di Sandro Angei
Alla fine della recensione post mortem al libro di Danilo Scintu scrivevo: "Le Domus de Janas non parlano solo di morte. Parlano di passaggio, di relazione tra sopra e sotto, tra luce e ombra, tra gesto umano e ordine cosmico. E forse, per comprenderle, dobbiamo smettere di cercare la regola e iniziare a cercare il ritmo.
Se vogliamo davvero comprendere il messaggio custodito nelle Domus de Janas, non possiamo limitarci a misure, numeri o simboli astratti. Dobbiamo osservare il loro orientamento, la luce, il ciclo solare, e usare le dimensioni in funzione di quelli. Dobbiamo chiederci: quando e come il sole entra in queste tombe. Perché il sole non è solo fonte di vita: nelle Domus de janas è agente rituale, divinità penetrante che collega il mondo dei vivi con quello dei morti.
Il sole e la sua luce potrebbero spiegare il significato dei simboli graffiti sulle pareti e sui soffitti di quegli ipogei – non tutti forse – ma alcuni probabilmente. Ma non è questo il luogo per parlarne. Finiamo quindi qui la nostra disquisizione. Certi di aver contribuito a togliere un po' di quella nebbia che il tempo ha calato su una cultura distante millenni dal nostro tempo."
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Poche sono state, da parte mia, le opportunità di studiare strutture antecedenti l'età nuragica. Nessuna relativa alle domus de janas. Certamente l'avvio degli studi non è avvenuto dalla richiesta di una recensione al libro di Danilo Scintu. Qualche idea nel "cassetto" già esisteva, dettata in verità dall'intenzione di trovare l'anello mancante tra neolitico sardo ed età nuragica. Quell'anello mancante che fino a questo istante mi impone, in mancanza di prove contrarie, che i modelli legati alle manifestazioni luminose del nuraghe Santa Barbara di Villanova Truschedu, ad esempio, o , per citarne un altro: del pozzo sacro di Santa Cristina, siano stati concepiti e attuati per la prima volta in età
nuragica e post nuragica. O meglio, per quanto riguarda il pozzo sacro, che la manifestazione luminosa riflessa nell'acqua possa essere un portato della cultura Micenea (ne diedi notizia nello studio sul pozzo Di Garlo, Fig. 19 di quell'articolo).Forse le cose non stanno così. Quindi, con questo incipit, inizieremo un viaggio virtuale nelle domus de janas (Ddj) alla ricerca di quell'anello mancante alla stregua del riconoscimento di quello straordinario anello di congiunzione tra domus de janas e tombe di giganti che mostra il progressivo passaggio dalle une alle altre per via di particolari architettonici comuni.
Le osserveremo e le misureremo le domus de janas, non a "iarde" o "stibe", ma con angoli e direzioni.
Chi costruì le Ddj le concepì secondo canoni geometrici. Ma non dobbiamo paragonare l'ideatore di quegli ipogei ad un disegnatore, piuttosto un topografo tracciatore. E i canoni geometrici non riguardano il loro sviluppo in pianta o in alzato, piuttosto la posizione di certi particolari architettonici, fraintesi da alcuni, se non, addirittura, reputati insignificanti da altri.
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Il territorio di Bauladu è ricco di insediamenti di età nuragica, mentre risulta un solo sito di età prenuragica: la domus de janas di Santa Barbara de Turre.
Il sito, vicinissimo all'omonimo nuraghe, ha suscitato la mia curiosità per la sua insolita caratteristica.
Di norma le domus de janas recano il portello esposto nei quadranti sud-est e sud-ovest. Pochissime sono orientate verso i quadranti nord-est e nord-ovest. Rarissime sono quelle orientate verso nord. Una di queste è proprio quella di Santa Barbara de Turre.
L'orientamento verso nord impedisce alla luce solare diretta di penetrare nella piccola tomba.
Ho cercato informazioni, per sapere se altri avessero notato questa o altre particolarità di questa tomba di età neolitica. Sembrerebbe che alcuno ne abbia notate e tanto meno scritto. Quindi mi accingo all'esplorazione.
La particolarità riscontrata impone domande: perché fu scelto questo orientamento? Quale ne fu la causa? Fu una scelta dettata dalla natura del territorio, oppure da un rito religioso a noi sconosciuto? Oppure fu un evento malevolo a indurre quella comunità a privare intenzionalmente quel sepolcro di luce diretta?
Ad alcune di queste domande possiamo rispondere con una certa sicurezza.
Certamente non fu una scelta dettata dalla natura del territorio, perché lo sperone di roccia che contiene la tomba ha una parete ben esposta a ovest. Per tanto nulla ostava la realizzazione verso occidente.
Il sentimento religioso delle genti che realizzarono le domus de janas era indubbiamente legato all'auspicio di nuova vita dopo la morte, in analogia con la ciclicità del percorso solare quale esempio sublime di rigenerazione. Tutti i logogrammi presenti in centinaia di questi sepolcri (si stima siano censite 3500 Ddj) confermano questa lettura: spirali, corna e protomi taurine, porte virtuali (quelle che danno il nome a questi caratteristici sepolcri - janas). Per tanto mi domando: perché negare la luce diretta a questo sepolcro? Si potrebbe pensare ad una sorta di maledizione sui resti mortali di qualche individuo. Ma le domus de janas erano tombe collettive, per tanto escluderei questa ipotesi.
Possiamo escludere anche l'ipotesi che la domus fu scavata con tale orientamento per mera noncuranza del costruttore. Chi scavava questi ipogei era conscio dei motivi religiosi legati all'orientamento, tant'è che la stragrande maggioranza delle domus de janas hanno il portello d'ingresso rivolto ai quadranti meridionali.
Senza altri dati le ipotesi si fermano qui, e quindi lo studio rimarrebbe "al palo", come si dice. Ma come vedremo nel prosieguo dell'indagine, altri dati apriranno la via a una nuova ipotesi. Quindi è necessario descrivere il sepolcro e le sue caratteristiche.
Descrizione
Il sepolcro è composto da una anticella d'ingresso, preceduta da un ambulacro profondo circa 70 cm. L'anticella è provvista, sulla parete di fondo, di una nicchia a tutt'altezza; a destra di quella vi è un varco che immette in una angusta cella, lunga circa 110 cm, larga e alta non più di 70 cm.
La seconda particolarità sta proprio in questa celletta interna, illuminata in modo inaspettato da luce diffusa che penetra da una sorta di finestrella orientata verso nord-ovest ed inclinata in modo tale che, di primo acchito, parrebbe che il sole possa illuminare il suo interno con una macchia di luce di forma ellittica. Ma l'osservazione rivelerà sbagliata questa prima calda ipotesi.
Il varco che dà luce alla cella interna parrebbe intenzionale (Fig. 2), non il risultato di un evento traumatico, come si riscontra in altre domus de janas. Seppure non possiamo escludere a priori che si tratti di un foro naturale. Ma in tal caso non fu il foro a essere realizzato in funzione della cella, ma la cella in funzione del foro.
Subito ho intuito che l'orientamento della finestrella poteva consentire l'accesso diretto della luce del sole nel periodo a ridosso del solstizio d'estate. Così, munito di pazienza, e convinto dalla supposizione, ho vissuto con trepidazione il passare dei giorni. Finché il giorno 7 di giugno 2025 ho rotto gli indugi perché, a parte la grande curiosità sulla forma della manifestazione luminosa, non sapevo quanto lungo sia l'arco temporale di presentazione dell'immagine. D'altro canto quel giorno la posizione del sole si discosta non troppo da quella al solstizio d'estate (tramonta con un scarto angolare orario di 1° 09').
Esperienza del 7 giugno il 2025
Mi avvio alla tomba. Osservo il sole. È ancora alto nel cielo. Attendo. Ogni tanto, dall'esterno, guardo la parete di sinistra del foro cilindrico, e vedo che la luce avanza verso l'orlo interno e quando è lì lì per entrare nella celletta, regolo il mio cellulare in modalità: filmato in time-lapse. Entro carponi nella grotticella e posiziono il cellulare nella parete prospiciente l'immagine solare che si sta già delineando al margine dell'aura luminosa che penetra diffusa dentro la cella. Avvio il filmato e attendo. Sono le 5:30 del pomeriggio, esco dalla grotticella. Ho la tentazione di andare a sbirciare dall'esterno della finestrella, ma so già che è del tutto inutile, perché nel momento in cui sbircio, mi frappongo tra sole e parete e, intercettando i raggi solari col mio corpo, vanificò lo spettacolo luminoso. Per tanto l'unica possibilità è quella di entrare ogni tanto dentro la grotticella e vedere l'immagine attraverso lo specchio che riflette, speculare, quella del cellulare e, contemporaneamente, quella dell'immagine diretta.
Attendo ancora un poco. Vedo, con entusiasmo, che l'immagine allungata che prima procedeva sul pavimento della celletta, lentamente si avvia a salire la parete tra lo stipite e la soglia del varco tra le due camere - promette bene - penso.
Esco nuovamente. Attendo quindici minuti. Rientro. Osservo il cellulare e mi rendo conto che sta riprendendo l'immagine di un vero e proprio corno che si è formato nella parete affianco al varco tra le due camere.
Capisco quel che sta succedendo, e benché ancora abbia l'idea che l'immagine prima o poi diventi pseudo ellittica come il varco, sovviene il dubbio che ciò non accada. Ciò che vedo mi induce a constatare che, in un dato momento della giornata, nei giorni a ridosso del solstizio d'estate il sole, entrando nella celletta, disegna un corno di luce come quello del pozzo sacro di Is pirois - per intenderci – percorrendo inizialmente il pavimento della cella. Poi sale la parete da sinistra verso destra e dal basso verso l'alto, come nel pozzo sacro di SantaCristina. È un corno di luce con la punta rivolta verso il suo procedere. Lambisce l'angolo tra la soglia e lo stipite della porta tra le due celle, e lì a un certo punto, si dirama un ramo di corno che sembra voglia accedere all'anticella1. Ma nel mentre, lentamente, continua a salire, perde quel ramo e si trasforma in mandorla che ricorda il fregio delle statue stele di Laconi (associato, in modo discutibile, a un pugnale con due lame contrapposte). Pian piano, ancora si trasforma in corno, si allunga e si assottiglia, per poi fermarsi e pian piano sfuma rosseggiante, quasi assorbito dalla roccia. Permane, infine, l'aura luminosa diffusa.
Con entusiasmo constato che l'immagine non assume mai la forma d'ellisse, a conferma che quel foro fu realizzato per creare una immagine particolare.
Esperienza del 21 giugno - solstizio d'estate
Il giorno 21 di giugno - solstizio d'estate - il rigore metodologico del ricercatore mi impone di filmare nuovamente l'evento; poiché, anche se impercettibilmente, in 14 giorni il Sole ha modificato la sua posizione apparente.
In effetti le cose sono cambiate. Il corno più non si sdoppia per tentare l'accesso all'altra cella, ma sale diretto verso l'alto, percorrendo quasi lo stesso percorso osservato in precedenza.
Quando l'immagine si spegne il sole sta tramontando adagiato sulle colline a nord ovest.
Che meraviglia! È questa l'immagine voluta da quelle antiche genti: il corno di luce?
Come viene creato il corno di luce?
La costruzione del corno di luce
La forma geometrica più vicina all'immagine proiettata nella domus de janas è la vesica piscis, ossa quella figura geometrica piana che si ottiene dall'intersezione di due cerchi di identico raggio, i cui centri si trovano sulla circonferenza dell'altro cerchio (Fig.9).
Riferendoci, ora, ad un sistema tridimensionale, immaginiamo un cilindro con pareti laterali opache e basi circolari trasparenti che viene attraversato da un fascio di luce solare collimato. Quando il cilindro è orientato con il proprio asse non parallelo alla direzione del fascio (ovvero inclinato rispetto alla sorgente luminosa), si osserva sul piano di uscita — o su un piano posto oltre la base opposta rispetto alla sorgente — una figura proiettata risultante dalla sovrapposizione parziale di due proiezioni circolari sfalsate (Fig.10).
Nel nostro caso il foro pervio che illumina la piccola cella della domus de janas è assimilabile a un cilindro con base ellittica, lungo 55 cm, e le basi con asse maggiore 30 cm e asse minore 15 cm. L'asse maggiore inclinato di circa 20° zenitali verso sud. L' asse del cilindro è orientato con un azimut di 300° Alt. 25°. Ma l'inclinazione di 25° il 21 di giugno la si ottiene solo ad un azimut di 280°
Questo solido rende la vescica piscis più snella rispetto a quella del cilindro con base circolare, rendendo l'immagine luminosa più vicina a quella di un corno (Fig.11).
Una considerazione
Abbiamo compreso che la pseudo vesica piscis presente nella domus de janas di Santa Barbara de Turre è generata dall’intersezione di due archi: uno riferito all’ellisse interna e l’altro all’ellisse esterna del cilindro ellittico. (Fig. 12).
In sostanza, i due elementi che generano la figura luminosa risultano disgiunti tra loro. Una simile disgiunzione tornerà, almeno un millennio dopo, come principio alla base delle manifestazioni luminose osservabili nel nuraghe Santa Barbara di Villanova Truschedu, nei pozzi sacri di Santa Cristina e di Funtana Coberta a Ballao, e nella cosiddetta 'postierla' di Murru Mannu a Tharros.
Una seconda considerazione
Se, come penso che sia, la manifestazione luminosa è intenzionale, pure la sua forma è intenzionale.
Non è la forma della manifestazione luminosa a essere generata da una figura tridimensionale ma, viceversa, la forma luminosa auspicata impone una forma tridimensionale ben precisa capace di generarla in modo altrettanto preciso.
In sintesi: l’architettura del manufatto è stata modellata in funzione della figura luminosa che si voleva ottenere, e non il contrario.6 Ciò implica:
- una conoscenza avanzata dell’interazione tra luce e materia,
- un intento simbolico o rituale dietro la progettazione,
- una volontà di comunicare attraverso la luce, come fosse un linguaggio.
Il corno di luce del sepolcro di Santa Barbara de Turre trova il suo naturale richiamo nella protome taurina o le corna scolpite "materialmente" in molte domus de janas. In quelle la divinità parrebbe manifesta, ma è solo una sua immagine creata dall'uomo per l'uomo. In altre, come quella qui analizzata, l'epifania è tangibile, benché si manifesti, lucifera, in un circoscritto lasso di tempo.
Questa connotazione suggerirebbe se non un cambio di paradigma nei confronti della divinità taurina solare, almeno una variante locale o una innovazione individuale. La divinità, o qualsiasi elemento ad essa legato, non sarebbe più fissata per sempre nella roccia, ma si rivela ciclicamente in modo effimero attraverso la luce.
E' una lettura, quest'ultima, che di primo acchito potrebbe sembrare solida, ma nel prosieguo dello studio vedremo che si rivelerà falsa, in virtù di approfondimenti che vedranno protagoniste altre Ddj che recano proprio quelle incisioni che sono arrivate intatte fino a noi.
Risposte a dubbi legittimi
"Una teoria è scientifica solo se può essere confutata da un esperimento. Basta un solo caso contrario per falsificarla." Il pensiero di Popper indica la strada da percorrere. E noi non ci sottrarremo al giudizio scientifico. Scandaglieremo, e chiederemo di scandagliare, tutte le possibili soluzioni alla ricerca della prova che confuti la teoria. Nel frattempo cercheremo prove a conforto del nostro pensiero.
Ma già una obiezione si fa largo e altre, di sicuro, ne seguiranno.
Obiezioni dell'avvocato del diavolo.
1° obiezione: L'avvocato distoglie lo sguardo dal saggio che ha appena finito di leggere. Si toglie gli occhiali, si erge in tutta la sua altezza, e con sguardo penetrante avvia la sua arringa. Secondo noi (avvocato e il suo cliente), benché l'orientamento in effetti sia singolare, e la luce del sole sia convogliata da quel pertugio all'interno della celletta, che altrimenti sarebbe perennemente in ombra, non vedo alcunché di spettacolare nella forma della vesica piscis, perché in un dato momento del giorno fin verso il tramonto, in un certo lasso di tempo a cavallo del solstizio d'estate, i raggi solari formano sempre una vesica piscis, come mi suggerisce il mio cliente. Anzi, dirò di più, qualsiasi orientamento abbia il varco, da est a ovest passando per il mezzogiorno, formerà sempre, in un dato momento, una vesica piscis, come, d'altronde, vi sarà un momento che i raggi solari penetrano radenti le pareti interne del varco, rendendo l'immagine proiettata, tale e quale a contorno del varco stesso.
Risposta: A riguardo della prima parte della Sua obiezione, avvocato, certamente è vero che ogni orientamento del varco forma una pseudo vesica piscis, anche quando i raggi solari sono paralleli all'azimut del suo asse. A riguardo della seconda parte dell'obiezione le rispondo che solo in un caso si verificherebbe la perfetta coincidenza della forma del varco con quella dell'immagine da esso proiettata; ossia quando i raggi solari sono paralleli sia all'azimut che all'angolo zenitale del varco stesso; e visto che mi stuzzica, le dimostro quante siano le probabilità che quell'evento accada nella nostra domus de janas.
Ammettiamo innanzi tutto di mantenere inalterata l'inclinazione del varco che, lo abbiamo già detto, è pari a circa 25° sopra l'orizzonte. Questo evento si manifesta con maggiore probabilità, man mano che l'orientamento dell'orifizio tende verso la direzione compresa tra Sud Sud-Ovest e la direzione Ovest Nord-Ovest. Se orientiamo l'orifizio esattamente al mezzogiorno, non vi è alcuna possibilità che l'evento accada, perché il sole al mezzogiorno del solstizio d'inverno ha un'altezza di 27°,0274. Ben oltre i 25° di inclinazione del varco.
L'orientamento ottimale, quindi, è quello che spazia tra 197° e 280°. Ad un azimut di 197° il sole al solstizio d'inverno ha un'altezza di 25°. La stessa altezza la assume ad un azimut di 280° al solstizio d'estate. In ragione di ciò vi sono 365 possibilità su 365 giorni (100% di possibilità) di trovare un giorno durante il quale i raggi solari si approssimano all'asse del varco, pari a 25°, e orientato ad un qualsiasi azimut compreso tra 197° e 280°.
Fuori da quel ventaglio angolare non vi è alcuna possibilità che i raggi solari coincidano con l'asse del varco. Quindi nel nostro caso, essendo l'orientamento del varco ad un azimut di circa 300°, le possibilità si riducono drasticamente a zero. In ragione di ciò la pseudo vesica piscis della nostra domus de janas non diventa mai un ovale a immagine e somiglianza dell'orifizio che la manifesta. Questo dato giustifica l'intenzione, di chi architettò il congegno, di voler realizzate una immagine che richiamasse la vesica piscis e quindi il corno.
A sostegno di questa affermazione vi è da dire, inoltre, che benché il rapporto tra asse maggiore e asse minore della pseudo ellisse del foro sia pari a 0.5, il corno di luce si mantiene nel rapporto massimo di 0.3, generando sempre una pseudo vesica piscis molto schiacciata, in virtù del particolare orientamento dell'asse del varco.
2° obiezione: L'avvocato accusa il colpo ma insiste e domanda: "Perché quella da Lei scoperta non potrebbe essere una manifestazione luminosa dettata dal caso? D'altronde, come Lei stesso asserisce, qualunque sia l'orientamento del varco, tra 180° del mezzogiorno a 300° del tramonto del sole al solstizio d'estate, l'immagine è sempre quella di una vesica piscis. Per tanto anche orientando il varco, poniamo, ad un azimut di 210° ed una altezza di 30°, quello, in un dato giorno dell'anno restituirebbe una vesica piscis."
Risposta: Suvvia avvocato! Non focalizzi l'attenzione solo e soltanto sull'immagine della vesica piscis: è riduttivo nei confronti della tesi.
Vi sono tre elementi, o se vogliamo: anomalie, che inducono a pensare che la manifestazione luminosa sia intenzionale.
1° elemento anomalo: l'ingresso alla domus de janas è orientato verso il nord geografico; ossia quella direzione che inibisce l'illuminazione diretta dentro la tomba. Caso rarissimo benché, forse, non unico (così, almeno, possiamo apprendere dall'elenco che pubblica la Dr. Giuseppa Tanda nel suo saggio "Le domus de janas decorate con motivi scolpiti" Vol. 1 cap. III - Monumenti e territorio pag. 56).
Fosse un caso, sarebbe casuale l' orientamento di tutte le domus de janas, dato che ve ne sono orientate a nord-est, est, sud-est, sud, sud-ovest, ovest, nord-ovest.
Noti, caro avvocato, che le direzioni appena elencate descrivono il percorso del sole al solstizio d'estate. Non è contemplato il tragitto nord-ovest, nord, nord-est che, con tutta evidenza, è fuori dalla "portata" del sole.
2° elemento anomalo: Il foro che illumina la celletta di deposizione è orientato verso nord-ovest, ossia la direzione in cui tramonta il sole al solstizio d'estate, consentendo ai raggi solari diretti di entrare con un pennello di luce nella celletta, quando incombono le ultime ore del pomeriggio fino al tramonto, nel periodo a cavallo del solstizio d'estate. In sostanza, in quel periodo, i raggi solari iniziano a penetrare nella cella quando il sole raggiunge un azimut di 270°.
Se l'intento fosse stato solo quello di illuminare la cella, sarebbe stato più facile realizzare un'apertura di qualsiasi forma orientata a occidente.
Vi è da dire, inoltre, che alcun impedimento vi sarebbe stato a ricavare direttamente l'ingresso nella parete rocciosa esposta a ovest.
3° elemento anomalo: La manifestazione luminosa termina quando il sole sta tramontando dietro le colline. Questo non avverrebbe col varco orientato in altro modo.2 In sostanza, facendo un paragone teatrale, possiamo sostenere che si comporta come un sipario che si chiude su un’unica scena: quella del sole che si ritira dietro le colline, nel momento esatto in cui l’evento luminoso giunge al suo epilogo.
Le coordinate spazio-temporali sono ben precise, tanto da non lasciar adito a dubbi: nessuna coincidenza, ma studiata intenzionalità.
Sarò un visionario, ma caratteristiche come queste, ben connesse l'una con l'altra, inducono a pensare che quelle genti auspicassero la rinascita dopo la morte, lì dove quella speranza, riposta nella divinità taurina luminosa che da sempre si presenta fugace, non fu espressa in modo manifesto, anzi dava l'idea di esser negata. E questo, forse, perché il rito era un rito individuale e privato. Ogni uomo auspicava una rinascita e quindi la divinità doveva aiutare il singolo a percorrere il tragitto pieno di incognite, che lo avrebbe condotto verso quella rinascita. In ragione di ciò, il nascondimento della manifestazione assicurava l'accesso della luce divina, che altrimenti sarebbe stata in balia di intenzioni malvagie.3
3° obiezione: L'avvocato non demorde e, sicuro di se, affonda l'ennesima stilettata. Mi consenta un'altra domanda: quanto è lungo il periodo durante il quale si manifesta questo... corno?
Risposta: Mi aspettavo questa domanda e capisco dove vuole andare a parare, egregio avvocato. Le potrei dire che poco importava quanto lungo fosse il periodo di luce dedicato a quelle spoglie. Importante era il particolare periodo di luce a loro concesso.
Un periodo lungo poco meno di 100 giorni, constatato che il 10 di agosto il sole non penetra più dentro la piccola cella.4 Certamente un periodo lungo, ma non di meno dobbiamo considerarlo intenzionale.
Si potrebbe obiettare - e lei sicuramente avvocato la sta già pensando - che la manifestazione luminosa si protrae troppo a lungo nel tempo per poterla considerare dettata senza dubbio alcuno da precisa volontà. Ma le posso dire che anche in età nuragica l'evento luminoso si protrae per lungo tempo all'interno dell'edificio che lo accoglie. E benché la teofania abbia il suo culmine in un lasso di tempo estremamente breve - 6 giorni per il pozzo di Santa Cristina e tre giorni nel nuraghe Santa Barbara-; nel primo, il pennello di luce inizia a riflettersi nell'acqua già i primi giorni di febbraio e termina a metà novembre; mentre nel nuraghe Santa Barbara inizia la sua manifestazione già a metà settembre e si protrae fino ai primi di aprile. Ma ciò che accomuna, e dimostra l'intenzionalità di ognuna di quelle manifestazioni, è l'obiettivo che marca con esattezza il giorno preciso. Nel caso del pozzo di Santa Cristina è il cosiddetto "concio alfa" del 12° anello; mentre del nuraghe Santa Barbara era l'altarino (ora scomparso) presente all'interno del nuraghe. Nel caso della domus de janas di Santa Barbara de turre, invece, l'obbiettivo che marca l'evento è l'attimo in cui il corno di luce scompare nel momento esatto del tramonto del sole dietro le colline il giorno del solstizio d'estate.
La differenza tra i riti di età nuragica appena indicati e quelli di età neolitica sta nelle motivazioni che indussero a creare una manifestazione luminosa all'interno di edifici realizzati dall'uomo.
Nella domus de janas di Santa Barbara de turre, l'evento è dedicato alle spoglie mortali degli individui che lì venivano inumati, e in quanto tale, era un evento individuale d'auspicio per una nuova vita della persona i cui resti mortali lì riposavano, accolti e accompagnati dal sole nel suo eterno ciclo di morte e rinascita a nuova vita.
Caro avvocato, non so se lei lo abbia notato, ma quel lasso di tempo, dallo 1 di maggio al 10 di agosto, registrato nella Ddj, ricorda altre date, benché in modo approssimativo. Ricorda quelle registrate nel pozzo di Santa Cristina e, indirettamente (ma non meno scientificamente) nella postierla di Murru mannu in Tharros, dei pozzi sacri di Funtana coberta di Ballao e di Sant'Anastasia di Sardara. Nel pozzo sacro di Santa Cristina possiamo osservare la manifestazione luminosa che centra l'obiettivo (concio alfa del 12° anello), dal 16 al 21 di aprile e una seconda volta dal 21 al 26 di agosto. Questi lassi temporali, specifici di due eventi speculari attorno al solstizio d'estate, sembrerebbero andare controtendenza rispetto all'evento della nostra domus de janas: - nella tomba la luce si manifesta ininterrottamente, giorno dopo giorno, dal primo di maggio al 10 di agosto, mentre nel pozzo sacro il 21 di aprile la manifestazione scompare per riapparire il 21 di agosto. In sostanza, quel periodo, se nella tomba è contrassegnato dalla luce, quello del pozzo parrebbe contrassegnato dall'oscurità. Ma è solo un diversivo, perché nel pozzo sacro l'evento che termina il 21 di aprile (si consideri che quella del pozzo sacro è una manifestazione di previsione) prosegue lì dove i raggi solari, che tendono sempre più ad inclinarsi verso lo zenit, penetrano dall'oculo sommitale della cupola ogivale del monumento di Paulilatino. Decretando di fatto una continuità luminosa dal 21 di aprile al 21 di agosto.5
4° obiezione: L'avvocato, non pago, affonda ancora un altro colpo e, con un motto che sa d'arroganza, continua: "L'ipotesi formulata deve essere necessariamente confermata da altri dati in altre domus de janas. Pena l'infondatezza della teoria qui enunciata. Non basta tirare in ballo manifestazioni luminose che furono messe in atto almeno un millennio dopo: troppo facile come congettura e troppo lontana nel tempo."
Risposta: Vero, avvocato. Ciò non toglie che quella di Santa Barbara de Turre abbia delle particolarissime connotazioni che inducono a formulare una domanda dal sapore retorico: - che altra funzione può avere quella finestrella, che non può essere utilizzata ad altro scopo se non quello di ricevere luce dall'esterno? Perché l'accesso al sepolcro non fu ricavato direttamente nella parete che ospita quell'esigua apertura?
Ma a parte questa risposta d'impeto, ha ragione lei a chiedere prove, e scusi se divento arrogante ma, mi ha tolto le parole di bocca. Ecco le prove!
Andiamo nella domus de janas detta "delle clessidre", che fa parte di una serie di domus denominate "S'Adde 'e Asile" in territorio di Ossi (SS).
Questo ipogeo fu descritto minuziosamente dall'archeologa Pina Maria Derudas in "Necropoli ipogeiche di S'Adde 'e Asile e Noeddale (Ossi). Ma nella descrizione di una delle numerose celle che compongono l'ipogeo, il cui ingresso è sulla parete sinistra dell'anticella, manca un dato non di poco conto, di fondamentale importanza in questo studio. Non si menziona la presenza di una varco dal quale la luce penetra direttamente nell'angolo in alto a sinistra della cella, tra la parete di fondo, quella adiacente di sinistra e il soffitto . Particolare simile a quello della domus de janas di Bauladu, tanto che anche la forma del varco è simile, essendo in quella delle clessidre, di forma ellittica con asse maggiore di 39 cm e l'asse minore di 28 cm.
Note:
1 Sembrerebbe pura speculazione su una illusione ottica dovuta alla posizione dell'apparecchio di ripresa quella documentata nella Fig. 4 . Ciò non toglie che quella illusione sia intenzionale, dato che nel nuraghe Santa Barbara di Villanova Truschedu, la protome taurina si trasforma in fallo non solo per via del particolare architettonico che elide il corno destro (fig. 17), ma anche per la posizione dell'immagine distesa sul pavimento (Fig. 18).
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