mercoledì 7 agosto 2019

Tartesso, l'isola di Tharros

Una indagine indiziaria


di Sandro Angei su una ipotesi di Davide Cocco

Ho chiesto a Davide Cocco, siamo amici su Facebook, se potevo sfruttare la sua teoria per inquadrarla dal mio punto di vista e consolidarla in qualche modo, lì dove lui intravvede in un passo di Apollodoro una verità che a tutti è sfuggita a proposito della descrizione di Tartesso. Già, Tartesso, quella fantastica città che tutti cercano e nessuno trova o meglio, quelli che vi hanno provato la posizionano nei luoghi più disparati, forse perché disperati, chissà!
Le parole scritte a volte è necessario soppesarle una ad una, soffermarsi nella lettura del passo che si sta leggendo, senza fretta, con la calma di chi sta cercando qualcosa. E proprio la ricerca necessita di calma e pazienza. Come si dice: la calma è la virtù dei forti! E con la calma del ricercatore Davide ha fissato l'attenzione su una parola che sembrerebbe banale, innocua: “attraverso”. Una parola che banale e innocua non lo è per niente, visto che può rivoluzionare le teorie che vogliono Tartesso per ogni dove. Quell'attraverso merita attenzione e rispetto, perché come dice Davide nel suo articolo “In Spagna, per esempio, non si riesce mica, a navigare attraverso Tartesso.“.


Ma diamo la parola a Davide, che inizia l'articolo con una citazione.1
"Thompson and Skaggs argue that the Akkadian inscriptions of Esarhaddon (AsBbE) indicate that Tarshish was an island"
(Esarhaddon, Aššur Babylon E (AsBbE) (=K18096 and EŞ6262 in the British Museum and Istanbul Archaeological Museum, respectively) preserves "All the kings from the lands surrounded by sea- from the country Iadanana (Cyprus) and Iaman, as far as Tarshish, bowed to my feet." Here, Tarshish is certainly an island, and cannot be confused with Tarsus
(Thompson and Skaggs 2013, • Thompson, C. M. and Skaggs, S. 2013: 'King Solomon’s silver?: southern Phoenician Hacksilber hoards and the location of Tarshish' Internet Archaeology, (35). doi:10.11141/ia.35.6)).
ovvero secondo le scritture akkadike, Tartesso non poteva essere una città costiera, perchè era un isola (che tutti concordano comunque essere situata ad occidente..)
Mi sa mi sa che a questo punto non è che rimangano molte alternative alla Sardegna, non solo come sede, di Tartesso, ma addiritura proprio tutta, come Tartesso...
Ma oltre a ciò, Così Apollodoro (o pseudo Apollodoro) raccontava della venuta di Ercole in occidente:
e (Ercole) veleggiando attraverso Tartesso restituì il Calice al Sole…. “
.. attraverso, dice.. non dice veleggiando verso, ma attra,verso.. attraverso..
In Spagna, per esempio, non si riesce mica, a navigare attraverso Tartesso. ma in effetti nemmeno nelle altre ipotizzate località ove si è presunto di collocare Tartesso, ci si può navigare attraverso, essendo comunque località costiere.
Però però.. aspè.. che un fondino di mirto è rimasto…
Eja.. allora…
1) Tartesso era un isola, e fin qui, è facile. Anche se non l’hanno scritto nella costituzione italiana, che la Sardegna sia un isola, io me ne sono accorto lo stesso. Dovete infatti sapere che a giro a giro intorno, è tutto acqua, profonda , anche , che serve la nave, oppure l’aereo, per andare via.. quindi, la Sardegna è un isola, mi fido, con tutta l’acqua, intorno...
2) ci si poteva navigare attraverso, Tartesso.. ecco, questo è un po' più meno ovvio.. perché dentro la Sardegna non c’è, tutta quest’acqua, e non c’è scritto manco questo, nella costituzione..
peròperò..
Dobbiamo considerare che la Sardegna era aperta da sud ad ovest, moltimila anni fa, addirittura fino a nord, moltimoltimilannifa.. ci si poteva tranquillamente navigare, attraverso da una parte all'altra, (come dice apollodoro), e anche fare inversione e tornare indietro (questo lo dico io)..
quindi la Sardegna era un isola, che ci si puoteva navigare in mezzo..
il problema, però, che poi non è un problema, è che la Sardegna era navigabile, si, attraverso se stessa, da parte a parte, navigando la cosiddetta "Fossa Sarda", un rift che andava da Cagliari a Sassari, passando per Oristano, e slargandosi prima fino a Domusnovas..
Questa fossa, stando alle evidenze geologiche, avrebbe iniziato in effetti ad essere colmata da sedimenti vulcanici a partire da 32.000.000 di anni fa, lasciando però libera la direttrice Cagliari/Oristano, che ha iniziato ad essere colmata invece da sedimenti, circa 2.000.000 di anni fa.
Questi depositi depositatisi, lasciarono però per ultimo un canale, aperto, il cui percorso è casualmente ricalcato pari pari dal tracciato dell'attuale SS131 che lo affianca, e che da Cagliari arrivava però fino a S.Antonio di Santadi, casualmente ai piedi di Capo Frasca, zona archeologica importantissima ed inesplorata.
e non sarà un caso nemmeno che troviamo il toponimo "Santadi" sia all'inizio e alla fine, di questo canale, il "canale 131", la via d'acqua che attraversava la Sardegna da parte a parte..
Questo ultimo canale si sarebbe comunque colmato, per raggiungere l'aspetto attuale, (al netto di eventi traumatici di vario genere che si suppone abbiano colpito la Sardegna) attraverso ulteriori depositi di ghiaie, se non erro, depositi depositatisi circa tra 450mila e 300.000 fa.
A parte che alfine non ho capito io, tutta questa roba che si è depositata, da dove si è depositata, che la fossa era profonda molto,
possiamo dirci quindi che la navigazione “attraverso Tartesso, Sardegna”, alla fine, era possibile già da prima di 32milioni di anni fa fino a circa 300mila anni fa.
Ove però, a onor del vero, chi avesse visto la Sardegna, l’avrebbe vista come unica isola solo da 2milioni di anni fa ad oggi, che prima sembrava più un arcipelago, con l’ingresso Sud posto proprio in mezzo ai due massicci del Sulcis e dei Sette Fratelli, e subito dopo un insieme di isole ed isolotti, massicci ed alti !
(immaginatevi per esempio il Gennargentu che svetta da mezzo al mare.. che spettacolo meraviglioso, doveva essere!)
insomma non proprio proprio un isola unica, più una dove si arriva, e poi si arriva ad altre isole, ecco..
Invece invece, da duemilioni di anni fa, le cose cambiano un bel po', e colmata buona parte della fossa sarda, la Sardegna inizia a somigliare di più ad un Isola, un isola con un canalone gigante al centro, che la divide in due.
Ecco, quindi, per cui la quale, probabilmente, seguendo gli scritti dei “classici”, potremmo dedurre che la Sardegna, è l’unica candidata Isola ad esser Tartesso, e che ci si poteva navigare attraverso, tra 2.000.000 e 300.000 anni fa. Anno più, anno meno, ovviamente…
Un isola ricca d’argento, cui hanno dato tanti nomi, e a cui Tarsis, o Tarshish, o Tyr\shish, la terra dell’acqua, o Tyr\Sin\Nai, la terra della Nave Luna, la terra delle Tyrsenoi, che verranno chiamate “costruttrici di torri”, le Tirrene, starebbe proprio bene.
Mi piace. Tarsis, dove scorre il Tyrsis, dove Eracle navigò attraverso, e rimise il sole al suo posto, dove raccolse l’ulivo e istituì le eracliadi (dobbiamo anche riprendere il discorso..), concorso per le MaIstras, le madri del Tirso\Istro.. dove non rubò niente, perché a Tyrshis , (Tursha?), come vedremo, Ercole era di casa..
Era di casa, qualche annetto fa.. abbastanza tempo fa, perché la storia sarda diventasse mito per gli alti popoli…
E a proposito, di Tirreni, anche se non c’entra niente, leggevo l’altro giorno (Pino Maggiolo, Sardegna, una storia diversa) che Pitagora, era un Tirreno.. e visto come costruivano le torri i tirreni, adesso mi spiego come facesse a sapere tante cose..
E a proposito, anche se c’entra poco.. io non sono amante in particolar modo della ricerca di Atlantide, non che sia pro o contro, ma penso che non devo essere io a cercarla. Quando sarà, se lei vorrà, me lo dirà, dov’è…
però però, se io dovessi mettere delle Colonne d'Ercole, da qualche parte, così, ad occhio, romanticamente, forse le metterei proprio li.. da una parte i monti di Santadi, dall'altra i Sette fratelli.. forse sedi degli insediamenti più antichi...
e pensate di navigarci attraverso, che spettacolo!
(Bibbia, Isaia 60,8-9, Giuseppe Mura "Tartesso in Sardegna".
"Le navi di Tarsis sono "navi che volano come una nube e come le colombe verso le loro colombaie"... navi come colombe, ma forse anche con, le colombe, madri alate protettrici della nave, e del suo equipaggio, e onnipresenti lo sappiamo tutti, nelle navi Sarde..)
ecco, i 7 fratelli da una parte e i monti di Santadi dall'altra, più di duemilioni di anni fa, quelle si, sarebbero delle colonne degne di Ercole, chiunque essa fosse... ps. Archeo Logicamentene, ne consegue che:
  • le colonne d'ercole erano tali e quali ad oggi da più di trentaduemilioni di anni fa fino a circa duemilioni di anni fa tartesso era navigabile, "attraverso", da duemilioni a trecentomila anni fa
  • i tyrsenoi di tartesso, Sardegna, costruivano le torri/nuraghe, più di trecentomila anni fa
  • Ercole, non veniva dalla grecia.
.. e qualche altra cosuccia ...

Quella di Davide è una bella teoria ma quella data: 300.000 anni fa, mi lascia perplesso, molto perplesso; ammenoché non ci sia un'altra spiegazione che porti verso di noi il limite temporale. Perché bisogna fare i conti con i villaggi nuragici che sono presenti nel Campidano: Domu beccia di Uras ad esempio e gli altri nuraghi presenti nella zona, e senza dimenticare nuraghe Fenu, posto affianco alla ferrovia vicino a Pabillonis, poco più su di San Gavino Monreale e tutti gli altri posti a meridione fino a Cagliari. Le incognite sono tante, ma mettendo assieme parti di diverse teorie e studiando l'orografia del Campidano, nonché i documenti che ci sono pervenuti, si potrebbe addivenire ad un risultato soddisfacente. In fin dei conti bastava un canale navigabile, residuo di quell'antico braccio di mare, per consentire la navigazione interna. Basta dare un'occhiata al percorso del “Flumini mannu” che sfocia nel golfo di Cagliari per rendersi conto che questo, percorrendo noi il corso a ritroso, lambisce Serramanna, poi scorre ancora più a nord fino ad arrivare a Samassi, ossia in linea d'aria a 26 Km dalla foce. Dopo di che devia verso nord est per addentrarsi nelle colline del Sarcidano dove ha origine. Ma fermiamoci a Samassi e poniamo un segnacolo lì dove il fiume fà una curva nel corpo dell'abitato dividendolo in due.

Fig.1
 Si notino i nuraghi (quelli rimasti o di quelli di cui vi è traccia magari nelle mappe catastali o altre carte) posti lungo il percorso dei due fiumi.

   Facciamo ora una capatina verso Marceddì, nella parte meridionale del golfo di Oristano, per imbatterci nella foce del fiume denominato “Flumini mannu di Pabillonis”; la coincidenza di idronimi non deve far specie, visto che anche a Riola Sardo scorre un “Rio Mannu”; per tanto questo è nome comune di fiumi che scorrono in luoghi diversi. Seguendo il corso di quel Flumini mannu di Pabillonis, partendo dalla foce e andando anche qui a ritroso, arriviamo a San Gavino Monreale passando per Pabillonis appunto. Poi il fiume prosegue verso sud ovest per lambire Villacidro e su, per i monti dell'inglesiente; ma noi ci fermiamo a San Gavino e poniamo qui il secondo segnacolo. Ora se misuriamo su Google earth, la distanza del segnacolo di Samassi da quello di San Gavino, ci rendiamo conto che questa è di 10,5 Km. E ci rendiamo pur conto del fatto che tra San Gavino e Samassi vi è la località “Strovina” che in passato fu oggetto di bonifiche anche per via della zanzara anofele che li proliferava in acque stagnanti. La bonifica fu effettuata in quello che era lo stagno di Sabazus in territorio di Sanluri, che sappiamo fu prosciugato2 (il progetto risale al 1800 e ne fà menzione pure il Della Marmora in Viaggio in Sardegna Volume 3° pag. 311. Per tanto lo stagno di Sabazus poteva benissimo collegare i due fiumi nel punto in cui abbiamo posto i due segnacoli, uno a Samassi e l'altro a San Gavino.
   Entrando nei particolari possiamo dire che la distanza minima tra il Fiume “Flumini mannu” che scorre dentro Samassi e la riva ormai scomparsa dello stagno di Sabazus è di soli 2 km; mentre la distanza dall'altro “Flumini mannu”, quello di Pabillonis, è di poco più di 1,5 km. Per tanto si potrebbe ipotizzare una sorta di piccolo lago al quale confluivano i due fiumi immissari e dal lago nascevano altrettanti emissari: uno andava a sud verso il golfo di Cagliari e l'altro a nord verso il golfo di Oristano. L'inserimento del lago aiuta, inoltre, a superare l'ostacolo determinato dal dislivello di 5 m tra il 1° segnacolo ed il 2°, che avrebbe costretto il Flumini mannu di Pabillonis ad una scelta trina, andare verso nord o verso sud, oppure dividere le sue acque in modo democratico tra il golfo di Cagliari e quello di Oristano.
In questo scenario si inserisce la teoria di Sergio Frau, secondo il quale il Campidano fu devastato da uno tzunami (schiaffo di Poseidone scrive Frau) che lo percosse e lo percorse per intero; e dalle evidenze messe qui in campo sembrerebbe che questo ipotetico tzunami sia arrivato fin verso San Gavino, abbia colmato l'ipotetico lago regredendolo a luogo di acque stagnati; e proseguendo nel suo moto d'inerzia, abbia superato quel lago per rilasciare parte di quel che di solido trascinava – alberi, cespugli, carcasse di animali e cadaveri umani assieme a fango, molto fango, sabbia, macerie varie, e vita marina – sull'altro versante, dove arrivò fin verso Marceddì, ma continuò la corsa ancora più a nord per fermarsi ormai privo di energie a Nuraghe Tradori dopo aver sepolto S'uraki di San Vero Milis.
Questa è una ipotesi che parrebbe campata in aria senza alcun riscontro reale che possa avallare la teoria. E dato che non sono un geologo (ci mancherebbe!), mi limito a esporre questa ipotesi da un punto di vista tecnico “basic” per così dire. Però viene in mio soccorso il Generale Della Marmora che scrive in Viaggio in Sardegna Vol. 3°. “Stagni salati interni. - Indicheremo ora un'altra prova dell'esistenza abbastanza recente delle acque del mare nella lunga pianura del Campidano, deducendola dalla presenza di tre bacini d'acqua salata, che esistevano ancora pochi anni or sono. Vogliamo dire degli stagni di Sanluri, di San Gavino e di Serrenti, che sono stati dissecati più o meno completamente.
Stagno di Sanluri. - Lo stagno di Sanluri, con una circonferenza di non meno di 15 km, era, una quindicina d'anni fa, un vero lago salato, che si dissecava del tutto nei mesi d'estate. Ci ricordiamo d'aver veduto in questa stagione gli abitanti dei villaggi vicini costretti dal fisco a far calpestare dai loro buoi e dai loro cavalli le crosta assai spessa di sale che l'evaporazione lasciava ogni anno sul fango disseccato e screpolato.
Sua altitudine. - L'altitudine del suolo di questo stagno, ora ristretto e in parte coltivato, è di circa 76 m sul livello del mare e dal punto culminante scendono fili d'acqua impercettibili che poi divengono corsi d'acqua importanti e percorrono presso a poco la stessa distanza nella valle, per arrivare verso il sud nello stagno salato di Cagliari e verso il nord in quello di Marceddì.”

Comunque siano andati i fatti abbiamo tracciato una strada fluviale capace, in qualche modo, di mettere in comunicazione il golfo di Cagliari con quello di Oristano.
Però vi è una alternativa all'ipotesi appena formulata, del tutto logica e alquanto banale nella sua semplicità. Ci da modo di formularla la lettura del libro di Valeria Putzu – L'impero dei popoli del mare – Arcadia ed., secondo la quale in Spagna vi sono tracce di un percorso in parte fluviale e in parte terrestre, che portava dal Mediterraneo al golfo di Biscaglia. La nota dimostra, ma potremmo fare altri esempi, che era prassi comune quello di attraversare parti terrestri di un percorso che nella navigazione fluviale aveva la sua componente maggiore.
In sostanza poteva non esserci stato alcun collegamento tra i due fiumi sardi, e lo scambio tra i due corsi d'acqua in tal caso sarebbe avvenuto trasportando uomini e merci via terra per quei 10,5 km che separano di due corsi d'acqua. In definitiva una distanza limitata. Ciò non toglie che il golfo di Cagliari e quello di Oristano fossero collegati attraversando con navi a fondo piatto3 la Sardegna di allora. Tartesso?
Facendo volare un po' la fantasia potremmo vedere dalla tolda della nostra nave immaginaria, che lenta procede nel lungo percorso verso nord, i villaggi adagiati lungo il fiume, i campi coltivati, gli armenti al pascolo e tante torri nuragiche, alte e maestose. Fantasia? Forse, però... una verifica sulla posizione dei nuraghe esistenti nella pianura del Campidano mette in evidenza che alcuni di essi, almeno 3, sono (o erano) ad una distanza minima di 300 m dalla sponda destra o sinistra dei due corsi d'acqua e altri nuraghe un po' più distanti, quasi a presidiare (ognuno intenda il termine come meglio crede) il territorio quasi fosse un fiume sacro (Fig.1). E forse lo era.
    Fiume(i) sacro perché non dobbiamo vedere la via d'acqua attuale, ma dobbiamo immaginarci la Sardegna dell'età nuragica che a detta di alcuni paleo-climatologi (Francesco Fedele, confermando le osservazioni del paleo climatologo Franco Serra) affermano che una vegetazione ricca copriva il suolo dell’Isola. Secondo gli studiosi del clima antico in epoca nuragica il clima era caldo umido con ampio sviluppo di flora lussureggiante di tipo tropicale e habitat favorevole alle specie animali. La temperatura atmosferica media durante il mese più freddo dell’anno non era inferiore ai 18° centigradi per cui l’inverno era praticamente inesistente. Il numero dei giorni piovosi variava in rapporto alle diverse zone dell’Isola dai novanta ai centocinquanta l’anno. Insomma c’erano ogni anno dai 3 ai 5 mesi di pioggia. Le medie annue delle precipitazioni atmosferiche erano intorno ai millecinquecento-duemila millimetri (oggi oscilla fra i 400/500 millimetri).4
   Per contro Luca Lai su Accademia Edu5 scrive in sostanza che dopo un miglioramento della piovosità nei secoli a cavallo del 2000 a.C. è stato riscontrato un periodo abbastanza caldo e secco che si prolunga fino agli ultimi secoli del II millennio (…). La prima metà del I millennio a.C. appare, conformemente a dati relativi all'Europa temperata che identificano la fase Subatlantica, più fresca, e forse più piovosa.

   Siamo propensi a credere che nel periodo in cui fiorì e si sviluppò la civiltà nuragica il clima fosse quello descritto da Serra e Fedele e questo per un motivo molto semplice: come poteva fiorire una civiltà in tal modo in un ambiente ostile? La penuria d'acqua comporta penuria di pascoli e raccolti, e chi ha fame non pensa ad erigere torri e pozzi sacri.
   Per tanto se il clima di quel lontano periodo era caldo e piovoso, tanto che le foreste nelle alture crescevano rigogliose, i fiumi necessariamente erano sempre ricchi d'acqua per il naturale imbrigliamento e graduale rilascio delle acque meteoriche operato dalle radici di alberi che a perdita d'occhio coprivano le pendici dei rilievi sardi; quelle stesse foreste che in seguito furono oggetto di distruzione ad opera dell'uomo, come ben ci racconta Fiorenzo Caterini. Ora quei fiumi potenti sono poco più che torrenti e la memoria cancellata dal tempo non rivela l'illustre passato.

Note e riferimenti bibliografici

8 commenti:

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  2. Parafrasando Asimov, "UNO è lieto di essere utile"..

    Non ho verificato, ma sono certo che tutto ciò che dichiara Sandro corrisponda al vero, che è una persona precisa.
    Aggiungo che ci raccontano che finanche a Pauli Arbarei, fino a non molti anni fa, esisteva un lago di acqua di mare, dove gli abitanti del posto andavano ancora a pescare, e dove, si narra fra gli abitanti del posto, che furono trovate grandi anelle di attracco, dalle dimensioni tali da far supporre che ad attraccare fossero navi, e non piccole imbarcazioni..
    sicuramente, la navigazione "attraverso Tartesso" è proseguita fino a tempi relativamente recenti. forse non interamente da Cagliari a Cabras, forse non più fino a Pauli Arbarei, forse un pò meno veloce, forse un pò più "palustre", e meno "marittima", chissà..
    sono domande cui ovviamente dare risposta certa è estremamente difficile, come sicuramente mi rendo conto che parlare di 300.000 anni fa, appare inusuale, e anche improbabile, nonchè incredibile, ma a me, supportato da qualche altro indizio, mi "piace" pensare che le "navi di Tarsish",avessero lo spazio necessario, anche attraverso tartesso, per "viaggiare veloci come colombe alle loro colombaie"...
    Ovviamente ci sono diversi altri indizi che avvalorano una datazione diciamo almeno più antica dei tempi recenti. Indizi, non prove, e magari avremmo modo di parlarne, insieme, in futuro...
    Per ora sono lieto, ed è sufficiente ed interessante, che "attraverso",possa essere oggetto di discussione e valutazione, che come sottolinea giustamente Sandro, da una parola, si possono costruire davvero tante tante cose...
    laonde per la cui cosa,
    con i migliori intenti, e ringraziando,
    davide.

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  3. Davide devo io ringraziare te per la disponibilità dimostrata. Difficilmente avrei potuto imbattermi in uno spunto simile, che esula dai miei interessi attuali legati, come sai, all'archeoastronomia.
    Avessi avuto sin da subito un aiuto in tal senso in campo archeoastronomico oggi saremmo ad un livello di conoscenza sulle conoscenze di quelle antiche genti, che nulla potrebbe fermare la deriva dei negazionisti. E in vece sono qui, da solo (almeno per ora) a studiare in modo interdisciplinare quei magnifici monumenti per i quali ancora taluni si arrabattano e si ingarbugliano nell'individuare gli angoli di orientamento.
    Questo per dire che lavorare assieme aiuta, quattro occhi vedono meglio di due e due menti, quando sono in sintonia, pensano per dieci. Ciò non significa che si debba avere le stesse idee, anzi, è proprio avere idee differenti e a volte contrastanti che mette in moto i neuroni.

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  4. " Le navi non so ma credo che le sorvegliassero attentamente anzi credo che, data la diversa conformazione degli stagni all'epoca, le avessero potuto condurre molto vicino." Tratto da " Sbarco nel Sinis" , pag. 174, Gaidano& Matta Edizioni, 2011, in cui si ipotizzava un percorso di avvicinamento a Nord attraverso il Campidano, con imbarcazioni. Allora, era fantasia pura. Il tuo post mi ha fatto, invece, molto pensare.

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    1. Grazie per l'intervento e la nota di riferimento, che possiamo aggiungere al nostro lavoro di carattere indiziario.

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  5. A volte la pura fantasia, se basata su fatti o, come in questo caso sulla corografia di un territorio può azzeccarci molto. In certi casi è proprio la caratteristica del territorio a muove la fantasia, che si discosta poco da quella che poteva essere la realtà effettiva.

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  6. Che articolo interessante,stupendo ,affascinante!Come faccio a staccare il mio cuore da un'isola così piena di misteri e di storie incredibili.Grazie e grazie ancora a voi che sapete e continuate a studiare la storia di questa spendida isola.

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  7. oltre al fatto di essere rimasto affascinato, da questa teoria (molto realistica) che ha una sua logica percorribile,
    confermo che in alcune zone della campagna samassese, quando sono stati realizzati pozzi artesiani (una trentina d'anni fa, parecchi, per via del periodo siccitoso) ci si è imbattuti in acqua salmastra.

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