lunedì 27 maggio 2019

Sardegna. Siamo proprio malmessi! La nostra storia a quando? Ce lo diranno gli altri. Quando si vorrà e come si vorrà. Ma c’è un ‘ma’: la storia provata, quella nelle cose, è già in atto e non aspetta fasulle benedizioni.


gigi sanna

   La storia della creazione in Sardegna dell’organismo ‘scientifico’ C.I.R.C.E sa davvero dell’incredibile. Ancora una volta i pronunziamenti ‘certi’ sulla nostra storia saranno appannaggio di teste e di bocche considerate autorevoli per mettere in riga il tutto, eliminare la confusione, classificare con metodo ed emettere sentenze definitive. Si annuncia per noi un altro istituto 'superiore' ad hoc, sulle orme del ben noto I.I.P.P. di Firenze. Quello che (teste lo studioso Sergio Frau) ci vuole tanto bene con la storia archeologica ben centellinata per teste caldissime quali siamo.
 
Fig.1. Semestene. Archetto della Chiesetta campestre di San Nicola di Trullas


   Si sa bene (e alcuni antropologi in Sardegna, a malincuore, lo sanno molto meglio di altri) che il passaggio dalla preistoria alla storia lo si ha quando un popolo lascia in eredità, tra i documenti della propria civiltà, quelli che si dicono ‘scritti’;  gli attestati  cioè sui quali, data la loro ‘oggettività, non si può discutere più di tanto. Se ad esempio i 'nuragici', gli uomini che costruirono i nuraghi e quelli che vissero poi sulla scia della loro  civiltà, lasciarono scritto (con chiari segni di natura  consonantica perché  segni conosciuti anche altrove (Siria- Palestina) per valore fonetico),  in un archetto (fig.1)  di un tempio, poi  cristianizzato, del VIII - VII secolo a.C., che yzyz è figlio (bn) del ‘toro’ e nello stesso tempo ‘figlio (bn) di ZZY’. E  se, sempre nello stesso documento,  si celebra la potenza straordinaria (‘oz) dell’uno e dell’altro, ciò vuol dire che ci troviamo davanti al culto di un sovrano potentissimo 'divino' che possiede le stesse qualità del padre. Vuol dire  che nella Sardegna ‘nuragica’ di un certo periodo c’era una monarchia (o per lo meno una aristocrazia) di origine divina e che certi templi venivano costruiti in loro onore. E vuol dire ancora che con ogni probabilità il padre di yzyz, cioè zzy era ‘divino’ e ‘figlio’ del toro anch’esso. E quando i sigilli (autenticissimi) di Tzricotu di Cabras, 25 anni prima del rinvenimento del documento della chiesetta di Semestene, ci dicono, sempre con la stessa tipologia di scrittura consonantica (fig.2),  la stessa identica cosa, che y’go de hathos è figlio divino del toro  e figlio di byqo, toro divino anche lui, vuol dire che noi su quella doppia testimonianza diretta (corroborata da altre testimonianze ancora sempre dirette) dobbiamo credere, non avere più dubbi su chi fossero coloro che governarono la Sardegna tra la fine dell’età del bronzo e i primi cinquecento anni dell’età del ferro. Non dobbiamo dubitare su errori di interpretazione perché abbiamo un frammento non piccolo di storia sarda oggettiva, una fonte diretta che nessuno può mettere in discussione.

 
Fig. 2. Tzrictu.  Sigillo  di  y'go th hths bn byqo, uno dei 'Giganti'  di Monte Prama di Cabras   

Ma  perché si capisca bene il valore immenso di questi (ed altri)  documenti e della loro testimonianza ‘storica’ si consideri il fatto che per quanto riguarda la storia d’Italia e del Mediterraneo occidentale abbiamo attestati in Sardegna (e non altrove)  i primi nomi dei re. I re etrusco - romani dovranno aspettare mezzo millennio e più  per comparire nella storia. 'Incredibile', si dirà! Perché incredibile? Credibilissimo invece. A meno che qualcuno non giochi pesante e magari è pronto a sostenere che o siamo noi, nuovi romantici falsari d'Arborea,   che inventiamo documenti oppure  sono altri che li inventano perché  li si manipoli. Possono anche dire e ridire e dire ancora, usare tutti gli strumenti, leciti e illeciti,  della propaganda,  abbaiando  con la ‘tiritera’ del falso, del tutto falso, così da respingere i 300 documenti di oggi, i  3000 di domani e i  30000 del futuro. Apparirà, come  è già apparsa,  una menzogna assurda, un atto del tutto disonorevole per chi la pronuncia, perché è una palese  menzogna che tenta solo di gettare  fango su  oltre venticinque anni di ricerche limpide e di rinvenimenti alla luce del sole.

 E’ evidente che la menzogna rende sempre di più ridicoli perché una buona parte dei documenti ( di sughero, di ceramica, di bronzo e di pietra) rinvenuti e che via via si rinvengono o sono esito di scavi regolari oppure si trovano nei musei, attestati per altro come genuini dalle rare volte in cui i reperti, come nel caso della barchetta di Teti, si sono portati  a periziare.

Ma con la menzogna consapevole  cosa si fa? Quale scopo si intende perseguire? Si intende arrivare all'obiettivo minimo del  resistere e del ritardare il più possibile quello che va detto oggi e andava detto già da alcuni anni. Che la Sardegna è passata a 'vele spiegate' -come si suol dire -  dalla preistoria alla storia e che pertanto sempre di più essa si 'manifesterà' in quest’ultima perché, dato il calcolo delle probabilità, essendo stati più di metà i documenti rinvenuti in edifici ‘nuragici’ o presso costruzioni pertinenti ad essi ed essendo stata scavato, con diligenza, solo uno 0,2 % dei medesimi, i documenti scritti secondo la solita tipologia in mix degli alfabeti orientali semitici (ormai del tutto conosciuti per fonetica) fra cinque o dieci anni saranno 3000 e tra cinquanta chissà quante volte di più. O forse qualcuno potrà pensare davvero che il coccio nuragico del Nuraghe Addanas di Cossoine, quello da noi recentemente pubblicato, dove si dice papale papale del ‘crogiolo’ di Ra, sia l’ultima testimonianza del system arcaico dei sardi dell’età del bronzo e del ferrò? Quanti ne troveremo invece ancora di cocci scritti, di pietre che parlano  e  di bronzi canterini!

Ma ecco ora il punto. Nessuno lo pensa più il 'tutto falso' e l'inesistente per sola voce d'autorità. . Non è più possibile procedere per bugie stupide perché enormemente palesi. I nasi dei bugiardi sono lunghi,  troppo lunghi.  E allora cosa ti fa la cosiddetta ‘scienza’ accademica, quella parte di essa  che sa che si è bruciata malamente per ‘scientificità’ ma in qualche modo deve riprendersi e salvare la faccia? Deve Inventarsi un organismo con patente ‘scientifica’ che dica: ‘Va bene, i documenti ci sono. E’ innegabile che ci siano, come è comprensibile  che si manifesteranno  sempre di più. Ma a dirlo ‘cosa sono’ dovremo essere  noi, ‘comunque’ noi, deputati da una apposita istituzione scientifica”. E noi replichiamo: ‘Fate pure il vostro gioco. Siete pagati apposta per farlo nel miglior modo possibile. Ma sappiate che tutto quello che direte, bello, ordinato, pulito con la candeggina, magari scritto in riviste patinate in inglese, in russo o in giapponese, è ben poca cosa sul piano della scoperta e del  suo interesse di caratura internazionale. Infatti, comunque la giriate,  non potrete che confermare che yzyz era un re santo toro figlio di zzy e che y’ago de Hathos era un altro re santo, un Gigante di Monte ‘e Prama , figlio di un altro gigante e cioè Boyqo. Direte, ma ritardando forse la storia di chissà quanti decenni ancora, quello che noi abbiamo affermato già dal 2004. Non potrete che dire che la Sardegna, con i sigilli del 'ripostiglio' (archivio) nuragico rinvenuto nei pressi di Tzricotu , è entrata non solo con le Statue singolari, ma anche con la scrittura (anch'essa  a tutto tondo),  nella grande storia e non più nella preistoria del Mediterraneo. Storia che -si spera - verrà doverosamente anteposta, nei libri scolastici,  a quella falsa delle origini, villanoviano -etrusca e poi romana, mossa dalla  retorica nazionalistica italica di stampo liberale e poi fascista.                          

domenica 19 maggio 2019

Il pozzo di Santa Cristina: 9° parte - un problema di scala rovescia


Destreggiarsi tra i vincoli della scala rovescia

Pensavo di inserire la descrizione di questo specifico problema all'interno nell'ultima parte dello studio dedicata al crono-programma dei lavori di costruzione del pozzo sacro; però facendo ciò avrei appesantito oltremodo l'ultima parte, che lo è già di per se, tanto che poteva passare inosservato un vero e proprio “escamotage” capace di risolvere una difficile fase costruttiva.
Come abbiamo avuto modo di constatare, i gradini della scala rovescia sono impostati sul rapporto di 3/4 di stiba in orizzontale e 2/3 di stiba in verticale. Benché le misure non siano perfettamente uguali per tutti i primi 7 gradini1 (vi è qualche lieve differenza tra l'uno e l'altro), i due rapporti in termini di stiba sono validi non tanto per la corrispondenza con le misure lineari di detti gradini, ma in modo più preciso, significante e probatorio, perché la pendenza della scala rovescia è impostata su detti rapporti: 3/4 e 2/3 di stiba, ossia: 41°38' (Fig.2). Per tanto siamo in presenza di un 1° vincolo.



giovedì 16 maggio 2019

Perugia. Ipogeo dei Volumni. Scrittura crittografica etrusca. La ’ascesa’ del defunto al cielo con il sostegno, la protezione e la forza della doppia luce continua.


di gigi sanna


Si  dice che la lingua etrusca è ancora, per svariati motivi, un enigma e un 'rebus'. Ciò si sostiene, naturalmente, sulla base delle grosse difficoltà che insorgono nel cercare di capire di essa molti degli aspetti lessicali, morfologici e sintattici. In realtà, a mio parere, il 'rebus' sussiste e resiste nel tempo non 'solo' per motivi di carattere grammaticale e linguistico, ma anche e soprattutto perché si stenta a considerare un aspetto essenziale dell'etrusco: che la scrittura è criptica, cioè organizzata e strutturata di proposito con il rebus. E' realizzata per non essere capita se non da pochissimi.  Pertanto nella misura in cui si comprenderanno i meccanismi, spesso sofisticati, del rebus, posti di norma in essere dalle scuole scribali dei santuari, si comprenderà la lingua etrusca. Essi sono simili e spesso gli stessi usati dagli scribi dei templi greci e nuragici. In particolare quelli inventati dagli scribi di  questi ultimi.  

  

 Urna etrusca dell’ipogeo dei Volumni

mercoledì 1 maggio 2019

LETTERE A ME STESSO

di Francu Pilloni


Oggi mi assumo la responsabilità di parlare di un libro che una ragazza sarda ha pubblicato per la sua casa editrice Ipazia Books che ha sede a Dublino.
Il libro è intitolato LETTERE A ME STESSO: Racconti. Memorie. Ricordi.
Di particolare c'è che i racconti, le memorie, i ricordi, sono i miei. Li ho scritti io.
Naturalmente ho firmato un contratto serio che mi impegna a certi comportamenti, ma in cambio avrò il mio tornaconto (pensate: non so neppure come si chiamano esattamente le spettanze dell'autore!), ma non su una certa quantità di copie vendute inizialmente. Se ben ricordo, fra due anni avrò 0,86 euro lordi per ogni copia oltre le prime di cui sopra.
Che sia un bel libro, e parlo dell'aspetto, lo confermo perché sono stato io a comprare la prima copia. Sul contenuto invece garantisco; e poi mi conoscete, scrivo nei nostri blog che si sono succeduti, da dieci anni, più o meno. A fianco la copertina

Chi desidera acquistarlo, deve andare su Amazon,  si va sulla sezione libri e nella barra di ricerca digitate il titolo oppure il mio nome: Francu Pilloni. Per tale mi conoscono. Anch'io ho fatto proprio così

Molti, come dicevo, mi conoscono, ma per quelli che invece non mi hanno in pratica, faccio seguire l'avviso ai lettori che introduce il libro:

CHE BELLA SCOPERTA ARCHEOLOGICA IN SARDEGNA! IL 'FIORE' SOLARE NURAGICO RIPRESO DAGLI ETRUSCHI?




Nella pagina di facebook TESTIMONIANZE E CREATIVITA' SULLA SARDEGNA ANTICA c'è l'immagine di un qualcosa 'attaccato' alla parete di un certo nuraghe (di cui per prudenza si tace giustamente che nome abbia). Secondo me si tratta di una scoperta grandiosa, di altissimo livello, perchè ancora una volta sembra dimostrarsi che gli Etruschi hanno copiato tante simbologie dalla 'religio' dei nuragici. C'è una bella discussione in corso su quel 'qualcosa' che merita d'essere amplificata il più possibile. Essendo detta discussione in un 'gruppo chiuso' io non so se vi si possa accedere. In caso negativo pregherei i gestori della pagina di aprirla, se possibile, a tutti.

E questo è il mio parere (post a commento).

Credo che sia una scoperta assai importante. L'usanza di scolpire o disegnare o attaccare 'dischi' nelle pareti (tombali) o nelle urne fu soprattutto degli Etruschi. Essi concepivano l'astro solare come un 'fiore' o una gemma con i petali (i raggi) infiniti. Potrei fare infiniti esempi ma mi limito a questo del famosissimo sarcofago di Larthia Seianti (fig. 2) dove ci sono due dischi 'fiori' (o gemme) e due dischi in forma di 'patera'. Allusione sia all'astro solare che a quello lunare. La metafora fiore-disco luminoso è abbastanza comprensibile e nell'etrusco si allude alla rinascita attraverso l'aiuto della luce di Tin Sole e di Uni Luna. . Ora, il disco fiore a cinque petali attaccato alla parete (dato importantissimo questo) potrebbe alludere anche qui all'astro (o agli astri) luminoso. Sarebbe una prova ulteriore che il nuraghe (NURAC) sia il 'toro della luce'. E il cinque (il 'toro') sarebbe ulteriore allusione alla forza immensa dell'astro. Naturalmente gli Etruschi vengono molto dopo rispetto ai nuragici dai quali hanno copiato numerose simbologie (ricordo, una per tutte, la simbologia dell'onda corrente della barchetta di Teti di cui per prima parla l'archeologa Nadia Canu). Ripeto, a mio parere, è una scoperta assai importante. Vi dirò che poco importa se ci sia nel 'fiore' la mano dell'uomo o no, cioè se sia un fossile di grosse dimensioni. Inserito nel contesto il motivo svolge la stessa funzione. L'interessante è capirne, come scrive qualcuno, la simbologia.(religiosa). Capire che si sta parlando del nuraghe.

  Fig. 2