Fig.
1
di Sandro Angei
Vedi: Il pozzo di Santa Cristina: 7° parte - Ombre, geometria e divisioni
14. Costruzione del recinto sacro
Nell'articolo “Le geometrie del pozzo di Santa Cristina”, parlammo del recinto sacro e lo definimmo di forma glandoide per via della correlazione con la figura del santuario di Gremanu di Fonni.
Vedi: Il pozzo di Santa Cristina: 7° parte - Ombre, geometria e divisioni
14. Costruzione del recinto sacro
Nell'articolo “Le geometrie del pozzo di Santa Cristina”, parlammo del recinto sacro e lo definimmo di forma glandoide per via della correlazione con la figura del santuario di Gremanu di Fonni.
Nell'articolo descrivemmo il glandoide secondo alcuni parametri che reputammo verosimili; benché, questi, non definissero in maniera precisa il perimetro reale del recinto. D'altronde, allora, azzardare costruzioni geometriche usando specifici punti di costruzione, senza prove che legittimassero tali assunti, ci sembrava di voler trovare a tutti i costi un qualche metodo descrittivo di quella forma, secondo un procedimento del tutto decontestualizzato dal punto di vista scientifico. Per tanto ci limitammo a costruire una figura geometrica che verosimilmente potesse avvicinarsi a quella reale.
Quando
decidemmo di descrivere in modo puntuale la costruzione del pozzo
sacro, ci imbattemmo nell'unità di misura adottata: sa
stiba
di 43 cm di lunghezza; e proprio questa ci dà modo, ora, di capire
come fu tracciato il perimetro del recinto sacro esterno. Questo fu realizzato secondo
misure estremamente precise in termini di stiba,
appunto; tant'è che il recinto sacro fu costruito nella rispetto di questa unità di misura e quella che sembrerebbe una numerazione sacra; la stessa numerazione che abbiamo incontrato nella descrizione della parte ipogeica del monumento.
C'è da dire innanzi
tutto che la parete interna del recinto esterno di forma “glandoide”
ha l'asse minore lungo 42 stibe
(segmento
BC di
Fig.1), mentre
l'asse maggiore è lungo circa1
56 stibe (segmento
HI).
L'incrocio
dei due assi (vertice O)
non cade nel centro dell'occulo della tholos2
ma, lungo l'asse maggiore, se ne discosta il tratto di 1
stiba.
Inoltre,
detto asse maggiore, non corre lungo l'asse della scalinata ma,
partendo dal centro dell'occulo, si avvicina allo stipite sinistro
dell'ingresso (largo 3 stibe nella parete interna)
del recinto sacro (sinistra per chi entra). Per tanto l'arco maggiore
BIC
è generato da un raggio di 21
stibe.
Gli
archi di collegamento (BG
e CF)
che generano il glandoide hanno il punto di origine sulla
prosecuzione dell'asse minore BC,
nei vertici A
e D,
che superano di 3 stibe
la lunghezza del raggio OB
e per tanto il raggio dei due archi è lungo 24
stibe.
La
prosecuzione delle rette di costruzione AE
e DE
incontrano gli archi CF e BG, rispettivamente di raggio AC
e DB
nei vertici F
e G.
L'arco
di cerchio FHG
ha origine nel vertice E.
La
costruzione geometrica appena descritta si sovrappone in maniera
estremamente precisa al recinto reale, tant'è che possiamo asserire
con alto grado di sicurezza che il recinto fu realmente costruito
secondo questo criterio e secondo i numeri 1, 3, 213, 24.
1 Affermiamo
“circa”, perché il risultato geometrico si discosta di 2.5 cm dalla
misura teorica di 56 stibe. Ma con ogni probabilità, essa è misura ricercata (ossia intenzionale); e benché essa sia una misura conseguente e non un dato imposto
nella sequenza costruttiva della figura geometrica, possiamo comunque assumerla come tale. Che simbologia attribuire al numero 56? Nessuna, oppure tutte quelle legate al numero 7. Ma senza entrare nel merito della questione, che potrebbe portare all'ironico esempio di Umberto Eco (Il pendolo di Foucault - Bompiani Editore - capitoli 47 e 48), possiamo dire che con ogni probabilità che si ricercasse, in certi ambiti architettonici, un multiplo esatto dell'unità di misura: sa stiba; lì dove essa: sa stiba, fosse intesa quale espressione del sacro.
2 Inizialmente
pensavamo che il centro di costruzione dei due recinti coincidesse
col centro dell'occulo.
3 Benché nello studio fin qui pubblicato non abbia mai scritto della caratteristica delle pareti aggettanti ai lati della scalinata; vi è da dire che queste sono costituite da 21 filari. Il dato sembrerebbe di poco conto, però dobbiamo porci una domanda: Perché realizzare 21 filari, quando potevano seguire pedissequamente l'altezza dei gradini? Perché inserire un ulteriore elemento di difficoltà costituito dal dover lavorare i conci in modo da far combaciare i contorni col profilo dei gradini? Se si riuscirà a dare una risposta pragmatica a queste domande, potremmo accantonare la numerologia; fino ad allora questa, la numerologia, sarà l'unica risposta a nostra disposizione.
3 Benché nello studio fin qui pubblicato non abbia mai scritto della caratteristica delle pareti aggettanti ai lati della scalinata; vi è da dire che queste sono costituite da 21 filari. Il dato sembrerebbe di poco conto, però dobbiamo porci una domanda: Perché realizzare 21 filari, quando potevano seguire pedissequamente l'altezza dei gradini? Perché inserire un ulteriore elemento di difficoltà costituito dal dover lavorare i conci in modo da far combaciare i contorni col profilo dei gradini? Se si riuscirà a dare una risposta pragmatica a queste domande, potremmo accantonare la numerologia; fino ad allora questa, la numerologia, sarà l'unica risposta a nostra disposizione.
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