venerdì 22 dicembre 2017

Santa Anastasìa di Sardara. Scarabeo 'egittizzante' con toro di Hathor -Ysis, fiori di loto e barca? Con i Fenici ‘mediatori’? Pura fantasia. Nulla di tutto ciò. Solo luminosi tori nuragici ed egiziani con scrittura nuragica. Che più ‘nuragica’ non si può.

 Gigi Sanna

dedicato a Francesco Cesare Casula



1. Prefazione

    Lo scarabeo di Sardara insieme a quello di S’Arcu ‘e is Forros di Villagrande Strisaili (1) è stato oggetto di uno studio specifico da parte dell’archeologa Cinzia Olianas. In esso è presente inciso, anche se non ben marcato sempre nelle linee, un toro che occupa la parte mediana ed inferiore dell’oggetto. E’ stato interpretato come simbolo di Hathor Isis nelle paludi di Buto. Interpretazione rafforzata, secondo la studiosa, dal fatto che davanti alla testa del toro si trova un qualcosa di non chiaramente identificabile ma che potrebbe essere la prua di una barca e ancora dal fatto che dietro o sopra il toro sarebbero presenti  probabili fiori di loto.

Uno scarabeo ‘egittizzante’ dunque e giunto (l’ennesimo) in Sardegna attraverso la mediazione fenicio- punica. Uno dei tanti scarabei che sarebbero ascrivibili sempre alla categoria degli oggetti con tematiche egiziane ma non egiziani.   


giovedì 21 dicembre 2017

Rame dal Sinai e dal Negev: dopo Funtana Coberta anche il nuraghe Arrubiu

di Atropa Belladonna

"Dentro la torre centrale, nella nicchia a gomito di sinistra, facendo dei lavori di consolidamento abbiamo rinvenuto tre lingotti di rame". Niente di troppo strano, se non la posizione in una nicchia della torre centrale. E se si eccettua il fatto che i lingotti non sono fatti con rame della Sardegna o cipriota, ma con rame proveniente "dalle miniere del Monte Sinai e dalle miniere del deserto del Negev" Mauro Perra, TGVideolina del 19.12.2017)

Fig.1 Uno dei lingotti di rame, non molto puro e con un'alta percentuale di ferro, rinvenuti in una nicchia della torre centrale nel nuraghe Arrubiu di Orroli. 

Quali siano esattamente le miniere non è chiaro, occorrerà leggersi il libro appena uscito. Nel libro si menziona una datazione probabile per l'inserimento dei lingotti negli interstizi della nicchia: tra la seconda metà del XIV e il XII sec. a.C..

La scoperta della provenienza da Egitto e Vicino Oriente del rame (vd. figura 2 per le miniere della zona) fa seguito a una analoga novità, che abbiamo pubblicato su queste pagine: il rame da un  ripostiglio di Funtana Coberta di Ballao (CA), in uno strato indisturbato di fine XIII-inizi XII secolo a.C (1,2). Il rame proviene dalle zone attorno al Mar Rosso, nello specifico dalle miniere del Sinai meridionale (correlazione particolarmente evidente), da quelle del deserto egiziano, Arabia Saudita e ed Etiopia. Oggetti di rame dallo Yemen, risalenti al periodo tra il XIV e IX sec. a.C., hanno la stessa "firma" isotopica di parte del rame di Funtana Coberta.

lunedì 18 dicembre 2017

CABRAS (OR) LA TORRE DEL PORTO "SU POTTU ": IL MISTERO CONTINUA ...

LA TORRE DI "SU POTTU"
di Stefano Sanna

Ci sarò passato chissà quante volte, ma non le avevo mai notate. Solo grazie alle indicazioni di due cari amici: Noemi Perre e Giovanni Pisanu, vedo per la prima volta le tombe a pozzetto di "Su Pottu", situate a sud della laguna di Cabras, vicino alla torre di epoca aragonese, a 2 metri dal livello dell'acqua.

domenica 17 dicembre 2017

Funtana Meiga

Il pozzo della medicina


di Sandro Angei


   Un amico da poco conosciuto, Paolo, mi ha fatto un gran bel regalo.
  Questa è probabilmente l'unica fotografia esistente di Funtana Meiga; o meglio di quel che resta del pozzo salutifero; ormai poco più di un cerchio sepolto sotto la sabbia lungo la costa di Funtana Meiga. Il pozzo è proprio lì, a pochi metri dalla battigia, protetto da detriti e sabbia; e lì rimarrà, finché una mareggiata non porterà nuovamente allo scoperto il suo povero scheletro.

venerdì 15 dicembre 2017

GLOZEL E I PREGIUDIZI DEL MONDO SCIENTIFICO. SARDEGNA UGUALE FRANCIA. UNO STRATAGEMMA PER PARLARE DI UNA ANTICHISSIMA SCRITTURA A REBUS DI UN SANTUARIO GRECO (*)


 

di Gigi Sanna

      Se si è arrivati ad un vero e proprio scandalo, come ognuno avrà notato da questo Blog, a proposito dell’atteggiamento di una certa ‘parte’ dell’archeologia (parte dico: chè io non sono solito fare di ogni erba un fascio) e di una certa (dico ‘certa’) Sovrintendenza sulla documentazione scritta nuragica, uno scandalo ancora maggiore, stante la incredibile durata di esso, è quello dell’Accademia scientifica (con aggiunta delle maggiori istituzioni culturali francesi, comprese quelle museali) sul caso Glozel. Qui si toccano davvero le vette dell’assurdo, tanto da screditare, a causa di una enorme macchia che imbratta irreparabilmente pagine

Tavoletta Glozel
Tavoletta opistrografa (scritta su due facce) di Glozel

Il capanno sul mare


Anonimo


Il vento, col soffio caldo, spoglia del mare il colore.
Come un vestito o un ricordo sfiora la rena,
tra falci di quarzo lasciate senza clamore.

martedì 12 dicembre 2017

Giorrè tra geometria e astronomia - seconda parte

Colombella dell'alba
colombella di mezzogiorno
colombella del tramonto

di Sandro Angei
Vedi parte prima: Giorrè tra geometria e astronomia

   “Presso il margine destro della lastra rimane una delle due piccole costruzioni che limitano la maggiore nel mezzo. Ha figura d'un vano rettangolare chiuso alle fiancate e aperto davanti e di dietro. Lo copre un tetto a doppia falda molto inclinata, sporgente in basso sulle pareti con una modinatura a gola; il tetto mostra due stratificazioni sovrapposte di cui l'inferiore indica lo scheletro ligneo del soffitto e quella superiore, tutta liscia all'esterno, rappresenta la vera e propria copertura, presumibilmente straminea. Sulla cresta del tettuccio stanno posati tre uccelli, uno, nel mezzo, rivolto al castello nuragico, e gli altri due, ai margini, disposti lungo il colmo e guardanti rispettivamente sulla fronte e sul retro del minuscolo (specie se

venerdì 8 dicembre 2017

domenica 3 dicembre 2017

Scrittura etrusca. Due piatti (tra i tanti) per il bello terreno delle tombe ma soprattutto per la salvezza e la rinascita celeste. ‘Pesci volanti’ immortali e un collo taurino solare per la bella luna.

di Gigi Sanna 

Si  dice che la lingua etrusca è ancora, per svariati motivi, un enigma e un 'rebus'. Ciò si sostiene, naturalmente, sulla base delle grosse difficoltà che insorgono nel cercare di capire di essa molti degli aspetti lessicali, morfologici e sintattici. In realtà, a mio parere, il 'rebus' sussiste e resiste nel tempo non 'solo' per motivi di carattere grammaticale e linguistico, ma anche e soprattutto perché si stenta a considerare un aspetto essenziale dell'etrusco: che la scrittura è criptica, cioè organizzata e strutturata di proposito con il rebus. E' realizzata per non essere capita se non da pochissimi.  Pertanto nella misura in cui si comprenderanno i meccanismi, spesso sofisticati, del rebus, posti di norma in essere dalle scuole scribali dei santuari, si comprenderà la lingua etrusca. Essi sono simili e spesso gli stessi usati dagli scribi dei templi greci e nuragici. In particolare quelli inventati dagli scribi di  questi ultimi. 

 

                       fig. 1                                                                     fig.2                                             (ricostruzione segnico -pittorica)

   Abbiamo visto nei due articoli precedenti due documenti, uno in bronzo e l’altro in pietra,  riguardanti  la scrittura nuragica a rebus (1). Li abbiamo interpretati alla luce delle solite convenzioni del metagrafico che prevede, ricordiamolo ancora una volta, l’uso dell’acrofonia, della ideografia e della numerologia. Ci siamo soffermati in particolare sulla figura del pesce che per via ideografica ha dato, in entrambi i casi, il valore di ‘muto, silenzioso’. Allusione al procedere (al distendersi) giornaliero degli astri sole e luna nella volta celeste. Ne vedremo ancora degli altri di pesci nuragici, davvero straordinari, alludenti alla ‘silenziosità’ delle fonti di luce taurine.

giovedì 30 novembre 2017

Giorrè tra geometria e astronomia



di Sandro Angei

Vedi: Quando si scriveva in nuragico in quel di Giorrè...


   Nell'articolo “Quando si scriveva in nuragico in quel di Giorrè...” pubblicato il 23 novembre scorso, accennammo al recinto di forma ellittica che racchiude gli edifici santuariali di Giorrè. Precisammo che la figura descritta da Angela Antona nell'articolo pubblicato sul Bollettino di archeologia 44-46 1997 – “Il santuario di Giorrè – Florinas” fosse più precisamente un ovale; ossia una figura piana costruibile con archi di cerchio.

lunedì 27 novembre 2017

No, caro Usai Alessandro. Tharros non è ‘fenicio - punico - romana’. E' stata sempre, anche e soprattutto, nuragica. Fino a III secolo d.C. I documenti ti smentiscono. E clamorosamente.

di Gigi Sanna


    fig. 1 Scritta in caratteri nuragici della scogliera della cosiddetta Sala da Ballo di San Giovanni (Tharros). IV - III secolo a.C.  


Oggi Alessandro Usai, archeologo,  sovrintendente ai beni archeologici e culturali della Provincia di Oristano è comparso in televisione (Videolina) per ‘commentare’ in qualche modo il ritrovamento di ossa umane affioranti e presumibilmente contenute in una tomba che dovrà essere individuata e studiata. Speriamo presto. Tra le altre cose (il giusto invito alla prudenza sulla natura di quei resti umani) ha detto però che Tharros era una città ‘fenicio - punica -romana'.

giovedì 23 novembre 2017

Quando si scriveva in nuragico in quel di Giorrè...

                  

 
 di Sandro Angei
fotografie di Stefano Sanna

  Giorrè è il nome di un vasto altipiano tra Florinas e Cargeghe nel sassarese. Nel punto di massima elevazione (570 m slm), si trovano i resti di un santuario nuragico.
   L'archeologa Angela Antona studiò il sito e lo pubblicò in Bollettino di Archeologia 46-48, 1997, intitolandolo “Il santuario di Giorrè, Florinas-Sassari”.
***

lunedì 20 novembre 2017

(II) Un pesce e un serpente ferito nella bidente del sito di Is Locci - Santus di San Giovanni Suergiu. La doppia lettura del documento. Il primo in lingua sarda indoeuropea?


 



 fig.1

          Tra i segni marcatamente pittografici (1) del codice nuragico di ispirazione protocananaica spicca quello del pesciolino ‘dalet’ che si trova riportato nel 'brassard' di Is Locci Santus (2). Completamente e clamorosamente travisato, insieme a tutti gli altri segni, dall' Atzeni (3) quanto a significato, esso invece si rivela oggi in tutto il suo significato grazie all'apporto, in termini di senso ideografico, del pesce esaminato nell’articolo precedente. 

domenica 19 novembre 2017

A proposito di lingua sarda

Ieri pomeriggio a Quartucciu è stato presentato un nuovo libro di Giulio
Solinas, molto interessante e usufruibile anche per i problemi grammaticali e sintattici di chi volesse entrare nel merito della lingua sarda campidanese. Non mancano i riferimenti alla metrica e alla storia della letteratura campidanese.
Per l'occasione, sono stato invitato a relazionare non tanto sul testo in modo specifico - lo hanno fatto Angelo Spiga e Gesuino Murru - ma sulla lingua sarda, lasciandomi libero di esplicitare il mio pensiero in merito.
Ecco perché di ciò che ho detto - e che riporto integralmente di seguito - sono l'unico responsabile, non avendo chiesto il parere di nessuno prima di relazionare, non volendo coinvolgere nessuno nella responsabilità delle  enunciazioni.

*****

Da dove viene e dove va la lingua sarda:

PASSATO FANTASTICO, FUTURO DA FANTASMA?

di Francu Pilloni


Il libro che oggi Giulio Solinas presenta ha molti capitoli specifici, tutti interessanti, ben scritti e sufficientemente comprensibili anche a chi non è addentro ai problemi linguistici.
Non parlerò in modo specifico dei temi del libro, anche se i riferimenti ad esso saranno ricorrenti, per confermarli o, se del caso, per contrastarli.
Mi è stata concessa la libertà di parlare di lingua sarda a mio piacimento.
Chi mi ha sentito altre volte sull’argomento, suppongo che si meravigli perché non parlo in sardo del sardo, ma se vi dispiace molto, cambio subito registro, oppure ammasturu totu, sardu, italianu e, candu serbit, inglesu puru.

mercoledì 15 novembre 2017

UNO STRAORDINARIO BRONZETTO ALL'ASTA. UN PESCE E LA FANTASTICA SCRITTURA 'CON' DEGLI SCRIBI NURAGICI. UN TALISMANO PER L’ETERNITA’.





 di Gigi Sanna 

 
fig.1

Prefazione


Va a merito del noto 'Forum' (1) di Leonardo Melis ma con il contributo fondamentale di Sa Craba (in realtà un altro 'animale', un segugio vero e proprio) aver portato l'attenzione, alcuni anni fa (11.X.2010), su di un reperto nuragico interessantissimo, venduto all'asta (2), come quello che riproduce in bronzo un pesce raffigurato in modo molto particolare. Infatti, l'immagine lo mostra con gli occhi 'chiaramente' molto pronunciati ' die Augen als Halbkugeln deutlich abgesetz' (3) (a globetto, direbbero gli archeologi) e con una sola pinna, quella caudale anch'essa molto pronunciata (descritta nella scheda di presentazione come 'estensione' sullo stomaco: Ein Fortsatzam Bauch). 

martedì 7 novembre 2017


Giancarlo Casula
 presenta
 il nuovo video di Andrea Pecora

Ogni anno a Mamoiada,
 nel cuore della Sardegna,
 un'antica tradizione si svolge
 fin dall'inizio del tempo.


Clicca su Mamuthones per vedere il video!
Mamuthones








domenica 5 novembre 2017

Sollevarsi, distendersi, piegarsi. Ancora sul segreto della formula magica metagrafica etrusca APAC ATIC. La lastra del sarcofago aretino di Aurelia Cassia Firmina. Un pretesto tematico per invocare la forza rigeneratrice del padre e della madre ovvero del sei ciclico eterno. L’analogia di forma, di contenuti linguistici e di ‘religio’ con un bronzetto nuragico sardo.

Gigi Sanna




Si  dice che la lingua etrusca è ancora, per svariati motivi, un enigma e un 'rebus'. Ciò si sostiene, naturalmente, sulla base delle grosse difficoltà che insorgono nel cercare di capire di essa molti degli aspetti lessicali, morfologici e sintattici. In realtà, a mio parere, il 'rebus' sussiste e resiste nel tempo non 'solo' per motivi di carattere grammaticale e linguistico, ma anche e soprattutto perché si stenta a considerare un aspetto essenziale dell'etrusco: che la scrittura è criptica, cioè organizzata e strutturata di proposito con il rebus. E' realizzata per non essere capita se non da pochissimi.  Pertanto nella misura in cui si comprenderanno i meccanismi, spesso sofisticati, del rebus, posti di norma in essere dalle scuole scribali dei santuari, si comprenderà la lingua etrusca. Essi sono simili e spesso gli stessi usati dagli scribi dei templi greci e nuragici. In particolare quelli inventati dagli scribi di  questi ultimi.  




lunedì 30 ottobre 2017

Gianfranco Pintore, il suo storico 'metti un blog contro' e l'inizio della crisi del dogma ' i sardi nuragici non scrivevano'.

 


   Un grande intellettuale e famoso giornalista che con articoli su articoli, giorno dopo giorno,  spese gli ultimi anni della sua vita per la lotta contro il dogma dei negazionisti circa la scrittura arcaica della Sardegna dell'età del bronzo e del ferro. Scrisse persino un romanzo in sardo (con tanto di scritta nuragica) sull'argomento anticipando, quasi da profeta, il momento in cui un 'anziano' e saggio accademico di prestigio, con il suo intervento, avrebbe determinato il mutamento di rotta. Penso che in questo momento sia giusto e doveroso ricordare quell'impegno generosissimo e la sua incredibile lungimiranza.



SCRITTURA NURAGICA. F.C.CASULA: CRISI DEL DOGMA NEGAZIONISTA.

Per coloro  che ancora non fossero in possesso del volume.
 

Altre pagine assai significative del paleografo e medioevalista F.C.Casula ( La Storia di Sardegna, pp. 346 -347, n.1) sulla scrittura dei Nuragici.


venerdì 27 ottobre 2017

UNA DATA QUASI 'STORICA' QUESTA! GRAZIE DA PARTE DI TUTTI NOI PROFESSOR CASULA!

  

Oggi è uscito il primo degli otto volumi di La Storia di Sardegna curati dal prof. Francesco Cesare Casula. Li pubblica il giornale La Nuova Sardegna. Usciranno settimanalmente.

  
    Allo studioso di Cabras va la nostra riconoscenza perchè ha scritto delle pagine davvero nuove sulla Storia della nostrra isola. Infatti, tra l'altro,  in essa si dice che, grazie alla scoperta della scrittura nuragica in periodo preistorico, quel periodo non può più essere definito tale.
   Con la scrittura i Sardi entrano nella storia. Per esempio, mentre nulla si sapeva o quasi nulla sulla religione dei Sardi oggi si comincia a sapere quale essa fosse (monoteista) e da dove, presumibilmente, provenisse. Il nome di YH/YHWH, del dio unico del popolo nuragico, dopo quasi 15 anni dalla nostra prima pubblicazione, non fa più scandalo, non è più un tabù. Per lo studioso (studioso e docente di paleografia per tanti anni, non lo si dimentichi) è un dato storico e non più un'ipotesi. Così tanti sono ormai i documenti che lo attestano.
Quasi non credevamo ai nostri  occhi leggendo le pagine che a noi, ovviamente, ricercatori dei documenti antichi (del nuragico), particolarmente interessano.
     Ci chiedevamo in questi giorni come capitalizzare l'adesione convinta delle persone alla nostra protesta (formulata su facebook)  sul  system' sardo trascurato e da taluni anche nascosto. Ci ha pensato il Professore, ex docente di storia Medioevale all'Università di Cagliari, a darci una mano.
      Un sentitissimo grazie da parte di tutti noi, quattrocento o mille o diecimila che si sia.

mercoledì 25 ottobre 2017

(II) Il sardo latino? Sì. ma 'romano' no. Parola di Documenti


Gianfranco Pintore Blog


2010 (13 ottobre)

di Gigi Sanna 

  
Nuraghe Ardasai della Barbagia di Seui

    Abbiamo visto dunque, nel precedente articolo, che sia l'Angius sia l'Alinei si sono sforzati, ciascuno con le proprie forze e capacità linguistiche, ma con identità di vedute, per invalidare la tesi che la lingua sarda possa aver avuto origine da quella romana e che quindi ci fosse, tra i due codici espressivi e comunicativi, un rapporto, strettissimo (e nobilissimo per ‘purezza’), tra ‘mamma’ e ‘fiza’ (come dicevano il Madao nel Settecento e lo stesso lessicografo Spano, contemporaneo dell’Angius, nel secolo successivo) .
    Particolarmente importante, quasi fondamentale,  l'obbiezione avanzata da entrambi che la Sardegna dell' interno (Barbagie), quella resistente della 'riserva indiana'  e mai domata dalla colonizzazione di Roma, avrebbe dovuto mantenere la sua lingua arcaica preromana e non, al  contrario, presentarsi come la zona con romanità linguistica più radicata di tutte le altre. Spia evidente questa che il sardo 'latino'  era da ritenersi precedente e che le due lingue, quella chiamata da Alinei 'italide' e quella sarda, appartenevano allo stesso ceppo linguistico, per quanto indipendenti.
    Si capisce subito però da ciò le conseguenze che si determinano sul piano della ricerca scientifica sull'origine della lingua sarda: le tesi, che hanno fatto ormai scuola da tantissimo tempo, sulla lingua romana che sarebbe la 'madre' di quella sarda ( e di quelle franco -iberiche) andrebbero totalmente riviste. E a farne le spese sarebbero, per quanto riguarda il sardo ‘romano, gli studi di mostri sacri come W. Meyer - Lübke e soprattutto come Max Leopold Wagner,  autore del famoso DES (Dizionario Etimologico Sardo), uno studioso benemerito che con le citatissime  sue 'etimologie' e l’esame profondo assieme  della società e dell'anima sarda, ha dato, tra gli altri contributi , statuto di 'lingua' al linguaggio usato dai Sardi. Tante, tantissime parole, andrebbero alla luce della TdC ricalcolate e riviste quanto ad 'ascendenza'  e bisognerebbe, di conseguenza,  ridisegnare un confine tra il sardo 'latino' anteriore a quello della data della conquista romana dell'Isola (fine del III secolo a.C.) e il sardo inevitabilmente influenzato (così come –qundo più quando meno - da altre lingue nel passato) dopo la conquista, a partire soprattutto dai secoli dell'età imperiale.
   Ora io non intendo minimamente metter becco in ampie e articolate discussioni di natura linguistica, perché non ne avrei le forze e soprattutto i mezzi, mentre entro nel merito, con un mio contributo, delle obbiezioni specifiche formulate dall'Angius e dall'Alinei;  ma solo perché oggi  il panorama delle conoscenze sulla lingua sarda arcaica, ovvero sulla lingua parlata  dalle popolazioni dell'Isola durante l'età del bronzo (e certamente anche in periodo neolitico-eneolitico stante una certa continuità culturale isolana acclarata  anche dall’archeologia) mi sembra notevolmente mutato