Non sono così attento a quella che probabilmente passerà
alla storia come “Guerra della lingua”. Dopo la scorribanda della Giunta Soru con la beatificazione di una lingua improbabile, questa è la L.S.C., vi sono
state scaramucce e ripiegamenti, a volte più che parziali, derivanti spesso non
da convinzioni profonde che possono mutare col tempo, ma da convenienze di
vario tipo che di per sé le giustificano e le catalogano.
Detto il più, non è difficile asserire come la presente
Giunta Regionale abbia assunto un atteggiamento prudente, parzialmente
conservativo, assolutamente non propulsivo verso nessuna direzione possa
evolversi la politica per la lingua sarda. Se è vero infatti che una presa di
posizione netta in materia non porta più voti di quanti si sia disposti a
perderne per una buona causa, sempre che sia ritenuta tale e non solamente una rogna,
io credo, insomma penso tra di me, che la Giunta abbia assunto tale atteggiamento
dopo aver maturato un astuto e lungimirante convincimento secondo il quale sarà
il tempo galantuomo che aiuterà a elaborare il lutto per la dipartita della
cara estinta. Quanto tempo occorrerà che i sardoparlanti, pur con indefettibili
tendenze al centenariato, risultino così radi nel territorio che non trovino
con chi dialogare in limba se non col loro passato?
Mi è stato raccontato, anche se credo che sia non più che
una barzelletta, che un responsabile regionale (mi si è fatto il nome ma non lo
ricordo, anche perché non lo conosco neanche per sentito dire), durante una
riunione di partito del tutto informale, abbia raccontato un aneddoto.
Siamo nei primi anni ’50
del secolo scorso, al Dopolavoro ferroviario di Cagliari si tiene una riunione regionale
alla quale, casualmente partecipa Pier Paolo Pasolini il quale, ascoltando gli
interventi che si susseguivano, per ciascuno chiedeva al vicino: “Ma in che
lingua parla?” e quello “In sardo”. Al secondo intervento ripete la domanda e
il vicino, premuroso, risponde: “In sardo. Il primo era campidanese, questo è
nuorese”. Seguono altri e il vicino, ormai anche senza che glielo domandi, lo
informa: “Questo è gallurese; questo è sassarese; questo è algherese; questo è
di Gavoi, di Galtellì, … iglesiente, carlofortino”. Alla fine Pasolini si
meraviglia e chiede: “Ma come fate a capirvi?”. “Non ci comprendiamo del tutto,
ma solo un poco”. “Ah, bene! Allora vi conviene passare alla Lingua dei Segni!”.
E giù a ridere, perché come Lingua dei Segni si pensava
allora alla Lingua di Antonio Segni, dunque alla lingua dei democristiani. Ve
lo immaginate Pasolini che fa un invito del genere? Certo che no! La Lingua dei
Segni è quella usata dai sordomuti, chiamateli pure non udenti o ipoudenti se
non volete usare un frasario violento come quello della verità. In italiano si
definisce L.I.S., la lingua italiana dei segni. Ci fanno pure il telegiornale.
L’uscita dell’onorevole su Pasolini e le complicanze
linguistiche del sardo non in tutti ha suscitato il riso. Un convenuto, che si
era tenuto dietro e distante, ha chiesto: “Vuoi dire compagno che in sardo
parleremo con la lingua dei segni?”. “Non lo so se andrà a finire proprio così”
ha risposto l’onorevole con le cautele del caso. “E tu sei preparato a capirla?”.
“Un poco sì, anch’io”. “E allora sai dirmi cosa ti sto dicendo, compagno
onorevole?”. Il convenuto, dal fondo della sala, aveva sollevato il pugno
sinistro chiuso in aria e contemporaneamente rafforzò il gesto portando la mano
destra all’altezza dell’incavo del gomito del braccio sinistro teso.
Lo capirono tutti. Anche l’onorevole compagno.
Ah, che efficacia per una limba che riparte dalla tradizione
della L.d.S.!
Appena stavo leggendo che Pasolini era intervenuto a questo convegno ho pensato:è l'ammiversario della morte di questo grande uomo libero e il"stricchibidazzu"(mi sembra azzeccato) lo userà a suo uso e consumo;infatti ha fatto dire a Pasolini una cosa che non avrebbe mai detto nemmeno sotto tortura.Povero Pasolini e povera limba sarda.Mi astengo da altri commenti.
RispondiEliminaVolevo aggiungere che l'unico che ha chiesto scusa a Pasolini per essere stato espulso dal partito comunista a causa della sua omosessualità è stato Berlinguer,un altro grande,poi tutti piccoli uomini e tra questiSoru(chiedo venia per averlo sempre difeso nel blog di Gianfranco,si ricorda signor Francu?)
RispondiEliminaNon proferire parola, solleva solo la mano aperta, a volte basta solo un cenno del capo per salutare. Tutti capiscono… tutti.
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