venerdì 29 gennaio 2021

Un contributo alla costruzione della piramide di Cheope - 1° parte

Cercando di capire i "percome"

di Sandro Angei

    La maestosità e imponenza della grande piramide di Cheope ancora oggi affascina chi, ponendosi al suo cospetto, si interroga sul "perché" e sul "percome" fu costruita.

   Il "perché", a detta della maggioranza degli studiosi, investe la sfera del sacro; il "percome" la disciplina della scienza e della tecnica.

   Noi siamo qui, oggi, per indagare alcuni aspetti del "percome" fu costruita la Grande Piramide. Quegli aspetti che altri, molti, hanno indagato, ma che non soddisfano le mie aspettative.

   Un bell'esempio di spiegazione dal punto di vista tecnico e scientifico lo ha profuso l'Architetto Marco Virginio Fiorini col suo libro Nel cantiere della grande piramide – Gli architetti egizi svelati” ANANKE Ed. 2012, dove letteralmente "sviscera" il monumento.

    Lo fa con grande cognizione di causa, ma alcuni aspetti deludono le mie aspettative nel momento in cui la tecnica si scontra con la possibilità di "fare" o "non fare" una determinata azione come, ad esempio, quella di tendere una fune lunga 219 m (Fiorini §21), che è la misura degli spigoli inclinati della Grande Piramide convergenti verso il "piramidion". Misura che di certo comportava una "catenaria" con una freccia non indifferente, considerato che la traiettoria di questa particolare curva è legata alla forza di gravità e per tanto al peso della fune e al suo grado di resistenza meccanica.

Ma il problema non è solo quello appena rilevato. Se è vero come sembra che l'altezza della Grande Piramide fu imposta a priori pari a 280 Cr (cubiti reali), l'Architetto Fiorini non spiega come sia stato possibile misurare l'altezza del pennone da lui ipotizzato per arrivare a quei fatidici 280 Cr. Di fatto gli architetti Egizi avrebbero dovuto calcolare l'altezza del terrazzamento della cosiddetta "piramide interna" (F. §21)  rispetto alla base di imposta e da qui dedurre l'altezza del pennone. Con quale metodo?

   Per tanto è necessario trovare, in questo caso particolare, una soluzione razionale, facile da attuare e svincolata da quei metodi di natura tecnica che, in condizioni normali, per così dire: "a misura d'uomo" risultano efficaci, ma in una diversa scala di proporzioni: quella che va oltre la portata delle "forze" e delle "misure umane", risultano inefficaci se non impossibili da attuare.

   Per tanto la sfida è quella di trovare quei metodi costruttivi alla portata degli architetti che costruirono la Grande Piramide, tenendo conto che essi non disponevano di mezzi tecnici sofisticati come i nostri, ma di certo disponevano di una intelligenza e di un ragionamento deduttivo pari al nostro.

  Quello che cercheremo non è un metodo "muscolare" ma un metodo ragionato. Un metodo costruttivo che implica cognizioni teoriche che liberino il problema da una soluzione legata alla manualità, vuoi per la precisione dell'orientamento astronomico dei lati di base, vuoi per il perfetto orientamento degli spigoli inclinati che delimitano le facce triangolari della Grande Piramide. Perché questi sono gli inequivocabali dati di fatto.

   Non mi soffermerò nella costruzione dell'intero edificio, benché nel 2015 abbia affrontato il problema con uno studio la cui bozza ho lasciato finora nel cassetto. Studio che al momento risulterebbe del tutto ininfluente, visto il saggio veramente particolareggiato, proposto dall'Architetto Marco Virginio Fiorini.

   Non di meno affronterò in altro modo quei problemi da lui affrontati, che investono le mie competenze professionali e quelle “competenze” che ho acquisito in ambito archeoastronomico.

   Non mi dilungherò neppure nella esposizione puntuale di quelle particolari ipotesi avanzate dell'Architetto Fiorini, ma dove necessario indicherò tra parentesi il punto del suo saggio dove trovare il riferimento.

Per tanto inizio senza indugio alcuno la mia esposizione.

1. Primo problema

   Il primo problema che mi son posto riguarda l'orientamento della grande piramide (Fiorini §1.6) e la sua strabiliante precisione che risulta deviata dal nord geografico di pochi primi di grado sessagesimale.

Come arrivarono a questa sconcertante precisione?

   E' verosimile che quegli architetti abbiano fatto uso delle ombre del sole, e fin qui nulla di diverso da quanto  proposto dall'Architetto Fiorini (§13.9), però, visto il perfetto orientamento riscontrato, penso che quelle genti abbiano adottato delle tecniche ben più complesse rispetto a quelle descritte dall'Architetto; e questo perché le dimensioni della piramide sono tali da imporre dei mezzi di tracciamento di proporzioni adeguate a quelle della fabbrica, tali da ridurre al minimo gli errori.

   In sostanza se affidassimo il tracciamento dei lati della piramide al segmento rettilineo che potremmo tracciare con uno gnomone alto 2 metri, benché questo possa essere intrinsecamente preciso, ossia con un errore angolare minimo, il suo prolungamento fino ad arrivare a 230.36 m (tanto è lungo il lato medio della piramide di Cheope), provocherebbe errori macroscopici a quella distanza. La qual cosa stride con la precisione riscontrata in loco.

   Per tanto è necessario ipotizzare che quegli architetti fossero eccezionali osservatori del moto solare, tanto da aver capito che vi sono due momenti dell'anno durante il quale l'ombra di uno gnomone, proiettata su una superficie sufficientemente piana e orizzontale, percorre una traiettoria pressoché rettilinea esattamente da Est a Ovest. Per tanto in quei due momenti non è necessario far uso del metodo del cerchio indiù.

Questi momenti sono i due equinozi, benché le linee quasi perfettamente rettilinee siano ruotate all'equinozio di primavera leggermente in senso orario (0°04'44") e all'equinozio d'autunno leggermente in senso antiorario (-0°04'44") rispetto alla direzione Est-Ovest reale (1).

   Non sappiamo se gli architetti Egizi fossero a conoscenza della deviazione agli equinozi qui sopra indicata; però la precisione profusa nell'orientamento dei lati della piramide ci autorizza a ipotizzare quella correzione (vedi nota 1) che da modo di ridurre a zero "l'errore" e di conseguenza tracciare una direzione Est-Ovest di 90° esatti.

   D'altronde, se non si fosse eseguita quella correzione, si sarebbe ripercosso un errore di 0°.6258 (0°37'33") sulla direzione al solstizio d'inverno (vedi ancora nota 1); veramente troppo elevato rispetto a quello misurato in situ dagli Ing. Vito Maragioglio e Celeste A. Rinaldi (2), che misurarono una deviazione pari a 0.0411 (0°02'28").

    La verifica a riguardo della traiettoria pressoché rettilinea agli equinozi la può effettuare chiunque di noi, tant'è che in quei due giorni basta fissare a terra, in modo stabile e duraturo, un qualsiasi bastone col vertice acuminato, alto, ad esempio, 1.60 m, senza badare alla sua verticalità (per questa prova non è necessaria) e, seguendo lo spostamento dell'ombra, si registri ogni tanto e  anche a intervalli di tempo irregolari, la posizione  dell'ombra proiettata dal vertice del bastone. Dopo averne registrati, ad esempio, 4 o cinque nell'arco di 6 ore a cavallo del mezzogiorno, tiriamo una linea dal primo all'ultimo segnale per renderci conto che tutti i segnali, con scarti insignificanti, giaceranno sulla stessa linea.

   Abbiamo accennato al fatto che alcuni metodi di lavoro (se utilizzati con tecniche semplici) richiedono "arnesi" adeguati alle dimensioni dell'edificio, per tanto piccoli arnesi sono efficaci se usati su piccola scala, ma se tentiamo di usarli in una "scala" come quella della Grande Piramide, gli errori potrebbero essere troppo elevati, tanto da contrastare con gli evidenti risultati ottenuti dagli architetti Egizi.

   In ragione del fatto che nulla debba essere lasciato al caso, avanzerò una ipotesi che potrà sembrare singolare, essendo ben conscio che la soluzione potrebbe essere meno estrema di quanto qui proporrò (ma lo vedremo alla fine di questa trattazione se l'ipotesi sarà inattendibile oppure verosimile).

   Moltiplichiamo per 20 volte l'altezza dello gnomone alto 1.60 m usato da noi per individuare la direzione Est-Ovest.

32 metri d'altezza sono veramente tanti, ma appare verosimile che gli architetti Egiziani, che erigevano obelischi, avrebbero potuto usufruire di un tale manufatto che, con la sua guglia appuntita, poteva proiettare un punto estremamente preciso sul terreno, e questo malgrado l'effetto penombra dato dall'altezza considerevole dello gnomone stesso (3).

Vediamo di capire come potrebbero aver proceduto e ipotizziamo alcuni elementi, come lo gnomone e la sua altezza.

1.2 - Un primo orientamento

Abbiamo ipotizzato che lo gnomone possa essere stato materializzato da una sorta di obelisco.

L'obelisco egiziano più alto attualmente esistente è quello di piazza San Giovanni in Laterano a Roma, alto ben 32.18 m. Per tanto useremo quello per la nostra ipotetica individuazione dei punti cardinali.

   Benché agli equinozi, come abbiamo asserito in precedenza, la linea si possa tracciare senza l'ausilio dell'arco di cerchio con origine nel centro dello gnomone, questo fu comunque tracciato (nella mia ipotesi utilizzo un cerchio di 30 metri di raggio che poteva essere realizzato con buona precisione). Il cerchio, come vedremo più avanti, si rende necessario perché con esso si stabilisce la posizione speculare  rispetto al mezzogiorno dei due estremi del segmento tracciato agli equinozi. Questo farà si che si possa evitare di tracciare un secondo arco di i cerchio al solstizio d'inverno.

Si pongono però alcune domande:

1° domanda: perché è necessario tracciare una seconda direzione Est-Ovest al solstizio d'inverno?

Risposta: al solstizio d'inverno le ombre proiettate dall'obelisco sono molto più lunghe rispetto agli equinozi, per tanto si possono tracciare dei segmenti lineari nettamente più lunghi, benché la precisione angolare sia identica a quella relativa agli equinozi. Tant'è che se agli equinozi sulla ipotetica circonferenza di 30 m di raggio si può tracciare sul terreno un segmento  AB lungo circa 47 metri, al solstizio d'inverno il segmento sarà ben più lungo.

2° domanda: come è possibile tracciare una circonferenza o un suo arco se il centro di essa è occupato dalla base dell'obelisco che normalmente ha la base quadrata?

Risposta: si potrebbe ipotizzare un anello fissato alla base dell'obelisco e su quello far scorrere il capo di una fune che funge da braccio del compasso. Ma è un metodo, benché fattibile, piuttosto macchinoso e non è detto che sia preciso. Però vi è un secondo metodo ben più semplice, che richiede però la individuazione della direzione Est-Ovest con uno gnomone alto anche solo 1.50 m, bastante la direzione approssimativa (benché discretamente precisa) tale da posizionare uno dei lati dell'obelisco lungo quella direzione. Fatto ciò, e messo perfettamente a piombo il grande gnomone, il giorno dell'equinozio bastava tracciare due archi di cerchio di 30 m di raggio prendendo quale centro di origine dei due archi i due spigoli esposti a nord dell'obelisco stesso. Questo metodo supplisce, e in modo estremamente preciso, al tracciamento di archi di cerchio generati dallo stesso punto di origine. Evidentemente il motivo di tale precisione risiede tutto nell'orientamento preliminare della base dell'obelisco.

   Se ora ipotizziamo che quegli architetti avessero operato la correzione agli equinozi facendo la media tra i punti individuati, ottenendo di fatto la direzione esatta di 90° rispetto al nord (vedi nota 1), possiamo di fatto pensare che posizionarono saldamente i punti estremi di quella linea che chiameremo segmento AB (Figg.1, 2, 3), in attesa del solstizio d''inverno per procedere al secondo tracciamento; ossia quando le ombre, più lunghe, non avrebbero seguito sul terreno una traiettoria rettilinea; infatti la guglia dello gnomone quando è in meridiano si discosta dalla linea in tracciamento di circa 24 m.


Fig.1
ombra a.m. all'equinozio


Fig.2
ombra p.m. all'equinozio


Fig.3
ombra al mezzogiorno dell'equinozio
si noti la traiettoria pressoché rettilinea

   Arrivato il 21 di dicembre gli architetti si prepararono a tracciare la nuova linea ma questa volta, come già detto, senza l'ausilio di un cerchio, ma usando come punti di riferimento i due segnali – A e B - impostati a partire dagli equinozi.

 Senza questa soluzione avrebbero dovuto tracciare un cerchio di circa 100 m di raggio, la qual cosa avrebbe comportato errori macroscopici legati alla tensione della fune usata a mo' di compasso.

Vediamo come procedettero.

   Quando il bordo sinistro (guardando verso il nord) dell'ombra dell'obelisco avesse coinciso col vertice A, si sarebbe segnato a terra il punto della guglia in quel momento (vertice contraddistinto dalla lettera C di Fig.4). Dopo il mezzogiorno si sarebbe atteso il momento in cui il bordo destro dell'ombra dello gnomone avesse coinciso col segnale B per segnare a terra il secondo punto (contraddistinto dalla lettera D di Fig.5). Il segmento CD sarebbe stato orientato nella direzione Est-Ovest con uno scarto angolare del tutto insignificante.

Fig.4

ombra a.m. al solstizio d'inverno

Fig.5

ombra p.m. al solstizio d'inverno


3° domanda: perché ipotizzo uno gnomone così alto?

Risposta: parto, naturalmente, dalla constatazione che quelle genti erano perfettamente in grado di erigere un obelisco di tali proporzioni (ne è la prova l'obelisco di Piazza San Giovanni in Laterano a Roma); in ragione di ciò assegno all'obelisco una funzione pratica che possa affiancare quella simbolico-religiosa che normalmente gli si attribuisce.

Secondo il metodo qui ipotizzato l'ombra proiettata da un obelisco di 32 metri d'altezza riesce a descrivere un trapezio isoscele delle seguenti dimensioni:

agli equinozi: base minore AB di 46.06 m

al solstizio d'inverno: base maggiore CD di 153.89 m

altezza BH di 49.32 m

Con queste misure è possibile tracciare in modo piuttosto preciso un quadrato di 230 metri di lato; e questo senza dover procedere a misurazioni delle diagonali.

Vediamo come si procede.

E' necessario innanzi tutto trovare il punto medio sia della base minore che della base maggiore. Di certo questo non è un grosso problema, visto che si possono usare vari sistemi che, se utilizzati assieme, sono verifica uno dell'altro.

Il 1° metodo è quello classico dei due archi di cerchio di uguale raggio con centro agli estremi della base minore A e B, che si intersecano in due punti ortogonali alla base stessa E ed F. Il segmento EF interseca la base AB nel punto medio G e il suo prolungamento interseca la base maggiore CD nel suo punto medio H. (Fig.7)

Fig.7

Il 2° metodo prevede il tracciamento con paline allineate lungo le diagonali del trapezio isoscele AC e BD, che necessariamente si incontrano lungo la linea che unisce le intersezioni dei due archi descritti prima nel punto I (Fig.8).

Fig.8

   A questo punto è facile trasportare la misura GB per individuare sulla base maggiore CD il punto L. Quest'ultimo vertice, unito al punto B, individua la direzione ortogonale alla base maggiore che formerà il primo angolo di base della Grande Piramide (Fig.9). 

Fig.9

   Per tanto con una serie di operazioni topografiche e geometriche  abbiamo realizzato una porzione lunga 100.77 m del lato nord della piramide e una porzione lunga 49.30 m del suo lato est. Le due porzioni sono abbastanza lunghe da poter tracciare con molta precisione i due lati, lunghi 230.36 (440 cubiti reali) LM e LN, della Grande Piramide.

1.3 - E' proprio necessario usare un obelisco alto 32 metri?

   Non potendo dare nulla per scontato è necessario ora verificare se sia proprio necessario erigere un obelisco alto 32 m per avere una direzione Est-Ovest estremamente precisa, o basti l'innalzamento di uno gnomone di pochi metri d'altezza.

   Poniamo di usare uno gnomone alto 5 metri con sopra un foro gnomonico di 10 cm di diametro in un pannello abbastanza esteso da impedire che la penombra illumini del tutto l'ombra del pannello stesso, vanificando il contrasto tra luce ed ombra.

   Agli equinozi, con un dispositivo di tal fatta alto, poniamo, 5.50 m e tracciando a terra un arco di cerchio di 5 metri di raggio, otteniamo un segmento lineare lungo circa 8.00 m.

   Ipotizziamo che nel segnare il punto a terra a.m. e poi quello p.m. si sia commesso un errore materiale di 1.5 mm (dato ottimistico) per ogni segno e che gli errori si sommino essendo uno positivo e l'altro negativo rispetto alla linea ideale. 

   Ipotizziamo anche che nel posizionare due paline alte 1.00 m dal suolo si sia commesso un errore di posizione di queste di un altro 1.5 mm per ogni palina e un altro 1.5 mm di fuori piombo, anche questi, uno positivo e l'altro negativo rispetto alla linea ideale. Sommiamo in tal modo un errore totale di 9 mm.

   Fermiamoci qui con gli errori per constatare che prolungando il tratto di 8.00 m fin verso i 230.36 m del lato della piramide potremmo commettere un errore di orientamento di 26 cm benché sia stato ottimista a riguardo dell'errore: appena 1.5 mm.

   Continuiamo con la procedura di tracciamento e aspettiamo il 21 di dicembre per posizionare altri due segnali che saranno distanti tra loro 29 m, che serviranno per tracciare oltre alla direzione Est-Ovest anche la retta ad essa perpendicolare, che però sarà lunga solo 9 m.

   Qui sta il punto.

   Nel tracciamento della nuova linea lunga 29 m se abbiamo accumulato degli errori nel posizionare i vertici relativi agli equinozi, ci troveremmo nella condizione indicata in nota (1) allorché, in quel caso, non avessimo operato la correzione angolare agli equinozi.

   Per quanto riguarda la  linea perpendicolare a quella di 29 m, di sicuro potremmo commettere altri errori di individuazione dei segni che potrebbero sommare ad un valore  di almeno 9 mm, per via del tracciamento degli archi di cerchio con delle funi, posizionamento del picchetto alto un metro e suo fuori piombo . In ragione di ciò, pure qui avremmo un errore sul lato ortogonale della piramide pari, almeno, a 26 cm in più o in meno, tanto che la somma di questi errori potrebbe condurre ad  un errore dell'angolo compreso tra i due lati pari a 0°.1290 (0°07'44"), se non maggiore (vedi ancora nota 1).

   Si potrebbe obiettare che statisticamente gli errori si potrebbero compensare, e ciò è pur vero ma, prudentemente, non mi fiderei troppo delle statistiche; ma è pur vero che gli errori qui ipotizzati di soli 1.5 mm di fatto sono ottimisticamente troppo esigui e non ostane ciò la deviazione azimutale è superiore a quella rilevata nella Grande Piramide.

   Vediamo ora quale errore potremmo commettere con uno gnomone alto 32 m.

   Mettiamo che l'errore di posizionamento sia di 10 mm per ogni segno (e questo per via della penombra che a quella distanza dal suolo potrebbe dar modo di avere tale imprecisione); che l'errore di apposizione delle due paline sia sempre di 1.5 mm per parte e pure quello di fuori piombo. Accumuleremmo così un errore totale di 26 mm su un segmento lungo 46.06 m, che prolungato fin verso i 230.36 metri del lato della piramide farebbe registrare un errore di orientamento di 14.2 cm. Per tanto per arrivare all'errore riscontrato nella Grande piramide pari a 16.5 cm per il lato Nord (dato estrapolato dagli angoli misurati da Maragioglio e Rinaldi), si dovrebbe ipotizzare un errore sull'allineamento di partenza di 33 mm, 7 mm in più rispetto a quelli da me ipotizzati. Ciò significa che l'errore dovrebbe essere di 2x10 mm quale errore di valutazione dell'ombra e di ben 3.5 mm per gli altri errori, per un totale di 34 mm.

   Facciamo il caso di commettere ancora un errore ipotetico di 14.2 cm nel tracciamento del lato ortogonale; avremmo due possibilità dettate dal caso, o azzerare l'errore oppure raddoppiarlo; in questo secondo caso benché i due errori si sommino arriveremo ad un errore nell'angolo compreso tra i due lati di 0°0708 (0°04'15"). I dati di rilievo di Maragioglio e Rinaldi dimostrano coerenza col dato da noi estrapolato per via ipotetica, tant'è che secondo i loro dati gli angoli compresi tra i lati divergono dall'angolo retto da un minimo di 0°00'02" per l'angolo Nord-Ovest ad un massimo di 0°03'33" per l'angolo Sud-Est. A dimostrazione che a volte gli errori si compensano.

   Se ora volessimo adottare anche solo l'errore ipotetico appena sopra calcolato di 3.5 mm per lo gnomone alto 5.50 m (errore indipendente dalla larghezza della penombra come si evince da quanto prospettato in nota 3)  avremmo un errore di 21 mm su un tratto di 8 m che prolungato fin verso i 230.36 m del lato della piramide, questo restituirebbe un errore pari a 6.05 m, ossia una deviazione angolare di 1°.5037 (1°30'13").

  In ragione di ciò possiamo affermare che più lunghi sono i tratti che individuano gli assi cardinali individuati con le ombre e più precisa sarà la direzione tracciata per via del fatto che l'entità degli errori macroscopici di tracciamento non varia.

   Questo è il motivo che mi induce a pensare che per tracciare la direzione Est-Ovest, fu usato un obelisco, magari alto solo 28 m, giusto il tanto di inglobarlo dentro la Grande Piramide... chissà! 

👉segue

note

1 In questo caso è possibile tracciare la direzione pressoché esatta est-ovest registrando le traiettorie dei due eventi e unendo i punti medi delle distanze che separano gli estremi delle due linee.

Abbiamo calcolato con STELLARIUM:

- all'equinozio di primavera azimut  128°.6216 alt. 47°3609

                                                          231°.5309 alt. 47°.3612

- all'equinozio di autunno azimut     128°.5606 alt. 47°.3601

                                                          231°.2885 alt.47°.3602


 Sulla base di queste coordinate si è calcolato azimut e altezza relativi agli spigoli dell'obelisco nel momento in cui transitano per i vertici medi calcolati agli equinozi:

- al solstizio d'inverno azimut          131°.3364 alt. 17°.3403
                                                         228°.6636  alt.17°.3419

   Nel caso in cui non si fosse operata la correzione agli equinozi, al solstizio d'inverno avremmo ottenuto le seguenti coordinate, sempre relative agli spigoli dell'obelisco:
a.m. azimut 131°.3058 alt. 17°.3040
p.m. azimut 228°.5428 alt. 17°.0620
con un errore angolare dell'ordine di 0°.6258.

    La correzione consente di raggiungere  una precisone che rasenta la perfezione.

2 Maragioglio V., Rinaldi C., L’architettura delle piramidi menfite  – Volume IV, 

Tipografia Artale, 1963

3  L’operazione riserva una difficoltà legata all’altezza del segnale da terra, in quanto i contorni dell’ombra di un oggetto che man mano si allontana dalla superficie di proiezione sono via via più sfumati; ognuno di noi può verificare questo, guardando l’ombra di un bastone posto in verticale che a pochi centimetri dalla base restituisce un’ombra dai contorni nitidissimi, mentre l’ombra del suo vertice ha i contorni sfumati. Il fenomeno è dovuto al fatto che il sole non è una sorgente puntiforme, esso visto dalla terra ha un diametro la cui apertura angolare è di circa mezzo grado, ciò determina un graduale passaggio dalla luce all’ombra in quanto vi è una regione intermedia in cui la sorgente luminosa è occultata solo parzialmente. In ragione di ciò si ha un certo grado di indeterminazione nella definizione del contorno esatto dell’ombra. Questo è un ostacolo alla determinazione esatta del segnale scelto per l’individuazione della direzione cercata, in quanto nel nostro caso la penombra che si crea al vertice del nostro gnomone alto 32 metri può essere piuttosto consistente; facendo un esempio, se prendiamo l'inclinazione dei raggi solari agli equinozi registrati in nota (1) l'ombra dello gnomone ha una penombra di 38 cm; per tanto ho cercato di capire se vi è la possibilità di individuare con esattezza la linea di demarcazione tra ombra e penombra con una precisione pressoché assoluta, alla stregua della determinazione di un piano perfettamente orizzontale tramite una superficie liquida o per la determinazione della verticalità di un oggetto o una struttura qualunque essa sia, tramite il filo a piombo: anche questi affetti da errore di valutazione e da errori di perizia nell'esecuzione del metodo.

 Ritengo di aver trovato un metodo capace di rispondere positivamente alla precisione richiesta.

 L'esperienza prende l’avvio dall’osservazione dell’ombra proiettata da un generatore eolico, la cui torre è alta circa 70 metri. Osservando l’ombra della torre eolica ho constatato che la mia ombra al margine dell’altra si sovrapponeva parzialmente a quella, con la differenza che l'ombra della torre era sfumata, mentre la mia era ben nitida essendo più vicina al suolo. Questo fatto mi ha dato modo di capire che l’ombra di un oggetto vicino al suolo che si sovrappone a quella di un oggetto lontano si staglia nitida in quella fascia sfumata della penombra dell’oggetto lontano, definendo in tal modo, di quest’ultima, il preciso punto di passaggio tra luce ed ombra piena (Fig.A).

 Il fenomeno è indipendente dalla larghezza della penombra in quel punto, perché la demarcazione avviene con una valutazione a vista ossia, l'osservatore valuta la posizione del confine tra ombra e penombra dalla omogeneità nella scala dei grigi e lì dove vi è uniformità di colore, lì è il punto di passaggio. Per tanto l'errore insito nel posizionamento di un segnale che indichi il punto di passaggio tra ombra e penombra è indipendente dalla lunghezza dell'ombra e/o dal punto di registrazione scelto.

   Queste considerazioni sono frutto di esperienza empirica e come tali potrebbero essere state conosciute da antiche genti senza cognizione di causa da parte loro naturalmente, ma d'altronde, tante manifestazioni naturali era conosciute in antico senza saperne i motivi, filo a piombo compreso, non di meno venivano usate con diligenza e "saper fare".


Fig. A
Si noti l'ombra del cordino che essendo più nitida di quella su cui si sovrappone, delimita entro limiti ristretti il confine tra ombra e penombra.

Vi è la possibilità che quelle genti conoscessero il metodo che fa uso del cosiddetto "foro gnomonico". In questo caso il punto da marcare "a vista" è dato dal contorno chiuso del fascio luminoso di una macchia di luce di piccola estensione, come quella che possiamo vedere nella immagine di destra della figura B  qui sotto riportata.


Fig. B
L'immagine di destra non è sfocata ma sfumata

Non ci si stupisca di questa ipotesi, perché vi è una sequenza geroglifica, quella delle Figg. C, D ed F, che è stata interpretata dagli archeologi dal punto di vista lessicale, ma di certo non dal punto di vista utilitaristico. Una sequenza di oggetti  che suggeriscono questa nostra ipotesi.

Fig. C

Fig. D

Fig. E

Fig. F

   Nelle immagini di Fig. C e D si vedono lo ankh, lo djed e lo was, uno affianco all'altro nella prima, uno sovrapposto all'altro nella seconda, tant'è che non si può non accostare i tre oggetti ad una funzione ben specifica legata al sole, se analizziamo il tutto tenendo conto della immagine di Fig. E, nella quale lo ankh infisso sullo djed è sovrastato dalla immagine del sole. I tre segni geroglifici ideogrammatici qui trattati a volte sono posati sopra un canestro (Fig.F di sinistra), il geroglifico V30, che ha il significato ideogrammatico di "tutto" ma anche di "maestro" e "signore".

E' possibile che i tre geroglifici siano strumenti di un unico sistema di tracciamento?*

Per quanto riguarda lo scetro was l'idea non è nuova, tanto meno mia. Su internet si possono trovare vari articoli che prendono in considerazione l'ipotesi che questo sia un compasso, benché gli estensori di detti articoli non entrino nello specifico della sua funzione se non nel fatto che esso sia un generico compasso per  tracciare il cerchio o il doppio cerchio simbolo di Ra.

Se montiamo lo ankh sopra lo djed come nella figura E, possiamo pensare che questi due elementi formino uno gnomone fornito di foro gnomonico rappresentato dello ankh. Lo djed, nelle immagini che lo ritraggono dal vero, sembrerebbe di forma quadrangolare, ciò non toglie che per la sua funzione, in origine fosse di sezione tonda, e quelle gole altro non fossero che l'alloggiamento della forchetta dello was, che poteva benissimo servire da braccio di un compasso. D'altronde se è vero, come spiegano gli egittologi, che lo djed rappresenta la colonna vertebrale  di Osiride, questa non è di certo di sezione quadrangolare ma tondeggiante.

Fig. G

  L'immagine raffigura una ricostruzione virtuale in 3D dei tre oggetti usati assieme.

   Visto sotto questo profilo possiamo ben pensare che lo ankh fungesse da foro gnomonico; benché lo si potesse usare nella fattispecie solo su distanze relativamente corte. Infatti su distanze molto grandi il sottile profilo a forma di goccia viene del tutto invaso dalla penombra fino a rendere evanescente l'ombra vera.

   E' solo una ipotesi, ma è bene non sottovalutarla.

 

5 commenti:

  1. Caspiterina! Qui il 'gioco' si fa molto serio. Per quanto posso capire da quelle misurazioni scientifiche l'edificazione di quella piramide richiedeva osservazioni non solo empiriche ma conoscenze incredibili di matematica, geometria e astronomia. Non so cosa ancora dirai. Ma se lo devi dire a noi profani dillo in pillole più leggere, altrimenti vieni tu dietro a te solo. A parte la battuta credo che tu, ora 'spaziando', stia facendo un lavoro impensabile in così breve tempo.

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  2. Caro Professore, in effetti avrebbe richiesto un saggio a se stante la sola nota 3.
    Ritengo fermamente che quelle genti sapessero di astronomia e geometria ben più di quanto noi vogliamo loro attribuire.
    Per quanto riguarda le cognizioni di geometria però, il bello deve ancora venire; perché se in questa prima parte ho affrontato in maniera un po' più approfondita il tema già trattato dall'Architetto Fiorini nel suo saggio, ben altro si dirà nella 3° e 4° parte dello studio.

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  3. Caro Sandro, mi sento un po' stontonato, ma mi sembra utile per costruire eventualmente un monumento funebre. Ne farò tesoro.
    Ho un piccolo appezzamento di terreno in pranu e mi è venuta un'idea.
    Tieniti impegnato per i rilievi tecnici.

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  4. Caro Francu, hai necessità che misuri la direzione est ovest con molta cura o basta uno gnomone di un metro e mezzo? Spero tu non abbia manie di grandezza e voler superare Cheope con uno gnomone alto 40 m; non tanto per la difficoltà di installarlo, quanto per la difficoltà ad ottenere il Nulla Osta dall'Assessorato competente. Sai, l'impatto ambientale non sarebbe da poco. Va bene che potremmo giustificare l'erezione del marchingegno quale opera provvisoria, tanto sarebbe destinato ad essere inglobato nella piramide alta 180 m. Va bene come altezza, o la vuoi più alta?
    In tutto questo mica di voglio mettere fretta: per carità; però visto che Cheope ha impiegato almeno 20 anni ad erigere la sua, dobbiamo muoverci per tempo.

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  5. Caro Sandro, come tu sai bene, Francu non ha manie di grandezza giacché, per dire, Francu sta coi contadini e coi pastori.
    Insomma, per capirci, io sono rimasto terra terra come il Bertoldo di Giulio Cesare Chiesa (pensa che nome!), piuttosto che come re Alboino.
    Ciò doverosamente premesso, propongo di erigeremo una MURIDINA A SECCO, che abbia però la forma di una piramide.
    E, visto che esiste già a Tunaria un "Ponte di Francu", la chiameremo "Muridina di Francu".
    Quanto alta? Dipenderà da te, così come la scelta degli attrezzi del mestiere.
    Sarò inflessibile invece sull'orientamento: l'ingresso sarà a Oriente, là dove il Sole sorge sulla Giara il giorno dell'inizio della primavera, così che possa vederne l'alba a inizio estate sulla punta Nord dell'altipiano nel territorio di Assolo e l'alba a Natale in punta Sud nel territorio di Gesturi.
    Non farmi mancare una finestrella a Occidente per vedere, con l'avanzare dei giorni, i tramonti scivolare dalla sinistra alla destra della rupe di Arcuentu nel procedere delle stagioni dal Carnevale a San Giovanni, e nel movimento retrogrado da Sa Gloriosa di Masullas a Santa Lucia.
    I materiali si raccolgono sul posto, sia con lo spietramento che con la demolizione dei famigerati muretti a secco, ormai inutili, sostituiti dalle più tecnologiche reti metalliche.
    Quanto al tempo, convengo che fretta non ne ho.
    Mi permetto, per la realizzazione, di suggerirti i cantieri scuola estivi per studenti e per pensionati. Potranno avere tutti quanti vitto e alloggio e, come compenso, la visione del cielo stellato in un sito scarsamente disturbato dalle luci artificiali. inoltre, se saranno fortunati - e questo non possiamo garantirlo - sentiranno il fischio del maestrale tra i lecci e le sughere che, a dire di pochi, è più appagante di un festival.

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