste e infine curvare al tramonto. 

3   Ne parla per la prima volta (almeno così mi sembra di ricordare) il Prof. Sanna in un suo studio comparso in questo blog il 25 novembre 2019



APPENDICE

Fig. A

3 commenti:

  1. Hai cercato di interpretare un 'soggetto' certamente scarno ma di assai difficile interpretazione soprattutto se non si scorge (secondo me) una malizia nel rebus complessivo. Infatti i 'sostegni' nel computo sembrano essere quattro e non cinque: 1) corona/chioma 2) mano/manico 3) mano/anfora 4) gamba -gamba (le due gambe). L'abbinamento tende ovviamente a 'scrivere' anche i quattro 'sei' di riferimento alla divinità: chioma/corona// mano/manico// mano/anfora// gamba/ gamba. La malizia è stata nel rendere il secondo sei con CHEIR e il manico del recipiente che è ideogramma del tre' (il manico curvo che dà il 'tre' in forma di 'C'). Ideogrammi a 'C' che sono frequentissimi nell'etrusco (pensa al becco dei due volatili nello specchio che hai commentato precedentemente) Insomma si ottiene 'ch' acrofonico e 'C' ideogrammatico. La mano destra sostiene invece il KADOS (questa brocca si chiama così in greco e conteneva trenta litri circa di liquido: ed ecco perchè lo sforzo del giovane nel cercare di bere). Qui ovviamente l'acrofonia è facile (Cheir - Cados) come facile è ancora l'acrofonia delle gambe :crus - crus. Il risultato allora dovrebbe essere questo, con la 'iterazione logografica' estesa sia al 'sostegno' che al 'sei'. 'Continuità (cerchio o linea continua?) della forza del sostegno della forza del sei'. In ogni caso affermo ancora quanto ti dissi circa le altre tue interpretazioni sui rebus etruschi. Se si mettono a confronto, anche in questo caso, le nostre 'soluzioni' finali esse non divergono se non nei dettagli e l'uso dell'AIN dà comunque un certo senso compiuto. L'ossatura formulare forza/vigore, sostegno e doppia luce (o SEI) mi pare restare in piedi. Come sempre però la difficoltà, notevole o relativa, per noi è quella di intendere correttamente le acrofonie, cioè il lessico greco o latino che rende la voce iniziante per la velare. Come in questo caso il 'kados'. E, come ho detto altre volte, mi auguro tanto che l'acrofonia si basi sul fatto che il mix linguistico sia possibile sulla base del 'tre' sacro (latino -greco -etrusco) come se si trattasse quasi di una unica lingua. Sembra da tanti documenti che sia così, che 'funzioni', come si dice, ma confesso una certa mia perplessità. Ma l'insistere senza stancarsi (e demoralizzarsi) forse ci aiuterà nel superarla.

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  2. Si intravede una regola che richiede la risposta ad una domanda: lì dove vi è ideogramma (nel nostro caso il sostegno reiterato per cinque volte come ritengo io, o quattro come dice Lei Professore), si debba cercare con certezza il nome della divinità Tin-Uni, Sole-luna? Parrebbe di si, benché il sostegno del manico dell’anfora con la mano non rechi acrofonia organica (due acrofonie correlate) ma un’acrofonia (mano) organica ad un ideogramma (il manico dell’anfora) che restituisce la “C”; e che sia così, potremmo di buon grado accettarlo dato che i due manici sono vistosamente asimmetrici. Ma vi è anche una seconda connotazione che rende verosimile l’ipotesi ossia; il manico è ben delineato mentre la mano chiusa a pugno dà solo l’idea della presa; infatti un ingrandimento dell’immagine (vedi immagine di Fig. A in appendice all’articolo) dimostra che il manico è mantenuto solo col pollice e l’indice chiusi ad anello, mentre il medio, l’anulare e il mignolo sono appoggiati al manico ma non lo stringono. Al pittore sarebbe stato facile disegnare la punta “nascosta” delle tre dita, ma ha scelto altrimenti, forse proprio per mettere in evidenza il manico sia visivamente che con una “stranissima” presa.

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    1. Credo che l'osservazione sia giustissima (e bellissima).

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