lunedì 30 maggio 2016

4 - GENTI E COSTUMI ROSSO PORPORA

KIRGISI

Giancarlo Casula

GENTI E COSTUMI ROSSO PORPORA
2 - GENTI E COSTUMI ROSSO PORPORA
3 - GENTI E COSTUMI ROSSO PORPORA



liògnos, bàttiles  e manigottos
tela, colore e seda
fetta lisa e fetta ligiada

Tra i tantissimi studiosi che nel corso dei novecento si sono interessati all’origine e provenienza, oltreché’ alla ricerca di lontane parentele culturali del costume di Desulo, e’ stato Antonio Gramsci. Egli, nel novembre del 1924, spedì una cuffietta alla moglie, Giulia Schuct, che viveva con i suoi due figli a Mosca e nella lettera che anticipava il regalo diceva: “ti porterà anche una cuffietta sarda, del villaggio di Desulo, la quale prova, mi pare, strane parentele tra i Khirghisi ed i montanari della Barbagia”. La cuffietta, chiamata cuguddu e’, solitamente, in panno rosso modellato e rivestito a volte in velluto damascato con nastro in raso rosso o nastro blu, annodato con fiocco e interamente ricamato con i colori resi più accesi dalle due tonalità di giallo, in mezzo, ricami in seta verde, rossa, azzurra.
La cuffietta rappresenta uno degli aspetti più caratterizzanti dell’abbigliamento femminile di Desulo. Il grande intellettuale conosceva i chirghisi quale popolazione di origini e lingua turche con tradizioni di pastoralismo transumante nell’ambito delle steppe dell’Asia centrale.
Trovava similitudini con il costume di questo paese sardo posto fra i monti del Gennargentu su un territorio di circa 8.000 ettari di cui circa 3.000 ettari ad uso pubblico. Questi due popoli hanno vissuto difendendo la loro libertà dall’assalto di chi cercava di invadere i loro territori. I primi abitanti del Kirghizistan furono gli Sciti, che vi si stabilirono dal VI al V secolo a. C. Chissà se le radici storiche possono collegarsi agli Imperi Iranici nell’Asia Centrale: i Nomadi e i Sedentari tra il Kazakhistan e il Kirghistan nell’età dei Grandi Imperi( VI a.C.- VI sec. d.C.); o ancora la cultura dei Saka nel Kazakhistan e nel Kirghisistan. Successivamente la zona sudorientale fu parte dell'Impero persiano achemenide, più precisamente della Satrapia della Sogdiana, che aveva come fulcro e capoluogo la città uzbeka di Samarcanda. Ma successivamente la regione dell'odierno Kirghizistan cadde in gran parte sotto l'influenza del Regno di Macedonia dell'Imperatore Alessandro Magno. Dunque passò al dominio della dinastia seleucide sino a che l'avvento dei Parti non pose fine completa all'età ellenica in queste zone. I Sogdiani, indigeni sciti della zona, noti per la loro tolleranza verso le religioni altrui. Il Buddismo, il Manicheismo, i Nestorianesimo e i seguaci di Zoroastro avevano significative quantità di adepti e rimasero fra i principali attori del commercio sulla Via della Seta fino alle invasioni dei musulmani nell'VIII secolo. Un passo importante nella storia kirghiza fu l'avvento dei Turchi, nel IV secolo, che diedero loro il nome di Kirghizi (da "kyrgyz", "rosso"). Interessante anche questo fatto in cui l’identificazione della popolazione riguarda la colorazione rosso purpurea dei loro costumi. Ho verificato, attraverso la storia, l’archeologia del territorio e le attribuzioni etniche, l’origine e i primi sviluppi culturali delle comunità iraniche dall’età del ferro fino all’arrivo delle popolazioni turche nell’alto medioevo. Questi Nomadi di montagna nell’area del Kirghisistan sono anch’essi pastori, come i barbaricini, in lotta millenaria di resistenza contro i popoli di invasori, attaccati ai loro usi e costumi e orgogliosi della loro libertà.  E gli invasori furono tanti dagli Arabi agli Uiguri, dai mongoli di Gengis Khan alle invasioni di Calmucchi, Manciù e Uzbeki. Anche i Kirghisi come i sardi reagirono alle invasioni ed allo sfruttamento delle loro risorse con un sistema sociale ed economico basato su un pastoralismo seminomade. Tale forma di difesa venne utilizzato, più di recente, contro l’invasione dell'Impero Russo. I Kirghisi fecero parecchie insurrezioni durate molto tempo. Molti emigrarono, perché insofferenti al potere russo, a volte con le loro greggi, in Afganistan, in Kazikstan ed in Cina. La più forte ribellione avvenuta nel 1916, fu repressa nel sangue. L'oppressione russa dunque continuò anche quando, nel 1918, iniziò l'era dei Soviet. Questa situazione perdurò per tutto il Novecento, con la forte repressione di movimenti contrari al regime fino  a quando non si arrivò all’indipendenza che avvenne nel 1990. Queste genti hanno vissuto di un pastoralismo nomade dove il confine del loro territorio e’ il limite con le steppe siccitose e dove gli spostamenti verso nuovi pascoli avveniva lungo la via della seta che già dal 100 a.C. legava le valli della Cina ai mercati dell’Occidente. Il tessuto usato da questo popolo nomade e’, come per tutte le comunità dell’Asia Centrale, il feltro di lana che ogni nucleo familiare produce, come si usava in Sardegna, nel periodo autunnale ed invernale. L’operazione avveniva stendendo tre strati di lana impregnata d’acqua su uno o due vecchi strati di feltro. Il tutto veniva ricoperto con erba ed arrotolato in una pelle bovina sempre bagnata, legata con lacci di cuoio ed infine il rotolo veniva trascinato da un cavallo o da un bue fino al completo impasto del tessuto. Così veniva prodotto un materiale che oltre agli indumenti serviva per tende, tappeti ecc.  La leggendaria via della seta, con il suo transito di merci pregiate, diventò il proliferare di guerre e soprafazioni ma anche viatico di cultura ed incontri fra i popoli. Presenze di sepolture di genti indoeuropee, risalenti al 1200 a.C. nelle aree dell’Asia centrale, attestano l’arrivo di una popolazione con caratteristiche che portano lontano. Uomini alti e biondi che indossavano mantelli di tipo celtico. 
In Asia così come in Sardegna la storia dice che il rosso identifica sempre il potere religioso e spirituale.  Si ricordi gli abiti di corte della dinastia Ming dove il rosso era il colore ufficiale e lo sciamanismo, con i suoi riti ancestrali e le sue pratiche religiose, diffuse dalla Lapponia fino al Sudamerica, ha pratiche differenti, ma con caratteristiche comuni. Capita, tuttavia, spesso che gli sciamani, uomini o donne, indossino abiti di colore rosso. Famosi sono gli antichi paramenti della tribù Buryat, nel nord della Mongolia, dove lo sciamano indossa una tunica tutta rossa, in cotone, interamente adornata da simboli e monili di forme geometriche e da ricami su maniche, sul collo in particolare su tutte le aperture e sui punti vitali del corpo. A tutte le latitudini ed in ogni civiltà tra le caratteristiche comuni degli sciamani c’e’ sempre la presenza di un certo numero di "spiriti aiutanti" (che per le donne di Desulo erano “Duennas”) oltreché la pratica della medicina e l'interpretazione dei fenomeni naturali. Sono il canale di comunicazione sia con le anime dei morti sia nell’interpretazione di fenomeni atmosferici ed eventi imprevisti. Ma lo sciamano, così come le donne di Barbagia, spetta anche il compito di preservare la memoria dei loro popoli e di tramandarli. Ma il potere assoluto dello sciamano e’ tuttavia, in Asia come dappertutto, il giuramento. L’arma in grado di dominare da un punto di vista sociale, politico e religioso. Così come in Barbagia si usa un gioiello col rosso come arma di difesa della persona dagli influssi negativi anche in tutta l’Asia centrale si usa il gioiello per scongiurare, allontanare o annullare influssi maligni: e’ in corallo rosso (ricordiamo la famosa via del corallo che attraversava per millenni l’Asia fino al mediterraneo). Un monile di questo materiale era in grado di esorcizzare ed allontanare il male e la negatività. Si riteneva che il rosso del corallo sul collo potesse essere uno scudo per la difesa e la sicurezza per i nomadi delle tribù pastorali così come per i cavalieri delle steppe e delle loro donne. Nessun cavaliere va in guerra senza un gioiello di corallo così come nessuna tribù di pastori parte senza la protezione del gioiello rosso sangue che era il simbolo di energia vitale. Anche nelle danze sacre Tsan, le maschere che raffigurano divinità e che distruggono le forze demoniache sono ricoperte da piccole perle di corallo rosso.
La cuffietta di Desulo sarà per Antonio Gramsci l’ultimo regalo che ricevette dalla madre nella sua visita in Sardegna.  Era il 6 novembre del 1924 i due non si videro mai più perché di lì a poco nel 1927 il grande statista sardo venne arrestato e tenuto in prigione fino alla morte.
Il fascismo con le sue ambizioni militariste e sportive oltre alle camicie nere per gli uomini chiedeva alle donne di liberarsi degli abbigliamenti antiquati. Tutto ciò ebbe inizio in occasione delle Olimpiadi del 1928 che per la prima volta avvenivano con la partecipazione femminile.  Ma nello stesso anno il costume di Desulo sovverte le scelte fasciste entrando nei vestiti degli italiani. Così scrive Umeroni nel 1928: “Il costume desulese e’ sceso dal nido alpestre e si e’ modernizzato fino a costituire un elegante e festoso modello cittadino di giacca o golf in panno, lana, seta, costume completo per bimbi al mare, si diffonde come gli sportivi golfs di ispirazione magiara a geometriche e vivaci policromie, conferendo grazia e originalità alle figure che lo sanno portare …”. La cuffietta desulese e’ scesa dalla testa alle mani, dando luogo ad un’originale trasformazione da copricapo in borse grandi o piccole, portafogli, portabiglietti, borsellini, in panno scarlatto ricamato in seta, altrettanto pratici e decorativi. E così, negli anni trenta, in Italia si diffonde l’uso del cappottino e della cuffietta di Desulo come eleganza infantile e, contemporaneamente, spopola, nelle grandi città la vendita di una bambola in costume commercializzata dalla Lenci (marchio prestigioso che punterà in quegli anni sullo stile del paese barbaricino per la vendita di ceramiche).

venerdì 27 maggio 2016

«Monti Prama». Trentacinque anni di «Quaderni Oristanesi».






di Gian Matteo Corrias



Presentando il primo numero della rivista «Monti Prama», uscito come numero 61 della storica rivista oristanese «Quaderni Oristanesi» e sua ideale continuazione, Gigi Sanna, all’atto di raccogliere l’eredità del fondatore e direttore storico don Peppino Murtas e di Giorgio Farris, che gli succedette nel 2001, osservava che la rivista usciva, dopo tre anni di interruzione, all’insegna del rinnovamento. Rinnovamento che investiva la veste grafica, il formato, il titolo e – al fondo di tutto – lo spirito del periodico. «La storia dei “Quaderni” – queste le parole di Sanna – è ormai, come si suol dire, molto ‘datata’, ovvero la storia di un periodo che ha riguardato, per qualche decennio, una certa visione della politica e della società non solo in Sardegna, ma in Italia, in Europa e, come si sa, in molte altre parti del mondo ad economia industriale e post-industriale. [...] Quelle dei “Quaderni” sardi arborensi – continua Sanna – erano allora le risposte, direi obbligate, della cultura e della politica attente e preoccupate per lo snaturamento e l’oppressione dell’uomo. Oggi occorrono ‘nuove’ risposte per affrontare delle problematiche che, pur non cambiando di sostanza, si presentano però in forme molto differenti»[1].

3 - GENTI E COSTUMI ROSSO PORPORA



BERBERI

di Giancarlo Casula



 

biridiolu, iscabecciu e truiscu
murta, alinu, ilige e verdola
tenturas e ordimignos

martedì 24 maggio 2016

2 - GENTI E COSTUMI ROSSO PORPORA

SHARDANA, FENICI E ETRUSCHI

 di Giancarlo Casula
 

pubias, nesigas mannas e pitticas
pianellas pintuladas e isteddas
pioleddas, tirineddas e naìddas


   Il color porpora rievoca le vesti dei popoli che abitarono per primi la Sardegna lasciandone i maggiori segni di civiltà come gli shardana ed i fenici che erano riconosciuti nel mondo antico proprio per questo colore. Il rosso porpora che caratterizza il costume di Desulo era anche il colore caratteristico delle genti

domenica 22 maggio 2016

UNTORE BLOG. L’UNIVERSITA’ SAPEVA MA NULLA HA FATTO PER FERMARLO. ANZI. ECCO LE PROVE (LA PRIMA).

di Gigi Sanna

Le Università di Cagliari e di Sassari sapevano chi era l’Untore. Ne conoscevano bene la ‘scrittura’. Sapevano cioè chi era  il cagliaritano arrestato per tentato duplice omicidio e denunciato per calunnia e diffamazione, attuate reiteratamente, attraverso nomi fasulli, in vari blog godenti dell’assoluto anonimato perché operanti su piattaforme web americane.
Eppure nulla hanno fatto per impedire che un vero e proprio mostro ‘letterato‘ ed esperto di comunicazione a scopo criminale imperversasse e continuasse a imperversare. per anni e anni, colpendo a piacimento e sempre di più  archeologi, studiosi di varie discipline, docenti universitari, giornalisti, amministratori di Comuni e  di Fondazioni.  

sabato 21 maggio 2016

GENTI E COSTUMI ROSSO PORPORA

CRETA

di  Giancarlo Casula


 
…….ogheddos, ogheddos prenos e maneddas
mennuleddas,  mannuncheddas, maneddas cul’a pare
pretta, pretta torrada a manu e prettale.......
premessa
Da tanti anni, prima nel sito di Gianfranco Pintore e poi Monte Prama ed infine Maymoni  seguo quotidianamente i vostri interventi senza tuttavia poter dare un mio personale contributo. Mi ha fatto compagnia la storia, le tradizioni e soprattutto la preistoria della Sardegna svelata nelle pietre, nelle costruzioni ciclopiche e nei segni epigrafici che rivelano la complessità e la grandezza dell’antica civiltà isolana. Attraverso questi articoli ogni giorno viene svelata una Sardegna inedita e affascinante che cattura l’interesse di noi lettori mantenendo allo stesso tempo viva  l’attenzione per gli interventi qualificati dei partecipanti. I dibattiti, anche quelli più accesi, garantiscono comunque il valore scientifico degli argomenti. 

domenica 15 maggio 2016

L'importanza di capire un capitello

di Sandro Angei


   Domenica 8 maggio in occasione di "Monumenti aperti" ho avuto modo di visitare per la prima volta la chiesa del Santo Spirito che si trova in Oristano lungo la via San Francesco, poco distante dalla chiesa di San Francesco.

giovedì 12 maggio 2016

Uno spillone nuragico: tra Verba latina e un’àncora sul Pianoro della Civita di Tarquinia

di Stella del Mattino e della Sera

E' una giornata di scirocco del IX secolo a.C. in quel di Antas, quando con rito sbrigativo e solenne (oppure con molte cerimonie e una rosa)  si seppellisce nella necropoli a pozzetti nuragica un devoto antesignano di san Gavino (allora chiamato Gayny). Gli si mette vicino come offerta funeraria il suo oggetto preferito: uno spillone con su una scritta che nei secoli a venire tirerà scemi un  bel gruppetto di titolati studiosi; e non venite a parlarmi di buona fede dei seppellitori!




martedì 10 maggio 2016

LARGO AI GIOVANI


     INCONTRO CON GLI AMICI, GLI APPASSIONATI E I LETTORI.
VENERDI 13 MAGGIO, ORE 17. TEATRO SAN MARTINO, VIA CITTADELLA DE MINORCA, ORISTANO.

    DOPO SEI  ANNI MOLTO INTENSI SENTO IL DOVERE DI  'PASSARE LA MANO'.
LASCIO AI GIOVANI LA DIREZIONE E LA CONDUZIONE DELLA  PRESTIGIOSA RIVISTA (ORMAI LA PIU' ANTICA CHE SI PUBBLICA IN SARDEGNA) 'MONTI PRAMA. RIVISTA SEMESTRALE DI CULTURA DI QUADERNI ORISTANESI', FONDATA, NELLA PRIMA META' DEGLI ANNI SETTANTA, DALLO STUDIOSO E 'INTELLETTUALE' SACERDOTE ORISTANESE GIUSEPPE (PEPPINO) MURTAS.
  

    RINGRAZIO TUTTI TUTTI, IL DIRETTORE EDITORIALE, BRUNO PIA, I GENEROSI E PAZIENTI COLLABORATORI, IL DESIGNER DELLA KLS PER LA GRAFICA DI TUTTA LA SERIE E, SOPRATTUTTO, I FEDELI LETTORI.
  

     AL NUOVO DIRETTORE, PROF. DOTT. GIAN MATTEO CORRIAS, TRA L'ALTRO VALIDISSIMO NOSTRO  COLLABORATORE DI MAIMONI BLOG,   I MIEI E I NOSTRI PIU' SENTITI AUGURI!

 Gigi Sanna

sabato 7 maggio 2016

...per non inficiare un modello ben consolidato.

di Francesco Masia
Venerdì pomeriggio sono riuscito a seguire il convegno nell’aula magna dell’università di Sassari, relatori Attilio Mastino (le risorse del Montiferru, le origini di Cornus, i miti greci, Aristotele e la percezione del tempo, il sonno terapeutico davanti agli eroi al momento della dissoluzione della civiltà nuragica), Alberto Moravetti (introduzione all'archeologia di Mont'e Prama), Gaetano Ranieri e Raimondo Zucca (la nuova archeologia: dall'indagine a distanza allo scavo archeologico in tempo quasi reale; il caso di Mont'e Prama).

giovedì 5 maggio 2016

Scrittura ‘nuragica’ e scrittura ‘protocananaica’. Lachish: l’ultimo documento rinvenuto (2014) e la ‘unknow letter ’ di B. Sass e J. Garfinkel

di Gigi Sanna
Fig. 1                                                                                                                                         Trascrizione. Da: (1)
Fig. 3                                                                  Fig4.                                                    Fig. 5

domenica 1 maggio 2016

L'esercito di terracotta

di Atropa Belladonna

Marzo 1974: in una zona ricca di campi coltivati  alcuni agricoltori stanno lavorando a meno di 2 km da una collina artificiale, una delle tante sotto cui si trova un’emergenza archeologica di grosse dimensioni, non scavata. Emergono alcuni frammenti di statua; non sono i primi, per decenni in quella regione si era parlato di pezzi di statua, frammenti di ceramica, manufatti in bronzo. Sono però i primi frammenti che attraggono l’attenzione di alcuni archeologi, per una serie di fortunate circostanze.

No, non siamo a Monte Prama, Cabras, nonostante l’incredibile coincidenza della data e delle circostanze di ritrovamento: marzo1974, agricoltori al lavoro, pezzi emersi già prima di quella data, all’erta del mondo archeologico.

Siamo invece nel cuore della Cina, distretto di Lintong della città di Xi’an  (provincia di  Shaanxi). Quei pezzi trovati per caso nel 1974 sono l’avanguardia di una scoperta straordinaria; è l’esercito di terracotta a guardia della «città dei morti» del primo imperatore della Cina, un tiranno unificatore di 7 stati e colui che pose il primo mattone della grande muraglia: Qin Shi Huang, salito al trono dello stato di Qin nel 246 a.C., riuscì a unificare i 7 stati dopo una lunga guerra e nel 221 si proclamò imperatore. Morì nel 210 e fu sepolto nella tomba – una piramide a gradoni- che ancora oggi non è scavata, all’interno della città dei morti, dentro la collina artificiale (fig. 1).