Dopo un lungo indugiare a causa delle
malferme condizioni di salute e delle movimentate vicende politiche dell'epoca,
Max Leopold Wagner accettò di recarsi in Sardegna nel novembre del 1925 allo
scopo di effettuare le inchieste lessicali per l'Atlante Linguistico
Italo-Svizzero. Fu così che tra il 1925 e il 1927 il linguista tedesco fece la
spola tra la Sardegna e il Continente trattenendosi nell'isola per circa un
anno. Con l'aiuto di un questionario di circa 2.000 vocaboli soggiornò, non
sempre senza disagi, in 20 località dell'isola intervistando diverse decine di
informatori locali. Il presente volume contiene la descrizione del carattere
degli informatori e le condizioni generali della rilevazione, le osservazioni
fonetiche al questionario, oltre 90 foto e decine di schizzi con relativi
commenti, nonché alcune impressioni personali della sua esperienza nella
Sardegna di allora commentate dal linguista svizzero Siegfried Heinimann. In
questo modo Max Leopold Wagner lascia in eredità ai sardi materiali
linguistico-etnografici nonché etnologici rimasti finora inediti e sicuramente
tra i più significativi per riscoprire la Sardegna degli anni Venti del secolo
scorso.
Per
saperne di più: www.sardinnia.it
L’amore per la sua Sardegna lo
ha seguito in Germania e lì, a Stoccarda dove vive e lavora, si è proposto di
divulgare edizioni critiche di opere edite e inedite di intellettuali e
studiosi tedeschi (e non) che hanno contribuito in modo fondamentale allo sviluppo
delle scienze umane concernenti lingua e civiltà sarda.
Ci piace presentare in questo salotto, questo bel libro che mette in luce un
aspetto nascosto di un grande studioso che registrò, salvandola, una
parte della cultura di Sardegna.Grande merito dobbiamo riconoscere all’amico Giovanni Masala, che col suo impegno ci da modo di conoscere l’ambiente, ormai lontano nel tempo, che Max Leopold Wagner visitò e i personaggi che con lui entrarono in contatto durante il suo soggiorno in Sardegna.
Qui di seguito pubblichiamo un'anteprima del libro, gentilmente messaci a disposizione dal curatore dell'opera.
Posso immaginare il fascino,lo stupore e la meraviglia che abbia provato il signor Wagner nel visitare la nostra terra nei primi anni del '900.Avrà certamente trovato tanta miseria ma anche tanta dignità ed accoglienza. da parte del popolo sardo.Per un attimo vorrei tornare, malinconicamente ,a quei tempi.
RispondiEliminaIo credo, signora Grazia, che il signor Wagner abbia sicuramente provato viva curiosità per una Sardegna "precolombiana", insomma pre-molti cronisti quali si rivelarono quei viaggiatori che descrissero l'isola, ma specialmente i suoi abitanti, come "sopravvivenza di una umanità primitiva", più o meno come ci avessero sorpreso con gli anelli al naso, come usavamo davvero per togliere la mammella al vitello.
RispondiEliminaSuppongo che un po' schifo gli avranno fatto, almeno inizialmente, specialmente se pensa a come vestivano i signori all'epoca e di che odoravano, a paragone di come usavano i pastori e gli altri poveri lavoratori a cui in genere si era rivolto.
Guardi che non ho detto la parola "razzista", sia ben chiaro, perché non ne ho motivo, a stare a quello che so.
Non ho capito bene, perché non è spiegato, ma l'amico Giuanne Masala ha curato la traduzione del testo dal tedesco in sardo?
Quando si parla di uno studioso, o di altra personalità, specialmente se è già crepato, si tende ad esagerarne i meriti, come il paraninfo usa con il giovane che sponsorizza.
Nella presentazione di questo libro, nel sito indicato, viene riportato il seguente giudizio: "Wagner a ragione può essere considerato come „il vero artefice della grammatica sarda“ (H. Kröll)".
Se mi è permesso esprimere la mia opinione, e so che posso, questa affermazione è totalmente gratuita. Esistono grammatiche del sardo, scritte un secolo prima che al signor Wagner fosse dato l'incarico per il quale venne in Sardegna.
Cosa vogliamo dire che gli studiosi che lo precedettero, solo perché erano sardi, fossero degli sprovveduti?
Di questo passo in Catalogna scriveranno che c'è voluta la calata di un catalano perché il sardo abbia finalmente avuto una grammatica all'altezza della situazione.
H. Kroll, con tutti i puntini al loro posto, ha mai saputo delle opere precedenti? Forse no. Sicuramente ne era a conoscenza il signor Wagner.
Se infatti si purga la sua opera dalle copiature che ha fatto dagli studi dei suoi predecessori, massimamente il Porru, restano molte "invenzioni" da etimi raccolti qua e là per l'Europa o improbabili derivazioni dal latino dei Romani.
Ricordo quanto s'infuriava Cicito Masala (esiste una parentela?) per la processione degli studiosi sardi agli archivi di Barcellona, nel malcelato intento di fare (o rifare?) la storia sarda con gli archivi del vincitore.
Ma quando mai le informative dei vari viceré, conti e marchesi e feudatari vari, cognati, cugini, fratellastri e pronipoti, potevano avere una parvenza di verità storica su quello che raccontavano di noi? Hanno trovato una comunicazione in cui si riferisca, anche velatamente, che era stato fatto un errore da parte del potente?
Ora, Giuanne, non vorrei che si ricostruisca la lingua, la storia e la cultura sarda dai racconti di quelli venuti da lontano. Non siamo precolombiani oggi, non lo eravamo ieri. Che si studino, va benone; che si giochi a chi li beatifica per primo, alzo la mano e grido: "Fermo gioco"!
Finalmente un sardo che non ha il complesso di inferiorità nei confronti de sos istranzos.Le devo confessare che per asserire che il sardo è veramente una lingua,agli amici che ne dubitano,non dico che esiste un vocabolario italiano-sardo scritto da Cambosu ma dico che un tedesco ed un giapponese hanno scritto dei vocabolari hano fatto vocabolari sulla limba nostra,mi sembra un rafforzativo.Poi che ci fossero degli studiosi sardi che consultavano gli archivi di Barcrllona,mi sembra un assurdo.Riguardo al signor Wagner,mi illudo che ,invece sia rimasto affascinato,poi,è chiaro dipende anche dal grado di suddittanza avevano i nostri pastori nei confronti di Wagner.Penso sempre ad una sudditanza dignitosa e non servile.Sono troppo ottimista?
RispondiEliminaFrancu, in questo libro si mette in luce il “dietro le quinte” del lavoro di Wagner, ed è questa la cosa interessante: la descrizione di uomini e ambientazioni viste e ritratte in quel periodo, con gli occhi di un estraneo. Poi che l’opera del Wagner sia più o meno meritoria e puntuale è un altro discorso.
RispondiEliminaIl merito di Giovanni sta nel aver attinto ad un archivio sconosciuto ed averlo pubblicato anche per noi (o soprattutto per noi?), per far intuire ai giovani sardi quell’ambiente di vita; certamente non a noi, che benché bambini, abbiamo vissuto il margine ultimo e strascicato di quell’epoca.
Signora Grazia, di vocabolari sardo-italiano e italiano-sardo ne esistono molti e anche qualificati.
RispondiEliminaNon mi parli però di quello di Shigeaki Sugeta, il professore nipponico che ha compilato un elenco di millecinquecento parole nuoresi e le ha tradotte in giapponese. Mi pare chiaro che volesse insegnare il giapponese ai nugoresi e non il nugorese ai giapponesi. Capita, come spesso in Sardegna, che i giornali stampati nell'isola ne abbiano fatto un "santo subito". Lo dico aldilà dei meriti dello studioso, ma per i metodi, per i costumi di certi ambienti.
Per quanto riguarda la "sudditanza dignitosa" nei confronti del Wagner dei sardi che interagirono con lui, permetta che io ne dubiti fortemente perché, come diceva Gianfranco a più riprese, vale sempre il detto "Pinta la legna e portala in Sardegna", vale a dire che il nostro atteggiamento verso le novità che arrivano dall'esterno è sempre stato di "sudditanza acritica".
Caro Sandro, io riconosco e ammiro il lavoro che fa Giuanne Masala, specialmente perché è mosso dalle stesse nostre motivazioni che sono lo studio, la salvaguardia, la diffusione e la conoscenza della storia, della lingua e della cultura del Popolo Sardo.
RispondiEliminaMi ha irritato, e credo che si sia compreso bene, il giudizio di un certo Kroll secondo cui, appunto, a Wagner vada riconosciuto il merito di aver creato una vera grammatica del sardo, sottintendendo con ciò che le opere nel genere di altri studiosi sardi fossero da considerare immondezza.
Ora, quel giudizio è riportato nella presentazione del libro nel sito www.sardinnia.it e la scelta di inserirlo suppongo si debba a Masala stesso o a Paulis.
Mi capisci perché non entro nel gioco del disconoscimento del pensiero nato in Sardegna a favore di quelli estranei, senza averli almeno messi a confronto?
Detto questo, mi pare difficile entrare nel merito dell'opera, in considerazione della parzialità delle anticipazioni qui pubblicate. Tuttavia, ho notato come il Wagner abbia iniziato il suo lavoro operando nel centro nord dell'isola; per questo motivo, quando ha visitato i pochi centri del meridione, mi pare chiaro che avesse già formato un giudizio preciso, o meglio un preciso pregiudizio, su quello che era la lingua sarda.
Si può anche essere in disaccordo con me, ma questa è stata la mia impressione, una volta che ho confrontato le date delle visite.
In ogni caso, pur non essendo io un cagliaritano di nascita e neppure di adozione, non ho avuto difficoltà a intravvedere una qualche confusione dello studioso nella identificazione dei quartieri (non sono vicinati) della città.
Mi sarebbe piaciuto sentire cosa ne pensava la buonanima di Aquilino Cannas in proposito.
Quanto alle foto, non so se queste qui postate siano tutte quelle pubblicate nel libro originale, né se la scelta sia parziale: mi pare evidente, in un caso come nell'altro, che le foto qualifichino Casteddu con la stessa filosofia e motivazioni per cui due invitati si pigliarono a schiaffi in diretta tivù, o secondo cui un notissimo scrittore italiano pronunciò la parola "cazzo" in diretta sulla radio, quando ciò era ancora un tabù. Si voleva fare scalpore!
Possibile che a Casteddu non ci fosse altro, dico nient'altro, di interessante se non le catapecchie dei pescatori e i venditori di figumorisca che, nel concreto, sostituiscono le banane delle foto degli indigeni africani? Sappiamo benissimo che vendevano anche pane, uva, fichi e altro, ma sa figumorisca è "altro"!
Comprendo anche che Wagner, bavarese di nascita, abbia nutrito una certa benevola attenzione per i pescatori, le loro attrezzature, la loro vita, così come lo fu per i pastori barbaricini, ma a Casteddu c'erano pure commercianti che, notoriamente non sono sordomuti, avvocati e professionisti, non restii a parlare e a scrivere in sardo, come una tradizione secolare ci conforta. Queste cose però le poteva rilevare a gratis dall'opera di Porru e pensò bene di far passare alla storia le modalità precise di come un malcapitato ignorante storpiasse qualche parola già nota.
E l'aver documentato che a Sant'Avendrace si pronunciano certe parole esattamente come a Villanova è cosa degna e giusta.
Ormai è scritto!
Ascoltare chi è informato sui fatti è sempre molto importante ed istruttivo.Grazie,signor Francu
EliminaFolclore Francu folcrore......Siamo sempre visti +o - così.la storia è un'altra cosa.
RispondiEliminaGiovanni Masala mi ha mandato una mail pregandomi di pubblicare questo commento:
RispondiElimina"Mentre Wagner studiava a fondo 20 dialetti sardi, altri 2 suoi colleghi eseguivano lo stesso lavoro in altre 450 località della penisola e della Svizzera meridionale, e spedivano i materiali linguistici e iconografici all'istituto di filologia romanza dell'università di Berna. Quando per la prima volta, circa 14 anni fa, ho potuto visionare a Berna i verbali d'inchiesta, le fotografie e gli schizzi di Wagner mi sono subito chiesto come mai questi non fossero stati pubblicati da nessuno... Nonostante gli specialisti delle università sardi ne conoscessero l'esistenza da tempo. Invece ho dovuto fare io, naturalmente a mie spese... Chiusa parentesi. Nelle circa 3000 fotografie scattate dai 3 studiosi, di cui circa 90 in Sardegna, emerge, soprattutto nelle zone rurali, una realtà comune di generale povertà, ad esempio spesso bambini e giovani sono scalzi, e non solo in Sardegna ma dappertutto, anche nell'Italia settentrionale. Il mio obbiettivo era esclusivamente quello di rendere accessibili a tutti, esperti e non, materiali linguistici e fotografici inediti "dimenticati" in un archivio svizzero. Io non ho fatto altro che tradurre dal tedesco al sardo le annotazioni di Wagner relative al dialetto di singolo paese, altrettanto ho fatto per le didascalie delle splendide foto! Consiglio agli amanti dell'arte fotografica anche la visione delle foto scattate a Mogoro, Sant'Antioco, Escalaplano, Desulo, Busachi e via dicendo. Le altre pubblicazioni di Wagner sono note a tanti, meriti e demeriti anche, ma ripeto: questa pubblicazione non è un'analisi approfondita della lingua sarda ma accenna soltanto ad alcune singole caratteristiche dei vari dialetti sardi, come si vede nella descrizione dei dialetti di Macomer, Nuoro, Cagliari ecc."
Ha fatto benissimo Signor Masala,il mio "rangugnu" non era rivolto a lei,penso sia chiaro.
EliminaDa Giovanni Masala:
RispondiElimina"Caro Francu, le considerazioni di Kröll sono sue non mie ma credo che non intendesse in alcun modo escludere le grammatiche precedenti ma volesse sottolineare l'approccio maggiormente scientifico del suo amico bavarese rispetto alle monografie del Sette-Ottocento. Sul vocabolario di Sugeta sono d'accordissimo con te. Paulis con il sito delle mie pubblicazioni non c'entra proprio nulla. Con Cicitu nessuna parentela. Nella pubblicazione non ci sono parzialità (da parte mia) perché ho pubblicato i materiali che ho trovato e, mi pare, neanche da parte dell'autore che ha fatto una ricerca molto approfondita (in ogni località ha annotato 2-3000 vocaboli) direttamente da pastori e contadini anche nel centro-sud: Cagliari, S. Antioco, Villacidro, Escalaplano, Perdasdefogu, Mogoro, Milis, Laconi e Desulo. Wagner abitava a Cagliari e da lì si spostava per 1-2 settimane e rientrava sempre a Cagliari. Lui stesso scrive che Le foto postate sono tutte quelle pubblicate nel libro originale e non solo, sono le sole che ha fatto a Cagliari durante quel soggiorno di pochi giorni.
La scelta di intervistare pastori e contadini era obbligata e anche uno dei criteri dell'Atlante, giacché voleva informatori la cui lingua non fosse contaminata dall'italiano, per cui in questo caso preferiva gli analfabeti, anche se per l'informatore cagliaritano fa un'eccezione. Ti/vi mando alcuni passaggi da una lettera (inedita e tradotta dal sottoscritto) spedita da Cagliari al suo amico professor Jaberg (autore dell'Atlante Linguistico Italo-Svizzero) in cui si evince invece quanto, pur essendo straniero, conoscesse discretamente il campidanese e accenna all'approccio scientifico della sua ricerca anche se, credo, dobbiamo essere un po' indulgenti quando gli errori li fanno gli stranieri e un po' meno quando li facciamo noi."
segue da Giovanni Masala:
RispondiEliminaM.L. Wagner a Karl Jaberg, Cagliari, Via G.M. Angioj 17, 21 febbraio 1926:
Caro amico e collega,
sono appena rientrato dal mio viaggio nel Sulcis e ho trovato la Sua gentile lettera del 15 del mese corrente. Nel frattempo anche Lei avrà ricevuto la mia inviataLe da Sant'Antioco.
A Sant'Antioco ho sofferto alquanto il nervosismo delle autorità. Nonostante il prefetto di Cagliari mi avesse consegnato una lettera di raccomandazione per il commissario prefettizio, i carabinieri mi stavano continuamente alle calcagna. Mi è stato proibito di fotografare all'aperto, dal momento che un decreto militare impone il divieto di scattare fotografie lungo la costa. C'è da diventare pazzi! Le difficoltà nascono soprattutto dal fatto che fra le autorità civili (la prefettura) e militari ci sono evidentemente dei conflitti di competenze ed esse si combattono a vicenda. Ho perduto parecchio tempo perché le autorità mi convocavano perennemente pretendendo da me continue spiegazioni. Ora finalmente, nonostante tutti gli ostacoli, ho ultimato il mio lavoro. Entro pochi giorni Lei riceverà il rilevamento e si renderà conto di quanto risulti interessante. A mia disposizione avevo un informatore eccellente. Malgrado tutte le difficoltà elencate poc’anzi sono riuscito a scattare alcune fotografie (il carro, l'aratro, il telaio, il giogo e così via) che prossimamente Le farò avere. Per il momento mi limiterò ad inviarLe degli schizzi affinché se ne possa fare un'idea.
Ora Le scrivo in risposta alla Sua ultima lettera. Che l'informatore di Cagliari abbia fornito in parte materiale lessicale più originale rispetto a quello di Macomer si spiega con il fatto che qui a Cagliari il dialetto è profondamente radicato presso gli abitanti del luogo. Io stesso, nella famiglia del signor Giacomo Frau, mio defunto padrone di casa e amico, ho appreso il dialetto cagliaritano poiché in famiglia si parlava sempre in sardo, e anche per questo conosco molto bene le abitudini linguistiche locali. Senza falsa modestia posso affermare di padroneggiare questo dialetto bene come un qualsiasi forestiero; in ogni caso lo parlo correntemente e ciò mi aiuta alquanto nell'esecuzione dei rilevamenti lessicali, anche perché spesso gli informatori non capiscono abbastanza l'italiano e solo con l'ausilio di parafrasi in dialetto è possibile indicare loro a quali espressioni ci si riferisca [...]
Suppongo che né Lei né Jud abbiate nulla in contrario se io stesso userò i nuovi risultati delle inchieste per i miei lavori futuri, sempre indicando chiaramente – è ovvio – di essermi basato sui rilevamenti eseguiti per l'Atlante. Inoltre vorrei scrivere un volume di supplemento alla Ländliches Leben [La vita rustica...]. A prescindere da ciò desidererei compendiare le mie ricerche in un'opera in più volumi, la cui prima parte dovrebbe essere dedicata ai fatti fonetici, morfologici e sintattici, ad iniziare dai documenti antichi fino ai dialetti moderni; una seconda parte ai problemi lessicali; in una terza parte riassuntiva dovrebbero trovare posto le questioni di carattere generale (rapporti tra i vari dialetti, sostrati, influsso delle lingue straniere, il problema della lingua scritta, i gerghi ecc.). La conclusione sarebbe un volume su toponomastica e onomastica e infine un dizionario etimologico.
segue...
segue da Giovanni Masala:
RispondiEliminaÈ certamente un progetto ambizioso. Sono consapevole che da più parti mi viene rimproverato il fatto di essermi dedicato «troppo» al sardo (anche se in definitiva mi sono occupato anche d'altro e pur lavorando sul sardo non mi pare di aver scordato la restante Romània). Questo lo dicono soprattutto coloro che ritengono naturale dedicare la vita intera al francese o al provenzale antico. Ma ciò mi lascia del tutto indifferente. Grazie a numerose esperienze so bene che un campo come il sardo è altrettanto ricco di problematiche, anche interromanze, quanto un altro. E visto che oramai – un po' per caso un po' per interesse – mi sento a mio agio in questo settore, non vedo motivo alcuno per abbandonarlo, senza che ciò mi impedisca di fare escursioni in altri campi [...]. Ancora due parole sulla Sua cartolina. Naturalmente in Sardegna anche le persone colte hanno una buona padronanza del dialetto, ma per quanto concerne la cultura contadina bisogna affidarsi ai ceti popolari del contado. Per la situazione sarda l'ideale sarebbe una suddivisione per campi semantici: per l'agricoltura un contadino, per la pastorizia un pastore, per le occupazioni femminili una donna, per l'artigianato un artigiano, per tutto il resto e in modo particolare per le frasi una persona colta che padroneggi il dialetto. Ma questa procedura non corrisponde all'impostazione dell'Atlante. Così mi accontento di intervistare un informatore e, a seconda delle necessità mi rivolgo ad altre persone per apportare le integrazioni necessarie. Ma senza dubbio, viste le mie precedenti esperienze, il mio sistema darebbe migliori risultati [...]. Suo devoto Max Leopold Wagner
Caro Giuanne, alla fine ci siamo capiti.
RispondiEliminaNaturalmente io non so perché gli studiosi delle Università sarde, pur essendone a conoscenza, abbiano scartato quelle carte che sembrano proprio appunti di prima mano.
Quanto all'affermazione di Kroll, che sembra fatta al termine di un ragionamento che ci sfugge, è davvero perentoria e non lascia addito a dubbi su ciò che intendeva dire.
Qui non si nega, io in particolare non nego, la meritoria opera di Max Leopold Wagner, ma se pure lo studioso ha avuto i suoi grandi meriti, ciò non impedisce che si esprimano critiche nei confronti del suo operato.
Più o meno un secolo prima, svolse la sua ricerca Vittorio Angius per il quale, essendo egli sardo sardo, nessuno ha mai proposto gli onori degli altari, come fu per Wagner e anche per il più modesto (come apporto) del nipponico Segeta, insignito di medaglie da questo e quel clan di irredenti snob della società bene.
Ora, proprio l'Angius mise in guardia dal considerare "varianti" dei vocaboli sardi le storpiature che ne davano i più ignoranti e i più strambi che esistono in tutti i paesi. Ho detto più volte che è nato così anche un recente vocabolario della lingua sarda, che costituisce proprio una "raccolta indifferenziata".
Ora, anche dalle "tue" carte viene fuori che Wagner alloggiava a Cagliari, ma non vi soggiornò che qualche giorno, intento com'era a girare per i vari paesi. Se me lo permetti, l'avevo intuito dalla povertà, dalla pochezza dei suoi appunti sui fenomeni linguistici della città. Anzi, dalla lettera che gentilmente ci hai recuperato e tradotto, se ne era accorto egli stesso, lamentandosi dei vincoli del mandato assegnatogli, ma svicolando di nascosto e dialogando con gli "studiati" di cagliari i quali, come sempre abbiamo saputo, parlavano in sardo e, almeno quelli di Castedd' 'e susu (Castello) in franzesu. Niente italiano, se non per dovere d'ufficio.
Sorge la curiosità di verificare quanti giorni il nostro Max si sia fermato a Macomer o a Nuoro, che pure sono centri minori rispetto alla città e con una compattezza linguistica molto più accentuata.
Per le foto, che sono quelle che sono, dove tu non hai messo mano "parzializzante", rimane quanto ho detto. Anzi viene rafforzato: dei tanti aspetti della vita popolana cagliaritana, restano i documenti relativi ai pescatori e quella dei venditori di figumorisca che, con ogni probabilità, sono arrivati da Selargius o dintorni. Mi pare di riconoscere, nello sfondo, l'inizio di viale Regina Margherita: proprio là mi hanno detto che si fermavano le donne con le corbule di pane caldo.
Sono certamente dei documenti, non certo rari, che dicono più di chi le ha scattate che di chi è rappresentato.
Non contesto il tuo lavoro, caro Giuanne, ma l'approvo e l'ammiro tanto.
Grazie a nome di chi non ne sapeva proprio nulla, come me che neppure ne aveva sentito parlare.
Non entro nel merito della problematica sollevata, non possedendo competenza alcuna per esprimere giudizi ma non posso nascondere un leggero fastidio verso una sottovalutazione del risultati che affiora spesso in questo blog. Mi riferisco al guardare di sottecchi e con sufficienza contributi esterni, se di alto livello saranno altri a dirlo, sullo studio della cultura sarda, spero non per il solo fatto di essere operato da studiosi che vengono di fuori. Forse, per innata diffidenza, che ritengo universale e non solo sarda, verso apporti scientifici che giungono da sostrati culturali diversi dal proprio. Ora, non potrebbe darsi che, proprio iniziando a immergersi negli usi e costumi dell’isola, tali autori forestieri finiscano a poco a poco, non so quanto in coscienza, per innamorarsi proprio della terra che si erano accinti a studiare? Leggendo la lunga lettera del Wagner al suo corrispondente svizzero, quel “troppo” nonostante le pressioni a stringere, pare davvero farlo credere.
RispondiEliminaErgian45, di che cosa hai paura?
EliminaDici: "non posso nascondere un leggero fastidio verso una sottovalutazione del risultati che affiora spesso in questo blog. Mi riferisco al guardare di sottecchi e con sufficienza contributi esterni, se di alto livello saranno altri a dirlo, ...".
Perché dovresti nascondere il tuo pensiero, seppure di fastidio per qualcosa che non ti va?
E quali risultati si sottovalutano spesso in questo blog?
Hai paura delle discussioni aperte e franche?
Io penso che in un blog, che è luogo d'incontro per chi ci sta, il risultato più evidente sia costituito appunto dalla discussione.
E poi, chi sono gli "Altri" abilitati a giudicare il livello, alto o basso, delle cose?
Altri diversi da te? Altri diversi da me? O altri diversi da noi (sardi)?
Tu fai pure come vuoi; quanto a me, se una cosa non mi torna, chiunque l'abbia detta, non ho ragioni per subirla passivamente. E non escludo che mi sbagli.
Queste discussioni con successivi chiarimenti servono a capire di più ed il tutto è un arricchimento,vero Francu? Ha visto ho eliminato "signor."
EliminaHo notato, come no?
EliminaMa stia attenta a non prendersi troppe confidenze. L'ha capito o no che io sono antipatico?
Sì lo so perfettamente ma a me gli antipatici come lei mi sono simpatici perché non sono certo monotoni.
EliminaGiuanne Masala desidera fare alcune precisazioni. Eccole:
RispondiElimina"Caru Francu (e Ergian45), Kröll era amico e collega di
Wagner quando entrambi insegnavano all'università di Coimbra
e comunque è chiaro che non conoscesse né Porru né Spano e
tantomeno Angius, la sua frase si riferisce, credo, al fatto
che nei primi 60 anni del Novecento Wagner era lo studioso
che aveva pubblicato e studiato il sardo più di altri. Naturalente
dal dopoguerra fino ai giorni nostri tanti altri, e anche meglio
di lui, hanno studiato il sardo in modo molto approfondito.
A Nuoro si è trattenuto (tra il 1925 e 1927) 4-5 giorni, e
così anche a Macomer, ma a Cagliari aveva fissa dimora in
via Angioy, e da lì si recava nelle 20 località, ma ogni volta
per pochi giorni, al massimo per una settimana, ma poi tornava
sempre a Cagliari e, che piaccia o meno, Casteddu era insomma
il suo quartier generale e il cagliaritano la varietà che
padroneggiava meglio, come scrive anche lui. Queste sono le
foto che ha fatto, altre non ne ho trovate. Non era certo
una grande fotografo e non ambiva ad esserlo, inoltre aveva
una macchina fotografica difettosa e la polizia lo considerava
una spia tedesca al servizio dei francesi. Era interessato
più alle parole che alle cose, a differenza di Paul Scheuermeier
che ha scattato in quegli anni splendide fotografie munite di
didascalie ben più corpose di quelle del Wagner che comunque,
va precisato, aveva già descritto la cultura materiale nella
Vita rustica del 1921 e non aveva bisogno di dotare le proprie
foto e schizzi di ulteriori descrizioni. Per quanto riguarda
quel "troppo" condivido con Ergian45 che si tratti di un rimprovero
di colleghi che lo accusavano di occuparsi, appunto "troppo" di
una lingua periferica, ma come ribadisce lui, si è occupato anche
di altre lingue, periferiche e non."
Ecco che, a far domande, escono risposte.
RispondiEliminaDettagli che ridimensionano certe enormità, che collocano al loro giusto posto certe considerazioni.
Grazie, Giuanne.
Il Cinese sulla riva del fiume
RispondiEliminaBene, ora che paionsi chiariti gli estremi del dibattito ed una critica all’operato del Wagner non può essere intesa come biasimo per le intenzioni di Juanne Masala, pare giunto il momento ch’io ponga il mio pensiero. Dirò, ex abrupto, che il bavarese sbagliò totalmente l’indirizzo della sua ricerca!
Come dissi in altro luogo (http://www.sardegnastoria.it/max-leopold-wagner-il-padre-della-linguistica-sarda): «[…] volgendo la ricerca ai parlari esterni, egli non andò a sindacare, per ogni elemento di ogni singola parola, tutte, indistintamente, le lingue del passato, nella loro lunghissima evoluzione lessicologica e morfologica, in tutte le aree geografiche, senza escluderne, fra queste, neanche una, con l’intento di trovare un qualche appena percettibile elemento che gli potesse dare un collegamento, anche remotissimo, ad una parte della lingua sarda d’oggidì.
Ben al contrario, lo studioso bavarese restrinse, in modo castrante, il campo di ricerca e seguendo lo stereotipo delle supposte dominazioni succedutesi, nella storia recente, nell’Isola, andò alla ricerca di strati lessicali provenienti soltanto dal «punico, latino (di fondo), greco e bizantino, germanico (sic!), arabo, catalano e spagnolo, italiano»! Come si vede, proprio e soltanto, prendendo a campione le lingue dei popoli che, secondo l’altrui dire, avrebbero dominato la Sardegna. E si rimane vieppiù esterrefatti perché, anche nell’approfondire quello che definisce “elemento indigeno”, cioè “i residui della lingua o delle lingue parlate in Sardegna prima del dominio punico e romano”, non usi il suo strumento filologico per portare alla luce una possibile origine sarda, ma anche qui infaustamente, pretende trovare oltremare, origini alle “molte migliaia di toponimi disseminati per tutta la Sardegna”. Purtroppo, si nota tristemente come egli, senza ricorrere al suo acume intellettuale, soggiaccia ad altro capzioso luogo comune, secondo cui tutto ciò che è presente in Sardegna, deve necessariamente arrivare da fuori! Va riconosciuto però, al Wagner, il grosso merito d’aver portato “all’attenzione” internazionale la presenza di una lingua sarda indipendente, pur conferendole una errata connotazione. “All’attenzione” significa fare in modo che nel mondo scientifico si parli di Sardegna e delle sue infinite particolarità! Sardegna, la quale cadde poi nel dimenticatoio perché arrivò subito il “sardus nonsocché”, che ebbe cura di “ascondere ogni cosa importante” della Sardegna stessa, ai Sardi ed agli Intercontinentali!
Bene, anzi malissimo! E, consideri il lettore come al malissimo non v’ha limite alcuno! Infatti, se lo studioso tedesco dette l’avvio ad una scuola (che senza di lui sarebbe mai esistita) i cui più notevoli rampolli, nei trent’anni a seguire, segnatamente Pittau e Paulis, fecero carriera universitaria sulle sue spalle, siamo con grave disappunto a notare come i due docenti assisi al settentrione e all’opposto meridione, abbiano fatto soltanto i mesti discenti, che mai si son discostati da quell’incedere erroneo che essi, a distanza di decenni nonché trovandosi fra le mani una materia di già setacciata e posta in un cert’ordine, con strumenti filologici ben più evoluti di quelli poveri cui potette far riferimento il tedesco e pubblicazioni a non finire, mai, ebbene mai, ebbero un’alzata di genio che abbia permesso loro d’uscire dal seminato ed andare ciascheduno, a ricavare la propria vergine strada onde con orgoglio costruire anche un sol piccolo edificio ove ricoverare la ormai fredda Sarda Limba!
Se del Wagner abbiamo oggi una cattiva opinione causa la limitatezza della sua ricerca, al contrario si deve arguire come, riguardo i suoi sunnomati oltremodo mesti discenti, abbiamo da essi dimostrata una pluridecennale INCAPACITA’ DI RICERCA, che li ha mantenuti sempre al palo dei poveri risultati raggiunti da Max Leopold Wagner!
mikkelj
Signor Giuanne Masala "chentos berrittas chentos concas"mai,come in questo caso,il detto sardo è valido.
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