martedì 16 gennaio 2018

I documenti ‘etruschi’ di ‘Allai’. Falsi? Proprio per niente. Anzi illuminanti in quanto nuragico -etruschi. Vediamo perché.

di Gigi Sanna
   
Fig.1                                                                                                      Fig.2

    A molti è nota la vicenda dei documenti di Allai (1) rinvenuti dal cartografo Armando Saba nel lago Omodeo quando questo, per la siccità, si trovò ad essere in secca. Tra i documenti spiccano i due ciottoli che il giudice A.Enna, indotto dalla 'super perizia'  dell’etruscologo M. Torelli, sentenziò essere, insieme agli altri,  dei falsi ma mandando assolto il Saba per non aver commesso il fatto, cioè per non essere lui il falsificatore. Altri evidentemente li avevano spacciati per autentici. Ma chi? Non si sa.

    Ma le cose non stanno così. Ho quasi gridato da perito nel processo al Saba dicendo perché le pietruzze e le ceramiche rinvenute dal Saba non potevano essere dei falsi. Ma il giudice, evidentemente, non mi ha creduto, e ha creduto invece alla credibilità della scienza, ovvero al suo rappresentante, chiamato per l’occasione come superperito. E come non dargli ragione stante l’autorità?

   Eppure non mi sono affatto pentito di essermi battuto in quel processo circa la bontà degli oggetti etruschi. Anzi di aver detto una cosa molto importante che invece il Torelli non accolse (e con lui il giudice): che i documenti dimostravano di essere autentici in quanto palesemente illuminavano la stessa scrittura etrusca e la religione degli Etruschi circa l’identità di Tin e di Uni, ovvero della coppia androgina celeste solare/ lunare.

    Parlerò nei prossimi mesi anche degli altri oggetti rinvenuti dal Saba, ma pian pianino, perché oggi rispetto a ieri sappiamo molto di più (e sempre di più), per notevolissima documentazione, sia etrusca che nuragica, di un certo tipo di scrittura, quella metagrafica che, in virtù, del riferimento continuo formulare alle due dette divinità, rende giustizia a quelli che per disprezzo una certa scienza sbrigativa ha chiamato i ‘falsi ciottoli’ di Allai.

  Oggi parliamo dei due documenti su ciottolo  con tenore scrittorio - linguistico pressoché uguale. Ho trattato incidentalmente  di essi anche a proposito della iscrizione del pilastro della tomba  Claudii (2), tentando (vanamente purtroppo) di far capire che essi  con i loro riferimenti numerologici e con la presenza delle due divinità sono estremamente importanti per l' ermeneutica di certe iscrizioni funerarie etrusche che citano sia il padre che la madre (apac atic), ovvero l’androgino TIN/UNI.

  Nel detto pilastro gli studiosi (3) alla sesta riga dell’iscrizione hanno pensato che apac atic fossero il padre e la madre del defunto. Da parete nostra  si è replicato affermando che quel padre e madre non fossero padre e madre terreni ma padre e madre celesti che per sostegno (sanisva?) del defunto erano stati scritti nel cippo. Affermavamo l’assunto sulla base di non poca documentazione circa la scrittura metagrafica dei sarcofaghi (e di altri oggetti ancora) che sia nel coperchio sia nella cassa presentavano la formula di salvezza ‘sostegno’ del padre e della madre (del Sole e della luna, di Tin e di Uni).

Ma parlavamo anche di numerologia, una delle caratteristiche fondamentali sia della scrittura nuragica che di quella etrusca. Infatti, senza tener conto delle convenzioni scribali numerali dei santuari  nuragici ed etruschi non si va da nessuna parte e l’ermeneutica dei documenti, quando tutto va bene e non è inficiata  da approssimazione, risulta valida  solo parzialmente. Si pensa di leggere rettamente e nel profondo quello che invece è solo in superficie. Si pensa di vedere la giusta scrittura circa il senso del documento laddove invece quella che si ha davanti è solo un invito (e spesso neanche importante) per scoprire e leggere la scrittura a rebus che cela l’essenza del messaggio. Si pensa di liquidare come decorativo e solo decorativo quello che invece è linguaggio scritto  attuato con una scrittura diversa ma sempre fonetica. Sono cose che abbiamo detto tante volte ma è bene ripeterle perché ora ci preme di tentare di far assolvere dei documenti accusati e ‘bollati’ per  quello che non sono e cioè dei falsi.

 Orbene. Una prima constatazione. Quando Armando Saba trovò quei due ciottoli erano gli inizi degli anni Novanta del secolo scorso quando nessuno, proprio nessuno, compreso il sottoscritto, sia in Sardegna che in Toscana, in Italia e nel mondo,  parlava di scrittura numerologica, di scrittura acrofonica e di scrittura ideografica circa la documentazione sia sarda che etrusca. Sardōa Grammata è del 2004 e successivi sono tutti i saggi e gli articoli che hanno dato inizio alla ricerca e allo studio di un certo particolare codice di scrittura che si è chiamato ‘con’ e in seguito anche ‘metagrafico’ (4).

Le due pietruzze dei così conclamati falsi potevano essere sospettati d’esserlo solo a condizione che il presunto falsario fosse stato al corrente di tutta una letteratura di ricerca scientifica non esistente perché di metagrafico (anzi di scrittura ‘con’) si cominciò a parlare a partire dal 2004 e solo da allora.

 Guardiamo ora cosa dicono le due pietruzze con caratteri e segni etruschi trovati in Sardegna più di dieci anni prima.

Ciottolo A.

Esaminiamolo trascritto:



 

Presenta  15 lettere alfabetiche dell’etrusco abbastanza recenti (5), due numeri, un segno di puntazione.

 Abbiamo quindi:

III (tre)  C I M V L T E. C III (tre)

C I T E N I T

Ma dal momento che la scrittura è bustrofedica (v. più avanti) la lettura è:

III C I M V L T E. C III

T I N E T I C


 La traduzione  si ha separando i grafemi e individuando il lessico che è composto da:

III / CI/ M/ VLTE/. C/ III/

TINETI/C

cioè: (IIl) TRE (con) TRE M(a) SALUTATE . E (il) TRE RICOMPENSATE ANCHE ( Salutate il tre con tre invocazioni di oh! e anche ricompensate (fatte doni al) il tre).

Analizziamo ora prima il supporto e poi tutto il lessico sulla scorta dei significati e dei riscontri documentari etruschi e nuragici.

Il supporto in pietra di fiume

 
Non si hanno sinora, almeno dalle nostre conoscenze,  documenti scritti etruschi d’Etruria che riportano segni di scrittura su supporto lapideo dato da ciottoli di fiume. La pietra, data la sua notevole durezza,  non si presta tanto ad essere incisa da una punta metallica,  di bronzo o di ferro che sia. Se si riesce ad inciderla si può restare  certi che i grafemi resteranno a lungo o per sempre  sulla sua superficie. Naturalmente è doveroso chiedersi perché, essendoci in natura materiale lapideo molto più adatto ad essere inciso, si sia preferita detta pietra ad altre per riportare delle brevi iscrizioni. Riteniamo che il motivo sia dovuto non tanto (o almeno non solo) alla durezza e alla resistenza dello specifico materiale scrittorio quanto alla magia e al fascino simbolico della pietra lucida, splendente, bagnata di continuo da un elemento sacro come l’acqua corrente (lustrale). Insomma, un supporto non suscettibile di modifica formale, da usarsi senza alterazione perché pura e suscettibile d’uso per delle lettere sacre di una formula sacra (6). In sardo la pietra si chiama ‘pedra ‘e frumene’; essa  è stata adoperata spesso per scrivere (per disegnare scrivendo) tanto che si hanno non pochi esempi di un suo utilizzo circa la scrittura nuragica. Si vedano il noto manufatto lapideo (fig.3 e 4), un ciondolo (sicuramente di un sacerdote -scriba nuragico), trovato in Pranu Antas (7) di Allai, cioè, sarà bene precisarlo,  in un sito archeologico nuragico non lontano dai luoghi in cui vennero rinvenuti gli altri documenti di Allai (8) e, di seguito, (fig. 5) quello trovato in Feurreddu di Siapiccia  (9) . A questi si aggiungano le due pietre in forma di ciondolo, una rinvenuta (forse) in agro di Selargius e l'altra in territorio di Solarussa.  



        figg. 3 -4 .Ciottolo di Pranu Antas di Allai



 Fig. 5 . Ciottolo di Feurreddu di Siapiccia


   

 Fig. 6. Ciondolo di Selargius                              Fig.7. Ciondolo di Solarussa                                                                    


III (numero):

numero realizzato con aste. La numerazione ad aste è dell’egiziano, del siriano e del nuragico. Nell’etrusco, come nel nuragico (10), il segno dell’unità può essere realizzato anche con il punto. Si veda ad esempio il piattello del Museo di Trieste (fig. 8), basato sulla simbologia numerica,  dove il numero cinque è reso cripticamente da quattro segni astiformi  e da un punto  .

 

Fig. 8. Il cinque e il tre (e il dodici) ottenuti in etrusco con i punti e i segni astiformi

    Ma lo stesso motivo continuo, apparentemente solo decorativo, dei sarcofaghi che presentano l’alternanza di due aste verticali e il punto (tab. 1 :7), in modo da realizzare nascostamente il tre continuo o  eterno (333333 ecc.), cioè il movimento ternario in cielo del sole e della luna, mostra che gli etruschi avevano una numerazione di questo genere:

I                       .

II                      ..

III        II.         

IIII       III.          ….

Λ         IIII.        …..    

Λ I       Λ .      ecc. .


    Tab.1

       Il tre è il simbolo sia di Tin che di Uni. Il motivo del numero che rappresenta la divinità androgina (il tre che diventa sei) lo si è visto numerose volte nel trattare la scrittura metagrafica dei documenti etruschi (11). Il tre altro non è che il movimento ternario degli astri sole-luna in cielo . Scrivere un tre (III/…) o scrivere TIN/UNI (o scrivere Sole - Luna) era la stessa cosa. E’ numero sacro per eccellenza (12) in tutte le civiltà antiche perché è rappresentativo della essenza numerica della luce e quindi di Dio. Senza quel movimento ciclico luminoso, incessante ed eterno, la vita non ci sarebbe. Si veda il grafico seguente dove detto movimento per gli Etruschi rende, con modalità acrofoniche (vocaliche, sillabiche, consonantiche), le due divinità   sia padre che madre  (apac atic), inscindibile unità maschile e femminile  . 

   

    Ma sappiamo ormai da tempo che anche i nuragici hanno il tre come numero d’eccellenza per dire del divino. I documenti, soprattutto quelli più caratterizzanti il sacro,  come i sigilli di Tzricotu di Cabras (13), la stele di Nora (14), l’anello di Pallosu (15),  hanno il tre come numero notante la divinità androgina yh. Gli stessi bronzetti nuragici mostrano, con la loro numerologia, il tre riferito al sorgere, al distendersi e al tramontare del sole. Il movimento ternario del sole e della luna è, ad esempio,  stupendamente 'scritto'  nel notissimo bronzetto di Ittiri (fig. 9) con le tre colombelle (16)  orientate alla nascita, all’estensione in cielo e al tramontare dei due astri.   


     Fig. 9

CI:

E’ il numerale etrusco (17) tre (3).

 M(a): gr. μᾱ

    Si tratta dell’interiezione greca dorico - eolica  ‘ah, ‘oh!’ (Theocr. 15. 89; Herond. 1.85; 4, 33). Con l’oh! esclamativo si invocavano le divinità anche in semitico. Lo attesta la cantilena, durata quasi sino ai nostri giorni, della voce Maym ( מים) -ò,  la diffusa invocazione per l’acqua in Sardegna in tempi di siccità (18). La presenza del greco si spiega proprio con il tre magico, con la coerenza dell’etrusco nel riportare nella scrittura criptata tre lingue e non una sola: il greco, l’etrusco e il latino. E’ la convenzione delle tre lingue che garantisce la formula nascosta  ‘apac atic’ (sia padre che madre), con il consonantismo iniziale e finale delle due lingue ma anche con il sillabismo acrofonico (19) sia di PANDERE sia di ΤΙΤΑΙΝΕΙΝ (τιταίνειν).

VLTE:

imp.  latino ‘valete’. Significa ‘salutare’. Quindi salutare esclamando e acclamando con i tre ‘oh!’.

C:

congiunzione coordinante. Si unisce all’ultimo grafema della linea successiva dopo la voce TINETI :  C….C  (e …e; sia …sia). E’ grafema magico fondamentale nella scritta perché sempre alludente al ‘tre’.

TINETI:

imp. pr. del verbo greco τίνω (= τίνετε). In etrusco la ‘e’ finale tende a chiudersi e a diventare ‘i’ (20). Il verbo τίνω, che lo scriba adopera in quanto corradicale di TIN/TINIA e quindi in qualche modo sacro, non sembra attestato,  così come il precedente vlte, in altre iscrizioni etrusche dell’Etruria. Aspetto questo delle due scritte che gioca, ovviamente,  a favore dell’autenticità di esse. .   

Va da sé dunque che la pietruzza di Crocores di Bidonì (21) non può essere un falso dal momento che tutto quello che si è acquisito sulla scrittura etrusca metagrafica (l’uso del tre e del sei per indicare il movimento degli astri sole e luna, l’uso delle tre lingue ovvero il latino, il greco, l’etrusco, la numerologia e il riporto del III come grafema e del ‘ci’ come lessema) è di molto successivo rispetto alla scoperta fatta dal Saba  che è degli  inizi degli anni Novanta. Inoltre nessun falsario, ma proprio nessuno , avrebbe potuto escogitare una formula dove è presente la tarda ‘m’ consonantica con la vocale ‘a’ nascosta  e cioè con il sillabismo nascosto. μᾱ è voce rarissima del greco. Un falsario imitatore dell’etrusco mai e poi mai avrebbe potuto porre in mix, in lectio continua, una consonante alludente al greco (addirittura dorico!)  e non all’etrusco. Nessuno ancora avrebbe potuto far precedere la ‘M’ con un lessema ‘ci’ per indicare il numero ‘tre’ dal momento che  il ‘tre’ nella serie numerica cardinale etrusca era ancora incerto quanto ad interpretazione e non da tutti gli studiosi veniva inteso come tale.

      Ma nessuno soprattutto avrebbe potuto escogitare quella variatio (un unicum nella scrittura etrusca da quanto sappiamo) presente nella seconda pietruzza dove il grafema del tre con le tre sbarrette verticali viene sostituito dal sei reso con due ‘C’ sovrapposte e unite (fig.10).

   L’idea di poter sostituire il tre (numero appartenente ai due astri ed essenza di essi) con il sei (ovvero il movimento rotatorio analitico astrale diurno del sole e della luna) era zero dal momento che solo con gli studi più recenti e recentissimi, ovvero quelli successivi (22) al 2015, si è scoperto e definito il metagrafico etrusco mutuato dal nuragico. Aggiungiamo poi il fatto che i due grafemi  all’inizio e alla fine della prima linea sono agglutinati (per rendere l’idea della salda unione dei due tre e quindi dell’unità dell’androgino TIN/UNI) e ci rendiamo conto che sia il primo che il secondo ciottolo sono autentici.   

 Fig. 10

La scrittura bustrofedica

    Un particolare assai interessante delle due scritte di invocazione è dato dalla scrittura bustrofedica con la prima linea progressiva e la seconda retrograda. Detto bustrofedismo anche se raro, come si sa,  in periodo etrusco recente,  non è sorprendente in Sardegna dal momento che gli scribi nuragici erano adusi non solo a produrre documenti sincretistici (religio nuragico/egiziana e religio nuragico/etrusca) ma anche documenti caratterizzati da segni alfabetici e modus scribendi arcaici. Del resto, un’iscrizione nuragica (fig.11) tarda in mix etrusco, latino e semitico nuragico (23), sempre del territorio di Allai, con il nome del defunto ‘Giorre Utu Urridu’, ha la parte in etrusco scritta in bustrofedico. Detta iscrizione funeraria conferma, con alcune delle lettere rovesciate, il modo di ‘avvertire’ circa la lettura attuato dallo scriba che incise le due pietruzze. Infatti, anche queste, recano l’accorgimento di due lettere (le ‘E’) orientate diversamente: con orientamento giusto e ‘normale’ nella prima linea e con orientamento diverso (opposto) nella seconda linea. Anche detto ‘particolare’ della lettura gioca a vantaggio della genuinità dei documenti in esame perché il ricorso all’avvertenza delle lettere orientate non secondo la norma non si riscontra, da quello che sappiamo, nella documentazione etrusca né arcaica né recente. Né ci sembra che nessuno studioso, parlando del bustrofedismo arcaico, abbia mai accennato all’espediente delle lettere orientate non secondo norma. Risulta assurdo dunque pensare al falso circa una pratica scrittoria rara se non unica  che si riscontra solo in Sardegna.

Riassumendo. Conclusioni.  

I due documenti di Allai sono autentici:

  1. perché non riprendono lessicalmente alcun documento di quelli attestati in Etruria e costituiscono un unicum di formula d’invocazione.
  2. perché riportano imperativi di verbi greci e latini non attestati in altre scritte etrusche d’invocazione.
  3. perché riportano il nome della divinità androgina (Tin/Uni) con il numero astronomico, come si è scoperto solo di recente nella scrittura metagrafica etrusca.
  4. perché riportano il bustrofedico arcaico con ‘avvertenza’ della presenza di esso; singolarità questa della scrittura etrusca non attestato altrove se non in Sardegna .
  5. perché fanno uso del mix linguistico greco, latino ed etrusco, caratteristica questa del nuragico circa l’uso della lingua attinente il sacro .
  6. perché in nessuna iscrizione si trova il segno pittografico del tre agglutinato all’altro tre in modo da rendere il sei, numero della divinità androgina.
  7. perché riportano la rarissima interiezione greca dorica ‘μᾱ’, per altro con solo consonantismo, mai usata (o per lo meno mai individuata) ) in nessuna iscrizione etrusca.
  8. perché costituiscono scrittura con supporto 'ciottolo  di fiume', uso non attestato, da quanto si sa, nei documenti etruschi dell’Etruria. Uso invece, come si è visto, frequente  in scritte nuragiche della Sardegna
  9. perché la voce etrusca  ‘ci’ per notare il ‘tre’ non era ancora sufficientemente comprovata e accettata  negli anni novanta del secolo scorso.

Note e indicazioni bibliografiche






        2   http://monteprama.blogspot.it/2015/01/cerveteri-liscrizione-iv-secolo-ac-del.html
         3.   Cristofani M., 1991, Introduzione allo studio dell’etrusco, OLSCHKI, Scheda n. 23 pp. 131 -133.
         4.  E’, in particolare, quel genere di scrittura a rebus che si serve dell’ideografia, della numerologia e dell’acrofonia.  
              V.       http://maimoniblog.blogspot.it/2018/01/dio-per-i-nuragici-era-scritto-in-cielo.html
         5. Cristofani M., 1991, Introduzione allo studio, ecc. cit., p. 29. La terza lettera della seconda l., di scarsa visibilità, la si ricostruisce attraverso il secondo documento, del tutto identico per quanto riguarda i segni fonetici (diversi invece per i numerali).
        6.  Lettere e  formula del ciottolo A sono  identiche a quella del ciottolo B.
        7. ‘Pranu Antas’ significa ‘altopiano delle colonne’. Era un tempio nuragico a sei ‘antas’, abbandonato e poi distrutto,  simile a quello del Babay sardo (sardus pater) che in origine esisteva ad Antas di Fluminimaggiore, divenuto con l’andar del tempo un edificio cultuale con religio sincretistica sardo -punica e poi sardo - romana (v. Zucca R.,1989,  Il tempio di Antas, collana “Sardegna archeologica. Guide e Itinerari”, Sassari, Carlo Delfino).
       8.  Sanna G., 2007, Gli Etruschi nella Sardegna centrale tra il VI ed il II secolo a.C. (estratto della relazione tecnico - scientifica per il comune di Allai); in Paraulas , anno X, n. 30, pp. 3 -11.
       9.  Marceddu I., 2006, La strada romana a ‘Madau su Padru’ a Siapiccia: una statio commerciale in età imperiale, in Quaderni Oristanesi, 55 -56, pp. 41 - 56, tav. 10.
      10. Sanna G., 2016, I numeri in nuragico. Numeri sacri e simbologia; in I Geroglifici dei Giganti. Introduzione allo studio della scrittura nuragica. PTM ed. Mogoro, 5. pp.111 - 131.
    11. Vedi, tra gli altri, il nostro ultimo saggio sulle lettere e i segni  lunati sia  nuragici che etruschi:  http://maimoniblog.blogspot.it/2018/01/dio-per-i-nuragici-era-scritto-in-cielo.html  
       12. Chevalier J. - Gheerbrant A., 1982, DICTIONNAIRE DES SYMBOLES, Laffont, Paris, vox trois, pp.972 - 976.
       13, Sanna G., 2004, Sardōa Grammata. ’ab ’ag sa ‘an yhwh. Il dio unico del popolo nuragico, S’Alvure, Oristano, 4. pp. 85 - 179.
       14. Sanna G., 2009, La stele di Nora. Il dio, il dono, il santo. The god, the Gift, the Saint, in part. pp. 107 - 112;
        15. Sanna G., 2016, I geroglifici dei Giganti. Introduzione ecc., cit., pp. 85 -87
        16. Angei S., 2017, http://maimoniblog.blogspot.it/search?updated-max=2017-12-15T07:00:00%2B01:00&max-results=10     
        17 Cristofani M., 1991, Introduzione allo studio, ecc. cit. pp. 78 -79; Sanna G., 2014, I 'dadi enigmatici' (kύboi loξoί) di TIN e di UNI. Il gioco combinatorio circolare delle 'parole-immagine a contrasto' e dei 'numeri alfabetici' dei dadi di Vulci; in Monte Prama blog (8 novembre).
        18. Maym-ò (ne) maym -ò(ne) / abba cheret su laore/ abba cheret su siccau/ Maymò(ne) lau lau (maymò maymò/ desidera l’acqua il campo seminato/ desidera l’acqua la terra secca/ Maymò lau lau).
         19. http://maimoniblog.blogspot.it/2017/05/scrittura-etrusca-solleva-distende.html
         20.  Cristofani M., 1991, Introduzione allo studio, ecc. cit., p. 40.
         21. Questa la località precisa del rinvenimento del documento.
         22. V. , tra gli altri,  http://maimoniblog.blogspot.it/2017/05/scrittura-etrusca-solleva-distende.html
         23  http://monteprama.blogspot.it/2014/12/scrittura-nuragica-gli-etruschi-allievi.html 


                
 



             

        

3 commenti:

  1. Caro Professore, sulla esistenza di altri ciottoli di fiume con scritte etrusche, durante la mia tesi triennale che aveva per oggetto la città etrusca di Spina nel Ferrarese, ricordo di essermi imbattuto in un 'ciottolo' etrusco, definito talvolta anche 'cippo di confine' perchè reca incisa la scritta "mi tular" ("io sono il confine") oltre ad un segno a croce.

    https://www.estense.com/wp-content/uploads/2013/03/sasso.jpg

    http://www.3d-virtualmuseum.it/opere/emilia-romagna-ferrara-museo-archeologico-nazionale-ciottolo-con-iscrizione-mi-tular

    https://www.focusjunior.it/site_stored/imgs/0002/044/museo-archeologico-nazionale-ferrara-piano-terra-sala-i-cippo-gromatico-.jpg

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  2. Grazie per l'informazione Angelo. Quelle di Allai però interessano la sfera religiosa e non quella pratica (pietre per misurare i confini). Sono pietruzze di pochi centimetri e non di 33 e oltre. Anche le altre tre pietre di fiume hanno misure(una è quella che imita il disco di Magliano)assai ridotte.

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