domenica 7 giugno 2015

Il più lungo testo egizio della Sardegna?

di Atropa Belladonna

Nel 1942 Ernesta Bacchi  pubblicò per il Museo egizio di Torino un reperto che proveniva dagli scavi di Tharros (almeno secondo il venditore da cui fu acquisito). L'egittologa non ebbe dubbi sulla sua autenticità nè sul nome del faraone inciso nel cartiglio: Menkheperure, nome regale di Thutmose IV che regnò tra il 1400 e il 1390 a.C. circa (1). Per la natura e la valenza del tutto personale  dei cosiddetti "scarabei del cuore", categoria cui apparteneva il nostro reperto, lo scarabeo non poteva essere postumo ma doveva essere uscito dalla tomba del faraone: "Come e quando esso uscisse dalla tomba del faraone e per quali vie passasse in Sardegna è impossibile stabilire(1). (Figura 1)


Figura 1. Scarabeo del cuore di Thutmose IV proveniente presumibilmente da Tharros (da 1). l'oggetto è in diorite verde e misura 5.5 cm * 3.6 cm * 2 cm
Il testo è quello usuale degli scarabei del cuore, proveniente dal libro dei morti  cap. XXX  e sia con qualche "errore" che con qualche variante ortografica, le quali ancora di più confermarono l'appartenenza temporale dell'oggetto alla XVIII dinastia.
Gli scarabei del cuore venivano posti vicino al cuore del defunto e dovevano aiutare il defunto a passare la "prova della bilancia" nel viaggio dopo la morte, dissuadendo il cuore stesso dal testimonaire contro il defunto e il suo nome (2): "L'Osiri Re Menkheperure, retto di voce sta a dire le parole: O cuore della madre mia, cuore della madre mia, cuore mio della mia forma visibile, non stare contro di me come testimonio, non ti opporre a me nel collegio; non usare la tua ostilità contro di me davanti all'addetto della bilancia. Tu sei il mio Ko che è nel mio ventre; Gnum che rende salve le mie membra. Esci tu (dal giudizio) in conformità del bene che abbiamo praticato. Non rendere puzzolente il mio Nome per la corte che fornisce gli uomini di posti; afficnhè vada bene per noi, vada bene per l'uditore (giudice), sia lieto il cuore di chi decide le questioni. Non dire menzogna (a carico mio) presso il dio elevato (Signore degli Occidentali). Ecco, questo è il tuo dovere. Che tu rimanga Osiri. " (1)
L'articolo è leggibile per intero on-line sull'archivio Jstor, previa registrazione; non è mai stato ripreso, per quanto ne so, sulla letteratura archeologica sarda. Assieme alla tavoletta di Tharros con la triade amunica (4, si veda la figura 3 questo post per la lettura: http://monteprama.blogspot.de/2014/06/iside-e-khonsu-datori-di-vita-e-il.html), è il più lungo testo egizio pervenutoci dagli scavi di Tharros e, ritengo, da tutta la Sardegna.

All'epoca in cui scrive la Bacchi si conoscevano solo altri due scarabei del cuore con nomi di sovrani: uno di un oscuro r
e della XVII dinastia, Sobekemsaf (figura 2), e l'altro di Nekau II (610-595 a. C. ). Questo da Tharros era il terzo (1). A parte i numerosissimi scarabei che riportano il nome regale di Thutmose III (1479-1425 a.C. ca.) che però sono poco diagnostici cronologicamente (7g), questo sarebbe-se davvero proviene da Tharros- lo scarabeo con nome regale più antico della Sardegna ed anche il testo più lungo; di poco successivo è lo scarabeo in steatite dal nuraghe Nurdole di Orani con il nome regale di Amenhotep III (1388–1351 a.C., XVIII dinastia); seguono quelli recanti il nome di sovrani della XIX dinastia  (1292-1189 a.C.) Ramesses II e Sethi I(7d,e)

Figura 2. Scarabeo del cuore del re  Sobekemsaf, ca. 1590 a.C., conservato al British Museum; da questo articolo. Le dimensioni sono 3.8 cm per 2.5 cm. E´uno scarabeo con testa umana, in diaspro verde montato su una tavoletta d´oro. I geroglifici incompleti e frammentari sono tipici del II periodo intermedio (1800-1550 a.C. circa)

Lo scarabeo del cuore e il geroglifico per cuore, jb
Quello che mi preme sottolineare è un fatto singolare, indipendentemente da come questo oggetto sia giunto in Sardegna: alcuni degli scarabei del cuore erano fatti proprio come il geroglifico per cuore 'ib  non a forma scarabeo, sfruttando la somiglianza tra i due segni (figura 3). 

Figura 3: scarabeo del cuore fatto a forma del geroglifico per "cuore" jb. Il geroglifico rappresentava un cuore bovino (Gardner, F34). Da questo sito

Nel catalogo del 1975 sugli scarabei egiziani o egittizzanti del museo di Cagliari (3), la Scandone ne mostra uno particolare (nr. A7) che lei ritiene di opera locale perchè il presunto nome regale Menkheperre (Thutmose II) venne scritto "sbagliato", cioè con il geroglifico per cuore anzichè quello per kheper, lo scarabeo "a lui morfologicamente simile" (3). Però la studiosa fa notare che dal punto di vista della crittografia amunica, il risultato non cambia: la J di JMN (Amun) viene ora fornita per acrofonia dal segno per cuore ed il risultato criptato non cambia, fornendo sempre il nome divino del dio nascosto, leggibile per tre volte (5). (fig. 4)

Figura 4: scarabeo in pietra talcosa conservato al museo di Cagliari: nella scrittura centrale la Scandone ipotizza che sia scritto il nome regale Menkheperre (crittografia di Amun), dove allo scarabeo (kheper) viene sostituito per "sbaglio" il segno morfologicamente simile per cuore, jb. Dal punto di vista crittografico, la sostituzione è innocente (3,5). La Scandone lo considera di produzione sarda (3).

In altre parole questa opera "locale" (figura 4) non sarebbe "sbagliata", ma anzi presuppone un uso disinvolto dei geroglifici e delle varianti morfologiche, per lo meno nel caso specifico del cuore-scarabeo. 

Lo scarabeo del cuore di cui in figura1 e rif. 1, non è unico in Sardegna in quanto tale: la Scandone ne riporta altri due (br. I27 e I 28), mostrandone solo il dorso in quanto anepigrafici sul ventre (figura 5).

Figura 5: scarabei del cuore anepigrafici al Museo di Cagliari (3), in pietra dura grigio-verdastra. 

Esiste però un altro scarabeo, anch'esso eccezionale per dimensioni-anche se più piccolo- e anche per contenuto, proveniente dalla collezione Biggio (figura 6). Ma questa è un' altra storia (6). 

Figura 6: scarabeo in steatite dalla collezione Biggio di Sant’ Antioco, 2.5 ´ 3.6 cm (6 e riferimenti ivi contenuti)

Di scarabei provenienti dalla Sardegna e di stampo spiccatamente egizio ne abbiamo visto diversi (5- 7); tra i suoi 197 la Scandone ne riconosce molti di produzione locale anche bellissimi, ma nel 1975 non poteva credere al fatto che gli artigiani fautori di essi potessero capire i geroglifici: “In Sardegna, dunque, secondo quanto é possibile dedurre esaminando la collezione di Cagliari, esisteva, accanto alla nota e pregevole produzione di scarabei in pietra dura semipreziosa, i cui soggetti derivavavno per lo più dalla tematica artistica fenicia o vicino-orientale, un artigianato che si dedicava alla manifattura di scarabei in materiale non pregiato, solitamente di mediocre o scarsa qualità artistica (se pur con qualche eccezione) e del repertorio figurativo in grandissima maggioranza di origine egiziana. E’ verosimile che questi esemplari fossero in parte copiati direttamente dagli originali presenti nell’isola; immagini e geroglifici dovevano essere ripetuti talora pedissequamente, senza che ne fosse compreso il significato palese, come nel caso della sostituzione del segno ‘ib al segno kheper nel nome regale apotropaico Menkheperre di A7, od occulto, come nel caso dei trigrammi che celano il nome divino ‘IMN” (3). 

Ma è davvero così?
(1) E. Bacchi, LO SCARABEO DEL CUORE DI THUTMÒSE IV, Rivista degli studi orientali
1942, 20: 211-227
(2) John Sarr, 2001, Gayer-Anderson Scarab. Collection in the Portland Art Museum, Portland, Oregon USA
(3) G. Matthiae Scandone, Scarabei e scaraboidi egizianie d egittizzanti del Museo Nazionale di Cagliari, Roma Consiglio Nazionale delle ricerche, 1975.
(4) Taramelli A., 1919, Cabras-Tavoletta votiva con bassorilievi  ed iscrizione egiziana, rinvenuta nell'area dell’antica Tharros, in Scavi e Scoperte, pp. 135-140
(5) A. Belladonna,  Gli scarabei sigillo della Sardegna e la scrittura segreta del Dio nascosto, monteprama.blogpsot.it,  26 OTTOBRE 2013

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