domenica 17 marzo 2019

Il pozzo di Santa Cristina: 2° parte - l'unità di misura



di Sandro Angei
3. L’unità di misura
Il pozzo fu realizzato senza alcun dubbio sulla base di un ben preciso progetto, come abbiamo già detto in premessa. Un progetto che non può esulare dall’utilizzo di una specifica unità di misura.
E’ compito arduo trovare questa unità di misura, ma è quello che cercheremo di fare.
Partiamo dai dati in nostro possesso per dire che quelli eclatanti sono legati al numero 24 e al numero 12. Notiamo che l’altezza totale di 688 cm del pozzo divisa in 24 parti uguali restituisce una unità di misura pari a 28.66 cm, che grossomodo corrisponde alla misura di un piede1. Comunque sia questa è una misura che non ha riscontro preciso con altre di
quel periodo a meno di un’approssimazione forse fuori dalle tolleranze. E’ probabile che la strada qui intrapresa non porti ad alcun risultato, se non quello di cercare un nesso tra unità di misura sarde e quelle di altri luoghi del Mediterraneo verosimilmente conosciute (le unità di misura) in quel periodo da genti Sarde.
Se però cerchiamo la soluzione al quesito nei mutui rapporti all’interno dello stesso monumento, potremmo forse riuscire a dipanare la matassa.
Notiamo infatti che dividendo 688 cm in 16 parti otteniamo 43 cm; misura questa che si avvicina in modo sorprendente a quella dello spessore medio del 12° anello (vedi 1° parte cap. 2.2), e notiamo anche che tra la misura di 43 cm e quella poco sopra evidenziata in rosso: 28.66 cm, c’è un rapporto ben preciso ossia; 28.66 cm sono i 2/3 di 43 cm. Il rapporto, di per se, è del tutto ozioso, perché se 16 è 2/3 di 24, lo è senza dubbio pure 28.66 cm nei confronti di 43 cm. Possiamo anche dire che 688 cm diviso 48 (2 volte 24) è pari a 14.33 cm che equivale a 1/3 di 43 cm. Nulla di eclatante, anzi banalissima interpretazione numerica che non risolve il problema.

Sta il fatto, però, che esiste un ben preciso rapporto tra anello anomalo e quelli restanti. Non è da oggi che sappiamo che il 12° anello della tholos è più alto di una misura pari al 50% dei restanti anelli; percentuale esprimibile in termini di frazione impropria pari a 3/22, oppure dicendo che lo spessore della maggior parte degli anelli (in numero di 21) è pari a 2/3 dello spesso del 12° anello3. Comparando i dati del capitolo 2.2 con quelli teorici osserviamo che:
                           dati reali      dati teorici
anello anomalo    43,37 cm     43,00 cm
altri anelli             28,75 cm     28,66 cm

A questo punto non possiamo non notare una precisa corrispondenza e un mutuo rapporto tra le misure teoriche ottenute mediante un freddo calcolo matematico e le corrispondenti misure reali degli anelli del monumento. In sostanza possiamo tranquillamente pensare di utilizzare quale modulo dei nostri calcoli teorici 43 cm e 28.66 cm e vedere se sia possibile utilizzare l'uno o l'altro in termini di stiba4, ma non la chiameremo ancora stiba ma semplicemente: misura.
***
Abbiamo trovato una presunta unità di misura e alcuni elementi architettonici costruiti sulla base di questa: 1 anello il cui spessore è basato sulla misura: 43 cm, i restanti anelli basati sulla frazione di 2/3 di quella misura: 28.66 cm.
Tutto ciò soddisfa l’aspetto matematico solo perché abbiamo preso in considerazione 22 anelli della tholos, quelli fuori dall’acqua. Ci sono altri due anelli che stanno sott’acqua, che devono soddisfare il rapporto numerico prima impostato. Infatti facendo i “conti terra terra”, notiamo che (1 x 43)+(21 x 28.66) = 645.00 cm; mancano 43 cm per arrivare a 688 cm.
In sostanza i due anelli sott'acqua, che però formano un blocco unico (essendo scavati nella viva roccia), misurano nel complesso 43 cm come il 12° anello. Per tanto abbiamo 21 elementi (anelli) da 2/3 di misura e 2 elementi (anelli) da 1 misura che in totale, questi ultimi, sommano a 3 anelli.


A questo punto dobbiamo domandarci quale fu l’unità di misura alla base della suddivisione della tholos in anelli: 43 cm ossia 3/3 di misura oppure 28.66 ossia 2/3 di misura. Né l’una né l’altra forse, perché l’elemento che unisce il mutuo rapporto tra quell’anello di 43 cm e gli altri di 28.66 cm è il rapporto di 1/3; e fra poco vedremo perché.
Sulla base di questa considerazione possiamo ora procedere dicendo che la tholos è teoricamente composta da 48 porzioni di 1/3 di misura, distribuibile in modo ordinato nel nostro progetto, che d'ora in poi chiameremo unità,. Per tanto decidiamo a priori di voler assegnare a quei due anelli sott’acqua, ricavati nella viva roccia e unificati nella loro funzione di bacile dall’elemento "acqua", la misura di 3 unità, agli undici anelli aerei sopra l’acqua la misura di 2 di unità, al 12° anello la misura di 3 unità e ai restanti 10 anelli superiori, ancora la misura di 2 unità. Risulta evidente l’enfatizzazione degli anelli di 3 di unità, legati come sono, uno all’elemento "acqua", l’altro all’elemento "luce"; elementi che uniti assieme sono fonte di vita. L'enfasi continua di certo nella posizione di quel 12° anello speciale di 3 unità, che nella sua unicità deve accogliere la manifestazione ierofanica della divinità il 21 di aprile e il 21 di luglio.


Arrivati a questo punto dobbiamo domandarci quale sia la stiba: l'unità di 14.33 cm o la misura di 43 cm?. La domanda parrebbe oziosa, ma ci da modo di esplorare il problema dal punto di vista matematico.
Dal punto di vista matematico possiamo dire che una frazione di unità è un sottomultiplo, ossia una parte di tante parti uguali di una certa unità, per tanto quello che è sottomultiplo per una certa unità, è multiplo di un’altra: se è vero che il centimetro è sottomultiplo del metro, è pur vero che esso è multiplo del millimetro, e così via. Per tanto l’unità di misura non è assoluta. In questo contesto possiamo asserire in tutta tranquillità che un certo oggetto è lungo 1 unità oppure 3/3 di un'altra unità, non cambia nulla, perché dire che un certo oggetto è lungo 1 metro o 100 cm o 1000 mm è perfettamente la stessa cosa, cambia solo la scala dei valori.

In ragione di quanto appena detto parrebbe non esserci un netto confine tra l'unità e i suoi multipli (se usiamo quella da 14,33 cm) o viceversa i suoi sottomultipli (se usiamo quella da 43 cm). Dobbiamo però decidere di usarne una, per tanto nel prosieguo, misureremo la costruzione in termini di stiba avente la misura di 43 cm, e dei suoi sottomultipli, e ricorreremo all’unità di misura moderna solo per rapportare quella: sa stiba, con la misura metrica. La motivazione è dettata dai particolari costruttivi del monumento.


4. La stiba e il suo utilizzo
Ci fosse qualche dubbio sulla identificazione della stiba con la lunghezza di 43 cm facciamo notare i seguenti particolari architettonici:
  • altezza del bacile contenente l'acqua: 1 stiba (43 cm);5
  • spessore medio degli 11 anelli fuori dall’acqua sotto il 12°: 2/3 di stiba (28.66 cm)
  • misura del 12° anello: 1 stiba
  • spessore medio dei 10 anelli sopra il 12°: 2/3 di stiba
  • La copertura della scala fu impostata con le seguenti misure: piattabanda orizzontale 3/4 di stiba (32.25 cm), parete verticale 2/3 di stiba (28.66 cm). Le misure reali delle piattabande originali6 variano da un minimo di 31.9 cm ad un massimo di 32.8 cm; mentre le misure reali delle pareti verticali variano da un minimo di 28.4 cm ad un massimo di 29.6 cm. La differenza di inclinazione tra il profilo teorico (basato sul rapporto numerico di 3/4 e 2/3 di stiba) e quello reale, è di soli 0°06’che equivale ad una rotazione di 9 mm su tutta la lunghezza della copertura.
Per quanto appena esposto, il dato che ci fa capire che la stiba in effetti è lunga 43 cm, è la misura orizzontale della piattabanda che copre la scala; quei 3/4 di stiba che non possono essere rapportati con 1/3 di stiba (unità base), né con 2/3 di stiba (spessore degli anelli).7

Ricapitolando: La stiba fu usata per definire lo spessore del 12° anello e lo spessore totale dei due anelli concentrici sott'acqua. Il 12° anello fuor d'acqua, essendo marcatore doveva stagliarsi nettamente tra gli altri.
Gli altri anelli fuor d'acqua furono dimensionati col rapporto di 2/3 di stiba (28.66 cm). Dovendo rispettare la numerologia del 12 furono impostati 24 anelli che avrebbero composto la tholos: due concentrici sotto l’acqua, a comporre il bacile lustrale8 e 22 sopra l’acqua.
Appurato questo dato di progetto, possiamo ben intendere che la profondità del pozzo artesiano dettava la posizione altimetrica dell’oculo in somità; e infatti questo emerge di 34 cm dal piano di campagna attuale (che possiamo presumere non si discostasse per nulla da quello originario di 3000 anni fa)9, per via della conformazione della calotta di pietre di riempimento della tholos stessa (Fig. 2) e la posizione altimetrica del sedile del recinto interno.

Fig.2


5. Le misurazioni propedeutiche e l'uso della stiba
Per la predisposizione del progetto con ogni probabilità fu misurata la profondità dell’acqua nel pozzo artesiano dal piano di campagna originario: 5.18 m, tenendo conto che il pelo libero dell’acqua nel bacile doveva stare almeno 1.00 m sotto la superficie piezometrica. Fu stabilita la quantità d’acqua che avrebbe dovuto contenere il bacile profondo 0.43 m (0,47 m d'acqua rilevati di recente). Per tanto la profondità dello scavo doveva essere di circa 6.65 m sotto l’originale piano di campagna.

6. Impostazione della sezione della tholos
L’incrocio delle traiettorie dei raggi luminosi del 20-2110 di aprile con quelli del 21 giugno avviene ad un’altezza di circa 3.35 m dal pelo libero dell’acqua; dovendo posizionare il 12° anello con un aggetto di 0.50 m rispetto all’orlo del bacile, si rese necessario calcolare in modo piuttosto preciso il mutuo rapporto tra inclinazione dei raggi solari incidenti, il numero di anelli e la posizione del bordo del bacile che è in stretto rapporto alla dislocazione del 12° anello nel corpo della tholos, tenendo conto che quello che avrebbe ospitato le ierofanie doveva essere più alto degli altri del 50%.
Per tanto la costruzione presentava dei problemi di difficile soluzione che furono però risolti in modo efficace ricorrendo all'ingegno e a nozioni di geometrica, con la quale avevano grande dimestichezza, come abbiamo avuto modo di capire in altri contesti.11

A questo punto è necessario metter mano alla geometria per capire come abbiano quelle genti determinato in modo univoco e preciso la posizione del 12° anello che doveva ospitare la ierofania.
Abbiamo appena detto che il dislivello tra oculo della tholos e fondo del bacile misura 16 stibe ossia 48 parti uguali di 1/3 di stiba (Fig. 3).

Se immaginiamo per un attimo di voler procedere come quegli architetti potrebbero aver operato, possiamo pensare ad un grande spiazzo uniformemente livellato dove poter tracciare delle linee e individuare la posizione altimetrica di tutti gli anelli. Nell’immagine di Fig. 3 abbiamo impostato un ipotetico disegno composto da “blocchi” spessi 1/3 di stiba.


Fig.3
Come notiamo nell’immagine, possiamo unire a due a due i segmenti di 1/3 di stiba ( 14.33 cm) per ottenere segmenti di 2/3 di stiba (28.66 cm che è l’altezza media degli anelli normali); ed interporre un segmento della dimensione di 1 stiba nel punto a noi più conveniente. Nel nostro caso poniamo questo segmento in 12° posizione (a partire dal pelo libero dell’acqua);12

Da quanto esposto in nota (12) si evince che la forma della tholos è vincolata alla posizione altimetrica dell'anello anomalo e traspare da tutto ciò la grande esperienza nel manipolare dati geometrici e matematici da parte di quegli architetti, che in modo del tutto semplice quanto geniale riuscirono ad coniugare il dato astronomico con quello geometrico e matematico per le loro esigenze costruttive alla ricerca della forma adeguata, secondo una “consecutio architettonica” basata sulla misura di “1 stiba”.


Note e riferimenti bibliografici

1 Il piede Egiziano era di 30 cm, quello Greco di 30,8 cm.

2 28,66 cm x 3/2 = 43 cm

3 43 cm x 2/3 = 28,66 cm

4 Nel suo libro “Le torri del cielo – 2003 PTM Editore” Danilo Scintu ipotizza per la costruzione dei nuraghe una unità di misura: “sa stiba”, slegata da un sistema metrico univoco, ma ben rapportata nella ricerca delle proporzioni.

5 La superficie dell'acqua nel bacile varia leggermente con la quantità d’acqua di infiltrazione che affluisce nel bacile. Si è notato infatti che può variare di circa 2 o 3 cm, molto probabilmente per il limitato deflusso dal troppopieno. In sostanza quando l’afflusso d’acqua è notevole, il troppopieno messo in opera da E. Atzeni non riesce a smaltire con la necessaria velocità l’acqua che affluisce, che per tanto sale di livello, per stabilizzarsi allorquando l’afflusso diminuisce.

6 Il raffronto naturalmente è da effettuare solo con gli elementi che furono trovati in situ e non i conci ricostruiti e posizionati durante il restauro da E. Atzeni.

7 Si noti che vi è, nella costruzione, un intento nascosto di coniugare gli elementi primari della vita, dal momento che, sia lo spessore dell’acqua nel bacile, che lo spessore della “luce” nel 12° anello (21 di giugno) misurano 1 stiba. Per tanto “sa stiba” possiamo definirla “sacra”. E ciò non meravigli visto che in Egitto esisteva il cubito e il cubito reale, che in quanto tale era sacro.
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8 La simbologia della doppia luce la ritroviamo costantemente nella epigrafia nuragica prima, in quella etrusca dopo. Nello specifico la doppia luce è simboleggiata dai due cerchi del bacile lustrale, il primo di contenimento dell’acqua poco sotto il primo gradino della scala; il secondo cerchio, più piccolo, ricavato nello stesso corpo di viva roccia del primo, a simboleggiare l’intima doppia natura luminosa soli-lunare.

9 Il piano di campagna era probabilmente lo stesso di oggi vista la presenza del sedile attorno al recinto interno.

10 Si è scelto di definire la data del mese di aprile in modo duplice perché riteniamo che questa sia in funzione dell'equinozio di primavera che può cadere, a seconda dei casi, il giorno 20 o il giorno 21.

11 Vedi S. Angei su Maymoni blog: Giorrè tra geometria e astronomia del 30/11/2017. Il cerchio, l'ovoide, le geometrie nuragiche e... il rito di fondazione del 20/07/2018. Cerchi, ovali e ovoidi… del 18/09/2018

12 Potremmo interporre il segmento in 7° o 9° posizione (tanto per rispettare la numerologia), ma nulla vieterebbe di porre in una qualsiasi posizione l’anello anomalo, se non si dovesse rispettare la caratteristica di questo pozzo, naturalmente.
Nelle Fig.5a, 5b e 5c si propongono tre soluzioni con l’anello anomalo in 7°, 9° e 13° posizione che, dovendo rispettare i punti cardine che determinano le ierofanie, restituirebbero una forma dell’intero pozzo nettamente differente da quella originale, ma comunque rispettosa dei dati assunti (coincidenza di due direzioni di luce in un preciso luogo dello spazio).
Fig.5a

Fig. 5b
Fig.5c

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