giovedì 14 marzo 2019

Il pozzo di Santa Cristina, un pozzo di scienza: 1° parte



di Sandro Angei

vedi: 21 aprile al pozzo di Santa Cristina

Riassunto

Lo studio si ricollega ad un mio precedente lavoro sul pozzo di Santa Cristina; lì proposi il carattere solare del monumento, portando quali argomenti del mio assunto una serie di prove che coniugavano un evento astronomico, palesato da due ierofanie luminose, con l'aspetto sacro e calendariale che quelle manifestazioni esprimevano.
In questo studio mi prefiggo di dimostrare la concreta fattibilità del monumento. Per arrivare a questo obiettivo ho dovuto indagare affondo l'edificio, sin nelle sue minime caratteristiche, alla ricerca di dati eclatanti che potessero reggere la fatidica "prova del nove". Ho dovuto riscoprire accorgimenti di pratica manualità, lì dove oggi risolviamo i problemi con l'ausilio della teoria che interpreta i fatti sperimentali; nonché dare risposte a quesiti che man mano si presentavano; ad esempio:
- unità di misura
- proprietà astronomica del sole e utilizzo di un mòdano
- divisione di una lunghezza in un qualsivoglia numero di parti uguali
- orientamento geografico della scalinata senza bussola e senza strumenti topografici di 
  precisione.
- individuazione esatta dell'ombra


Premessa

Quest’ultima parte dello studio sul pozzo sacro di Santa Cristina è dedicata alle possibili fasi di costruzione del tempio. Naturalmente per arrivare a questo obiettivo è necessario munirsi degli strumenti adatti; quegli strumenti che noi uomini “moderni” abbiamo “buttato” nel dimenticatoio perché ormai obsoleti nell'incalzare della tecnica e della conoscenza. Modi di procedere che ci fanno almeno sorridere nel veder disegnare un cerchio con due pioli ed una funicella, ma anche sorprendere quando si passa alla costruzione di figure ben più complesse, sempre e solo con pioli e funicella. Strumenti che dobbiamo per forza utilizzare se vogliamo sostenere la nostra tesi.

***
Prima di iniziare è necessaria però una precisazione atta a spiegare con motivazione, perché il pozzo sacro di Santa Cristina poteva essere sprovvisto del tempietto aereo. Quel tempietto che alcuni studiosi ritengono dovesse esistere.

Leggendo, di Alberto Moravetti: "Sardegna archeologica - Guide e Itinerari - Il santuario nuragico di Santa Cristina" C. Delfino Editore, sembrerebbe che questo mio studio sia partito “col piede sbagliato” ed alcuni, riferendosi proprio a quella guida, ritengono che non sia proprio da prendere in considerazione il saggio da me proposto, in quanto il pozzo come oggi lo vediamo sarebbe solo il residuo di un complesso che vantava una parte in elevato ormai distrutta.
A pag. 16 di quella pubblicazione il Moravetti, riferendosi ad un articolo comparso sul Corriere della Sera del 16 giugno 1992, di M. Cavedon, che riprendeva una tesi archeo-astronomica di carattere soli-lunare dell’astronomo G. Romano, scrive con tono "quasi" sarcastico: "Peccato che l’estensore dell’articolo abbia formulato la sua ipotesi e i suoi calcoli sullo stato attuale dell’edificio nuragico, ignorando che il foro sommitale della camera che si apre attualmente sul piano di campagna fosse chiuso e che al di sopra del profilo di pianta ora visibile insistesse la struttura in elevato del monumento, ora distrutta!!" e ancora scrive di seguito: "Infatti, la parte emergente dell’edificio, che dobbiamo ipotizzare costruita come la parte superstite in struttura isodoma, – come, ad esempio, la fonte sacra di Su Tempiesu di Orune – è stata totalmente demolita e i conci così raffinati nel taglio devono essere stati asportati e riutilizzati nel tempo come materiale di costruzione."
Il Moravetti non ha alcun dubbio sulla esistenza in passato di una struttura sopra il pozzo ipogeico, benché nessuna prova possa addurre, se non quella di paragonare il pozzo sacro alla fonte di "Su Tempiesu "di Orune e alla ricostruzione ipotetica del pozzo sacro di Santa Vittoria di Serri, dando per vera ed accertata, nel nostro pozzo, la demolizione e il riutilizzo dei materiali della parte emergente dell'edificio, senza addurre la benché minima prova a supporto di ciò; bastasse il mancato rinvenimento del materiale in situ, o l’utilizzo nella vicina chiesa e nelle “cumbessias" di sporadici conci sicuramente tratti dal pozzo sacro1, per giustificare l'assunto. Lo studioso, neanche per un momento prende in considerazione l’ipotesi che la mancanza di materiale sia dovuta alla “inesistenza" di quella parte emergente, così come lui la ipotizza! Dà per scontato che l’oculo della Tholos fosse chiuso, senza dir nulla circa il gusto estetico di quell’oculo, tanto particolare che già nella forma rivela funzionalità. La cura dei particolari costruttivi di quell’oculo di perfetta forma circolare, la smussatura accurata del profilo superiore, nonché la perfetta lavorazione della parete interna a tronco di cono, denotano una funzione ben precisa. Perché rifinirlo in tal modo quell’orifizio, se poi sarebbe stato definitivamente occluso?! (Fig.1).
Forma e cura del particolare profusi nei due conci che formano l’oculo, hanno riscontro estetico nell'intera struttura, dove la cura dei particolari assurge a ricerca della perfezione.



Fig.1


A pag. 21 il Moravetti ancora scrive: "Purtroppo, il monumento conserva soltanto la parte ipogeica, mentre dell’elevato ci è pervenuto soltanto il profilo di pianta che, tra l’altro, non sembra riflettere pienamente il disegno originario. Le strutture emergenti sono attualmente limitate al muro perimetrale – a forma di serratura di chiave – che racchiude l’atrio rettangolare ed il tamburo del pozzo ed è dotato di un sedile a parete, riferibile con ogni probabilità ad epoca più tarda: il tutto è delimitato da un recinto ellittico (m 26x20) che, con unico ingresso coassiale al vestibolo, separa l’edificio sacro dalle altre strutture del santuario." Lo studioso da una parte scrive che la struttura in elevato è totalmente demolita; dall'altra asserisce che  le strutture emergenti sono limitate attualmente al muro perimetrale. Ciò farebbe intendere che il muro perimetrale (realizzato con conci poliedrici a secco) sia quello del tempio aereo, che però poco prima è ipotizzato di struttura isodoma come a Su Tempiesu di Orune.

A queste affermazioni del Moravetti, in modo involontario nello specifico, ho dato una risposta in un mio articolo, indicando le incongruenze che inficiano l’ipotesi di una struttura in elevato di conci isodomi sovrastante il pozzo; avanzando inoltre una idea alternativa relativa al tempietto stesso, funzionale al rito che lì si svolgeva, ma non al tempio in quanto tale2; per altro senza alcuna velleità di ricercare una verità assoluta.
In quell’articolo non ho pensato neanche per un attimo a paragonare il pozzo di Santa Cristina alla fonte sacra di Su Tempiesu, come fa il Moravetti; tanto meno ipotizzo una ricostruzione simile a quella di Santa Vittoria di Serri portata ad esempio dallo studioso nella sua pubblicazione.
La ricostruzione del pozzo sacro di Santa Vittoria di Serri (vedi disegni di pag. 16 della guida del Moravetti), ipotizza il completamento fuori terra della tholos che copre il pozzo e non un tempietto aereo a se stante sopra la tholos come si vorrebbe a Santa Cristina.
A tal motivo sarebbe stato più pertinente l’esempio del pozzo sacro di Sa Breca di Tertenia, o quello di Is Pirois di Villaputzu dove la tholos cieca di entrambi i pozzi (senza oculo in sommità) è sovrastata da una seconda tholos, che sembrerebbe mostrare poca attinenza col pozzo stesso (che sia stata, la seconda, realizzata in tempi successivi?)
Mi rendo conto di andare contro corrente, vista la propensione degli studiosi del settore di riconoscere quale archetipo del pozzo sacro “un edificio composto da un elemento di pianta circolare (torre?) in corrispondenza della camera ipogeica del pozzo, e da un vano rettangolare costituito dal vestibolo, coperto con tetto “a doppio spiovente3.
Benché nulla si possa escludere e tutte le ipotesi rimangano tali fino a prova contraria, rimango dell'idea che il pozzo di Santa Cristina sia un unicum come lo sono quelli di Santa Vittoria di Serri, Sa Breca, Is Pirois, Funtana coberta, e come lo sono tutti gli altri pozzi sacri: nessuno di essi è uguale ad un altro. Ragion per cui non mi sbilancerei ad affermare con assoluta certezza che sopra il pozzo di Santa Cristina ci fosse un tempietto aereo simile ad altri... quali altri? La ragione l’ho esposta in quel mio articolo nel quale scrissi, con parole diverse ma simile intendimento, che il pozzo di Santa Cristina, benché completamente ipogeico, risponde alle caratteristiche di tutti i pozzi e fonti sacre documentati in Sardegna ossia; il modulo costruttivo è rispettato data la presenza della tholos e della scala d'accesso costretta da due ante di muro raccordate al recinto circolare che simula4 un tempio esterno; ovvero simula quello che in altri pozzi sacri è il perimetro esterno del pozzo stesso; che sia la tholos completamente interrata (Santa Cristina) o parzialmente interrata (Santa Vittoria di Serri e Funtana coberta) o interamente fuori terra (fonte di Su Tempiesu), ha poca importanza. Il pozzo di Santa Cristina, così com'è, è funzionale al rito; il resto fantasticamente aggiunto per similitudine dagli studiosi, è superfluo se non supportato da cognizione di causa, come nel caso, ipotizzato dallo scrivente, del pozzo sacro di Sant'Anastasia di Sardara.

    Per quanto riguarda il suo aspetto originario, si può ipotizzare di tutto a riguardo del pozzo di Santa Cristina, fatto sta che le prove esibite sulle caratteristiche architettoniche funzionali a due ierofanie luminose in due momenti dell'anno ben precisi e documentati5, sono a favore di un tempio completamente ipogeico con una struttura in elevato che poteva pure esistere, ma realizzata in modo da consentire le manifestazioni ierofaniche il 21 di aprile, il 21 di giugno e di conseguenza, il 21 di agosto.

Fatta questa doverosa premessa mi accingo a valutare il pozzo di Santa Cristina dal punto di vista prettamente tecnico per arrivare infine ad illustrare le possibili fasi di costruzione del monumento.
***
Se non entrassimo nel merito della prassi costruttiva del monumento, avremmo fatto il lavoro a metà e di certo lasceremmo spazio a giustificati dubbi sulla reale volontà edificatoria di quel pozzo, in ordine agli eventi registrati.
In sostanza è necessario dimostrare in modo sequenziale la fattibilità del monumento, in rapporto alle ipotesi astronomiche addotte, presupponendo un progetto preparatorio, così come lo impostai e spiegai nell'articolo sulla “Postierla di Murru Mannu” in Tharros.
Cercherò di dimostrare la fattibilità del progetto in relazione alla data del 21 di aprile e del 21 di giugno: solstizio d'estate. Mi fermerò, evidentemente, lì dove la logica impone di scartare l'ipotesi intrapresa, però, se il “modo” dimostrerà la coesistenza degli eventi scoperti e descritti nello studio, quel “modo” potrà essere quello verosimile.
L’analisi costruttiva imporrà una serie di problematiche di natura prettamente tecnica di imprescindibile soluzione, pena l’impossibilità di proseguire i lavori che dovranno, alla fine, riflettere la situazione materialmente realizzata. Questo di certo imporrà delle ipotesi, che comunque si baseranno su tecniche alla portata di quelle genti.

1. Considerazioni iniziali

E' quasi impossibile che quei costruttori non si siano avvalsi dell'utilizzo di disegni di progetto, perché la complessità dell'edificio risponde a criteri geometrici di alta precisione combinati a notevole difficoltà costruttiva che, senza l'ausilio di un “quadro preparatorio”6, poteva inficiare la riuscita del progetto. Certamente non penso a disegni tecnici come li intendiamo noi oggi, con tanto di piante, sezioni e prospetti, misure scritte e quant’altro; ma almeno un progetto di massima per impostare le strutture architettoniche principali, tali da consentire la realizzazione della scalinata con adeguata pendenza e numero preordinato di gradini; e la costruzione della tholos secondo inclinazioni ben precise e numero e spessore degli anelli adeguato allo scopo. Questo possiamo ipotizzarlo alla luce di quanto appreso a Giorrè, dove fecero uso del compasso per tracciare il cerchio del tempietto circolare e con quello (il compasso) descrissero pure l’ovale del recinto sacro geometricamente connesso col cerchio del tempietto circolare7; ciò significa che quelle genti erano avvezze alla realizzazione di un disegno (tracciamento) preliminare per le loro costruzioni.
Useremo nella nostra descrizione dei metodi “empirici” capaci di risolvere quei problemi geometrici che presumibilmente erano alla portata di quelle antiche genti, evitando quei metodi che richiederebbero cognizioni geometriche di grado superiore che non vogliamo e non possiamo pensare fossero conosciute da quelle genti senza prove che lo dimostrino. Useremo soluzioni dettate dall'ingegno,  abbinato a riscontri di carattere empirico, che comunque esulano da un elaborato procedimento di carattere astratto richiesto dalle formule matematiche.
Analizzeremo per quanto possibile tutte le particolarità del pozzo, per capire dove si arresta la scienza a favore della casualità.

La parte finale dello studio sarà scandita da una descrizione passo passo delle fasi di lavoro, che giustificherà la messa in opera di quei particolari architettonici che man mano servivano al raggiungimento dello scopo. I disegni da me elaborati sono il risultato finale di un approccio che ha richiesto varie modifiche della sequenza lavorativa.

2.1 I dati di progetto

Il progetto parte da alcuni dati fondamentali di partenza:
  • date principali da ritualizzare:
21 di aprile
21 giugno
  • caratteristiche architettoniche:

profondità della falda artesiana
azimut di orientamento della scalinata
24 gradini della scalinata8
24 anelli che compongono tholos (22 anelli) e bacile (2 anelli)9
12 piattabande di copertura della scalinata

Per quanto riguarda l'avvio di questo studio, ho ipotizzando la profondità della superficie piezometrica della falda artesiana, deducendola a ritroso dalla quota altimetrica dell’acqua nel bacile.
Ho misurato un dislivello tra bordo dell’cculo e il fondo del bacile di 6.88 m; mentre la quota dell’acqua è a 47 cm sempre dal fondo del bacile, per tanto la quota di sfioramento del troppopieno è ad una quota di 6.41 m dal bordo dell’oculo.
Ammettiamo per tanto che la superficie piezometrica sia ad una profondità di 5.40 m dal bordo superiore dell'oculo.10
Altre misure, come lo spessore della piattaforma di fondo sono pure ipotetiche.

2.2 alcune misure della tholos
E' necessario ai fini del nostro studio entrare nel dettaglio delle misure della tholos, per dire che tutti gli anelli che formano la cupola non hanno spessore costante, ma inaspettatamente la loro misura varia continuamente quasi a voler confondere le idee a chi cerchi di attingere al segreto della sua costruzione. Notiamo che le misure riscontrate nel 12° anello variano da in minimo di 42.6 cm ad un massimo di 44.0 cm in asse della scalinata e un minimo di 42.2 cm e un massimo di 44.7 cm su quello ortogonale; con una media di 43.37 cm.11 Per quanto riguarda i restanti anelli, quelli sottostanti il 12° hanno spessori che variano dai 30 cm ai 27 cm, con una media di 28.5 cm. I dieci anelli sopra il 12° hanno spessori che variano da 26 cm a 32 cm, con una media di 29.0 cm. La media generale è di 28.75 cm, che, fatte le debite approssimazioni, equivale a 2/3 di 43.37 cm (precisamente a 28.75 x 3/2 = 43.125 cm).12


segue

Note e riferimenti bibliografici

1 Nell’angolo sud-est del perimetro esterno della chiesa dedicata alla Santa è incastonato un concio isodomo di basalto, che reca una particolare scanalatura. Di certo il concio fu tratto dal sito del pozzo, ma di certo non faceva parte del tempio aereo ma sicuramente di una qualche suppellettile legata al convogliamento rituale dell’acqua o altro liquido.

2 Nella prima parte dell'articolo sul pozzo sacro di Santa Cristina ipotizzai la presenza di un tempietto aereo per salvare, per così dire, la tesi di Arnold Lebeuf sul carattere lunare del pozzo. In sostanza l'ipotetico tempietto copriva il recinto interno circolare in corrispondenza dei sedili, ma lasciava la possibilità alla luce lunare e solare di entrare dell'oculo della tholos.

3 Ercole Contu e Riccardo Cicilloni “Nuove considerazioni sulle ipotesi ricostruttive dei pozzi sacri nuragici" in
https://www.academia.edu/33688199/PAGLIETTI_G._PORCEDDA_F._DORO_L._eds._2017._Notizie_and_Scavi_della_Sardegna_Nuragica._Abstract_book._Poster

4 La Dott. Lavinia Foddai, che ha studiato l'insediamento di Paule S’Ittiri, scrive: “Situato nella piana del Riu Mannu – cornice ambientale del sistema insediativo che verte sui nuraghi Santu Antine di Torralba e Oes di Giave – il complesso nuragico di Paule S’Ittiri si distingue per la presenza di un’area cultuale unica nel suo genere e, per questo, di notevole interesse. Il sito comprende i resti di un esteso abitato e di un recinto che racchiude alcune strutture accomunate dal rigido riproporsi di un modulo architettonico costante tanto nella stesura in pianta quanto nelle dimensioni e nell’orientamento, esito di un progetto unitario. Si tratta di quattro edifici – tre dei quali inglobati nel perimetro del témenos mentre il quarto se ne discosta per rispettare l’orientamento – costituiti da un ambiente circolare con seduta perimetrale preceduto da un breve atrio trapezoidale. La planimetria richiama lo schema di edifici sacri (Sos Nurattolos-Alà dei Sardi, Janna ’e Pruna-Irgoli, Sa Carcaredda-Villagrande Strisaili, Sirilò-Orgosolo, “Capanna del capo” di Santa Vittoria-Serri, Su Monte-Sorradile, Serra Niedda-Sorso) che imitano i templi connessi al culto delle acque (pozzi e fonti sacre) sebbene privi di elementi ipogei e di strutture di adduzione idrica.” (mio il sottolineato ndr). Tratto dalla rivista: Layers archeologia, territorio, contesti – supplemento al n° 2-2017 - Notizie e scavi della Sardegna nuragica - Lavinai Foddai - Il complesso nuragico di Paule S’Ittiri (Torralba, Sassari). Note preliminari pag. 60-62.

5 La data del 21 aprile è documentata per la prima volta in un saggio dell’arch. Borut Juvanech che studiò il pozzo di Sant’Anastasia di Sardara. La seconda è documentata, in modo del tutto indipendente, dal sottoscritto nella cosiddetta “postierla” di Murru mannu in Tharros.

6 Per “quadro preparatorio” intendo un progetto in senso lato, ossia un qualche mezzo, anche mnemonico per certe fasi, tale da prevedere e rendere efficace l'intento costruttivo.

7 S. Angei 2017 Giorrè tra geometria e astronomia su Maimoniblog   http://maimoniblog.blogspot.com/2017/11/giorre-tra-geometria-e-astronomia.html

8 Le guide archeologiche in genere dicono e scrivono che i gradini della scalinata sono 25. Ma ciò è falso in quanto il gradino è definibile quale “elemento architettonico atto al superamento di un dislivello”. In ragione di ciò, nel caso limite di un solo gradino atto al superamento di detto dislivello, si ha una alzata e una pedata che corrisponde, quest'ultima, col piano superiore. In ragione di ciò, il piano inferiore non fa parte del “gradino”. Sulla base di questa spiegazione, contiamo dal piano che contiene il bordo del bacile, che non fa parte della scalinata, 24 alzate e 24 pedate.

9 Si noti che nella sua accezione simbolica possiamo considerare anello, anche il cerchio di fondo del bacile.

10 Le misure in blu sono ipotetiche ma verosimili e funzionali allo studio.

11 A. Lebeuf, nel suo libro del 2011 “Il pozzo di Santa Cristina un osservatorio lunare - Edizione Tlilan Tlapalan“ misura in 43.25 cm lo spessore medio del 12° anello.

12 Solo per la cronaca: quando mi apprestai a misurare l’altezza del pozzo, ottenni la misura di 688 cm; fatto sta che non potendo accedere al bacile lustrale per verificare la presenza o meno di sedimenti nel fondo, la misura potrebbe essere leggermente maggiore rispetto a quella rilevata, dell’ordine di 1 o 2 centimetri. La qual cosa andrebbe a tutto vantaggio della "precisione maniacale” che contraddistingue l’operato del geometra. Infatti se aggiungessimo 2 cm alla misura otterremo: 690 cm/24 = 28.75 cm x 3/2 = 43.125 cm. In ogni caso le differenze sono tanto esigue: dell’ordine del millimetro, che non vale la pena di spaccare il capello in quattro.

2 commenti:

  1. OK. Certo, 24 alzate e 24 pedate. Del resto non era possibile che fosse presente una anomalia tanto vistosa con l'interruzione dell'armonia numerologica che porta, con il 12 delle lastre a piattabanda, al numero sessanta. Un numero, da quello che so, assai significativo dal punto di vista della 'religio'non solo nuragica. Non solo, assai significativo per la 'lettura' in sintesi del 'documento' solare e lunare assieme. Ma sono sicuro che su di ciò avrai riflettuto. Un monumento così sofisticato come quello chi ci stai descrivendo difficilmente può prescindere dal 'senso' che possono dare 'certi numeri'.

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  2. Ho riflettuto a lungo ma è meglio non sbilanciarsi nell'individuare numerologie che conducono lontano, forse troppo. Il numero 60 di certo, come Lei dice, possiamo individuarlo facilmente nei 24 cerchi della tholos + 24 gradini della scalinata + altri 12 gradini della copertura; ma quale significato dargli dal punto di vista simbolico fuori dalla cabala, l'esoterismo e i significati terreni e ultraterreni imposti dalle religioni sotto l'alibi della fede, è cosa ardua. Così non è per il numero 3, il 9, il 12 e il 24, per i quali è possibile individuare una connotazione ben precisa. Alcuni tra i numeri appena elencati hanno la loro origine in ambito geometrico e astronomico, altri solo astronomico o geometrico. Per tanto questi numeri verosimilmente vengono individuati nell'ambito delle scienze esatte e solo in seguito saranno acquisiti in ambito antropologico attraverso il simbolismo legato al culto del sole. Ma è ancora presto per parlarne.

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