lunedì 29 giugno 2015

Monte Prama a RomArché 2015

"L'accesso alle sepolture dell'area è stato selettivo: escludeva infanti, anziani e probabilmente defunti di sesso muliebre. In questo caso ci si troverebbe di fronte non a una necropoli con deposizione di gruppi famigliari o gentilizi, ma ad un'area funeraria destinata a maschi giovani, come le statue, esclusivamente maschili, farebbero supporre" . Da: B. Panico, 2015, presentazione di: Raimondo Zucca, Salvatore Rubino, Gabriele Carenti, Emanuela Sias, Barbara Panico, Identità biologica e identità culturale dei morti di Mont’e Prama (Cabras-OR), A:  “Antropologia e archeologia a confronto: Archeologia e antropologia della morte" dell’edizione 2015 di RomArché, in sede École française de Rome,  Stadio di Domiziano, Roma, 20-22 maggio2015 . 
E' possibile ascoltare qui l'intera presentazione della dottoressa Panico. Noi ne mostreremo solo alcune slides, tra le più significative. 

Fig. 1: slide presentata da Barbara Panico a Roma durante la sua conferenza; a sud della linea rossa a sinistra sono le 16 tombe scavate nel 2014. Immagini da questo video: https://www.youtube.com/watch?v=Q2qAM7W9FU0 

venerdì 26 giugno 2015

Un sito nel tritatutto

Fig. 1. Una delle numerose pietre scolpite, in ordine sparso, rintracciabili nel sito di Bruncu Suergiu, nella giara di Genoni (fig. 2): la foto risale all'estate del 2013.  Il sito è stato distrutto in modo sistematico e violento, si cammina su resti di pietre letteralmente triturati

mercoledì 24 giugno 2015

Il 'monstrum' di Pompei: un allestimento di Francesco Venezia

di Angelo Ledda


  “La tradizione è la custodia del fuoco, 
non l'adorazione della cenere”. 
Gustav Mahler 

FOTO 1: Calco da Pompei. Immagine da questo sito: http://www.artsblog.it/post/127514/mostre-napoli-2015-pompei-e-l-europa-1748-1943
Il 25 Maggio il Ministro ai Beni Culturali e per il Turismo Dario Franceschini ha inaugurato la mostra “Pompei e l'Europa 1748-1943” suddivisa in due itinerari complementari:

martedì 16 giugno 2015

Simbolismo cosmico della lettera resh

di Matteo Corrias


Come è noto, il grafema resh negli alfabeti semitici antichi () trae origine dall’evoluzione di un primitivo pittogramma raffigurante una testa umanai, e nell’alfabeto fenicio (quindi in quello greco) assume la forma di un’asta verticale sormontata e chiusa da un occhielloii. In questo modo il simbolo sviluppa ed esplicita quel valore eminentemente macrocosmico già implicito nel simbolismo originario e – direi quasi – “biologico” che al capo umano in quanto centro e deposito del principio vitale è unanimemente attribuito dalle culture arcaicheiii: l’unione dell’asta e dell’occhiello schematizza infatti nella sua forma più elementare uno dei composti simbolici più universalmente diffusi ed operanti, che si declina nelle differenti varianti dell’Axis Mundi, della “Colonna Solare”, dell’Albero della Vita, della Scala Paradisi, della cruna dell’ago, del carro, dell’ “occhio della cupola”, dell’ “Uomo cosmico”, del monogramma di Cristo costantiniano, e fors’anche della croce ansata (Ankh) egiziaiv.

lunedì 15 giugno 2015

Bianco, rosso, nero: la questione del colore a Monte Prama

di Atropa Belladonna
Le statue di Monte Prama erano colorate? L'archeologo Ercole Contu pensa di sì, come si legge in questo articolo, ma oltre l'opinione ci vogliono le prove. E qualcosa è emerso dagli studi effettuati durante l'analisi chimico-fisica dei pezzi: "Le finiture originali sembrano riconducibili, in alcuni casi, a una decorazione pittorica realizzata con tecniche simili a quelle riscontrate nella pittura antica, basata sulla stesura di uno strato fine compatto di caolino e, quindi, nell’applicazione del colore, agglutinato con sostanze proteiche. D’altra parte, la presenza di oli naturali in alcune patine nere compatte, rinvenute in zone particolari dei frammenti, fanno anche ipotizzare l’uso di miscele collanti o di successivi interventi di protezione delle superfici a vista dei manufatti.(1). 
Figura 1: frammenti di gambe di statue da Monte Prama con tracce di colore rosso a sin. nr. 1705, a dx. nr. 532.2. Da (2). Entrambi i frammenti non sono ancora stati assegnati a nessuna delle statue restaurate. 

mercoledì 10 giugno 2015

MILLENOVECENTOQUARANTANOVE: una sorta di terrore religioso della perfettibilità (parte I)

di Angelo Ledda
vedi anche parte II
FOTO 1, Mauro Manca, Coppia a cavallo, 1960-62

Era il 1949 quando nell'Ala Napoleonica delle Procuratie Nuove in Piazza San Marco a Venezia, veniva inaugurata la mostra sulla civiltà nuragica presentata da Giovanni Lilliu per il quale “uscito dal buio secolare del proprio spazio, quel segno locale, proprio perché locale ma pervaso di universale, riuscì a conquistare l'area della critica internazionale”.

L'Accademico dei Lincei lo ricordava in un articolo del 1975 dedicato alla memoria di Ranuccio Bianchi Bandinelli da poco scomparso, ritenendo l'esposizione di “quelle sculture 'oscene' e 'sciamaniche' (...) il primo e forse unico vero successo della nostra cultura 'altra' (ossia della sardità)” (1)
In quella stessa occasione rievocava un articolo del 1946 dal titolo Sardegna: isola anticlassica” (2) nel quale - passando per “persona da psicoanalizzare” - introduceva il concetto di barbarico (o anticlassico) come costante dell'arte sarda, rovesciando in positivo il significato che ne aveva dato Winkelmann nel XVIII secolo.
Così facendo la produzione artistica sarda (non solo nuragica) veniva inserita in quel lungo dibattito che interessò il Novecento e che tentava di comporre la storiografia artistica in coppie di concetti antitetici. Tra queste, quella del von Schlosser contrapponeva al cubismo o antinaturalismo del mondo barbarico, quella organicista e naturalistica del mondo 'classico'.
L'archeologo così si esprimeva:

domenica 7 giugno 2015

Il più lungo testo egizio della Sardegna?

di Atropa Belladonna

Nel 1942 Ernesta Bacchi  pubblicò per il Museo egizio di Torino un reperto che proveniva dagli scavi di Tharros (almeno secondo il venditore da cui fu acquisito). L'egittologa non ebbe dubbi sulla sua autenticità nè sul nome del faraone inciso nel cartiglio: Menkheperure, nome regale di Thutmose IV che regnò tra il 1400 e il 1390 a.C. circa (1). Per la natura e la valenza del tutto personale  dei cosiddetti "scarabei del cuore", categoria cui apparteneva il nostro reperto, lo scarabeo non poteva essere postumo ma doveva essere uscito dalla tomba del faraone: "Come e quando esso uscisse dalla tomba del faraone e per quali vie passasse in Sardegna è impossibile stabilire(1). (Figura 1)

venerdì 5 giugno 2015

YDL


  La trattazione del Porf. Sanna della brocchetta di Nuraxinieddu[1] ha messo in evidenza una peculiarità di

10° lezione di epigrafia nuragica

Domenica 7 giugno 2015
l’associazione culturale
“ALEPH”
organizza
gita a San Nicolò di Trullas

   Il corso di epigrafia nuragica tenuto dal Prof. Gigi Sanna, domenica 7 giugno giungerà a conclusione, con la decima lezione che si terrà all’aperto presso la chiesa di San Nicolò di Trullas.