domenica 23 gennaio 2022

Lo specchio dell'anima

 

Fig.1

di Sandro Angei

   Mi accingo, ormai con una certa sicurezza dopo ripetuti tentativi, inizialmente anche un po' maccheronici (mi si passi l'espressione), a cimentarmi nella decifrazione metagrafica di reperti etruschi che tanto mi hanno entusiasmato quali fenomenali rebus scrittori.

Premessa

Quella sopra rappresentata è l'immagine tratta da uno specchio etrusco di bronzo che ho trovato nel volume – Musei Vaticani Museo Gregoriano Etrusco – La raccolta GiacintoGuglielmi vol. II – Bronzi e materiali vari - ed. L'ERMA di BRETSCHNEIDER , che descrive tra gli altri numerosi reperti, degli specchi etruschi (l'immagine qui pubblicata è riprodotta alla pagina 176 del volume).

 Il Dr. Maurizio Sannibale, così descrive il reperto (tralasciamo la parte iniziale che descrive il lato riflettente dello specchio, per concentrarci su quella figurata): "[omissis]. Il campo figurato è incorniciato da un tralcio a foglie d'edera e corimbi sorgente da una coppia di urei schematici (?) affrontati. Nell'esergo campeggia una testa di uccello di profilo verso destra sorgente da ali dispiegate, campite a graticcio per le penne copritrici e da fasci di linee parallele per la resa delle penne remiganti; lo stesso motivo è ripetuto nell'esergo superiore ma con la testa rivolta a sinistra e qualche variante, come l'inserimento del piumaggio del collare, l'occhio che appare sbarrato e tondeggiante, la posizione delle ali incurvate e con le penne rivolte verso l'alto.

  Sul campo figurato è rappresentata una composizione simmetrica a tre personaggi: un a Ninfa/Menade, al centro, è impegnata nella danza con un Satiro posto a destra, che sembra tentare un

approccio protendendo la mano destra a sollevare un lembo del chitone o per toccare il pube della partner, mentre un secondo Satiro, in posizione speculare, suona un doppio flauto e contemporaneamente accenna a un passo di danza sollevandosi lievemente sulla punta del piede esterno. La donna indossa un copricapo conico, un chitone manicato (?) e un mantello dai lembi ricadenti dalla spalla destra; le pieghe delle vesti sono rese con effetto di trasparenza combinandosi con i contorni delle parti del corpo che esse vanno a coprire.

Il Dr. Sannibale è piuttosto preciso nella descrizione dell'intera scena ma non da alcuna rilevanza al particolare messo in evidenza nell'immagine di Fig. 2.


Fig.2

Quella rappresentata all'interno dell'ellisse dovrebbe essere (il condizionale è d'obbligo) la parte inferiore di una "pardalis". Se così è, quella evidenziata è la coda e le zampe posteriori dell'animale scuoiato; mentre la parte superiore della pelle si percepisce appena tra la clavicola e il braccio del Sileno (la parte superiore è distaccata da quella inferiore evidentemente dalla mancanza del tratto deteriorato della superficie dello specchio, che di certo rendeva integralmente la figura).

Ho usato il condizionale circa l'attribuzione ai quei segni della "pardalis". Mi domando però cosa possa essere quella descritta se non una pelle, visto che il chitone della Menade è ben distino e circoscritto nelle forme, e per tanto non si può confondere l'una: la pardalis, con l'altro: il chitone. 

A corroborare l'ipotesi qui sostenuta porto vari esempi che dimostrano vero l'attributo, come si può evincere dalle immagini qui sotto riportate.

                           3a                                                3b                                                    3c
                    3d                                                   3e                                                           3f


La puntualizzazione parrebbe esagerata, ma nel prosieguo del nostro contributo vedremo che questo particolare soddisfa in pieno la lettura metagrafica della scena apotropaica.

Una parentesi

L'attenzione nei confronti di questa immagine nasce dalla descrizione fattane dal Dr. Sannibale nel volume sopra citato. Con mia grande sorpresa mi sono accorto che lo studioso intravvede nel nostro reperto una lettura metagrafica (benché questa parola mai sia adoperata nel testo riferito). Ossia, in seguito ad una esegesi (che qui tralasciamo) sulle figure dei due uccelli ivi rappresentati, egli in quelli vi legge e cito: "...un ciclo astrale, nascita/tramonto, combinato con una valenza celeste/ctonia sottolineata dalla stessa disposizione spaziale e antitetica del simbolo…”. Ecco che, a parte le considerazioni che inquadrano i due uccelli in un contesto antitetico celeste/ctonio, lo studioso intravvede l'aspetto legato al ciclo astrale; quel ciclo astrale del 3 che, ci dice il Prof. Gigi Sanna, denota il sorgere, il distendersi e il curvare del sole durante il giorno e che di fatto è metafora della luce. Il 3 è luce.

Intravedo in quella descrizione del Dr. Sannibale un chiaro intendo dello studioso di andare oltre quello che normalmente gli etruscologi si soffermano, e direi: si fermano a leggere nell'ovvio percepito. 

 Per tanto, al di là del diverso contesto attribuito ai due volatili, lo studioso vede, nel portamento e posizione iconografica dei due uccelli, un aspetto astronomico di nascita e tramonto.

Decifrazione

Vediamo ora, sulla base delle regole metagrafiche della scrittura nascosta etrusca (quella che il Prof. Sanna definisce A.I.N (Acrofonia, Ideografia e Numerologia), quali siano i connotati salienti di questa immagine.

   Per nostra fortuna possiamo attingere alla descrizione datane dal Dr. Sannibale, coadiuvato dalla mia analisi del particolare che parrebbe rappresentare una "pardalis".

   Iniziamo subito col dire che il campo figurato è incorniciato da due tralci a foglie d'edera e corimbi sorgenti da quelli che lo studioso descrive in modo dubbioso come "una coppia di urei schematici (?) affrontati" (citazione), che a noi sembrano invece due ceppi d'edera. I tralci d'edera si congiungono sopra la testa dell'uccello. In questa composizione lo scriba, forse, ha voluto sottolineare ideograficamente una peculiarità, quella della congiunzione [1] di due entità vitali che unendo le loro forze, assicurano l'aiuto più efficacemente. Per tanto, in  sintesi, il messaggio ideografico sarebbe quello del  "doppio vigore congiunto".

 Ma di chi è questo "doppio vigore congiunto"?

Se la descrizione del Dr. Sannibale è giusta, ossia i tralci sono di foglie d'edera e corimbi, notiamo che in greco l'edera è κιττός, mentre il corimbo è κόρυμβος. Per tanto l'inizio della formula apotropaica è: doppio vigore congiunto di κ + κ (C+C = doppia luce) , ossia doppio vigore congiunto della doppia luce.


Fig. 4 

Racchiuso dai due tralci d'edera, in due eserghi, troviamo due uccelli che recano entrambi il becco aperto, uno rivolto a destra l'altro a sinistra. Quel becco aperto (Fig.4) di primo acchito mi ha dato l'idea di un pittogramma denotante la lettera C (terza lettera dell'alfabeto latino[2]. L'ideogramma però non convincere del tutto, per tanto cerchiamo di percorrere la via acrofonica per sostenere la nostra tesi.

 La ricerca di un sostantivo adeguato mi ha condotto alla parola greca χαίνω (da χάσκω) che ha il significato di "aprire la bocca, anche il becco degli uccelli".

 Per tanto i becchi aperti dei due volatili alluderebbero per via acrofonica χ χ  [3]  alla "doppia luce volante".

La formula apotropaica sarebbe quindi:

doppio vigore congiunto della doppia luce

doppia luce volante.

Ma forse vi è ancora senso ideografico dato dalla posizione non arbitraria dei due volatili. Quello superiore da l'idea di voler proteggere con le sue ali i tre personaggi, quello inferiore, essendo le sue ali la base di appoggio sulla quale i tre personaggi poggiano i piedi, da l'idea con quelle ali di volerli sostenere per tanto: la frase sarebbe da completare in questo modo:

doppio vigore congiunto della doppia luce

 doppia luce volante che protegge e sostiene (in questo caso "protegge e sostiene" sono due qualità della divinità, non è l'atto di proteggere e sostenere).

  Soffermiamoci ora sulla figura del Sileno che suona un Kάλαμος (greco) o Calamos (evidente stranierismo) che regge  in mano con le braccia sollevate; per tanto l'immagine da l'idea del "sostegno"; ma dato che abbiamo individuato il "doppio vigore congiunto della doppia luce...", è necessario per rigor di logica, cercare il secondo sostegno (ossia doppia luce, doppio sostengo); secondo sostegno che troviamo sempre nello stesso sileno che sulla clavicola sostiene la pardalis. Per tanto abbiamo "doppio sostegno"; qui la divinità mette in atto la sua prerogativa e di fatto certifica di voler sostenere il defunto nel suo viaggio nelle avversità della vita  o nell'oltretomba.

 Ancora una volta dobbiamo domandarci di chi sia il "doppio sostegno". Qui ci viene in aiuto l'acrofonia dei nomi indicanti i due oggetti che sostengono e quelli sostenuti: il Kάλαμος/Calamus è sostenuto con le mani "χείρ", mentre la clavicola "κλεῖς" (o il braccio che talvolta è ancora "χείρ") sostiene la pardalis, quest'ultima, essendo la pelle del leopardo o altro animale (non è dato sapere), dobbiamo interpretarla appunto come "pelle", in latino Corium, che rende l’acrofonia della “C” e quindi del 3.

   Per tanto possiamo affermare che il "doppio sostegno" è ancora una volta della doppia C (Calamus-χείρ κλεῖς/χείρ-Corium), ossia del doppio 3, ovvero della doppia luce.

    Ora il Sileno musicista è stato descritto dal Dr. Sannibale  nell'atto di danzare, così come danzanti sono la Menade e l'atro Sileno.

 A tal riguardo non sono pienamente d'accordo con l'idea del sileno musicista danzante: è solo una supposizione a parer mio. Sono dell'idea invece che l'atto del suonare come l'atto del danzare sia riconducibile ad un unico concetto di base ossia: il ritmo. Quel "ritmo" che anche in greco "ῥυθμός" ha il significato di movimento regolato o a battuta, armonia, simmetria. In ragione di ciò ogniqualvolta la scena propone dei suonatori di flauto, di cimbali, di nacchere, di tamburi o strumenti a corda, il soggetto suggerisce l'ideografia del ritmo musicale. Ogniqualvolta la scena propone uno, due o più ballerini, che per tanto sono in movimento gestuale ritmico; anche lì il soggetto suggerisce l'ideografia del ritmo gestuale. In ogni caso si parlerà di ritmo. Come di ritmo si parlerà, probabilmente anche in quei casi in cui vediamo il personaggio che cammina in modo strano: con le gambe piegate e il bacino basso, che impone un ritmo naturalmente indotto per poter avanzare, come nell'immagine di Fig. 5; oppure nella scena dell'altalena di Fig. 6, nella quale, anche lì, il ritmo è naturale.

Fig. 5

Fig. 6

Ecco che, riferendoci alla coppia Menade e Sileno in mutuo rapporto danzante, la coppia esprime ideograficamente proprio l'idea del ritmo. Ma il ritmo scandendo il tempo in modo preciso esprime sicurezza nel futuro. La musica e la danza essendo accomunate da uno schema "ritmico" di fatto sono programmate e quindi con risultato sicuro. forse sto andando oltre il lecito, per tanto l'associazione ritmo= sicurezza la accogliamo con le necessarie riserve.

Si badi ora al fatto che vi è un sileno "κνώδαλον" suonatore e un sileno "κνώδαλον" danzante, per tanto essendo suono e danza accomunati dal ritmo, potremmo intendere l'ideogramma quale ritmo congiunto (sicurezza?) della doppia luce (due volte κνώδαλον).

 In ragione di ciò possiamo arricchire la nostra formula apotropaica aggiungendo quest'ultima frase alla formula apotropaica:

doppio vigore congiunto della doppia luce

doppia luce volante che protegge e sostiene

doppio sostegno congiunto della doppia luce 

doppio ritmo  congiunto (sicurezza?) della doppia luce

Se abbiamo visto giusto, la formula si completa con l'aspetto numerologico che, a ben vedere, è dato dall'intervento della doppia luce (doppia divinità: Sole e Luna) per 4 volte (numerologicamente il 4 denota la forza), che agisce per 3 volte (doppio vigore, doppio sostengo e doppio ritmo) e per 3 volte in modo congiunto; che arricchisce e completa (almeno penso) la frase:

doppio vigore congiunto della doppia luce

doppia luce volante che protegge e sostiene

doppio sostegno della doppia luce

sicurezza della doppia luce

4 del 3 + 3 ossia forza della doppia luce

 Oltre a quanto decifrato è possibile vi sia altro senso metagrafico anche nella postura assunta dalla coppia formata dalla Menade che balla col Sileno di destra; ma non andiamo oltre quello che abbiamo detto perché questo aspetto mi è di difficile lettura, benché, forse possa essere legato al "doppio sollevare, distendere e curvare".

 In futuro vedremo se quest'ultima intuizione possa aver credito; per ora ci fermiamo a questa interpretazione.

In ogni caso la scena rappresentata nello specchio esprime appieno le regole metagrafiche (quelle che vanno oltre la scrittura) dell'A.I.N. (Acrofonia, Ideografia, Numerologia).


note e riferimenti bibliografici

1 La definizione "congiunto" la dobbiamo, palesemente, ad una scena rappresentata in una kylix che ricorda la lotta tra Teseo e il ladrone Sinis. La scena si svolge nei pressi di un albero del quale due rami si uniscono in modo del tutto innaturale in corrispondenza dei germogli (Fig. A). Questo dato mi persuade del fatto che nelle formule apotropaiche etrusche compaia anche questa parola "congiunto" per indicare un'azione simultanea. In ragione di ciò mi sembra opportuno pensare che certe scene erotiche raffigurate in alcune kylix (ad esempio due individui in atto amoroso esplicito Fig. B) altro non vogliano alludere se non al "vigore congiunto", di Tin e Uni naturalmente. 

Fig. A

Fig. B


2 Il pittogramma è equiparabile all'ideogramma del famoso sarcofago degli sposi, nel quale i due congiunti formano con le dita la lettera C; oppure il sarcofago dei leoni di Cerveteri, dove le code dei due felini contrapposti formano ancora la lettera C. L'uso combinato del pittogramma "becco aperto" con l'acrofonia della parola "becco aperto", potrebbe essere inteso nel seguente modo: il pittogramma altro non sarebbe se non un segnale intuitivo che allerta il lettore (che naturalmente conosceva profondamente il greco ma anche il latino) a cercare una parola (che probabilmente era abbastanza nota) che rendesse per via acrofonica il concetto di luce attraverso la numerologia. E' possibile che il percorso mentale fosse: becco aperto a forma di C → C terza lettera dell'alfabeto latino → non trovo alcun termine in latino che inizi per C che sia attinente al soggetto individuato → passo al greco dove il κ e il χ hanno lo stresso suono della lettera latina  → e in quella lingua cerco il vocabolo che si addice al contesto. In questa elaborazione il pittogramma "becco aperto" sarebbe una sottolineatura della parola acrofonicamente pertinente.

3 A tal proposito il Prof. Sanna, benché in modo prudente, ci diche in una nota (nota 12) di un suo articolo relativo ad una kylix "oscena e repellente" che: "Sulle ‘norme’ non semplici e cogenti che guidano l’uso dell’acrofonia a scopo funerario abbiamo detto più volte. Sembra di capire qui, dal ricorso alle voci greche per le mani e di quelle latine per le gambe, che l’acrofonia non esclude il mix. Fondamentale  sembra essere  il salvaguardare magicamente il ‘tre’ con l’impiego acrofonico delle tre lingue in uso in Etruria (etrusco, greco e latino). Si ricordi che in etrusco χ = κ. Quindi può essere che la velare sorda etrusca, nella fonetica etrusca, sia  considerata 'trina' perché include e rappresenta anche quella sonora (G) e quella aspirata (CHI)".

5 commenti:

  1. Voglio precisare, perché è giusto dare a Cesare quel che è di Cesare, che il sottoscritto non conosce la struttura grammaticale del Greco antico, ma solo quelle basi estremamente elementari che possano consentire uno studio proficuo dal punto di vista acrofonico del tema qui trattato.
    Per tanto per conseguire questo obiettivo non è necessaria la profonda conoscenza di questa lingua, né del latino; basta attenersi all'uso dei sostantivi al nominale, nulla di più.
    In questo studio, benché alcuni sostantivi dovessero esser scritti al plurale, lì ho scritti al singolare (ma questo per pura pigrizia. Vedrò più in là di colmare questa lacuna) perché in definitiva quel che serve nelle acrofonie non è il numero, plurale o singolare che sia, e neanche il genere: femminile o maschile, ma solo la prima lettera della parola. E' necessario però avere a disposizione un buon vocabolario e, vi dirò, che al vocabolario cartaceo, che in genere è solo di greco antico-italiano, è bene associare due vocabolari online di italiano-greco antico e greco antico-italiano disponibili sul web, nonché una gran voglia di indagare sulle singole parole scelte e allargare il raggio di studio in modo da ben consolidarle nella scelta.

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  2. Davvero sorpendente venire a sapere che parola greca χαίνω (da χάσκω) che ha il significato di "aprire la bocca, anche il becco degli uccelli", e petanto che i becchi aperti dei due volatili alluderebbero per via acrofonica χ + χ [3] alla "doppia luce volante". In pratica, gli Etruschi utilizzavano una sota di Smorfia Napoletana e non lo sapevano!

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  3. Bravo con le freddure il grecista campione della 'smorfia'. Al solito sciatto nello scrivere! Se invece degli accenti dei verbi greci ti perfezionassi nel porre gli articoli italiani dove li devi mettere e a non cassare certe consonanti d'obbligo mostreresti meno stupidità: sorpendente, che [la] parola, petanto, sota. Oiamomia scura! O non sa che anche la 'erre' moscia va scritta o è semplice questione di età non ben portata né controllata. E poi, gli Etruschi conoscevano bene la Smorfia semplicemente perchè anche i Napoletani e i Sorrentini erano di cultura etrusca. Capisci vecchio ignorante sdentato da ironia da quattro soldi? Invece gli Etruschi proprio non sapevano che un giorno un fessacchiotto avrebbe detto una tale bestialità in fatto di estensione territoriale della cultura etrusca. E infine un consiglio: bada che oggi c'è per certi 'distratti' (chiamiamoli così) il correttore automatico. 'Petanto' usa questo 'sorpendente' mezzo, una 'sota' di 'contollore per chi va 'tzopi tzopi' con l'uso della grafia.

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  4. Cao Sando domi fose ? Noto con sorpesa che non contolli i post immeitevoli degli ignoanti toll pedigiono. Vai toppo a bee gappini al ba?

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  5. Non posso distrarmi un momento che i “polli” ne approfittano per sfoggiare la loro sciatteria nello scrivere. Sono talmente presi dalle loro bestialità che il cervello va a ramengo, le dita sulla testiera pure, data la mancanza di connessione neuronale. Gli occhi poi a costoro servono solo per sbatter le ciglia, mica per rileggere e correggere le castronerie scritte.
    Caro Professore mi domando quanto abbia capito il "pollo" di quel che qui sta scritto? Avrà letto il mio riferimento alle considerazioni di carattere metagrafico del Dottor Sannibale? Avrà capito che la scrittura nascosta è sempre stata utilizzata fin dall'antichità? Sarebbe il caso leggesse “Scrittura nascoste - scritture invisibili – quando il medium non fa passare il messaggio” a cura di Alessandro Campus, Simona Marchesini e Paolo Poccetti, editto da TOR VERGATA University of Rome, 2020, per rendersi conto (sempre che gli occhi non gli servano solo per sbatter le ciglia e il cervello non è a ramengo), che il dato è consolidato. Per tanto quale motivo osteggia il voler accogliere la scrittura nascosta etrusca?
    Ma si sa i polli nascono per esser polli; è il loro destino.

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