mercoledì 10 maggio 2017

SE TU FOSSI UN SEMAFORO, COSA FARESTI?

Brando - Uomo al Semaforo
Francu Pilloni


Somministrata a freddo, la domanda appare stupida e forse lo è davvero.
Rileggendo per coglierne bene il senso, si nota subito come il pronome personale “tu”, evidenziato senza necessità, si subisce come una sberla, come una tirata d’orecchi da parte di chi non ti aspetti, da chi non ha l’autorità, né la confidenza per provarci. Sembra un segno di strafottenza, si ha l’impressione di essere incalzato, di essere chiamato in causa individualmente, mentre non ti senti minimamente coinvolto, anzi provi la tentazione di sganciarti.
Ma poi, se ti guardi in giro, se recepisci che non c’è astio, che si tratta di un gioco, di una provocazione intellettuale che mira a stuzzicare il senso dell’umorismo, a sollecitare l’arguzia, ecco che allora ti rilassi, prenoti immediatamente qualche risposta non comune nella tua mente, qualche uscita che possa restare memorabile.
Si può constatare in tutta tranquillità come le risposte possibili sono davvero molteplici perché ampio e aperto è il campo delle risposte, in quanto tutto dipende solamente da te, proprio in virtù di quel “tu”, prima vissuto come se ci fosse stato sbattuto sulla faccia.

Rispondere d’acchito “starei dritto” oppure “starei fermo”, soggiungendo “almeno finché non apparisse all'orizzonte la signora Contu, nota per aver abbattuto due semafori nello stesso incrocio!” è una delle prime tentazioni per liquidare la faccenda.
Credo che di risposte argute se ne possano accumulare almeno cento in mezzora, più o meno con uno o con doppio senso.
La risposta che serve però – non che una precisa sia già presente in testa – è quella che non ci si aspetta.
Per quanto mi riguarda, radunerei mentalmente una decina dei miei scolari, i meglio dotati fra i tanti che ho avuto nei vari corsi e negli anni, prendendoli allo stato e all'età che avevano quando quotidianamente interagivamo in una scuola. 
Così messi insieme, bambini e bambine accomodatisi a loro piacimento, mi metterei di fronte a loro e chiederei, col viso serio: se tu fossi un semaforo, cosa faresti?
Sono sicuro che mi avrebbero guardato in viso per sincerarsi che non stessi scherzando, poi avrebbero ripassato mentalmente le risposte più ovvie: far passare le automobili e i pedoni alternativamente; scherzare con le auto adottando un ritmo bizzarro per vedere l’effetto, e altre cose simili, che non sono banali, ma strettamente legate alla realtà.
Prima che qualcuno dei ragazzi avesse detto la sua, si guarderebbero in viso con un sorriso, per rassicurarsi l’un l’altro, per trasmettere serenità e fiducia reciprocamente. 
Questo è consueto nei ragazzi perspicaci che si stimano e si rincuorano solamente per il fatto di stare insieme. 
Forse scambierebbero anche qualche parola, oltre alle occhiate, sinché uno di essi – mi pare di vederlo – mi chiede se ciascuno deve dare una risposta o si possono dare anche risposte collettive.
Come volete – avrei concesso, perché più spazi lasci, più liberi corrono con la mente.
Ecco – avrebbero detto in due simultaneamente, guardandosi e ridacchiando, ma riprendendo ancora all'unisono – io farei il semaforo.
Manterrei il mio contegno, la faccia imperturbabile, lascerei scorrere dieci secondi mentre li guardo e chiederei: perché?
Mi pare di vedere una bambina che si agita, tenta di alzare la mano per attirare la mia attenzione ma, visto che si accorge che sto guardando dalla sua parte, “Scusi, ma se sono un semaforo, è giusto che faccia il semaforo” mi dice con un tono che mi sollecita ad approvare, altrimenti si farà convinta che io non capisco nulla: è così semplice! Se fossi un semaforo, farei il semaforo, logico o no?
Perché – soccorrerebbe un compagno – se sono stato pensato e costruito per fare il semaforo, vuole che mi metta a zappare l’orto?”.
Su questa autostrada continuerebbero a correre e a cercare di superarsi, con un tono che mi fa intendere che sono rimasti alquanto delusi, supponendo che io non avessi pensato alle risposte che mi hanno sciorinato senza difficoltà.
Altrimenti, perché avrei posto una domanda così semplice e scontata?
Starei zitto e pensoso, che scantonino pure su percorsi più producenti, ma intanto penserei che questa decina di ragazzi intelligenti ha sviluppato gli schemi mentali necessari a farli diventare bravi cittadini, che sono bambini e bambine che hanno sviluppato un’etica individuale e sociale invidiabile alla loro età, che hanno capito l'importanza di saper fare gruppo, che esprimono individualità con le idee chiare su come deve funzionare il mondo, mostrando di capire, e di far comprendere anche a me, che il semaforo deve fare il semaforo perché questo è il suo dovere, il suo destino e la sua maggiore aspirazione per potersi sentire realizzato e felice, allo stesso modo di come un uomo, qualsiasi uomo o donna che viva qui o altrove, abbia a mettere in mostra la propria umanità perché sempre e ovunque s'ha da fare l’umano e non l’animale, non il porco, non la volpe, il cinghiale o il leone.


Ah, se mi fosse riuscito in egual misura con gli altri cento e cento ragazzi: anch'io, a modo mio, avrei fatto il semaforo alla grande!

12 commenti:

  1. Se fossi un semaforo,sarei prepotente,infatti mi prenderei l'arbitrio di mettere il verde,all'istante, per le persone oneste ed umane(basta guardarle in viso)ed farei durare il rosso per i disonesti,i razzisti,per farli meditare.Ho risposto d'istinto.

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  2. Questo suo, signora Grazia, è il semaforo di Ghino di Tacco!

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  4. Tanto per fare un pò di ironia:meglio il semaforo di Ghino di Tacco che quello del"bullo rignanese",che lascerebbe il verde ai banchieri,ai disonesti e,sopratutto ai suoi servetti.

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  7. Scusa la mia curiosità Signor Censore,com'è che un commento diventa oggetto di censura?

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  8. Signor Thor,ho cancellato io i 3 commenti,2 perchè erano doppi e l'altro inutile.

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  9. Fossi un semaforo darei il rosso ad ogni automobilista e ogni pedone. Pausa per tutti. All’inizio gli astanti rimarrebbero sorpresi, dopo pochi minuti, tutti cercherebbero di capire il motivo di questo imprevisto. Un pedone, attraverserebbe comunque, approfittando del rosso altrui, seguito nell’idea dal più scaltro degli automobilisti. Altri più ligi al codice della strada rimarrebbero fermi; innervositi, ma fermi. Dopo un po’ qualcuno scenderebbe dalla macchina, cercherebbe di scambiare qualche parola col vicino della stessa fila e qualche minuto dopo, con quello del semaforo laterale che quando è verde lo costringe a fermarsi suo malgrado. Si renderebbe conto, che in fin dei conti, anche quello non è un anonimo automobilista, parte integrale della macchina che guida, ma un uomo come lui e con quello alla fine si alleerebbe per dichiarare guerra a me semaforo “bastardo figlio di un cane”, che diventando rosso per tutti ha fermato il mondo. Alla fine, un automobilista coscienzioso, rendendosi conto della solidarietà che questo episodio ha innescato, scende dalla sua autovettura gridando a gran voce: UN APPLAUSO PER IL SEMAFORO!

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    1. Il semaforo del signor Angei,mi piace molto proprio perchè è pieno di ottimismo e fiducia verso l'essere umano,anche se è un pò utopistico;ben venga l'utopia.

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  10. Vedo con piacere che almeno a qualcuno piacerebbe essere un semaforo.
    In effetti, esso è simbolo di un potere super partes certamente, ma anche cieco.
    La tua ipotesi, comunque, risulta tra quelle cento nella prima mezzora che i miei alunni avrebbero scartato. Anche perché non tutti sono buonisti e, al posto dell'applauso, avrebbero optato per un incontro ravvicinato di terzo tipo, di quelli che, da ragazzi, riservavamo agli alberi delle prugne: un vigoroso scuotimento!
    Ma se per noi ragazzi era un reclamare improprio dei frutti altrui (metti pure un furto), per quelli del semaforo scosso sarebbe un atto di anarchia, insofferenza e ribellione contro le regole che siamo dati.
    Insomma, qualcosa che si vive ogni giorno nella vecchia Italia, al pari dello scotimento dell'albero comune.

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