sabato 26 dicembre 2020

Parafrasando le parole di Yehoshua Ben Yosef: "La Sardegna ai Sardi e a Cesare solo il suo".


 CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA

XVI Legislatura

Mozione n. 312

MULA – GIAGONI – COCCIU – SALARIS – SECHI – MURA – CAREDDA per ottenere il conferimento alla Regione in via esclusiva della tutela e valorizzazione dei beni archeologici di cui al titolo I e al titolo II del Codice dei beni culturali e dei paesaggio, richiedere il trasferimento, in applicazione dello Statuto speciale e del decreto legislativo n. 267 del 2006 degli immobili statali, dei beni archeologici mobili, istituire una soprintendenza archeologica regionale, richiedere il trasferimento alla Regione del Centro di restauro di Li Punti.

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IL CONSIGLIO REGIONALE

PREMESSO che:

– la Regione autonoma della Sardegna vanta sul proprio territorio un patrimonio archeologico imponente per quantità, qualità e stato di conservazione che rappresenta per l’Isola un fattore di crescita culturale ma anche economica, in quanto settore potenzialmente trainante e vocato a fungere da attrattore se dotato degli adeguati investimenti e interventi, determinando positive ricadute di tipo economico ed occupazionale, a vantaggio anche della popolazione residente;

– tale patrimonio archeologico necessita di una struttura tecnica territoriale dedicata, con personale specializzato nella tutela e valorizzazione del patrimonio archeologico, munita di idonee figure professionali e completamente orientato alla conservazione, manutenzione, ricerca, tutela e valorizzazione dell’archeologia sarda;

CONSIDERATO che:

– in forza della legge regionale 20 settembre 2006, n. 14 (Norme in materia di beni culturali, istituti e luoghi della cultura), la Regione autonoma della Sardegna «persegue la tutela, la valorizzazione e la fruizione dei patrimonio culturale materiale e immateriale della Sardegna» (articolo. 1, comma 1) ed «esercita le funzioni di tutela e valorizzazione dei beni culturali ad essa attribuite dalla Costituzione, dalle intese ai sensi del comma 3 dell’articolo 118 della Costituzione, dall’articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, dallo Statuto speciale per la Sardegna e successive norme di attuazione, dal decreto legislativo n. 42 del 2004 e le funzioni di indirizzo, coordinamento, programmazione generale e valutazione in materia di beni, istituti e luoghi della cultura degli enti locali o ad essi affidati» (articolo 4, comma 1);

– orienta, inoltre, la sua azione a finalità di tutela, valorizzazione e fruizione del patrimonio culturale della Sardegna, quale fattore di crescita civile, sociale, economica e significativa componente della civiltà del popolo sardo, nonché della sua specialità nel contesto delle culture regionali del Mediterraneo ed europee;

– intende, infine, favorire l’integrazione delle funzioni e dei compiti concernenti la tutela, la valorizzazione, la fruizione dei beni culturali e il coordinamento degli interventi anche in armonia con le politiche di governo del territorio, di tutela del paesaggio, dell’istruzione, della ricerca, del turismo e promuovere l’organizzazione di un sistema regionale di istituti e luoghi della cultura, nonché la qualità dei relativi servizi;

RILEVATO che:

– la Regione autonoma della Sardegna «promuove e coordina interventi di restauro dei beni culturali sulla base di metodologie definite d’intesa con gli organi statali competenti, ai sensi dell’articolo 29 del decreto legislativo n. 42 dei 2004» e (articolo 4, comma 1, lettera h) «promuove, d’intesa con gli organi statali competenti, con le università e gli istituti di ricerca, interventi di ricerca archeologica e paleontologica nel territorio della Sardegna»;

– ha avviato azioni e investito risorse importanti nella creazione del Sistema museale regionale, nella istituzione di un centro di ricerca e conservazione dei Beni culturali avente anche funzione di Scuola di alta formazione in località Li Punti;

CONSTATATO che:

– il Ministero dei beni e le attività culturali e per il turismo ha abolito le soprintendenze archeologiche a favore di uffici misti vocati a una mission prevalentemente amministrativa, nelle quali sono state operate negli anni drastiche riduzioni di personale che ne hanno ridotto la capacità di incidere sul territorio regionale;

– la Regione, che finanzia la maggioranza dei siti e dei beni archeologici sul territorio regionale, investe importanti risorse negli scavi archeologici, nei restauri e nella conservazione dei beni archeologici mobili e immobili;

– la maggioranza dei beni archeologici è di proprietà regionale, comunale o privata;

– l’esercizio della tutela archeologica da parte della Regione è in linea con i principi di sussidiarietà, efficienza e adeguatezza, nonché con lo stato di specialità della Regione Sardegna,

VISTI:

– gli articoli 117 e 118 della Costituzione, con particolare riferimento al comma 2 dell’articolo 118, che recita che la legge statale disciplina forme di intesa e di coordinamento fra Stato e regioni nella materia dei beni culturali;

– l’articolo 5, comma 1 del decreto legislativo n. 42 del 2004, e il ruolo di cooperazione della Regione con il Ministero dei beni e delle attività culturali nella tutela e valorizzazione dei beni culturali;

– l’articolo 5, comma 4 del decreto legislativo n. 42 del 2004, che prevede che sulla base dei principi di differenziazione ed adeguatezza, possono essere individuate ulteriori forme di coordinamento in materia di tutela con le regioni che ne facciano richiesta oltre quelle già previste;

– l’articolo 5 della Legge Costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna), per la quale la Regione ha facoltà di adattare alle sue particolari esigenze le disposizioni delle leggi della Repubblica, emanando norme di integrazione ed attuazione, in materia di antichità;

– l’articolo 14 della legge costituzionale, n. 3 del 1948, che prevede che la Regione succede nei beni e diritti patrimoniali dello Stato di natura immobiliare e in quelli demaniali, escluso il demanio marittimo;

– il decreto legislativo 18 settembre 2006, n. 267 (Norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione Sardegna recanti modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 19 maggio 1949, n. 250, in materia di demanio e patrimonio);

– gli articoli 822, 823, 824, 825, 826 del Codice civile,


impegna il Presidente della Regione e la Giunta regionale


a porre in essere tutte le azioni necessarie al fine di:

1) ottenere il conferimento alla Regione in via esclusiva della tutela e valorizzazione dei beni archeologici di cui al titolo I e al titolo II del Codice dei beni culturali e del paesaggio, comprensive di tutte le funzioni e di tutte le attività dirette ad individuare, sulla base di una adeguata attività conoscitiva, i beni costituenti il patrimonio culturale e a garantirne la protezione e la conservazione per fini di pubblica fruizione;

2) richiedere il trasferimento, in applicazione dello Statuto speciale e del decreto legislativo n. 267 del 2006 degli immobili statali (uffici, depositi, musei) legati all’esercizio delle funzioni di tutela e valorizzazione dei beni archeologici;

3) richiedere il trasferimento dei beni archeologici mobili, compresi quelli che verranno rinvenuti nel sottosuolo, nel patrimonio regionale;

4) istituire una struttura dedicata, ovvero una soprintendenza archeologica regionale, dal profilo altamente specialistico e munita degli idonei profili professionali, cui affidare l’esercizio esclusivo delle competenze in materia archeologica;

5) richiedere il trasferimento alla Regione del Centro di restauro di Li Punti, finanziato dalla Regione con 6,5 milioni di euro a valere sul POR-FESR 2007-2013 per la costituzione di una scuola di alta formazione e restauro e attualmente in fase di dismissione.


Cagliari, 6 agosto 2020

venerdì 25 dicembre 2020

ECCOLO, COME PROMESSO, IL MIO CONSUETO REGALINO NATALIZIO.




  Questi alberi di Natale all'apparenza sono spogli, ma non importa ciò che i nostri occhi percepiscono. Importa invece quel che la nostra mente può riuscire a percepire.
  Guardando oltre il consueto notiamo che essi sono carichi di addobbi... sono carichi di vita.

   Allo stesso modo, ciò che andiamo dicendo a non finire: da decenni uno, da pochi anni l'altro, e pochi altri, ahimé, con cognizione di causa, parrebbe, a detta di altri, inesistente rispetto al consueto

Attenzione però, perché il consueto ricade nella sfera del condiviso, la scrittura nuragica è circoscritta alla sfera del sacro e non può essere condivisa, ciò equivarrebbe ad una profanazione. 

Ahinoi Professore, noi proprio questo stiamo facendo! Di questo stiamo pagando il fio?

Fatto sta che tutti quegli "alberi" che altri ritengono spogli di significato, sono carichi di vita.

Buon Natale a Tutti dalla redazione di Maymoni blog

   Il Prof. Sanna quest'anno ha messo sotto l'albero un bellissimo regalo, di quelli che per scartarlo, però, è necessaria la giusta precauzione.

Leggiamo, leggiamo...

ECCOLO, COME PROMESSO, IL MIO CONSUETO REGALINO NATALIZIO.

Stavolta non è epigrafico ma ha a che fare con l'epigrafia. E' il ripostiglio 'nuragico' (un vero e proprio nuraghe interrato) nel quale nel 1995 (o '94, non so), ormai tantissimo tempo fa, vennero trovati gli ormai notissimi sigilli di bronzo di alcuni dei Giganti di Monte 'e Prama. Detti sigilli stavano in un recipiente di ceramica, forse un'olla  che pare sia stata spezzata nella fase di recupero degli oggetti, evidentemente avvolti dal fango, induritosi nel corso di due millenni e più. Durante il confronto di due anni fa circa la scrittura dei nuragici, avvenuto in Villanova Forru tra me e l'archeologo Raimondo Zucca, ho già parlato molto brevemente, come si ricorderà,  dell'esistenza di detto ripostiglio  costruito in forma di tholos (con pietre non isodome). Esso, come da me affermato numerosissime volte in questi anni, si trova nei 'pressi' del Nuraghe Tzricotu di Cabras. Mi portò a vederlo il compianto Gianni Atzori che mi esortò, quasi con giuramento, a non fare mai menzione ad alcuno circa la sua ubicazione. Dopo la morte di Gianni (Atzori) però ritenni opportuno, per ovvi motivi (nessuno è immortale)   rivelare il luogo (il punto) del ripostiglio a due persone di fiducia, a Giorgio Cannas di Terralba e, molto più tardi, a Sandro Angei. Oggi però ritengo necessario, per motivi comprensibili, dato il valore altissimo di scrittura arcaica sarda dei sigilli ivi rinvenuti, di comunicare a tutti, per lo meno, la forma del singolare ripostiglio. Edificio  questo che, in tutta evidenza,  dato il luogo, la sua configurazione e la sua inconfondibile struttura, non ha niente a che fare con la cultura bizantina.


  

AUGURI A TUTTI E BUONE FESTE PER IL NATALE E PER L'ANNO CHE VERRA'

giovedì 10 dicembre 2020

A Busachi la cascata di Cuguzza Aiola...

 di Sandro Angei


   Non è facile vedere questo spettacolo; un po' perché è necessario che piova per molti giorni, un po' perché le "gradinate" riservate al pubblico sono lontane dal palcoscenico e pure nascoste; come è nascosto, del resto, lo stesso palcoscenico.
   Siamo nel territorio di Busachi, vicino al circolo megalitico di Cuguzza Aiola. Circolo all'interno del quale ha origine il rio Cuguzza Aiola che principia la sua corsa verso il fiume Tirso con alcuni balzi; uno di questi è artificiale perché nella gola, scavata artificialmente dall'uomo, fu posto un macigno dal quale l'acqua fa un saltello non molto più alto di un metro e mezzo. l'ultimo salto, il più imponente, è naturale e getta le acque dal livello del riparo sotto roccia fin sotto il piede della parete di basalto. Dopo questo salto l'acqua scorre placida verso il grande Fiume.

Il macigno posto nella gola

   Quali considerazioni può trarre un antropologo?!
   Io da profano penso che abbiamo di fronte un sito archeologico di grande valenza cultuale. Vi sono in questa zona tante emergenze archeologiche di notevole interesse, alcune delle quali assolutamente sconosciute, altre assolutamente snobbate benché indicate a chi di dovere, altre ancora assolutamente dimenticate, come il complesso monumentale del nuraghe Santa Marra (distante poco meno di un chilometro in linea d'aria da questo sito). Emergenze che di fatto sono testimoni della valenza sacra di questo territorio.

   Ma questa è solo una mia impressione.

domenica 6 dicembre 2020

Enoch, le porte del sole e il 21 di aprile. Terza parte


Enoch al lavoro

di Sandro Angei


7. Enoch gioca col Genesi, yhwh non bara ma lui si!

    A questo punto della trattazione si pongono altre domande:

 Perché Enoch fece iniziare l'anno proprio il giorno dell'equinozio di primavera?

 E perché proprio l'equinozio di primavera piuttosto che quello d'autunno?

 Come fece Enoch a stabilire con esattezza il giorno dell'equinozio?


   Partiamo col rispondere alla 2° domanda. E' evidente che, dal punto di vista antropologico, l'inizio dell'anno debba coincidere con la ripresa del ciclo vitale della natura, che ha inizio appunto a partire dell'equinozio di primavera.

   La risposta alla 1° domanda è di carattere astronomico e ideologico, ma anche e soprattutto di carattere antropologico.
   

giovedì 3 dicembre 2020

Sardegna -Penisola del Sinis -Un antico porto sommerso a "S' Anea Scoada" (S' Arena Scoada)?

 di Stefano Sanna

 




Nel corso della storia della Terra, la superficie del mare ha più volte cambiato posizione, scendendo e risalendo rispetto ad oggi, scoprendo e ricoprendo vaste zone di costa. Nell’antichità le coste della Sardegna erano costellate di approdi marini battuti dai naviganti che, solcando le acque del Mediterraneo, ormeggiavano nelle pacifiche insenature sparse sui litorali.

Ad attenderli il più delle volte c’erano spiagge dorate e una terra dalla natura ricca di boschi, sorgenti e

domenica 29 novembre 2020

Enoch, le porte del sole e il 21 di aprile. Parte seconda

  


di Sandro Angei


2. Enoch scriba e astronomo portatore di un sapere antico. Enoch sacerdote divulgatore delle leggi di yhwh

   Enoch da chi apprese questo sapere? Oppure fu lui ad elaborare in prima persona quel calendario? Non lo sapremo mai. In ogni caso il calendario di Enoch fu il risultato di un sapere antico elaborato in secoli o forse millenni di osservazioni e sfociato alla fine, probabilmente con l'uso della clessidra, in un calendario ritmico e piuttosto preciso (30+30+31 per 4 volte), inquadrabile in un periodo durante il quale la scrittura era già utilizzata (Enoch si definisce scriba) e, verosimilmente, quel periodo in cui la scrittura da lì a poco diventerà di uso comune, dato che nel libro del patriarca vi è una interessante inserzione di racconti che vedono protagonista Noè, suo pronipote, al quale fu annunciato il diluvio universale e svelati i motivi che indussero yhwh a mandare quella

venerdì 27 novembre 2020

Enoch, le porte del sole e il 21 di aprile. Parte prima

 
"E per prima usciva la luce maggiore, chiamata sole, e la sua orbita è come la circonferenza del cielo e tutto era pieno di fuoco splendente ed ardente."*

* Libro di Enoch -  parte XIII  § LXXII . 4

Prefazione
   Ero convinto di essere nel giusto nel momento in cui attribuii al 21 di aprile, data sicuramente registrata in alcuni pozzi sacri di età nuragica, il privilegio di capo dell'anno. Ma è probabile debba ricredermi. Ciò non toglie che la data registrata nei monumenti sardi sia inconfutabile; come inconfutabile è l'importanza di quella data per le genti nuragiche. Dobbiamo solo toglierle il titolo di capo dell'anno... poco male.

***
Sommario
   Questo studio si propone di cercare degli indizi, se non proprio delle prove, che la data del 21 di aprile registrata in alcuni pozzi sacri della Sardegna, possa in qualche modo essere collegata al

domenica 25 ottobre 2020

Il pozzo sacro di Is Pirois - terza parte


di Sandro Angei 

6. La funzione del pozzo sacro

    Abbiamo appurato che il monumento, benché orientato secondo le note specifiche geometriche, non poteva manifestare la ierofania nel modo classico, ossia luce riflessa che penetra e si manifesta all'interno della camera attraverso la scalinata, come avviene nel pozzo di Santa Cristina e di Funtana coberta; inoltre nulla ci induce a pensare che la manifestazione luminosa fosse legata in modo stringente alla illuminazione di un caratteristico particolare architettonico come avviene nel pozzo di Santa Cristina (concio alfa del 12° anello). Per tanto a quale altra funzione poteva essere dedicato il pozzo di Is Pirois?


   Di primo acchito, e rifacendoci alla particolarità della riflessione luminosa che entra dall'oculo ed esce, per così dire, dalla scalinata, ho pensato ad un rito dal sapore spettacolare, forse anche verosimile, che però abbiamo deciso di descrivere solo in nota perché poco, anzi nulla, ha di scientifico12.

***

  In nota (12) abbiamo esposto una ipotesi sui generis, ma una seconda ipotesi, ben più plausibile, prende in considerazione l'uso della manifestazione ierofanica per uno scopo di natura più pragmatica

giovedì 22 ottobre 2020

Il pozzo sacro di Is Pirois - seconda parte


di Sandro Angei

Vedi  Il pozzo sacro di Is Pirois - prima parte

 4. Il metodo “Santa Cristina”

   Appurato il dato oggettivo della presenza del foro apicale nella cupola del pozzo e attribuita una precisa funzione all'edificio soprastante; possiamo proseguire il nostro studio per dire innanzitutto che quell'azimut di 141°41', secondo noi è il risultato di un calcolo geometrico basato sempre sul noto metodo scoperto nel pozzo di Santa Cristina e testato in quello di Funtana coberta di Ballao.


   Naturalmente è uguale il metodo ma non la costruzione geometrica che varia continuamente; nessun pozzo è uguale ad un altro, e questo lo abbiamo già sperimentato nel pozzo di Ballao, dove la costruzione geometrica dell'orientamento avviene in senso antiorario.

   Analizziamo innanzitutto quale fosse il principio che dettava l’orientamento della scalinata del pozzo sacro, perché da questo si capirà quale sia il vero orientamento.


   A Santa Cristina notiamo che i raggi solari entrano all’interno del pozzo seguendo lo stesso percorso che segue l’uomo che scende al bacile lustrale secondo un azimut di 153°8’. Lo stesso succede a Funtana coberta con la scalinata orientata ad un azimut di 240°43’. Pertanto possiamo dire che la direzione della scalinata nei due pozzi coincide con quella che assume il sole quando è in asse a quelle, perché il sole entra dalla scalinata.

domenica 18 ottobre 2020

Il pozzo sacro di Is Pirois - prima parte

L'idrometro divino di Is Pirois

Natura acquifera di un pozzo sacro

di Sandro Angei

vedi: Book fotografico di un pozzo sacro



   Chi professa la ricerca scientifica di norma non parte da presupposti che in seguito tenta di dimostrare, ma esamina quanto emerge dai lacerti del mondo antico per tentare di ricostruire almeno una piccola porzione del passato. In definitiva, lo studioso esamina tutte le fonti nel loro complesso e solo in seguito trae le conseguenze, accetta e fa proprio quanto ha individuato.

Da “Studi sul tofet” di Piero Bartoloni in RIVISTA DI STUDI FENICI XLIII-2015


Riassunto e spiegazione: Partendo dalla descrizione del monumento, il saggio intende scoprire la funzione del pozzo sacro di Is pirois, perché tanti, troppi particolari ammantati dal mistero devono ricevere una se pur ipotetica ma plausibile risposta. Una risposta che possiamo e dobbiamo cercare nell'archeoastronomia, nell'architettura, nella topografia, nella geometria e in tutte quella branche della scienza che possono far luce lì dove l'archeologia classica non ha soluzioni. La scoperta di un particolare architettonico deve essere studiato nei minimi particolari e sottoposto ad analisi scientifica. La topografia aiuta in questo e l'astronomia, tramite i software ad essa dedicati, danno un efficace e veloce contributo in termini di dati scientifici, tanto da poter prevedere cosa succede nel periodo tra il 16 febbraio e il 28 di marzo e tra il 13 settembre e il 25 ottobre; e poter organizzare un sopralluogo (2 ore di auto) per registrare fotograficamente l'evento. Tant'è che le fotografie pubblicate non sono dettate dal caso che avrebbe voluto fossi nel posto giusto al momento giusto, ma sono il risultato di un preciso calcolo astronomico, tant'è che prima di partire per Is pirois il 16 di ottobre sapevo che dovevo essere davanti al pozzo sacro almeno alle ore 10:30 per poter con calma attendere la ierofania, che puntualmente si è verificata ed ho documentato a partire dalle ore 11:17 fin verso le ore 11:56.


Prologo

   Percorriamo, Stefano ed io, lo stradello che porta al sito archeologico del pozzo sacro di Is pirois. E' una bella giornata di sole, forse anche troppo, visto che picchia forte di buon mattino. Già da una

venerdì 16 ottobre 2020

Book fotografico di un pozzo sacro

 



   Capire cosa ritragga la fotografia qui sopra è cosa ardua, ma ho voluto inserirla per prima perché il protagonista di questo servizio fotografico è proprio lui il sole. E' lui a muovere la scena. E' lui che impone la costruzione dei pozzi sacri.

Certamente questa seconda fotografia è ben più esplicita, è quasi identica alla prima ma la potenza lucifera del sole è dosata, come se quello spiraglio tra i due conci limiti il suo fulgore. Ma lasciamo che siano le immagini a parlare.













Questa sequenza fotografia è l'anteprima di un saggio che tra breve pubblicherò in questo blog.

👉segue



mercoledì 14 ottobre 2020

TRE VOCABOLI

 F. Pilloni

Oggi vorrei (in sardo è voglio, molto più diretto) parlare di tre parole soltanto, un poco particolari e popolari, nel senso che vengono adoperate dal popolo, dalla gente comune, meno dai signori.


La prima è APPRAPUDDAI.

Dico subito che il canonico Bissenti Porru non (ri)conosce questo vocabolo, pur essendo di Villanovafranca, dove parlano alla maniera della Marmilla o della Trexenta. Egli segnala un Apprapai ma, sembrandogli troppo agricolo (contadinesco), lo rimanda a Appalpai, sicuramente più signorile e, si pensi all’italiano “palpare”, molto più civile.



Apprapuddai possiede una forza significativa molto più potente. Si pensi a qualcuno che dice: “Di questa cosa io non ne mangio perché l’hanno apprappuddada in tanti!”, ciò che fa pensare che sulla “cosa” in molti ci abbiano ficcato le mani, e che non le avessero molto pulite.

Apprapuddamentu dunque, è il toccare con le mani, o con le dita delle mani o dei piedi, qualcosa o qualcuno senza nessun profitto.

Apprapai, appalpai (in italiano palpare) fa tornare in mente quando, giovincelli, al cinema allungavamo la mano al buio verso la ragazza seduta a fianco. La cosa non era senza costrutto! E la vicina di posto non era “cosa” da scartare, perché nessuno l’aveva mai apprapuddada. Si pensi a che figura ci avrebbe fatto chi avesse riferito agli amici di aver apprapuddau una ragazza, al posto di dire che l’aveva lisciata, carezzata, piuttosto che pizzicata e leccata!



Il secondo vocabolo è ABBRABUDDAI.

In senso figurato, se uno, all’interno di una conversazione, mette parole che non ci appiccicano nulla, non diremoCosa stai apprapuddendi!”, che già non suona delicato, ma “Cosa stai abbrabuddendi!” che in italiano tradurremo con “Cosa stai blaterando!” o con “Bla bla bla!”.

Se stiamo attenti, quel abbraduddendi fa pensare pure a uno che comincia una frase e non la porta a termine, dunque a un discorso che non arriva a nessuna conclusione.



La terza parola è IMPRABASTAI.

Quando qualcuno si confonde e piglia aglio per cipolla, sia conversando che nel fare le cose, diremo “Ma cosa stai imprabastendi?”.

Imprabastai appare una forma molto peggiore di impiastrai, vale a dire combinare un impiastru (impiastro), e rendi meglio il disappunto per il casino che si è combinato.

Che si faccia attenzione perché impiastru è cosa differente da impastu (impasto): impastu è quello della farina (con acqua, sale e lievito) per fare il pane, quello della sabbia con la calce per fare la malta, e così di seguito; impiastru, a parte una cosa mal combinata o anche colui che l’ha combinata, vuol dire pure il miscuglio di erbe cotte (penso alla parietaria e alla malva) per fare una cucchedda, medicina antica per blandire il mal di denti e gli ascessi.

Cucchedda deriva da cucca, vale a dire trempa (guancia), perché si metteva s’impiastru appoggiato alla memoria (la tempia) o alla trempa.



Non per nulla, ma ora, tra quelli che hanno letto, qualcuno è in grado di dire se io, in ciò che ho proposto qui, ho abbrabuddau, imprabastau o solamente apprapuddau qualcosa?



Sono annoiato. La parte in italiano non ha migliorato nulla.

Non so a cosa sia servita.

mercoledì 7 ottobre 2020

TRES FUEDDUS

 Francu Pilloni


Hoi bollu chistionai de tres fueddus vetti, unu pagu particularis e popularis, in su sensu chi ddus imperat su populu de sa genti comuna, prus pagu de is sennoris.


Su primu est APPRAPUDDAI.

Nau luegu chi su canonigu Bissenti Porru no conoscit custu fueddu, mancai essit de Biddanovranca, anca fueddat a sa marmillesa o a sa trexentesa. Issu sinnalat unu “Apprapai” ma, parrendiddi troppu agriculu, ddu rimandat a “Appalpai”, seguramenti prus sennorili e, si pensit a s’italianu “palpare”, prus zivili meda.

Apprapuddai tenit una forza sinnificativa meda prus potenti. Si pensit a unu chi narat aici: “Deu de custa cosa no indi pappu ca dd’hanti totu apprappuddada!”, fait a pensai chi in medas inci hapat postu is manus, e mancu pulidas meda. 

Apprapuddamentu duncas, est su toccai cun is manus, o cun is didus de is manus o de is peis, calincuna cosa o a calincunu, chena nisciunu costruttu.

Apprapai, appalpai (in italiano palpare) fait torrai in menti candu, a giovoneddus, in su cinema allonghiaius sa manu in su scuriu a sa picciocchedda sezzida a su costau. E sa cosa no fut chene costruttu! E sa bixina non fut cosa de refudai, ca no fut apprapuddada de nemus. Si pensit a sa figura chi hiat a essi fattu unu chi hessit referiu a is amigus de hai apprapuddau una picciocca, a su postu de nai chi dd’hiat allisciada, carinniada o mancai spizzulada e linta!


Su segundu fueddu est ABBRABUDDAI.

In sensu figurau, si uno ponit fueddus in mesu a una chistioni chena ch’inci appoddint nudda, no heus a nai “Ita ses apprapuddendi!”, chi giai dilicau no sonat, ma “Ita ses abbrabuddendi!” chi in italianu heus a torrai cun “Cosa stai blaterando!” o cun “bla bla bla!”.

Fadendi attenzioni, custu abbraduddendi fait pensai puru a unu chi cumenzat una frasia e no dd’acabbat, duncas a unu discursu chi no portat a nisciuna conclusioni.


Su de tres fueddus est IMPRABASTAI.

Candu calincunu si cunfundit e pigat allu po cibudda, siat chistionendi che fadendi una cosa, heus a nai “Ma ita ses imprabastendi?”. Imprabastai parrit una forma meda peus de impiastrai, siat a nai fai un’impiastru, e rendit mellus s’arrenegu po su casinu cumbinau.

Chi si fazzat attenzioni chi impiastru est cosa differenti de impastu: impastu est de sa farra po fai su pani, s’arena cun sa carcina e aici sighendi; impiastru, a parti una cosa malicumbinada o chini dd’hat cumbinada, bolit nau puru s’ammesturu de erbas cottas (pensu a s'erb' 'i 'entu, a sa narbedda) po fai una cucchedda, mexina antiga po fai passai doloris de cascialis o ascessus.

Cucchedda benit de cucca, siat a nai trempa, poita si poniat s’impiastru appicigau a sa memoria (la tempia) o a sa trempa.


No po nudda, ma immui, intre is chi hanti liggiu, calincunu est in gradu de nai chi deu, in su chi hapu fattu innoi, hapu abbrabuddau, imprabastau o vetti apprapuddau calincuna cosa?


Seu arrosciu. Sa parti in italianu a cras o pustis.

Sempri chi serbat.


mercoledì 26 agosto 2020

Il pozzo di Santa Cristina - il tassello mancante.

La cooperazione arricchisce sempre la ricerca. Il singolo arriva dove può, dove la sua mente gli permette di arrivare; ma lo scibile non può esser contenuto in un'unica mente.

di Sandro Angei

vedi: Il pozzo di Santa Cristina: 10° parte - Si dia inizio ai lavori!

 

Avvertimento

   Questo articolo fa largo uso di riferimenti a link esterni (link comunque relativi esclusivamente al saggio cui si riferisce). Questo per esigenze espositive e per non appesantire quanto qui trattato con numerose note che alcuni mal volentieri leggono. Nei riferimenti ai link ho apposto una nota in apice di colore rosso che indirizza verso il particolare che si vuol mettere in evidenza.

Introduzione

   La frase introduttiva pur rimarcando la necessità di cooperare tra studiosi in funzione del raggiungimento ottimale del fine perseguito, denuncia la mancanza di collaborazione, con la prospettiva consapevole, ahimè, che in molti casi non si potrà avere cooperazione volenterosa e sincera da parte di alcuno. In questo caso prevale l'intelligenza e l'intuito veicolato dall'esperienza, che sopperisce a questo stato di cose cercando, come un raccoglitore di asparagi che busca germogli verdi in un intricato verdeggiare della macchia, ciò che emerge dalla massa banale e scontata di dati inutili allo scopo.

   Il traffico di notizie e idee che trattano quei siti web di mio interesse mi appare caotico quanto veloce. Ma tra le tante idee, a volte anche bizzarre, ve ne sono alcune che catturano la mia attenzione. E' il caso, a parer mio naturalmente, di un articolo comparso il 18 agosto 2020 nel blog Quotidiano Honebu di Storia e Archeologia di Pierluigi Montalbano a firma di Marcello Onnis. 

venerdì 21 agosto 2020

21 agosto riprende lo spettacolo al pozzo sacro di Santa Cristina.

 Hanno inizio i festeggiamenti per la fine dell'anno agrario

di Sandro Angei

vedi: 21 aprile al pozzo sacro di Santa Cristina 1

Già, forse è proprio questa la circostanza, benché lo spettacolo luminoso d'agosto sia solo una conseguenza di quello del 21 di aprile. Periodo, quello d'agosto, che veniva festeggiato anche a Roma. Relitto di questa festa romana è il nostro ferragosto, ma non vi tedierò con la storia di questa; a noi interessa ciò che avveniva nella Sardegna nuragica circa 3000 anni fa.

Fig. 1 - 21 agosto 15 minuti prima dell'evento

   Da oggi al pozzo sacro di Santa Cristina riprende lo spettacolo luminoso interrotto il 21 di aprile. Si assisterà in sostanza per alcuni giorni ad un percorso luminoso che ha inizio verso le ore 12:00 sul lato sinistro della parete della camera e si completa verso le ore 12:37 all'interno del concio alfa del 12°

giovedì 16 luglio 2020

Per non dimenticare

di Sandro Angei

   Siamo a metà luglio, sto lavorando, nel frattempo sto studiando e riflettendo, e scrivendo... ormai la tastiera del computer è parte integrale delle mie mani, il mouse una sorta di animale che, muovendosi protetto dal palmo della mia mano ha i miei umori addosso, tanto che probabilmente tra non molto condivideremo lo stesso dna. Non ho voglia però di pubblicare alcunché, benché abbia un po' di carne da arrostire, ma la lascio per settembre, quando quei pochi o quei molti che ci leggono torneranno dalle vacanze.
Lo so che alcuni non vedono l'ora di leggere i miei articoli e quelli del Prof. Sanna e del nostro caro Francu Pilloni. Ma, visto che i due nominati sono beatamente distesi in barca a pescare (poveri pesci rintronati dai loro discorsi), perché io dovrei esser meno disteso di loro, che beatamente hanno messo in standby le loro idee da blog per

domenica 28 giugno 2020

DRAMMA alla SARDESCA


Francu Pilloni

Mi piacerebbe scrivere un dramma, un componimento ricco di personaggi tormentati, contraddittori, che vivono di certezze, di speranze e di illusioni, che esprimono passioni sincere e travolgenti, rimanendo coerenti con se stessi, caparbi e ostinati alla sardesca, vale a dire alla maniera, come è nel costume del Sardo Popolo.
Non ci riesco.
Sarà per quella nuvola di scetticismo che mi avvolge e spesso mi travolge, per quell’innata, insopprimibile ironia che si pone, come lente d’ingrandimento, fra me e la realtà, fra me e la vita, mia e altrui.
Voglio dire che mi manca la vena, l’estro, l’afflato dovrei dire per consonanza con la tragedia classica, perché personaggi di assoluto rilievo hanno bisogno di nutrirsi di parole auliche.

giovedì 25 giugno 2020

SARDEGNA ANTICA. CARI ARCHEOLOGI, NON ABBIATE PAURA DEI 'SEGNI'. NON MORDONO.

di Gigi Sanna
    Cari archeologi, ormai è un dato acquisito della ricerca scientifica in Sardegna. Se un qualsiasi manufatto, se un  qualsiasi supporto presenta dei 'segni' antichi non riconducibili subito a dei simboli noti e 'comprensibili' dalla 'pseudologica' attualizzante, se mancano di 'familiarità', bisogna accantonarli, rimuoverli e offuscarli con  più di un alone di sospetto. Al massimo citarli in qualche nota minima di qualche paginetta minima di una rivista minima di scienza minima. Non sia mai che sorgano discussioni con chi i 'segni' non solo li osserva ma anche li studia. Abbiamo visto nella mia pagina di facebook  l'immagine del toro e della serpentella gravida scolpita nella pietra distante pochi metri dell'ingresso del Nuraghe Losa

    Interesse? Nessuno. L'associazione abbasantese che vigila e cura gli interessi del nuraghe ha gridato e protestato per la 'pietra scritta' abbandonata alle intemperie e ritenuta 'niente' . Nulla da fare: 'che si facciano i fatti loro e vendano libri 'santificati' e biglietti d'ingresso'.
    Nella stessa maniera e forse di più si è gridato da parte nostra per la bellissima (forse un 'unicum') stele fallica di Aidomaggiore rinvenuta presso un'azienda agricola (v. fig. capovolta e da noi proposta, ormai anni fa, con orientamento corretto) con la raffigurazione di un 'mostro' metà uccello e metà pesce. 
    Che ci fa in una pietra antica (anzi antichissima) una simbologia siffatta? Risposta: niente. E quando uno qualsiasi del coro della permanente negazione per la negazione dice 'niente' vuol dire scientificamente niente. Eppure, potete pestarvi e sbattervi per terra, perché la stele è stata trovata e segnalata da altri. Da una semplice guardia forestale Ma quell'occhio gigantesco sul mostro uccello -pesce va presentato, va catalogato, va fatto andare per il mondo, va in qualche modo spiegato (possibilmente dando uno sguardo all'etrusco). Non vale 'zero' , cari miei,perché l'evidenza quando è stratosferica è zero solo per gli imbecilli o per le persone in malafede.