venerdì 22 marzo 2019

Il pozzo di Santa Cristina: 4° parte - Il mòdano: numeri e solo numeri

di Sandro Angei

8. Il mòdano: una prova tangibile
La funzione del mòdano, come abbiamo visto soddisfa i requisiti di carattere astronomico e ciò potrebbe bastare per definire eccezionale quanto scoperto; però non dimostra fino in fondo che quelle genti conoscessero effettivamente questi rapporti intercorrenti tra misure lineari e inclinazione dei raggi solari descritti nel 7° capitolo; ma ancora una volta e in modo sorprendente, quegli architetti, a testimonianza del loro operato, hanno lasciato una prova inconfutabile, indipendente dalla meccanica celeste, perché quel mòdano individuava ad 1/4 della sua altezza l’inclinazione della scalinata così come doveva essere impostata originariamente; ossia con una inclinazione di 38°40’. Proprio questo dato dimostra la conoscenza da parte di quelle genti di quei rapporti numerici tra geometria e astronomia. Il dato inoltre è rafforzato dal suo preciso inserimento nella suddivisione in 24 parti del cateto AB (Fig. 8).


Fig. 8

   Quelle genti avrebbero potuto scegliere una inclinazione della scala più agevole, ma  in in un progetto nel quale la stiba è utilizzata quale unità di misura di riferimento, anche il gradino doveva rispettare dei rapporti ben precisi; rapporti che abbiamo scoperto essere 4/7 e 5/7 di stiba.
   A questo punto l'ipotesi potrebbe apparire ardua se entrassimo in un ambito piuttosto aleatorio di rapporti numerici che potrebbero esser solo ed esclusivamente frutto del caso, o nella peggiore delle ipotesi, frutto di una insana ricerca (la mia) di un qualche valore che possa verosimilmente coincidere col dato rilevato. Ma sapendo di dover dar conto di un manufatto costruito secondo un ragionamento dettato in gran parte da un modo di pensare pratico, è necessario trovare il sistema che condusse alla scelta di quei rapporti numerici.  

Intenzionalità, caso o ricercatore alla ricerca del rapporto numerico?
   La pendenza originaria della scalinata era, come detto, di 38°40', per tanto le misure di alzata e pedata del gradino sono legate da questa inclinazione. Osserviamo che i 24 gradini hanno un'alzata media di 24,2 cm, però i primi 7, che possiamo presumere siano quelli della originale impostazione (vedremo in seguito il perché), hanno un'alzata media di 24,57 cm. (1,72 m/7 gradini), che impone una pedata di 30,71 cm. Si noti che la misura di 24,57 cm è in perfetto rapporto frazionario con la stiba di 43 cm: 4/7 di stiba, mentre la pedata è nel rapporto di 5/7 di stiba.
Certamente possiamo trovare numerose frazioni che possano soddisfare, entro certi limiti, le nostre misure sulla base della stiba; ma la più vicina coppia di frazioni con medesimo denominatore è 14/25 e 18/25.1
   Risulta evidente che in un range di frazioni compreso tra 1/1 e 20/100 (vedi nota 1), che conta 2000 diverse combinazioni, non si sta cercando un qualche rapporto numerico ad hoc, ma semplicemente si sta constatando la rarità di questi. In ragione di ciò è verosimile che i due rapporti 4/7 e 5/7 siano intenzionali. Meno verosimile è la coppia 15/25 e 18/25 per via di un denominatore eccessivamente elevato.
   L'intenzionalità comunque non stà nella individuazione su base teorica dei rapporti di 4/7 e 5/7, piuttosto nella scelta del rapporto ottimale secondo un procedimento di valutazione del tutto empirico. Procedimento che vede quei due rapporti numerici banale conseguenza e non un dato imposto a priori.
   Quale pensiero possa aver indotto all'assunzione di questi rapporti numerici ben precisi parrebbe difficile scoprirlo, ma possiamo pensare che volendo rispettare i rapporti dimensionali con la stiba, quelle genti si siano affidate a questa per impostare la pendenza della scala.
   Come possiamo vedere nell'immagine di Fig. 9, la pendenza è imposta dalla misura in orizzontale di 5 stibe (lato AB) e quella verticale di 4 stibe (lato BC).
 La dimensione dei gradini fu impostata scegliendo in modo appropriato il giusto rapporto tra alzata e pedata dividendo in un numero preciso di segmenti l'ipotenusa del triangolo rettangolo ABC individuato nel mòdano (vedi ancora Fig. 9). 
Fig. 9

   Quei costruttori avrebbero potuto dividere l'ipotenusa AC in qualsivoglia numero di parti uguali: 5, 6...24. Evidentemente dividendola in 6 parti avrebbero ottenuto frazioni pari rispettivamente a 5/6 e 4/6, se divisa in 12 parti, frazioni di 5/12 e 4/12, e così via.  La scelta ricadde sul numero 7; numero che soddisfa le esigenze “fisiche” del dislivello da superare.
   Infatti la divisione in 8 parti avrebbe comportato un'alzata di 21,5 cm e una pedata di 30,7 cm (misure che rientrano in quelle antropometriche ancora oggi usate in alcuni casi); però un'alzata di 21,5 cm x 24 gradini avrebbe superato un dislivello di soli 5,16 m, contro i 5,81 reali.2 Una divisione in 6 parti avrebbe comportato un'alzata di 28,7 cm e una pedata di 45,9 cm. Un'alzata di 28,7 cm x 24 gradini avrebbe superato un dislivello di 6,89 m. Questa suddivisione fu scartata evidentemente, non per l'eccessivo dislivello superabile, piuttosto per le dimensioni non proprio antropometriche dei gradini.3
Il giusto rapporto tra dimensione dei gradini e dislivello superabile con un numero fisso e, oserei dire imprescindibile, di gradini: 24, fu ottenuto dividendo l'ipotenusa in 7 parti uguali.
***

   A prescindere da questi rapporti stringenti tra misure del gradino e la stiba, possiamo dire con tutta sicurezza che nel mòdano sono registrati 6 dati fondamentali che vennero riportati con i seguenti rapporti numerici: 1, 1/2, 1/3, 1/4, 1/8.
24/24 = 1 21 giugno
12/24 = 1/2 20 aprile - individuazione della base del 12° anello
8/24 = 1/3 20 marzo e 23 settembre
6/24 = 1/4 inclinazione della scalinata
3/24 = 1/8 21 dicembre


9. Numeri e solo numeri
   Il mòdano, così come abbiamo ipotizzato fosse concepito, è di per sé uno strumento dalle proprietà eccellenti, ma forse nasconde ancora un particolare non di poco conto.
  Naturalmente nessuna prova reale può essere addotta a supporto, per tanto ci accontentiamo delle ipotesi, basate comunque sulla possibile esperienza pratica che quelle genti sicuramente avevano.
   In questo capitolo prenderemo in considerazione l'ipotesi costruttiva del mòdano secondo rapporti numerici ben precisi che potenzialmente quelle genti avrebbero potuto individuare nelle inclinazioni dei raggi solari rapportati all'unità di misura scelta.
La curiosità e l'intraprendenza mi ha portato a valutare quale rapporto numerico in termini di stibe possa avvicinarsi ai rapporti numerici riscontrati nel mòdano appena descritto.
Mi sono imbattuto in un numero frazionario in base 16 (stibe) rapportabile anche in base 48 (base sulla quale nel 3° capitolo abbiamo definito la “unità” di 14,33 cm), seconda la quale in un triangolo rettangolo avente il cateto verticale pari a 16 stibe o 48 unità, l'inclinazione dei raggi solari al solstizio d'estate è data da una base pari a 5 stibe o 15 unità, ossia: 5/16 o 15/48 (Fig. 10).

Fig. 10
Secondo questo rapporto numerico otteniamo un mòdano con inclinazione dei raggi solari al solstizio d'estate pari a 72°39' che è in ottimo accordo con l'angolo individuato con altro criterio geometrico per l'azimut di 154°: angolo di 72°27' e con l'altezza astronomica di 72°17' (vedi tab. di Fig. 4 del 3° capitolo). In ragione di ciò abbiamo ricostruito il mòdano, che chiameremo “mòdano rapportato”, secondo i numeri frazionati su esposti: 5/16, 1/2, 1/3, 1/4 1/8; ottenendo il seguente risultato:
Solstizio d'estate modano rapportato 72°39'4 astronomico 72°17' geometrico 72°27'
20 aprile              modano rapportato 58°00'  astronomico 58°49' geometrico 57°41'
20 marzo             modano rapportato 46°51'  astronomico 46°30' geometrico 46°30'
21 dicembre        modano rapportato 21°48'  astronomico 22°34' geometrico 21°34'
scalinata              modano rapportato 38°40'                                  geometrico 38°44'5

   Con tutta evidenza i valori rientrano in tolleranza, tanto da poter auspicare che la nostra ipotesi possa risultare vera.
Per tanto il rapporto numerico da memorizzare per la realizzazione dello "strumento" era 5/16, ossia 5 stibe di base e 16 stibe d'altezza, per la costruzione della squadra.
Fatto ciò, per ottenere le inclinazioni dei raggi solari cercate sarebbe stato necessario dividere il cateto maggiore in 24 parti, per individuare i noti rapporti intermedi di 3/24 (semplificato in 1/8), 6/24 (1/4), 8/24 (1/3) e 12/24 (1/2). A ben vedere però non era necessario neanche questa suddivisione visto che 1/4 è la metà di 1/2 e 1/8 è la metà di 1/4. Per cui la divisione del cateto maggiore si risolverebbe memorizzando i seguenti dati:
Il cateto maggiore lo divido a metà, il tratto inferiore lo divido ancora a metà, il tratto inferiore lo divido ancora a metà. Segue la divisione per 1/3 dell'intero (Fig. 11).
Fig.11

Se ciò fosse vero, come pensiamo sia, il sistema di costruzione del pozzo di Santa Cristina in particolare, e forse di qualsiasi altro monumento in generale, sarebbe svincolato completamente da ogni successiva verifica dell'inclinazione dei raggi solari e si baserebbe solo sul modulo della stiba e dei suoi sottomultipli.

Una considerazione
Le elaborazioni da me eseguite sono basate su strumenti di alta precisione, capaci di scandire i secondi d'arco e i millimetri. Col programma di grafica si possono impostare approssimazioni estremamente elevate, che comunque sarebbero ridicole in questo contesto (lo è già l'approssimazione ai secondi d'arco ed il millimetro); tenuto anche conto che le approssimazioni da me operate sono estremamente elevate rispetto a quelle che potevano operare 3000 anni fa con strumenti primitivi; tanto che gli scarti riscontrati tra mòdano rapportato e dato astronomico non sarebbe percepibile. In sostanza se eseguissi materialmente le costruzioni geometriche descritte, con mezzi che potremmo definire “di fortuna”; per quanta perizia vi possa profondere, di certo le differenze tra dato teorico e dato empirico non sarebbero rilevabili.
In ragione di ciò nel prosieguo dello studio possiamo adottare quale strumento di misura il mòdano rapportato.

Seconda considerazione
   Da quanto fin qui esposto traspare quello che per quelle genti appariva quale "miracoloso messaggio divino". Un messaggio composto di luce, geometrie e numeri. Luce, geometrie e numeri, che prendevano forma attraverso uno strumento materiale: sa stiba, di qualsivoglia misura scelta e che appunto, essendo slegata da qualsiasi unità campione, era unità di misura assoluta che materializzava numeri assoluti. Numeri assoluti che in qualunque luogo e chiunque, benché di diversa estrazione culturale, che fosse Sardo, Egiziano, Babilonese, Indiano, Cinese se non di qualche antica civiltà precolombiana, avrebbe potuto utilizzare. I rapporti numerici di 1/2, 1/3, 1/4, 1/8 sono assoluti, trascendono da qualsiasi unità di misura e per tanto possono essere usati in tutte le unità di misura. Questa fu la geniale intuizione di quelle genti. E se ciò che andiamo asserendo è vero, nei monumenti di età nuragica non dobbiamo cercare unità di misura particolari, ma numeri e solo numeri.

segue

Note e riferimenti bibliografici

1 In un range di 0.5 cm in più o in meno rispetto alle nostre misure i valori sono soddisfati solo dalle frazioni 15/25 e 18/25 in un gruppo di frazioni da 1 a 20 al numeratore e 1 a 100 al denominatore. In questo range di frazioni, che conta 2000 diverse combinazioni, 15/25 e 18/25 sono le uniche frazioni ,dopo 4/7 e 5/7, che soddisfano l'univocità del denominatore e per approssimazione, il dato metrico.

2 5,81 m è il dislivello che misuriamo attualmente nella scalinata, che però, a quanto pare, fu oggetto di ricostruzione da parte dell'archeologo E. Atzeni. Sembra verosimile, secondo le misure ipotetiche da me individuate, che il dislivello originario fosse di 28,57 cm x 24 gradini = 589,68 cm (colgo l'occasione per dire che la seconda cifra decimale è puramente estetica, essendo dell'ordine del decimo di millimetro; tant'è che se avessi espresso le misure in metri avrei scritto 5.90 m e non 5.8968).

3 Si noti che nella progettazione di una scala si tende a dimensionare i gradini nella proporzione ottimale di 17 cm di alzata x 30 cm di pedata. In alcuni casi, come nelle scale a chiocciola, si tende ad elevare l'alzata fino a 21 cm e anche più.

4  Si noti che il valore di 72°39' è in ottimo accordo con l'inclinazione della linea che congiunge il bordo dell'oculo con la base del 12° anello: 72°48'.

5 L'inclinazione è stata misurata dal bordo del 2° gradino al bordo del 7° gradino.

martedì 19 marzo 2019

Il pozzo di Santa Cristina: 3° parte - Il sole detta le regole

Ipotetica ricostruzione di un mòdano
7. Il sole detta le regole

Abbiamo individuato l'unità di misura "sa stiba", non ultima delle ennesime peculiarità di questo formidabile pozzo1. Ne abbiamo scoperta un’altra, dettata sicuramente dal “caso astronomico”2 che, con ogni probabilità, fu utilizzata per realizzare un “mòdano"3 da costruzione.

domenica 17 marzo 2019

Il pozzo di Santa Cristina: 2° parte - l'unità di misura



di Sandro Angei
3. L’unità di misura
Il pozzo fu realizzato senza alcun dubbio sulla base di un ben preciso progetto, come abbiamo già detto in premessa. Un progetto che non può esulare dall’utilizzo di una specifica unità di misura.
E’ compito arduo trovare questa unità di misura, ma è quello che cercheremo di fare.
Partiamo dai dati in nostro possesso per dire che quelli eclatanti sono legati al numero 24 e al numero 12. Notiamo che l’altezza totale di 688 cm del pozzo divisa in 24 parti uguali restituisce una unità di misura pari a 28.66 cm, che grossomodo corrisponde alla misura di un piede1. Comunque sia questa è una misura che non ha riscontro preciso con altre di

giovedì 14 marzo 2019

Il pozzo di Santa Cristina, un pozzo di scienza: 1° parte



di Sandro Angei

vedi: 21 aprile al pozzo di Santa Cristina

Riassunto

Lo studio si ricollega ad un mio precedente lavoro sul pozzo di Santa Cristina; lì proposi il carattere solare del monumento, portando quali argomenti del mio assunto una serie di prove che coniugavano un evento astronomico, palesato da due ierofanie luminose, con l'aspetto sacro e calendariale che quelle manifestazioni esprimevano.
In questo studio mi prefiggo di dimostrare la concreta fattibilità del monumento. Per arrivare a questo obiettivo ho dovuto indagare affondo l'edificio, sin nelle sue minime caratteristiche, alla ricerca di dati eclatanti che potessero reggere la fatidica "prova del nove". Ho dovuto riscoprire accorgimenti di pratica manualità, lì dove oggi risolviamo i problemi con l'ausilio della teoria che interpreta i fatti sperimentali; nonché dare risposte a quesiti che man mano si presentavano; ad esempio:
- unità di misura
- proprietà astronomica del sole e utilizzo di un mòdano
- divisione di una lunghezza in un qualsivoglia numero di parti uguali
- orientamento geografico della scalinata senza bussola e senza strumenti topografici di 
  precisione.
- individuazione esatta dell'ombra

giovedì 7 marzo 2019

Santadi. Pirosu su Benatzu. Il pugnaletto nuragico con ‘decorazione’ a puntinato. Cioè con ulteriore ‘scrittura’. L’iconografia di esso? La stessa, sembra, delle cosiddette ‘Statue stele’ del Sarcidano.




di Gigi Sanna

     Sul pugnaletto nuragico, detto ad elsa gammata, variamente interpretato dagli archeologi (1), ci siamo espressi già dal 2004. Lo abbiamo inteso come oggetto di ‘distinzione’, di ‘prestigio’, appartenente cioè a persone di alto rango e soprattutto, aspetto che ha colpito particolarmente gli ermeneuti, scritto (2).  Il dato epigrafico intendiamo oggi rafforzarlo attraverso l’analisi puntuale del pugnaletto rinvenuto nella grotta di Pirosu su Benatzu di Santadi. E più precisamente con la lettura della particolare ‘decorazione’ a puntinato che interessa la parte alta e quella mediana di esso.